1
Attraverso la legge Prodi3 venne intrapresa l amministrazione straordinaria che
consent di evitare il fallimento4.
Nel dicembre 2003 scoppi il caso Parmalat che verr analizzato in dettaglio in
questa trattazione.
Le distruzioni di risparmio causate da questi importanti episodi di malafinanza
hanno coinvolto, a differenza del passato, non titoli atipici collocati da avventurieri
della finanza, ma titoli emessi da note imprese, collocati sui mercati da prestigiose
banche internazionali e distribuiti ai risparmiatori da primari istituti di credito. Questi
eventi hanno dato vita in Italia ad un dibattito al quale non poteva rimanere
indifferente il mondo politico. Il parlamento ha infatti approvato il 28 dicembre 2005
la legge sulla tutela del risparmio n. 262, la quale, peraltro, si limita a considerare
solo alcuni dei molteplici aspetti della complessa materia.
Per lo studio di tale legge si sono in primo luogo presi in esame i modelli
stranieri allo scopo di trarre utili spunti per il legislatore italiano. Il modello che ha
sicuramente attratto il maggior interesse Ł stato il Sarbanes-Oxley act, che il governo
degli Stati Uniti ha varato nel 2002. La legge che porta il nome di due membri del
parlamento americano, oltre a comminare severissime sanzioni penali per i reati
societari, fra i quali il falso in bilancio, prevede l’obbligo di costituire comitati di
controllo composti da amministratori indipendenti e comporta responsabilit per gli
amministratori ed i direttori finanziari che presentano i bilanci e per gli
amministratori sulla validit dei sistemi di contro llo interno delle societ . In
particolare al chief executive officer e al chief financial officer viene imposto
l’obbligo di controfirmare i conti aziendali e anche di certificare l’efficacia dei sistemi
di controllo interni. Per quanto riguarda il consiglio di amministrazione la nuova
legge contiene varie misure volte ad aumentarne l’autonomia richiedendo per esempio
che taluni dei suoi membri abbiano specifiche competenze professionali e di
indipendenza. Ma le misure piø importanti riguardano le societ di revisione alle
quali sono state proibite varie attivit prima part icolarmente rilevanti come la
consulenza legale5.
3
Vedi Legge 3 aprile 1979 n. 95
4
Vedi Le tappe del crack in Il sole 24 Ore, 11 febbraio 2004
5
Vedi A. Mauri, La tutela del risparmio dopo i casi Argentina e Pa rmalat. I rimedi in www.performancetrading.it
2
La riforma ha sollevato perplessit negli Stati Uni ti perchŁ comporta una
notevole lievitazione dei costi aziendali a causa di una lunga serie di adempimenti
formali e di condizionamenti della gestione. Questa lievitazione dei costi e il
conseguente declino dei profitti sembrano non trovare adeguata contropartita in una
diminuzione dei rischi per gli investitori. In Italia non sono mancati inviti a prendere
spunto dalla legge americana in tema di amministratori indipendenti e, soprattutto, di
inasprimento delle sanzioni per i reati societari. In realt il trapianto di norme e di
istituzioni da un paese all’altro solleva non pochi problemi e richiede
immancabilmente adattamenti di coerenza tra realt diverse. Inoltre il crack Parmalat
si differenzia dagli altri scandali americani per il fatto che la truffa Ł continuata
indisturbata per molti anni, eludendo piø di una linea di controllo e utilizzando la
contraffazione dei documenti come strumento per ingannare il mercato.
Partendo dall’analisi della vicenda Parmalat verranno spiegate nel corso della
trattazione le principali ragioni che hanno portato al dissesto, le carenze nei sistemi di
controllo, degli analisti e delle societ di rating per arrivare ad illustrare la riforma sui
controlli societari e sugli emittenti quotati.
Un cenno poi verr fatto alle agenzie di rating. An che in questo settore
emergono potenziali conflitti di interessi. Infatti oggi Ł l’azienda che subisce il check-
up a scegliere e pagare l’agenzia di rating , il cui voto incide sul costo del denaro;
ogni scatto verso l’alto o verso il basso del rate assegnato comporta rispettivamente
un alleggerimento od appesantimento del saggio di interesse che l’impresa deve
pagare per ottenere finanziamenti dal mercato. Le societ di rating, inoltre,
forniscono altri servizi remunerati alle medesime imprese sottoposte al loro esame.
