5
dovuto battere il campione mondiale di scacchi, dimostrare nuovi
teoremi di matematica ed ispirare nuove teorie psicologiche.
Ma non tutto è andato come Simon aveva sognato; raggiunti
alcuni risultati non è riuscito ad arrivare fino in fondo. Cosicché in
seguito chi si è interessato di Intelligenza Artificiale l'ha fatto
ispirandosi alla teoria della complessità e non più ai principi del
riduzionismo.
La differente formazione delle molte menti che negli anni
hanno sviluppato questa disciplina e la complessità insita nella
materia stessa, hanno generato all'interno dell'Intelligenza
Artificiale diversi filoni che evidenziano l'esistenza di punti di vista
differenti sulle possibilità di portare a termine il suo ambizioso
programma.
Ciò che mi ha spinto ad interessarmi di Intelligenza Artificiale
è stato proprio il desiderio di chiarire a me stesso il vero significato
di questa "nuova" materia e di riuscire a capire se veramente l'uomo
è, o lo sarà in un prossimo futuro, in grado di costruire "cose che
pensano", come recita lo spot televisivo di una nota catena di
elettrodomestici e valutare se queste macchine possano essere utili
in ambito economico-aziendale.
Affronto l'argomento in nove capitoli, ma in realtà il mio
lavoro è raggruppabile in tre parti.
Nella prima, contenente i primi quattro capitoli, cerco di
comprendere i concetti teorici che stanno alla base dell'Intelligenza
Artificiale. Nella seconda parte, costituita dai tre capitoli centrali,
descrivo i sistemi utilizzati per creare software intelligente, mentre
nell'ultima parte, l'ottavo ed il nono capitolo, presento alcuni esempi
di applicazioni di sistemi di Intelligenza Artificiale per la soluzione
6
di problemi di natura economico-finanziaria e cerco di fare il punto
della situazione.
In particolar modo nel primo capitolo analizzo i lavori di
Herbert A. Simon in merito al suo contributo dato alle teorie
organizzative, contributo che consiste nel porre le fondamenta di
una nuova teoria amministrativa che ha come obiettivo principe lo
studio del processo decisionale attraverso la revisione della figura
classica dell'uomo economico e l'introduzione di una nuova figura,
quella dell'uomo amministrativo dotato di razionalità limitata.
Presento inoltre la classificazione delle decisioni al fine di poter
capire il ruolo che gioca attualmente e quello che potrà giocare in
futuro il computer all'interno delle organizzazioni aziendali.
Nel secondo capitolo affronto l'argomento della nascita
dell'Intelligenza Artificiale come disciplina andando a comprendere
il significato comunemente attribuito alla parola intelligenza.
Nel terzo capitolo introduco il pensiero riduzionista
analizzando poi l'ottica proposta da Simon per la soluzione dei
problemi complessi. Mi soffermo in modo particolare su questo
autore, perché oltre ad essere uno dei padri fondatori
dell'Intelligenza Artificiale, la sua formazione, a forte connotazione
interdisciplinare, ben si sposa con il carattere di questa disciplina e
perché i suoi studi in ambito di organizzazione aziendale
consentono di dare a questo scritto un taglio maggiormente
aziendalistico. Infatti Simon dopo aver conseguito presso
l'università di Chicago, il Ph.D., divenne docente di
Amministrazione, Psicologia e Informatica alla Carnegie Mellon
University di Pittsburg. Si interessò di matematica, di statistica, di
7
economia e di amministrazione ed organizzazione aziendale,
giungendo nel 1978 a ricevere il premio Nobel per l'economia.
Dedico un paragrafo alla sfida a scacchi tra uomo e macchina
per cercare di spiegare quanto in realtà siano divergenti la mente
umana e l'elaboratore elettronico, sottolineando come sia tutt'altra
cosa risolvere un problema complicato ed uno complesso,
evidenziando nella macchina la mancanza di immaginazione,
intuito e creatività.
Nel quarto capitolo descrivo la teoria della complessità, teoria
che dopo i limiti evidenziati dal riduzionismo è diventata la dottrina
prevalente di chi si interessa di Intelligenza Artificiale. La teoria
della complessità presenta un ottica che è radicalmente opposta
rispetto al riduzionismo ma che dal punto di vista pratico ha ancora
tutto da dimostrare.
