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Introduzione
Il lavoro di tesi a conclusione del mio percorso universitario è incentrato sull’analisi del
linguaggio degli ultimi tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco. In
particolare, si pone l’attenzione su differenze e analogie nella strutturazione del discorso e
nelle scelte tematiche, sintattiche, morfologiche, lessicali e retoriche.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno una triplice natura: in
primo luogo, sono da sempre affascinata dal modo in cui gli esseri umani si servono del
mezzo lingua per ottenere molteplici scopi, giocandoci e plasmandola a seconda delle
circostanze e del ruolo che il parlante riveste in quel momento; in secondo luogo, le parole dei
papi accompagnano la vita di un po’ tutti noi che, volenti o nolenti, da cristiani o da atei, vi
entriamo in contatto e che, proprio attraverso di esse, giungiamo a conoscere la personalità di
una delle figure più importanti al mondo; in terzo luogo, la nomina di Papa Francesco come
successore di un pontefice così diverso da lui, ha suscitato in me alcune curiosità e la volontà
di approfondire i cambiamenti intervenuti nel ruolo del vicario di Dio, dall’arrivo del
“rivoluzionario” Papa Giovanni Paolo II sino al presente.
La scelta è ricaduta su questi ultimi tre papi perché le loro figure mi hanno accompagnata
durante la mia crescita e di esse ho testimonianza diretta e vivo ricordo.
Per svolgere la mia ricerca ho preso in esame un campione di Angelus pronunciati durante le
principali festività cristiane che, seppure esiguo rispetto alla moltitudine di discorsi proferiti
dai pontefici, risulta tuttavia esemplificativo del loro eloquio.
La tesi è articolata in quattro capitoli: i primi tre sono dedicati ciascuno a un papa, ne
illustrano le informazioni biografiche essenziali (utili a cogliere le radici delle differenze) e ne
descrivono gli Angelus; il quarto riguarda l’analisi linguistica vera e propria, la quale è stata
svolta in chiave contrastiva, ponendo in luce le caratteristiche più evidenti che rendono questi
papi di volta in volta molto simili o diametralmente opposti l’uno all’altro sotto il profilo
dello stile comunicativo.
Così facendo, è possibile penetrare nelle trame dei discorsi papali e comprendere in maniera
più profonda alcune loro scelte, mai casuali, bensì sempre dettate da precisi scopi e intenzioni.
Ciò ci consente di capire come il linguaggio del papa strutturi e modelli il rapporto stesso del
pontefice con coloro a cui giungono le sue parole.
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Capitolo Primo
Papa Giovanni Paolo II
1.1 Chi è stato Karol Wojtila
Karol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il
16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920.
Terminati gli studi nella scuola superiore di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università.
Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università di Cracovia nel 1939, il giovane
Karol lavorò (dal 1940 al 1944) in una cava e, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per
potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942,
sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore
clandestino di Cracovia. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico",
anch’esso clandestino. Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di
Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla
sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946. Successivamente fu
inviato a Roma, dove conseguì nel 1948 il dottorato in teologia. Nel 1948 ritornò in Polonia.
Più tardi divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia
e nella Facoltà di Teologia di Lublino. I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16
ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il
ministero Petrino, quale 263° successore dell’Apostolo.
Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni.
Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario,
dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla
carità aperta all’umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha
compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un
totale di 333). Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle
Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno
partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali
e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo
dell’anno 2000) nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e
nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le
38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze
e incontri con Primi Ministri. Il suo amore per i giovani lo ha spinto a iniziare, nel 1985, le
Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del
suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. Allo stesso
modo, la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie
da lui iniziati a partire dal 1994. Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con
gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di
Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi.
Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande
Giubileo del 2000. Con l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia,
Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa. Ha dato un impulso
straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della
santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147
cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per
un totale di 482 santi. Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali. Ha convocato
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anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio. Tra i suoi documenti principali si
annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e
45 Lettere apostoliche. Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della
Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di
diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia
Romana.
A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: “Varcare la soglia
della speranza” (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio
sacerdozio" (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo
2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).
Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37. Da quella sera e fino
all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di
pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila
anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro. Il 28 aprile successivo, il
Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la
morte, per l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II.
