PREFAZIONE
“L’importante è la salute”, “Pensa alla salute!”: modi di dire, detti popolari talmente
utilizzati da essere diventati sinonimo di qualcosa di scontato, banale; la salute, infatti, è
uno stato che, quando c’è, spesso non viene avvertita come stato di grazia bensì come cosa
scontata, simile all’aria che si respira, della quale ci si rende conto solo quando viene a
mancare.
Eppure, come spesso accade coi detti popolari, anche questi che riguardano la salute,
contengono una oggettiva aderenza alla realtà: la salute, uno stato psico-fisico di benessere,
è la condizioni imprescindibile, sine qua non, per una vita soddisfacente; essa rappresenta il
bene più prezioso, affinché la persona sia in condizione di sviluppare appieno le sue
potenzialità, dando il meglio di sé, con le conseguenti ricadute positive anche sul piano
sociale.
Sono partita da queste semplici considerazioni e ho pensato di approfondire il concetto di
salute, di seguire la sua evoluzione nel tempo, che ha visto il progressivo ampliamento del
suo campo semantico, a partire dal vecchio concetto di assenza di malattie, fino ad arrivare
alla definizione dell’OMS che parla di salute come di uno stato di percepito e completo
benessere fisico, mentale e sociale.
La mia attenzione si è naturalmente incentrata sulla dimensione psicologica e sociologica
del concetto di salute. Ho utilizzato l’approccio psicosociale per approfondire lo studio dei
significati di salute e malattia, ai diversi livelli di indagine: dalle teorie, alle ricerche, agli
interventi. Mi sono occupata dell’ambito ospedaliero, con la relazione professionisti-
pazienti e le sue ricadute sulle stato di salute di questi ultimi; ho approfondito il concetto di
interazione dinamica tra fattori biologici, sociali/culturali e psicologici nel condizionare
quando non determinare le condizioni di salute, proprio del modello biopsicosociale; ho
indagato l’importanza della promozione della salute, come strategia per dare controllo e
potere alle persone nelle scelte e nei comportamenti che riguardano la propria salute.
Ho preso in esame il concetto di empowerment come approccio relativamente nuovo, e
innovativo, da leggere sia come obiettivo sia come processo di cambiamento nelle questioni
poste da varie discipline; in particolare, nell’ambito sanitario preso in esame, la prospettiva
empowerment dà il suo fondamentale contributo alla psicologia della salute e alla
psicologia di comunità.
L’empowerment può essere visto sia come processo che come risultato di un movimento
propositivo verso l’acquisizione di potere.
Una disamina di quest’ultimo costrutto, mostra come esso sia stato utilizzato e studiato
prevalentemente nella sua accezione autoritaria, di coercizione di un soggetto o di un
gruppo a discapito di un altro soggetto, gruppo o comunità, nonché di dipendenza di gruppi
svantaggiati verso gruppi “potenti”, dovuta a disparità di risorse di varia natura (umane,
culturali, economiche).
Al contrario il potere, essendo costrutto multidimensionale, il cui significato si lega ai
valori di un determinato contesto, diventa nell’approccio empowerment il potere costruttivo
della liberazione delle potenzialità, della creatività, della consapevolezza di essere fautori
del proprio destino e di avere il potere di cambiarlo; un potere che non si esercita contro o a
discapito di qualcuno, poiché ha come obiettivo la crescita personale e della collettività.
Al potere si accompagna la partecipazione, fondamento della filosofia empowerment: la
partecipazione cittadina vera ed effettiva alla vita di un gruppo o di una comunità si realizza
quanto più i membri di essa hanno potere, inteso come accesso ai processi decisionali,
influenza sulle scelte importanti per la vita dei membri e del gruppo, possibilità di incidere
sulle decisioni di governo (v.scala della partecipazione di Arnstein).
La filosofia empowerment applicata nel campo del benessere e della politiche a tutela della
salute apre nuovi, impensati scenari; la centralità della persona, e non solo della malattia o
dell’assenza di essa, si pone come imperativo anche a livello legislativo, negli ospedali e
nei luoghi di cura, ma anche nei servizi e nelle progettazioni di interventi di promozione e
tutela della salute.
Il cittadino che acquisisce empowerment non è più un semplice fruitore di servizi, ma
diventa protagonista nella progettazione e nell’erogazione degli stessi.