Nei capitoli quinto, sesto e settimo descrivo i Sistemi Esperti,
le Reti Neurali, gli Algoritmi Genetici e la Fuzzy Logic. Questa
parte dedicata alle tecniche di Intelligenza Artificiale è meramente
descrittiva, senza l'ambizione di scendere nei dettagli dei linguaggi
di programmazione, perché l'obiettivo non è quello di analizzare le
tecniche di Intelligenza Artificiale per riuscire a realizzarle, ma
bensì quello di comprenderne il funzionamento per poter valutare la
loro applicazione ai problemi complessi.
Nel capitolo ottavo descrivo alcuni esempi concreti di
applicazioni di natura economico-finanziaria al fine di analizzarne
le reali capacità e di valutare l'opportunità o meno dell'impiego di
questi mezzi in azienda. Gli esempi si riferiscono ad alcuni
strumenti applicati al marketing, all'attività previsionale finanziaria
ed alla gestione delle risorse umane.
8
Il nono ed ultimo capitolo è dedicato alle riflessioni finali, che
affronto in tre paragrafi corrispondenti ognuno ad altrettanti
concetti fondamentali della tesi.
9
1. SIMON E LA SCUOLA DECISIONALE
1.1. La scuola decisionale
Uno studio sull'Intelligenza Artificiale, visto dall'angolo
visuale economico-aziendale, deve, a mio avviso, necessariamente
iniziare dall'analisi dei lavori di Herbert A. Simon e dal suo
contributo alle teorie organizzative.
Simon insieme a Barnard, Cyert, March, Cohen e Olsen viene
inquadrato all'interno della "scuola decisionale". Scuola che nasce,
per volontà dei suoi esponenti, dalla fusione dei principi dello
Scientific Management con quelli della scuola "Uomo e
organizzazione".
Il precursore della scuola decisionale è Chester Barnard, il
primo studioso che cerca di definire una prospettiva in cui
l'organizzazione possa recuperare una dimensione sociologica senza
sminuire l'importanza dell'azione direttiva, infatti l'interesse della
sociologia dell'organizzazione per il ruolo dei dirigenti è fatto
risalire all'opera di Barnard, The function of Executive (1938), nata
dalle esperienze professionali dell'autore. Mentre Simon porta
avanti uno studio più analitico sul processo di formazione delle
decisioni.
Ma tale interesse era stato preceduto di alcuni decenni
dall'elaborazione di un modello di "organizzazione scientifica del
lavoro" (Scientific Management) da parte di Taylor.
Lo Scientific Management può essere sintetizzato come <<un
insieme coerente di criteri normativi e di regole pratiche secondo le
10
quali, ai vari livelli di responsabilità, l'azienda viene organizzata in
modo tale da massimizzare l'efficienza economica>>.
1
Il pensiero di Taylor parte dal punto di vista "dell'ingegnere" e
prescrive le procedure per un'efficiente organizzazione ed
esecuzione del lavoro di routine.
Gli elementi essenziali su cui si basa lo Scientific Management
sono:
− studio scientifico dei metodi di lavoro;
− selezione, preparazione e perfezionamento dei lavoratori su base
scientifica;
− cordiale collaborazione fra dirigenti e dipendenti;
− ripartizione delle responsabilità tra direzione e dipendenti.
Al termine del suo lavoro Taylor sottolinea come il sistema da
lui proposto sia in grado di eliminare le cause di attrito tra datori di
lavoro e lavoratori, favorendo di conseguenza l'instaurarsi di un
clima di cooperazione fondamentale per raggiungere il fine ultimo
dell'azienda.
Ma le relazioni che si instaurano all'interno dell'impresa non
sono però di natura esclusivamente economica. La scuola
statunitense delle "relazioni umane" si è proposta di rendere più
realistico il modello dello "Scientific Management", introducendo
la considerazione degli aspetti psicologici dei rapporti
interpersonali che costituiscono l'organizzazione. La grande novità
apportata dalla scuola decisionale rispetto alle altre scuole di
organizzazione consiste nel focalizzare l'attenzione sul processo
decisionale e su tutti quei meccanismi che permettono di giungere
1
http://www.dubladidattica.it
11
ad una decisione, decisione che genera un determinato
comportamento, prima individuale poi organizzativo, e che quindi
deve costituire il punto di partenza per un efficace ed efficiente
comportamento organizzativo.
Acquista quindi centralità l'attività decisionale, intesa << come
il processo con cui un soggetto (una persona, un gruppo di persone,
una macchina) definisce un comportamento selezionandolo fra
differenti alternative. Tale comportamento può consistere in azioni
direttamente rivolte a realizzare la decisione presa e quindi a
raggiungere gli obiettivi perseguiti, oppure in ulteriori processi di
comunicazione e d'influenza su altri soggetti, chiamati ad attuarla
concretamente>>
2
.