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1.2 I suoi Angelus
Gli Angelus presi in considerazione vanno dal 1° novembre 1978 al 26 dicembre 1980.
1° NOVEMBRE 1978
Nella solennità di tutti i Santi, Giovanni Paolo II sceglie di aprire l’Angelus con un
riferimento alla liturgia del giorno. L’argomento è quello dell’ineluttabilità della morte e della
promessa di Dio della successiva «vita eterna».
Il linguaggio è solenne, coadiuvato anche dalla presenza di alcune parole di registro elevato,
come escatologica, ineluttabilità, espiazione e mèsse (nel significato di “raccolto”). Nella
parte conclusiva del discorso è presente un’invocazione a giovani, ai quali il Papa chiede di
non opporsi alla chiamata divina, ma di assecondare la vocazione. Dio è di volta in volta
chiamato Redentore, Padre, Signore, Cristo. Non è presente alcun saluto conclusivo.
8 DICEMBRE 1978
L’Angelus della solennità dell’Immacolata Concezione è quasi totalmente incentrato
sull’argomento della liturgia e sulla figura della Madonna, ad eccezione della terza parte, in
cui Giovanni Paolo II ricorda Papa Pio IX, citando le sue stesse parole. Il linguaggio non è
particolarmente solenne, anche se è da mettere in evidenza l’utilizzo del pronome personale
femminile di terza persona singolare “Ella” in sostituzione di “lei” in riferimento alla
Madonna e la costruzione verbale ritenere nella memoria nella frase «Ritenuto tutto ciò nella
memoria, recitiamo l’Angelus Domini con una emozione particolare». È, inoltre, presente una
citazione in latino (Copiosa apud eum redemptio), a cui segue puntuale traduzione. Infine,
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Biografia ufficiale dal sito www.vatican.va.
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anche in questo caso Dio viene nominato con appellativi diversi (Cristo, Padre, Figlio, Spirito
Santo, Signore). Il discorso non si conclude con alcun saluto.
24 DICEMBRE 1978
L’Angelus si apre con una citazione in latino (Hodie scietis quia venie et Dominus; et cras
videbitis gloriam eius), di cui tre parole (scietis, hodie e cras) verranno poi riprese quasi a
conclusione del discorso. In esso sono presenti solo gli auguri per il Natale e un breve
accenno finale alla notizia di cronaca riguardante la sciagura avvenuta nei pressi di Palermo.
26 DICEMBRE 1978
L’Angelus della festività di Santo Stefano risulta tanto breve quanto interessante. Sin dal suo
incipit, infatti, è evidente come il Papa abbia abbandonato i consueti canoni degli altri
Angelus da me analizzati. Egli si mostra da subito vicino ai fedeli e usa l’ironia per ottenere il
suo scopo.
Vista la sua particolarità, ritengo opportuno trascrivere interamente il breve testo:
«Sì, ho capito, volete pregare col Papa e pregheremo, nonostante non fosse prevista
per oggi la recita comunitaria dell’Angelus. Mi rallegro con voi e mi domando perché
siete venuti. Forse siete venuti perché oggi è veramente una bella giornata e attira
fuori. Ma il Papa deve stare in casa perché non sa mai quando viene la gente per
recitare l’Angelus. Poi penso che siete venuti perché sapete che il Papa ha bisogno
delle vostre preghiere e ha bisogno soprattutto di pregare con voi. Vi ringrazio per
questo e per questa vostra inattesa ma certamente tanto più gradita e preziosa
presenza. Voglio ripetere i miei auguri di buon Natale a tutti, specialmente ai giovani.
Non capisco quello che dite. Voi non avete i microfoni.
Però capisco che volete molto bene al Papa.
Grazie e Buon Natale ancora a tutti. Sia lodato Gesù Cristo»
Interessante notare come il Papa parla (quasi per tutta la durata dell’Angelus) di se stesso in
terza persona, comportamento tipico di personaggi potenti e leader politici. Tuttavia,
smentisce questa sospetta “presunzione” relegando poi se stesso quasi al ruolo di semplice
uomo che «si trova in casa» e deve starci per aspettare la gente che lui non sa «quando viene
per recitare l’Angelus». Il Pontefice sembra poi utilizzare la captatio benevolentiae quando si
rivolge ai pellegrini dicendo: «Poi penso che siete venuti perché sapete che il Papa ha bisogno
delle vostre preghiere e ha bisogno soprattutto di pregare con voi. Vi ringrazio per questo e
per questa vostra inattesa ma certamente tanto più gradita e preziosa presenza».
