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organizzazioni; consente il controllo di avanzamento dei piani e garantisce il
raggiungimento dei risultati. Queste sono, seppur sommariamente, le
tematiche che il primo capitolo del presente lavoro si ripropone di affrontare
ponendo, in modo particolare, l’accento sulla strategia aziendale: in ogni
azienda, in effetti, risulta necessaria la definizione di un’adeguata strategia
da perseguire, al fine di orientare i singoli membri e l’organizzazione nel
suo complesso, e facendo loro perseguire fini che siano coordinati con il
fine ultimo dell’organizzazione di cui sono parte.
La strategia aziendale, dunque, rappresenta un modello per la ricerca
del successo dell’impresa, che sente sempre più forte il suo legame con
l’ambiente circostante. Le condizioni dell’ambiente esterno e le azioni
intraprese sono due variabili tra loro fortemente correlate: le decisioni
aziendali dipendono in gran misura dalla valutazione che, a sua volta, è
influenzata dall’impresa attraverso le sue azioni; e l’obiettivo primario della
strategia è proprio quello di ricercare l’allineamento più conveniente tra di
esse, al fine di garantire maggiori probabilità di successo.
Dunque, ciascuna impresa realizza una propria strategia, e risiede nel
carattere distintivo di alcune decisioni rispetto a quelle assunte dai propri
concorrenti, il maggior o minore successo che un’impresa potrà
raggiungere.
Nel secondo capitolo, invece, viene evidenziata l’importanza del
controllo di gestione nell’ambito dell’attività di impresa.
6
Il controllo di gestione si focalizza sui risultati ed orienta il
management nello svolgimento dell’attività decisionale: esso non
rappresenta soltanto un semplice processo di confronto tra quanto è stabilito
e quanto è accaduto, ma è uno strumento di indirizzo e programmazione,
volto a supportare il processo decisionale, al fine di migliorare le
performance aziendali. Il sistema di controllo assegna agli operatori
dell’impresa obiettivi da raggiungere; attribuisce le responsabilità e fornisce
sia le leve per influenzare gli esiti delle azioni intraprese, che gli strumenti
di valutazione e di misurazione dei risultati in corso od effettivi: si tratta,
pertanto, di un sistema che va progettato e gestito in funzione delle necessità
e delle caratteristiche delle imprese.
In tale capitolo, infatti, viene brevemente delineato il sistema di
controllo di gestione, le sue caratteristiche e i suoi obiettivi, rivolgendo una
particolare attenzione al processo di controllo di gestione, alle varie fasi che
lo costituiscono e agli strumenti tecnico – contabili di cui esso pure si serve:
si tratta di un’analisi che ha, non solo lo scopo di esaminare le diverse
modalità di redazione dei vari documenti tecnico – contabili, ma anche e
soprattutto di chiarirne le eventuali funzioni. È, dunque, necessario superare
la falsa convinzione di aver adeguatamente attuato il controllo di gestione,
soltanto per aver utilizzato strumenti quali il budget o la contabilità
analitica, poichè, in realtà, la stesura in modo rituale di tali documenti ha
scarsa utilità e potrebbe mostrarsi addirittura fuorviante: è necessario,
7
infatti, che il sistema di controllo di gestione sia progettato in funzione della
necessità e delle caratteristiche specifiche di ogni singola impresa, evitando
di affidarsi in modo passivo all’utilizzo di “modelli preconfezionati” da
adattare ad ogni tipo di impresa.
In molte realtà aziendali, tuttavia, i processi di pianificazione strategica
non sono in grado, da soli, di condurre ad un qualche chiaro accordo sugli
obiettivi strategici e non consentono di verificare adeguatamente se
l’operato delle business unit sia in linea con il piano strategico aziendale o
meno; né il controllo di gestione è sufficiente per stabilire in modo
soddisfacente se, ad esempio, si è scelta la strategia più consona o si è
seguita la “giusta rotta”, in modo da produrre l’effetto desiderato.
Questo è appunto il filo conduttore di tutto il terzo capitolo.
In effetti, appare evidente che oggi, l’esigenza più sentita dalle imprese,
è quella di orientare il processo di controllo non solo al passato, ma anche al
futuro, cercando di anticipare e governare i cambiamenti dell’ambiente
competitivo e, soprattutto, facendo fronte ai continui attacchi provenienti
dalle imprese operanti nei medesimi settori, sempre pronte a sfidare i punti
di forza e trarre vantaggio dai punti di debolezza delle proprie concorrenti.