Quindi, <<la decisione si configura come l'insieme delle
attività che vanno dalla percezione di una situazione problematica,
alla raccolta e selezione di tutte le informazioni disponibili, alla
ricerca delle possibili soluzioni alternative, alla valutazione delle
relative conseguenze ed alla scelta dell'alternativa da cui deriva il
comportamento. La conseguenza di tale analisi è che poiché
un'organizzazione è un gruppo di più soggetti che decidono essa
può essere interpretata come una fitta rete di processi decisionali,
più o meno interdipendenti fra loro, che vanno conosciuti e
coordinati>>
3
.
Il contributo di Simon consiste nel porre le fondamenta di una
nuova teoria amministrativa che ha come obiettivo principe lo
studio del processo decisionale. Il tutto nasce da una revisione
2
RUGIADINI, Organizzazione d'impresa, pag. 150, Giuffrè, Milano, 1979.
3
POGGI A., Organizzazione aziendale - Una lettura di alcuni contributi di studio, pag. 197,
Cedam. Milano, 1996.
12
critica della teoria amministrativa precedente, la quale ai suoi occhi
mostra tutta la propria incapacità a costruire una guida valida e
sicura per una efficace ed efficiente conduzione delle
organizzazioni complesse. Simon non ricerca principi in senso
assoluto, ma si occupa dell'applicabilità degli stessi e dei criteri che
consentano di decidere fra alternative di comportamento.
In pratica si pone l'obiettivo di definire una nuova teoria che si
configuri come un complesso esauriente di criteri di analisi e di
descrizione di un "comportamento amministrativo" orientato alla
massimizzazione dell'efficienza e che ha nel meccanismo
decisionale il suo fulcro.
1.1.1. Il processo decisionale e la catena mezzi-fini
L'importanza dell'attività decisionale è ben chiara nel pensiero
di Simon, al punto che arriva ad affermare come nella società post-
industriale il problema cruciale non sia più quello di organizzarsi
per conseguire una maggiore efficienza produttiva, sebbene questo
resti sempre un fattore fondamentale, ma quello di organizzarsi ai
fini dell'attività decisionale.
Per <<decisione o scelta>> Simon intende <<il processo
mediante il quale una di queste alternative per il comportamento di
ciascun momento viene scelta per essere eseguita>>. Quindi la
decisione è una scelta fra alternative di comportamento in un dato
momento.
Nell'attività decisionale due sono gli aspetti fondamentali;
l'ambiente psicologico della decisione e le fasi:
13
1. L'ambiente psicologico della decisione è costituito da premesse
di fatto e premesse di valore, le prime di natura empirica le
seconde di natura etica, sono la risultante dell'esperienza di un
individuo, delle informazioni raccolte e dei giudizi soggettivi,
in pratica tutto ciò che è in grado di orientare una decisione, in
quanto l'individuo opera le proprie scelte sulla base dei dati
disponibili in tali ambienti, tenendo presente che ad una
maggiore qualità e quantità dei dati corrisponde una maggiore
razionalità del processo decisionale. Particolare attenzione va
poi posta alle premesse di valore, in quanto per la loro natura
etica potrebbero rendere non corretta in termini oggettivi una
decisione.
2. Simon individua tre fasi attraverso le quali si sviluppa il
processo decisionale:
− "Intelligenza", in questa fase l'individuo definisce il quando e
il dove è necessario prendere una decisione e raccoglie tutte le
informazioni necessarie alla decisone stessa.
− "Previsione", fase nella quale si effettua una stima di tutte le
implicazioni conducibili a ciascuna azione. Simon sostiene che
questo compito, oggettivamente complesso, può essere ovviato
grazie all'esistenza di leggi empiriche che consentono delle
semplificazioni e delle generalizzazioni. Infatti le conseguenze
delle varie azioni possono essere raggruppate in sottoclassi con
proprie leggi di comportamento. In maniera tale che, colui che
deve decidere può utilizzare la conoscenza scientifica e le leggi
statistiche proprie della classe di riferimento.
− "Scelta", in questo ultimo punto al decisore non rimane che
scegliere una delle possibili alternative precedentemente
14
sviluppate; gli obiettivi da scegliere sono ordinati in base a
quello che Simon chiama la catena "mezzi-fini".
Fig.: 1.1 - Il processo di formazione della decisione
Fattori Problema Alternativa Conseguenze Probabilità
Successo
Peso
ponderale
Valutazione
mezzo-fine
Scelta
F1
F2
F3
.