Ho portato l’attenzione sul piano locale, della mia regione, per dimostrare come il
passaggio da cittadino utente a cittadino protagonista si realizzi attraverso l’iniziativa di
gruppi che, attraverso l’informazione e la coscienza dei propri diritti, hanno prodotto
importanti risultati anche a livello legislativo: leggi che riconoscono, tutelano e hanno
l’obiettivo di incentivare la partecipazione attiva di tutti i soggetti nelle politiche a tutela
della salute. Ho cercato e trovato esempi concreti della partecipazione attiva di questi
cittadini “potenti”, della loro presa a carico dei problemi che riguardano la salute,
individuale e di comunità
In particolare ho illustrato un’esperienza pionieristica presente nella mia città, Piacenza:
quella dei volontari del Gaps. Essi si sono presi carico di un servizio a sostegno di un
particolare ambiente, il Pronto Soccorso; un luogo peculiare, per gli stati emotivi di
particolare ansia e incertezza che causa nei pazienti e nei loro familiari. I volontari di questa
associazione si sono organizzati per fornire un sostegno psicologico e informativo ai
pazienti e ai familiari in attesa, realizzando un servizio prezioso che arricchisce la comunità
e contribuisce a promuovere la cultura dell’empowerment, centrata su parole chiave quali
partecipazione, potere, cooperazione.
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Capitolo 1
EMPOWERMENT: CLASSIFICAZIONE E AREE DI COMPETENZA
1. Introduzione all’empowerment
1.1. Cenni storici
Il concetto di empowerment, letteralmente ”accrescere in potere”, nasce negli anni 50-60
in America; esso prende avvio dagli studi di politologia che, in quegli anni, si occupavano
di prendere in considerazione quei gruppi, spesso spontanei, impegnati a tutelare i diritti
civili delle minoranze, quali il diritto alla casa, a sostenere l‟emancipazione delle donne, a
fare opposizione alla guerra nel Vietnam.
Tali gruppi dovevano trovare in sé la forza, la fiducia, l‟ ottimismo necessari per prendere
coscienza dei loro obiettivi e portare avanti le loro battaglie: empowerment come “sentire
di essere in grado di fare”, condizione che si realizza attraverso la coscienza del proprio
valore, la conoscenza della propria storia, la coscienza dei propri diritti, l‟incremento
dell‟autostima.
L‟ empowerment, quindi, inteso come possibilità da parte degli individui più deboli e/o
svantaggiati, di poter avere accesso ad opportunità di riscatto fino ad allora insperate;
empowerment come possibilità di facilitare la presa di coscienza delle proprie potenzialità,
di aver voce e ottenere riconoscimenti, di poter influire sulla possibilità di mantenimento
delle posizioni ottenute e degli obiettivi raggiunti.
Il potere di cui si parla non ha niente a che fare con il comando, il decidere per gli altri,
l‟imposizione, ma é potere costruttivo, motore di un processo di crescita personale e
collettivo.
Rientrando nella più stretta attualità, si può rilevare che anche il celeberrimo slogan “Yes,
we can”, utilizzato nella campagna elettorale dell‟attuale presidente degli Stati Uniti
d‟America, Barack Obama, è un perfetto esempio di empowerment: vuole dire che prima di
fare é fondamentale pensare di poter fare, sentirsi in grado di cambiare gli eventi, avere
consapevolezza del proprio potenziale.
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1.2. Il concetto di empowerment
Non è facile tradurre in un solo vocabolo italiano il termine empowerment; tale difficoltà è
dovuta alla complessità del concetto e alla ricchezza di significati che esprime.
Un possibile punto di partenza può essere l‟etimologia della parola stessa, che si può
suddividere in tre parti: em-power-ment.
“Em” è un prefisso che solitamente significa “mettere nella condizione di”,”andare verso”;
“power” è tradotto come “potere”, inteso nella sua accezione più positiva e costruttiva; il
suffisso “ment” in inglese definisce sia un processo che un risultato. Da quest‟ultimo punto
si comprende la doppia natura del concetto, che sta a designare sia il percorso per
raggiungere un certa meta, sia il risultato stesso ; il processo è graduale e prevede diversi
livelli di acquisizione, il risultato non è mai definitivo e stabile ma al contrario e‟ passibile
di miglioramenti ed evoluzioni.