Questi sono, probabilmente, i principali motivi che hanno spinto le
aziende, in un ambiente sempre più competitivo come quello attuale, ad
avvertire pressante l’esigenza di concentrare le proprie forze non
esclusivamente sul perseguimento dei risultati finanziari nel breve periodo
8
(per esempio, la massimizzazione degli utili), ma anche su obiettivi non
finanziari di lungo periodo, riferiti alle condizioni strutturali del successo
aziendale rispetto ai concorrenti.
Si è avvertita, in pratica, la necessità di porre maggiore attenzione al
perseguimento e sostenimento del vantaggio competitivo nel lungo periodo:
grazie al controllo strategico, infatti, l’impresa può verificare la misura in
cui il sistema aziendale procede verso il raggiungimento dei propri obiettivi
ed attua i relativi programmi strategici, in rapporto all’evolvere delle
pressioni e delle tendenze ambientali.
Il controllo strategico, inoltre, integra adeguatamente i target del
controllo di gestione con criteri non finanziari di valutazione della
performance strategica delle business unit, attraverso i quali il management
centrale può sia verificare più facilmente se le business unit stanno
realmente andando nella giusta direzione, in termini di implementazione
delle strategie globali di impresa, sia motivare i manager delle medesime
unit al conseguimento dei loro obiettivi strategici.
Non è un caso, pertanto, che molti esperti in materia suggeriscano che
un’equilibrata combinazione delle due tipologie di controllo possa
considerarsi, tra gli altri, il modo migliore per mezzo del quale le imprese
possano garantirsi di rimanere in “buona salute” nel lungo termine,
perseguendo validi risultati anche nel breve periodo.
9
Nel quarto ed ultimo capitolo, infine, viene preso in esame un caso
aziendale, che in buona parte incarna i principi che informano il presente
lavoro: si tratta della Sorin Biomedica S.P.A., azienda leader nel settore
delle tecnologie medicali, “nata” da poco più di un anno, in seguito ad
un’operazione di scissione parziale proporzionale delle attività biomedicali
dal gruppo Snia ed oggi quotata indipendentemente sul mercato telematico
azionario. La società neo – quotata, oggi, è divenuta la holding di un gruppo
di imprese operanti nel settore delle tecnologie medicali, ed in particolare
nella ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di dispositivi
medici e di macchinari per il trattamento di malattie cardiovascolari e renali.
L’analisi condotta inizia con un breve excursus sulle caratteristiche
principali del settore biomedicale, in cui la Sorin viene ad operare: quello
delle tecnologie medicali è, infatti, un settore piuttosto frammentato che
solo in parte e negli anni più recenti, è stato conquistato dalle grandi
imprese multinazionali; si tratta, inoltre, di un comparto caratterizzato da
elevati tassi di crescita, costituito da imprese che basano la loro
competitività sulla dinamicità della gestione imprenditoriale, sulla rapida
entrata in nuove nicchie di mercato, sul consolidamento rapido di curve di
esperienza e sull’attivazione di una notevole capacità innovativa.
Ciononostante, tale comparto sconta, in Italia, ancora oggi, insieme ad altri
settori ad elevata tecnologia una certa marginalità economica e spesso
tecnologica, anche se numerosi sono gli sforzi tesi ad un progressivo
10
miglioramneto: il fatto che le imprese del biomedicale abbiano scarse
interazioni con i centri universitari e siano escluse da specifiche sinergie con
i centri per il sostegno all’innovazione in ambito regionale, in primo luogo,
spiega perché le tecnologie medicali rappresentano ancora oggi una
porzione limitata della struttura industriale italiana, se confrontata con i
grandi numeri delle imprese inserite nei settori tradizionali (abbigliamento,
calzaturiero, meccanica, etc.), di elevata specializzazione regionale.
Con riferimento al caso particolare preso in esame, si può sottolineare
come la Sorin, negli ultimi anni, abbia dato una sensibile spinta al processo
di sviluppo del comparto: dapprima, attraverso l’acquisizione di alcune
società straniere, con le quali ha avviato peraltro una stretta collaborazione
ed ha creato sinergie e un’attività di interscambio delle competenze
possedute, in vista di una maggiore specializzazione nel settore. Con queste
acquisizioni, infatti, la Sorin Biomedica assume un profilo internazionale ed
acquista una posizione di leadership europea, oltre ad una rete commerciale
globale, forte in un mercato particolarmente redditizio quale il Giappone; in
seguito, attraverso l’operazione di spin – off, che ha portato alla costituzione
e alla successiva quotazione in borsa del Gruppo Sorin.