.
.
Fn
X
A1
A2
A3
.
.
.
Am
A1,1
A1,2
A2,1
A2,2
A3,1
Am,1
Am,2
.
Am,k
P1,1
P2,2
P2,1
P2,2
P3,1
Pm,1
Pm,2
.
Pm,k
Z1,1
Z1,2
Z2,1
Z2,2
Z3,1
Zm,1
Zm,2
.
Zm,k
V1
V2
V3
Vm
Decisione
Fase 1 Fase 2 Fase 3
Fonte: POGGI A., Organizzazione aziendale - Una lettura di alcuni contributi di studio.
Nella formazione delle decisioni notevole importanza è
rivestita dalla "catena mezzi-fini" in base alla quale è possibile
ordinare gli obiettivi da raggiungere e valutare la correttezza di una
decisione. Essa consiste in << una serie di elementi, posti fra di loro
in relazione di causalità, articolatisi dai comportamenti verso i
valori loro conseguiti>>
4
. Questo significa che una volta ordinati,
gli obiettivi, assumeranno valore gerarchico: quelli inferiori
avranno una funzione strumentale nei confronti di quelli superiori.
44
SIMON H. A., Il comportamento amministrativo, pag. 139, Il Mulino, Bologna, 1999.
15
Dalla gerarchia degli obiettivi nasce una gerarchia di decisioni
perché le diverse decisioni vengono anch'esse ordinate secondo la
catena mezzi-fini, e la loro formazione si attua in base alla relativa
posizione che occupano nella catena. Ma all'atto pratico la catena
mezzi-fini rivela delle difficoltà applicative che vengono evidenziate
dallo stesso Simon, il quale si sofferma su tre limitazione:
1. la catena considera gli obiettivi solo in base all'efficacia e non
anche all'efficienza;
2. può generare confusione tra mezzi e fini;
3. trascura l'importanza del fattore tempo;
Ed é proprio per superare queste limitazioni che il processo
decisionale elaborato da Simon assume una visione più ampia.
1.1.2. La razionalità limitata
Un elemento di novità rispetto alle teorie classiche che
acquista centralità nell'approccio comportamentista all'economia è
il concetto di "razionalità limitata".
<<L'espressione razionalità limitata si usa per designare una
scelta razionale che prende in considerazione i limiti cognitivi del
soggetto decisionale - limiti della conoscenza e della capacità di
calcolo>>.
5
Da ciò ne deriva la revisione della figura classica dell'uomo
economico e l'introduzione di una nuova figura, quella dell'uomo
amministrativo.
5
SIMON H.A., Scienza economica e comportamento umano, pag.25, Edizioni di Comunità,
Torino, 2000.
16
L'uomo economico è perfettamente razionale, di fronte ad una
decisione avrà a disposizione un ventaglio di alternative e sarà
sempre in grado di prendere la decisione ottimale in modo da
ottenere la massimizzazione della funzione di utilità.
Ma il modello dell'uomo perfettamente razionale presenta
degli inconvenienti: poiché è necessario che il soggetto si trovi ad
operare in condizioni di certezza e non può assolutamente
prescindere da <<tre condizioni essenziali:
1. che tutte le alternative siano date;
2. che tutte le possibili conseguenze delle alternative siano
conosciute (in uno dei tre sensi corrispondenti
rispettivamente alla certezza, al rischio e all'incertezza);
3. che l'uomo razionale abbia un preciso criterio di ordinamento
delle utilità (o funzione cardinale) per tutte le possibili serie
di conseguenze.>>
6
Ma nella realtà molto difficilmente si riusciranno a realizzare
tutte e tre le condizioni necessarie, quindi non si può parlare di
uomo perfettamente razionale, ma sorge la necessità di costruire un
modello semplificato della realtà che permetta all'uomo di prendere
le decisioni, e allora siamo di fronte ad una razionalità soggettiva e
non oggettiva e quindi dobbiamo parlare di razionalità limitata. Per
meglio comprendere i limiti della razionalità umana ed
esemplificarne le problematiche i riduzionisti hanno spesso
6
MARCH J. G., SIMON H. A., Teoria dell'organizzazione, pag.175, Edizioni di Comunità,
Milano, 1966.
17
utilizzato il gioco degli scacchi
7
, vedendo tale gioco come un
sistema formale che rappresenta un sottosistema della realtà.
1.1.3. Il concetto di Satisficing
Un concetto strettamente connesso all'idea di razionalità
limitata è quello di Satisficing.