Possiamo quindi definire l‟empowerment come il processo e il risultato di un movimento
propositivo verso l‟acquisizione di potere, inteso come potenzialità individuale o di gruppo.
Accrescere il potere di una persona o di un gruppo significa fornirgli maggiore possibilità
di esercitare controllo sulla propria vita, ampliare le possibilità di scelta, rendere in grado di
agire; la meta ultima del processo è il miglioramento delle condizioni di vita individuali e
del bene comune.
Il termine comparve le prime volte negli anni sessanta nell‟ambito degli scritti legati alla
psicologia di comunità, ma presto venne accolto e utilizzato da altre discipline, sia dal
punto di vista delle riflessioni teoriche che da quello applicativo degli interventi
professionali. Infatti si parla di empowerment nella letteratura politica, in quella medica, in
ambito pedagogico nonché in campo manageriale e organizzativo.
L‟originalità e l‟innovazione che il concetto porta con sé stanno nella sintesi che esso
propone tra significati dicotomici quali forza e debolezza, benessere e disagio, risorse e
lacune, come sottolineano Bruscaglioni e Gheno (2000). L‟approccio dell‟empowerment ha
portato a cambiamenti nella visione dei problemi e suggerito innovazioni alle pratiche in
ognuno dei diversi ambiti in cui è stato introdotto.
3
2. Aree di applicazione e intervento
1
2.1. L’empowerment in politica
Il concetto è entrato nel linguaggio politico alla fine degli anni sessanta, in particolare
nell‟ambito dei movimenti per i diritti civili; l‟empowerment di determinati gruppi era
l‟obiettivo delle lotte per l‟emancipazione e per l‟uguaglianza sociale, come nel caso dei
movimenti femministi.
L‟aumento del livello di empowerment è un modo per risvegliare le coscienze dei cittadini
dall‟intorpidimento che le porta a subire passivamente iniquità ed ingiustizie; nel contempo
rafforza il loro potere in modo che diventino attori del proprio destino, attraverso la
partecipazione e l‟impegno sociale (Converso, Piccardo, 2003).
In questo ambito, dunque, l'empowerment si configura come capacità di ripensare la vita
sociale di gruppi e di singoli attraverso la formazione e l'informazione, per favorire
l'accesso alle risorse da parte dei gruppi oppressi, aumentando la loro partecipazione attiva
alla vita politica e la capacità di dominare gli eventi, permettendo l'assunzione di
responsabilità e ampliando la possibilità di incidere sul dibattito decisionale; raggiungere
tali obiettivi comporta anche lo svincolarsi da condizioni di assistenza pubblica che
limitano, assieme alle responsabilità, le opportunità di crescita di questi gruppi
mantenendoli in uno stato di sottomissione, causata dalla dipendenza da un‟ “elemosina”
calata dall‟alto.
L‟obiettivo di empowerment calza particolarmente bene alle battaglie dei cosiddetti gruppi
svantaggiati, tra i quali si possono citare gli indigenti e le minoranze etniche, e viene inteso
come possibilità di “dar voce” e potere decisionale a chi non ne ha mai avuto; per lo stesso
motivo è presente tra i principali obiettivi nei programmi di sviluppo del Terzo Mondo, ma
anche nei movimenti in difesa dell‟ambiente e nei gruppi di volontariato.
L'empowerment è anche uno degli scopi dichiarati del movimento contro la globalizzazione
neoliberista: l'acquisizione di potere (nel senso positivo che si è detto: il potere dell'essere
1
Fonte dei paragrafo 2. Aree di applicazione e intervento, in particolare nei sottoparagrafi Empowerment
nelle organizzazioni e nelle aziende e L'empowerment in pedagogia: Burgio Giuseppe, “Empowerment”
articolo per Lessico oggi – febbraio 2003 disponibile al link
http://www.aggiornamentisociali.it/0302lessico.html
4
sull'avere) da parte di tutti gli abitanti del pianeta, sullo sfondo dell'apertura a nuovi mondi
possibili. Alcune delle parole d'ordine emerse dai Forum sociali
2
di Porto Alegre o di Firenze fanno
parte anche del vocabolario specifico dell'empowerment: di fronte alla concentrazione in poche
mani del potere economico e politico in ambito planetario, se ne auspica la delega e il
trasferimento; a fronte della concentrazione e alla privatizzazione dei saperi, si lavora per lo
sviluppo delle potenzialità e l'aumento delle capacità delle popolazioni del Sud del mondo; a
fronte dell'erosione degli spazi di democrazia, si lotta per la valorizzazione del contributo di tutti;
contro una globalizzazione basata unicamente sulla legge del più forte, il “Movimento dei
movimenti” segna la presa in carico della responsabilità della partecipazione politica in prima
persona.