Lascia per perplessi la scarsa tempestivit delle variazioni di categoria di
rischio (promozioni o retrocessioni) soprattutto nei casi in cui sarebbe stato
necessario un declassamento.
Sembra che, nel 75% dei casi, le decisioni di declassamento per aumento del
rischio adottate delle agenzie di rating siano state anticipate dai mercati. Lo abbiamo
riscontrato nel caso Parmalat, ma comportamenti simili si sono registrati anche per
Enron. Forse le agenzie di rating non desideravano creare difficolt ed accelerare la
crisi di imprese loro clienti?
3
4
CAPITOLO I
1. LA CRISI D IMPRESA
L’impresa Ł un sistema destinato a durare nel tempo ma che nel corso della sua
vita pu incorrere in situazioni di crisi. Tali sit uazioni di disequilibrio possono essere
dovute a fattori ambientali e/o fattori organizzativi. Si ha una crisi nel momento in cui
l’impresa non Ł piø in grado di far fronte ai propri impegni regolarmente. I fattori che
possono determinare una crisi sono molteplici e non facilmente classificabili6 ma tutti
accomunati da elementi ricorrenti come la riduzione del fatturato con una
conseguente riduzione della redditivit che porta a d un minor sfruttamento delle
capacit operative con riflessi sull organico e le capacit di autofinanziamento.
Di fondamentale importanza Ł l’analisi dell’ambiente in cui opera l’impresa per
poter fare una valutazione sulle prospettive di crescita e la tipologia di struttura
concorrenziale e trarre le conclusioni sulle armi di cui l’impresa dispone, con il fine
ultimo di interpretarne il grado di sostenibilit 7. Le dimensioni dell’ambiente possono
essere suddivise in mercati, tecnologia e istituzioni. La scelta dell’ambiente in cui
collocarsi avviene attraverso le scelte strategiche, relative alle combinazioni
produttive, ai servizi e ai prodotti offerti e ai mercati serviti8. Il dinamismo
ambientale pu offrire nuove possibilit di svilupp o o aumentare il rischio.
L’ambiente economico Ł rappresentato dai mercati dove l’impresa attiva scambi
di risorse con altre organizzazioni ottenendo i mezzi necessari alla sopravvivenza e
allo sviluppo.
L’ambiente scientifico e tecnologico Ł costituito dalla tecnologia, i cui
cambiamenti impattano sulla produttivit del lavoro .
L’ambiente istituzionale Ł rappresentato dall insieme di norme cui
l’organizzazione e gli attori economici devono sottostare. ¨ chiaro quindi che un
cambiamento a livello ambientale pu determinare il successo dell’impresa o un suo
fallimento.
6
Vedi L.Sicca, Crisi aziendali e piani di ristrutturazione e di risanamento. Aspetti pratici e prime idee per una
sistemazione della materia, in Saggi di ragioneria ed economia aziendale , Cedam Padova, 1987
7
Vedi E. Pavarani, L equilibrio finanziario , McGraw-Hill, 2006, pag.29
8
Vedi G. Costa P. Gubitta, Organizzazione aziendale, McGraw-Hill, 2008, pag. 71
5
Ma la crisi pu identificare una temporanea situazi one di squilibrio che attiva
reazioni che stabiliscono un nuovo equilibrio9 o che ne disgregano l’assetto.
L’equilibrio aziendale fa riferimento a tre situazioni:
- equilibrio economico quando i ricavi superano i costi
- equilibrio patrimoniale quando le attivit superano le passivit
- equilibrio finanziario cioŁ la capacit dell’impresa di adempiere regolarmente
ed economicamente ai propri impegni
Si pu dire che una volta raggiunto l’equilibrio economico e finanziario sar
raggiunto anche l’equilibrio patrimoniale. ¨ eviden te come i diversi equilibri siano
strettamente collegati. Le prime cause di crisi possono identificarsi negli errori
strategici che non garantiscono l’equilibrio. Ma situazioni di squilibrio si possono
avere anche in un’azienda in fase di avviamento o in conseguenza di un rilevante
investimento ovvero a seguito dell’attuazione di politiche commerciali. In questi casi
saranno le attese a determinarne l’equilibrio e le scelte sbagliate si manifesteranno
successivamente e con un impatto durevole sull’impresa.