Nel testo sono, inoltre, presenti tre usi che testimoniano la vicinanza al discorso al parlato: i
primi due riguardano il mancato utilizzo del congiuntivo dopo le proposizioni mi domando
perché e penso che e il terzo la frase «Forse siete venuti perché oggi è veramente una bella
giornata e attira fuori», in cui il soggetto non è stato esplicitato.
In chiusura è presente un saluto.
1° GENNAIO 1979
Il primo Angelus del 1979 si apre con una interrogazione retorica («All’inizio di un nuovo
anno, con quale altra parola potrei rivolgermi a voi, carissimi, che non sia una parola
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d’augurio?») e prosegue con gli auguri affettuosi di un Papa che in questo caso non manca di
far sentire ai fedeli la propria vicinanza utilizzando abilmente gli espedienti retorici a sua
disposizione.
«Buon anno, dunque a voi, miei fratelli e sorelle! A voi che siete venuti in questa
piazza per testimoniare con la vostra presenza l’affetto che nutrite per il Papa, e buon
anno a tutti coloro che sono qui presenti con lo spirito. Il Papa vorrebbe varcare le
soglie di tutte le case, specialmente di quelle dove la povertà, la malattia e la
solitudine fanno sentire il loro peso -non esclusi gli ospedali e le carceri- e portare
ovunque una parola di conforto, di incoraggiamento, di speranza. Buon anno a tutti,
nella luce che s’irradia dal volto dolcissimo di Maria […]».
Nel discorso è presente la ripetizione dell’augurio Buon anno, posto ad inizio di tre frasi. Il
Papa, che si era precedentemente rivolto ai fedeli con l’aggettivo carissimi, ora li definisce
MIEI fratelli e sorelle. Egli parla di sé in terza persona e, iperbolicamente, afferma di volere
«potere varcare le soglie di tutte le case per arrivare da tutti i credenti a portare a loro i propri
auguri». Quest’ultima citazione è emblematica dell’atteggiamento che il Papa avrà durante
tutto il suo pontificato: una vicinanza non solo metaforica, non solo “di cuori”, ma fisica, fatta
di abbracci, di baci, di bambini presi in braccio, di affetto e calore umano nei confronti della
moltitudine cristiana. In questo vi è un forte elemento di rottura rispetto ai canoni di
comportamento classici seguiti dalle figure papali.
Nonostante il linguaggio dell’affetto e della vicinanza usato nella gran parte dell’Angelus, il
Papa utilizza anche espressioni più formali («ci pone in atteggiamento di pensosa
ammirazione e di istintivo rispetto», «la caratteristica atmosfera di cui sono soffusi questi
giorni» e «soluzione equa e onorevole») e termini non colloquiali (lungimiranza, ma
soprattutto resipiscenza).
I temi affrontati sono quelli della pace, delle specifiche vicende del Libano, della controversia
tra Argentina e Cile e dei sequestri.
Il discorso si conclude con un «Preghiamo, fratelli e sorelle».
7 GENNAIO 1979
L’Angelus dell’Epifania del 1979 si apre con un riferimento iniziale alla liturgia. In seguito, il
Papa si occupa del tema della fede e dell’accusa che (allora da più di un secolo) viene mossa
alla religione di alienare l’uomo. Per trattare questo argomento, il Papa cita una formula in
latino (altiora te no quaeras) per ben tre volte durante tutto il discorso e alternandola a
un’altra formula identica ma che non presenta il “no” (altiora te quaeras). Utilizza questo
espediente per ribaltare il sentire comune e suggerire che si proceda non non cercando le cose
superiori all’uomo, ma proprio cercandole. Per portare avanti la sua argomentazione, egli
inoltre si avvale di due interrogazioni retoriche, entrambe introdotte dalla stessa espressione
(«Chi ha il diritto di affermare che…»), formando così un’anafora. Da sottolineare, poi,
eternamente aspira, in cui l’avverbio è posto prima del verbo, l’uso dell’avverbio parimenti
collocato prima di un aggettivo e del verbo «sentenziare di». Non sono presenti saluti finali.