Questo approccio permette di superare parzialmente le divergenze tra quanti, in politica,
propugnano la libertà e la responsabilità individuale, e quanti credono nella giustizia
sociale, in opportunità sociali accessibili in maniera equa: anziché intervenire con
finanziamenti e progetti specifici a favore dei gruppi svantaggiati, si permette loro di
utilizzare con creatività le risorse (economiche e non solo) già a loro disposizione,
rimovendo le barriere burocratiche, ma anche gli stereotipi e i pregiudizi dei e sui gruppi
oppressi, che sono di ostacolo alla fruizione piena del diritto di (re)inventare la propria vita.
Per raggiungere tali ambiziosi obiettivi sono necessari due tipi di azioni, a livelli diversi ma
interdipendenti tra loro: uno a livello individuale o di gruppo e uno a livello sociale.
Il primo tipo di azione ha come obiettivo la rottura della logica di passività e dipendenza,
attraverso il rafforzamento dell‟autonomia del gruppo o dell‟individuo, l‟assunzione di
responsabilità e l‟adeguato accesso alle risorse; l‟azione a livello sociale ha invece come
scopo il cambiamento sociale, strutturale e organizzativo che favorisca l‟accrescimento di
potere dei gruppi svantaggiati.
2
Il Forum sociale mondiale è un nuovo spazio internazionale per la riflessione e l'organizzazione di tutti
coloro che si oppongono alle politiche neoliberiste e costruiscono alternative per dare priorità allo sviluppo
umano. Il Forum avrà luogo ogni anno e negli stessi giorni del Forum economico mondiale di Davos.
Lo spazio creato dal Forum sociale serve alla formulazione di prospettive generali, allo scambio di esperienze
e alla costruzione di coordinamenti tattici e strategici tra organizzazioni non governative, movimenti sociali,
sindacati, associazioni e gruppi di cittadini in ogni paese, a livello continentale e mondiale.
5
Unger (1987) parla a tale proposito di “democrazia empowered”, riferendosi a una società
ideale in cui l‟autorità si mette in discussione e si trasforma per favorire la crescita
individuale dei cittadini.
E‟ altresì importante, negli interventi di potenziamento dell‟empowerment, tenere conto dei
valori, delle tradizioni, delle esigenze particolari della popolazione , utilizzandoli nel
processo di cambiamento (United Nations, 2004); l‟azione di empowerment è perciò
fortemente radicata nel locale, e questo fa si che sia difficile stabilire azioni generiche
valide per tutte le comunità.
Tuttavia, da un‟analisi degli interventi di maggior successo, sono emersi quattro elementi
chiave:
- Inclusione e partecipazione da parte dei cittadini alle prese di decisione, attraverso lavoro
con le persone e creazione di spazi per dibattere e confrontarsi.
- Accesso alle informazioni come base per sviluppare una visione critica, comprendere i
problemi e decidere azioni di cambiamento: le informazioni possono circolare attraverso i
mezzi più disparati, dai mass media al teatro di strada, dai gruppi di discussione alla
tradizione orale.
- Maggior condivisione di scelte, risultati e responsabilità da parte dell‟autorità: è
importante rafforzare la comunicazione tra cittadini e organi di governo, agevolare la
trasparenza di questi ultimi, colmare l‟immenso distacco che spesso si crea tra cittadini e
organi pubblici.
- Capacità organizzativa locale: la creazione di reti interne e tra comunità diverse rafforza
le collettività e sviluppa un maggior potere d‟influenza a livello regionale o nazionale.