"Satisfice" è il termine usato da Simon con il significato di
soddisfacente, mutuato dal dialetto dell'antica Northumbria, contea
a nord del fiume Humber, che ben chiarisce l'idea di una scelta che
soddisfa fra più alternative ma che non è possibile garantire che sia
quella ottima in senso assoluto.
Il decisore che si trova a dover operare una scelta nella quasi
totalità dei casi, per i motivi già elencati nel precedente paragrafo,
7
<< … Se descriviamo lo scacchista come intento a scegliere una strategia, allora la sua
difficoltà di comportarsi razionalmente - e l'impossibilità che egli si comporti come la teoria
del gioco dice che dovrebbe - sta nel fatto che egli ha informazioni incomplete rispetto a quali
alternative gli sono aperte. Egli ha il tempo di scoprire solo una frazione minima di queste
strategie, e di precisare quelle che scopre solo incompletamente. … Quindi il buono scacchista
non esamina tutte le mosse che gli sono aperte, ma solo una piccola frazione di esse. Da un
ulteriore punto di vista, la difficoltà dello scacchista nel comportarsi razionalmente non ha
niente a che fare con l'incertezza - sia delle conseguenze che delle alternative - ma è un
problema di complessità. Perché non c'è né rischio né incertezza, nel senso in cui questi termini
sono usati in economia o nella teoria statistica delle decisioni, nel gioco degli scacchi. Come
osservano von Neuman e Morgenstern, è un gioco di informazione perfetta. Non c'è necessita
di far entrare nei calcoli probabilità di eventi futuri, e non sorgono contingenze, in senso
statistico. Dal punto di vista della teoria dei giochi, la presenza dell'avversario non introduce
contingenze. L'avversario può sempre venir considerato come operante al peggio. Il punto
diviene più chiaro se sostituiamo il il compito di giocare a scacchi con quello di provare
teoremi. Nel secondo compito, non si ha l'avversario. Né ci sono contingenze: i teoremi veri e
derivabili risiedono eternamente nel mondo delle idee di Platone. La razionalità nella
dimostrazione di un problema costituisce un problema solo perché l'insieme dei possibili
sentieri di prova è vasto e complesso. Quello a cui ci riferiamo con "incertezza negli scacchi o
nella dimostrazione dei teoremi è, quindi, l'incertezza introdotta in un ambiente perfettamente
certo dell'incapacità - incapacità computazionale - di accertare la struttura di tale ambiente. Ma
il risultato dell'incertezza, qualunque sia la sua fonte, è lo stesso: l'approssimazione deve
sostituire l'esattezza nel raggiungimento di una posizione. In particolare, quando l'incertezza
prende la forma di un ingombrante problema di spazio da esplorare, il processo di risoluzione
del problema deve incorporare meccanismi per determinare quando la ricerca o la valutazione
si fermeranno e un'alternativa verrà scelta.>> SIMON H. A., Causalità, razionalità,
organizzazione, pag. 268-269, Il Mulino, Bologna, 1985.
18
si troverà nell'impossibilità di ottimizzare, e quindi dovrà elaborare
una scelta soddisfacente.
A ciò va aggiunto che ad impedire al decisore di giungere alla
decisione ottimale può anche essere il costo, in termini di calcolo,
necessario per tale processo. <<Facciamo l'esempio di cercare un
ago in un mucchio di fieno. Data la distribuzione di probabilità di
densità di aghi dalla punta più o meno aguzza del mucchio di fieno,
cercare l'ago più appuntito richiede uno sforzo proporzionale alle
dimensioni del mucchio di fieno. Il compito di cercare un ago
sufficientemente appuntito per cucire richiede uno sforzo che
dipende soltanto dalla densità degli aghi dalla punta richiesta e non
dalla dimensione del mucchio di fieno. Ciò che attrae nel criterio di
tipo satisficing deriva dal fatto che il costo della ricerca è
indipendente dalla dimensione della complessità della situazione di
scelta>>.
8
Se si considerano i costi necessari alla ricerca, teoricamente si
potrebbe convertire il processo di soddisfazione in un processo di
ottimizzazione, purché la ricerca continui fin quando il guadagno
atteso non uguagli il costo.
Effettuare questo tipo di calcoli può risultare estremamente
difficoltoso, dunque l'alternativa è cercare finché non si trova
un'opzione soddisfacente.
A questo punto si pone il problema di cosa si intende per
soddisfacente.
8
SIMON H. A., Scienza economica e comportamento umano, pag. 33, Edizioni di Comunità,
Torino, 2000.