DOMENICA DELLE PALME 1979
Il discorso dell’Angelus della Domenica delle Palme del 1979 si apre con una citazione in
latino (Auctor fidei nostrae), che viene poi tradotta in italiano e ripetuta un’altra volta, sia in
latino che in italiano. L’argomento del discorso è Gesù in croce. E’ presente un termine greco,
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kenosi, il cui significato viene prontamente spiegato. Numerosi sono i verbi alla prima
persona plurale usati come esortativi (“soffermiamoci”, “iniziamo”, “desideriamo”,
“mediteremo”). Posto a conclusione vi è un riferimento al cardinale Jean Villot e un invito
alla preghiera in sua commemorazione. Interessante è, infine, la scelta della coppia aggettivo
+ nome specchiate virtù, in cui specchiate significa “esemplari, da prendere a modello” e
appartiene a un registro non colloquiale.
CORPUS DOMINI 1979
L’Angelus, come molte altre volte accade, prende avvio con una citazione latina (Et Verbum
caro factum est et habitavit in nobis). Dopo la spiegazione della solennità del giorno, il Papa
affronta il tema della pace e dell’accordo SALT II, che sarebbe dovuto essere firmato il
giorno seguente. Nel farlo, utilizza tre volte il termine armamenti e, nella stessa parte di
discorso, compaiono anche i vocaboli armi e disarmo, tutti dalla stessa radice etimologica. Vi
è, inoltre, una frase («[…] non possono ignorare l’importanza che a tutto quanto favorisce un
clima di allentamento delle tensioni [...]») dal significato incerto. Il Papa, infine, tratta il tema
del conflitto in Nicaragua, utilizzando termini che richiamano la sfera dell’affetto (come
amore, concordia, fraternità, aprire il cuore, fratellanza), e quello del suo recente viaggio
nella sua terra natia, in Polonia, rivolgendo un pensiero ai vescovi e fedeli che con lui hanno
compiuto questo pellegrinaggio, parlando di sé in terza persona («[…] a tutti quei Vescovi e
fedeli che, da varie parti del mondo, hanno voluto compiere col Papa questo singolare
pellegrinaggio […]» e «[…] hanno accompagnato il Papa Pellegrino con la loro fervente
preghiera […]»).
Come saluto finale è presente un ringraziamento generico.
FESTA DELL’ASSUNTA 1979
L’Angelus del 15 agosto 1979 si apre, ovviamente, con un riferimento alla Madonna e alla
sua festa. Il Papa prosegue, poi, parlando dei suoi viaggi e “allarga il campo” al tema della
vacanza intesa in senso generale, rievocando, infine, la figura del Cardinale Wright. Il testo è
formale, con periodi lunghi e con alcuni termini di registro elevato (“gravare su”, “auspicare”,
ineffabili, ritemprato, dirittura, connaturato, bonomia, riserbato) e due citazioni dal latino
(Resonare Christum corde Romano e sensus Ecclesiae). Il testo si conclude con i saluti in
lingua ai vari pellegrini provenienti da diverse parti del mondo.
1° NOVEMBRE 1979
Nell’Angelus del 1° novembre 1979, il primo tema affrontato è quello della morte, seguito da
un riferimento ai cimiteri. In questo caso, il Papa muove a pietismo il fedele che lo ascolta,
ricordando come vi siano defunti «i quali non hanno più nessuno, che nel giorno dei morti
accenda una candela sulla loro tomba». L’ultimo tema affrontato è quello della violenza, con
riferimento anche a un fatto di cronaca. Qui il Papa utilizza una serie di espressioni che
rimandano alla sfera dell’affetto («in cui ha perduto la vita un onesto e pacifico lavoratore» e
«esprimo alla famiglia, tanto desolata, il mio paterno cordoglio»), mostrandosi, in questo
modo, vicino al dolore di chi soffre.