La Sorin ha saputo sfruttare appieno le core competence acquisite e i
vantaggi competitivi consolidati nell’ambito biomedicale, dopo anni di
11
permanenza nel settore come conglomerata della holding Snia ed è oggi
impegnata a tradurre questo ricco patrimonio di conoscenze acquisite in
prodotti innovativi, destinati al trattamento di malattie renali e
cardiovascolari, con l’obiettivo di essere riconosciuta, da tutte le categorie
di soggetti interessati, come società leader globale nel comparto
dell’emodinamica e quale vero innovatore nelle malattie del controllo del
ritmo cardiaco.
Per raggiungere questo obiettivo, il Gruppo deve continuare a svolgere
la propria attività nel rispetto di elevati standard di professionalità e di
condotta negli affari, ma deve altresì far fronte alle proprie responsabilità
sociali verso le comunità in cui è presente.
In fondo non si può non riconoscere che “Le aziende sono dotate di vita
propria e di vita riflessa: di vita propria, perché il moto di ciascuna azienda è
differente da quello di ogni altra e dal moto stesso del sistema economico
generale; di vita riflessa, perché un’azienda avulsa dal mercato e
dall’ambiente non è concepibile, ritrovando essa in questi elementi le sue
ragioni essenziali di vita”
1
.
1
Giannessi, Le aziende di produzione originaria, Cursi, Milano, 1960.
12
I CAPITOLO
LA STRATEGIA NELLA GESTIONE
D’AZIENDA E IL SISTEMA DI CONTROLLO.
“E’ ovvio che un popolo assoggettato da Cesare può imparare da lui,
ma può imparare sempre e soltanto ciò che Cesare pensava il giorno
prima. Ed è troppo poco per vincere una battaglia con Cesare
domani”.
GIULIO CESARE
1.1. IL CONCETTO DI STRATEGIA:
L’ EVOLUZIONE DELLA TEORIA.
La definizione della strategia è uno dei momenti centrali della vita
dell’azienda: dalla sua corretta formulazione dipende, molto probabilmente,
il conseguimento degli obiettivi che l’azienda si prefigge, che sono sì di
vario genere, ma tutti comunque rivolti all’ottenimento di una maggiore
redditività rispetto a quella raggiunta dai concorrenti presenti all’interno
dell’ambiente competitivo.
In risposta ad una realtà aziendale che si è andata progressivamente
modificando, sono state formulate nell’ambito delle discipline aziendali
molteplici definizioni di strategia, che hanno portato alla nascita di veri e
propri filoni di letteratura aziendale e che soprattutto hanno determinato una
sorta di “storia evolutiva” del termine.
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Gli sviluppi della teoria e delle ricerche condotte in materia di strategia
hanno radici molto lontane nel tempo: la letteratura aziendale ha mutuato il
concetto (adattandolo ovviamente alle sue esigenze) dall’arte militare della
guerra e dalla teoria darwiniana dell’evoluzione della specie, per citare due
tra i più importanti contributi.
Per quanto riguarda il primo contributo, il termine strategia, infatti, pur
essendo di derivazione greca
2
, ha un’origine più antica, fatta risalire a quello
che è considerato il primo trattato sulla strategia, scritto ad opera di Sun Tzu
nel 500 a.C.: “L’arte della guerra”
3
. Non c’ è alcun dubbio che il concetto di
strategia che oggi utilizziamo in ambito aziendale debba molto ai contributi
forniti dall’ambito militare, con il quale peraltro ha in comune molti principi
e caratteristiche
4
; ciononostante occorre prenderne le opportune distanze:
altro è l’obiettivo della guerra (sconfiggere il nemico); altra è la rivalità tra
le imprese, che non sempre si mostra così aggressiva: la maggior parte di
esse preferisce limitare le proprie ambizioni competitive cercando la
coesistenza con i propri concorrenti piuttosto che il loro annientamento, che
2
Il termine strategia deriva dalla parola greca “strategia”, letteralmente “generalato”,
formata dalle parole “stratòs” che significa “esercito” e “–ag” che significa “comandare”.
3
Questo testo risalente a più di 2000 anni fa, il più antico trattato militare del mondo, è un
punto di riferimento importante nelle discipline aziendali, soprattutto per quanti vedono, il
riferimento è chiaramente agli studiosi di strategia, nella competizione tra le aziende una
sorta di conflitto, al limite con quello militare, in cui l’obiettivo è conquistare quote di
mercato e non territori, in cui le armi sono la comunicazione e il marketing, in cui le
strategie e le tattiche hanno un’importanza primaria e dove il funzionamento
dell’esercito/impresa gioca un ruolo fondamentale.