Sotto l’aspetto finanziario, ogni decisione non deve prescindere dall’analisi
della redditivit operativa che consente di remuner are i soggetti che finanziano
l attivit svolta dalla societ . Infatti il capital e conferito a titolo di debito e a titolo d
rischio concorre a dare copertura al fabbisogno finanziario dell’impresa. Tale capitale
Ł investito nella gestione caratteristica, uscendo per l’acquisto di fattori produttivi e
rientrando sotto forma di ricavi delle vendite. La capacit dell’impresa di raccogliere
capitale Ł legato alla sua capacit di remunerazione.
Si ha una situazione di squilibrio quando le attivit correnti non sono in grado
di coprire le passivit correnti ed il capitale non garantisce copertura agli immobilizzi
tecnici. La crisi si verifica nel momento in cui, non essendo in grado di remunerare
congruamente il capitale, all’impresa non viene concesso altro denaro in prestito
condizionando gli interventi di recupero. Nella vita aziendale le situazioni che creano
scompensi sono da ravvisarsi nei fenomeni fisiologici e negli errori strategici10.
Le cause della crisi sono state studiate da piø autori. Pivato le distingue in
primarie e secondarie, a seconda della manifestazione temporale. Le cause primarie
9
Vedi G. Zappa, Reddito d impresa , GiuffrŁ, Milano, pag. 14
10
Vedi M. Zito, Fisiologia e patologia della crisi di impresa, GiuffrŁ, 1999, pag. 38
6
sono riconducibili a fattori ambientali o interne l’impresa, le cause secondarie si
manifestano dopo comportando crescenti inefficienze e l’erosione del sostegno degli
stakeholder11.
Guatri riconduce le cause a cinque classi:
- inefficienza dei sistemi di produzione e distribuzione
- sovracapacit /rigidit della struttura tecnico-orga nizzativa
- obsolescenza del portafoglio prodotti
- carenza di programmazione-innovazione
- squilibrio finanziario12
NØ le cause interne nØ quelle esterne possono spiegare singolarmente una crisi
essendo la concomitante di piø fattori. Una corretta analisi deve investigare tanto sui
fenomeni interni tanto quanto su quelli esterni l’impresa13, ma deve essere integrata
da una valutazione sulle capacit e abilit del man ager a percepire la crisi in tempo.
Le cause esterne possono essere di natura macroeconomica come l’aumento del costo
del lavoro, delle materie prime, l’inflazione, l’oscillazione nel corso dei cambi o
l’intervento normativo dello Stato, e di natura settoriale dovute al mutamento della
domanda o al sovradimensionamento della capacit co ntributiva. I fattori interni
possono riguardare le diverse aree aziendali ovvero ricondursi alla rigidit
dell’impresa intesa come incapacit di adeguarsi all’ambiente in cui opera. Ulteriori
fattori interni sono da ravvisarsi nelle persone che a vario titolo influenzano la vita
aziendale.
Per Confalonieri14 questo approccio non Ł sufficiente a spiegare la crisi a meno
che non si verifichi la morte dell’imprenditore o gravi incapacit del manager, mentre
Farinet15 ritiene preminente l’aspetto umano e nel far derivare la crisi ad
inadeguatezze culturali e analitiche di fronte alle variazioni di contesto.
Paradossalmente per alcuni il momento di maggior crisi si verifica nella
situazione migliore per l’impresa perchØ si perdono di vista le visioni strategiche, non
11
Vedi S. Pivato A. Gilardoni, Elementi di economia e gestione delle imprese, EGEA Milano, 1997
12
Vedi L. Guatri, Crisi e risanamento dell impresa , GiuffrŁ Milano, 1986, pag. 39
13
Vedi M. Zito, Fisiologia e patologia della crisi di impresa, GiuffrŁ, 1999, pag. 83
14
Vedi M. Confalonieri, Le cause dei dissesti azien dali , in Finanza Marketing Produzione, 1, 1993
15
Vedi G. Farinet, Lo sviluppo come fattore di cris i dell impresa industriale , in Finanza Marketing Produzione, 3,
1986