4
Le decisioni strategiche riguardanti sia la sfera militare che aziendale hanno in comune
ben tre caratteristiche fondamentali: 1) sono importanti; 2) implicano un significativo
impiego di risorse; 3) non sono facilmente reversibili.
14
potrebbe portare ad inutili ritorsioni e ad una distruzione vicendevole, come
ci insegna la teoria dei giochi
5
.
Il secondo contributo al concetto in esame è invece derivato dagli studi
condotti, in particolare, da due grandi biologi e dalle teorie da questi
sviluppate: Darwin con la sua teoria evoluzionista; e Gause, “padre della
biologia matematica” con la formulazione del suo principio di “esclusione
competitiva”
6
.
La nascita e lo sviluppo del concetto di strategia aziendale, nonostante
debbano molto ai contributi provenienti dall’arte militare e dalla biologia,
possono essere, piuttosto, associati ai problemi che, nei primi anni ’50 e
negli anni ’60, i manager hanno dovuto affrontare: il coordinamento delle
decisioni ed il controllo di imprese di sempre più grandi dimensioni, che si
5
La teoria dei giochi tratta, in generale, il problema dell’interazione strategica tra vari attori
economici. Secondo tale teoria, esiste il modo per influire sui comportamenti degli
“avversari”: la minaccia di non cooperare potrebbe indurre gli altri agenti economici a
comportarsi in modo analogo, in una strategia “colpo su colpo”, che alla fine condurrà alla
distruzione di entrambi i giocatori, che avranno conseguito risultati peggiori rispetto ad una
situazione di cooperazione.
Mella, Controllo di gestione, Utet, Torino, 1997, pag. 124. Secondo l’autore “la teoria dei
giochi può intendersi come un insieme di regole di decisione mediante le quali scegliere
una strategia in situazioni caratterizzate da assoluta incertezza dovuta a contrazioni di
avversari razionali, cioè in ambienti antagonistici […]. Nei giochi di strategia, quindi,
risulta rilevante l’azione decisoria dell’avversario […]”.
6
La teoria dell’evoluzione biologica di Darwin parte dal presupposto del continuo ed
incessante mutamento cui è soggetto l’ambiente esterno: tale cambiamento genera dei
mutamenti genetici ed incrementali negli esseri viventi ai fini dell’adattamento alle nuove
condizioni ambientali e della eventuale selezione naturale. Coloro che sono in grado di
adattarsi alle mutate condizioni dell’ ambiente esterno possono sopravvivere, mentre gli
altri soggetti sono destinati a soccombere.
L’applicazione di questi principi alla gestione strategica d’azienda è piuttosto evidente. I
cambiamenti dell’ambiente sono graduali e solo le organizzazioni che sanno adeguarsi ad
essi sono capaci di sopravvivere.
Il “Principio di esclusione competitiva” di Gause, invece, ha alla base l’idea che non
possono coesistere due specie che vivono allo stesso modo. Così ognuno deve essere
diverso dall’altro quanto è necessario per godere di un vantaggio unico.
15
trovavano ad operare in ambienti sempre più rapidamente mutevoli e
competitivi.
È solo nel 1954 che Drucker propone, con una maggiore completezza
rispetto a quanto fatto fino ad allora, il concetto di strategia e di decisione
strategica. Negli anni seguenti si sono poi sviluppati due diversi filoni di
ricerca ognuno dei quali propone, rispettivamente, una visione ampia della
strategia, riferita sia agli obiettivi perseguiti che alle azioni e alle politiche
necessarie per il loro conseguimento, ed una concezione di strategia in senso
stretto che, invece, riguarda le linee d’azione, ma non la definizione degli
obiettivi, facendo della strategia un concetto che esprime in che modo
l’impresa utilizza risorse e competenze per raggiungere i propri fini, tenendo
conto dei vincoli che provengono dall’ambiente circostante.
Per quanto riguarda la prima impostazione, essa prende avvio dal
concetto di strategia formulato da Chandler (1962)
7
in seguito ripreso ed
ampliato da Andrews (1971) che ha dato vita al filone di studio noto come
Business Policy dell’Harvard Business School. Secondo il concetto espresso
da Chandler poi rivisitato da Andrews, la strategia è costituita “dall’insieme
di obiettivi, scopi o fini e dalle principali politiche e piani per raggiungere
7
Chandler, Strategia e struttura: storia della grande impresa americana, Franco Angeli,
Milano, 1990: “[…]la strategia è un processo di determinazione dei fini e degli obiettivi
fondamentali di lungo termine di un’impresa e l’adozione delle linee d’azione e
l’allocazione delle risorse necessarie per conseguirli […]”.