2.1.1. L’esperienza africana: empowerment femminile come via all’ empowerment della
società intera
E‟ soprattutto nella già citata area di intervento dei programmi di sviluppo per il Terzo
Mondo che l‟approccio empowerment porta tutta la sua carica innovativa: si distacca
totalmente dall‟approccio tradizionale che puntava a migliorare le condizioni di vita delle
aree svantaggiate tramite aiuti diretti e materiali (denaro, cibo, acqua). Seppure sostenuto
da idee solidaristiche a lungo termine questa modalità di rapportarsi al problema non lo
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risolve alla radice, poiché rispondendo ai bisogni primari tramite erogazione di beni
necessari alla popolazione, si mantiene quest‟ultima in uno stato di passività e di
dipendenza dall‟aiuto delle popolazioni “ricche”.
Al contrario l‟approccio empowerment ha come obiettivo la valorizzazione delle risorse
delle popolazioni disagiate, in modo che i cittadini stessi diventino il motore della
soluzione dei propri problemi e fautori del proprio sviluppo; l‟empowerment sarà così un
processo che parte dal basso, non un regalo calato dall‟alto o peggio imposto.
In numerosi paesi in via di sviluppo, specialmente nel continente africano, le
Organizzazioni non governative, le associazioni femminili e anche le Nazioni Unite si sono
focalizzate sul “woman empowerment”, ovvero sullo sviluppo del potenziale femminile
come perno per lo sviluppo dell‟intera società. Le ragioni di questa scelta non sono
meramente ideologiche, ma si basano anche su studi economici e politici: la Commissione
Economica Africana e l‟African Bank Development hanno fornito due dati particolarmente
salienti su come l‟empowerment femminile cambierebbe l‟economia del continente:
l‟eguaglianza e il diritto allo studio delle donne, che in molti paesi resta ancora un arduo
obiettivo, produrrebbe il 7% annuale della crescita del Pil. In oltre, le donne che lavorano
nei campi, con una giusta retribuzione e una adeguata tutela sanitaria, incrementano la
produzione agricola del 22%.
Semplificando la questione, si può affermare che l‟ empowerment parte dall‟incentivare e
mettere a frutto alcune delle potenzialità tipicamente associate all‟identità femminile:
affidabilità, flessibilità, capacità di costruire e conservare.
Il potere é anche legato all‟esperienza, e le donne prendono esempio dall‟esperienza di altre
donne, prime fra tute le loro madri: è importante quindi cambiare gli stereotipi con le quali
sono “costrette” a identificarsi e il modo in cui gli uomini le raccontano. A questo proposito
l‟African Women of Distinction (AWOD) ogni anno promuove spettacoli di registi che
mettono in scena storie di donne esemplari, non sottomesse, padrone della propria vita.
Un gesto di empowerment per l‟Africa lo ha fatto la commissione dei Nobel di Ginevra,
quando nel 2004 ha premiato con il Nobel per la pace la biologa Wangari Maathai:
kenyana, prima donna africana a laurearsi con un Phd in una materia scientifica,
attualmente è sottosegretario nel ministero dell‟Ambiente del Kenya, ed é impegnata in
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prima linea per l‟affermazione dei diritti civili fondamentali.
Nel 1977 ha fondato l‟associazione Green Belt, un‟Ong che é quasi un movimento politico;
un‟organizzazione che coniuga ambientalismo e difesa dei diritti umani, educazione civica
e ambientale, con particolare cura per l‟emancipazione delle donne africane.
Essa ha infatti avviato, tra i suoi programmi, la conservazione ambientale tramite lo
sviluppo dell‟impresa femminile: si pensi ai trenta milioni di alberi piantati da trenta
milione di donne.
L‟organizzazione opera in vari stati africani oltre al Kenya (Tanzania, Uganda, Malawi..),
allo scopo di promuovere una cultura di pace, equità, buon governo, rispetto dell‟ambiente.
Uno dei programmi dell‟associazione, “Women for Change”, ha come obiettivo specifico
l‟empowerment delle donne africane, in base ad un approccio olistico ai bisogni femminili.
Uno degli interventi ha come target le adolescenti e giovani donne: obiettivo é aiutarle ad
affrontare i cambiamenti legati alla crescita, incentivare in loro il potere decisionale, la
responsabilizzazione riguardo alle scelte importanti, la presa di coscienza della propria vita
sessuale e riproduttiva. A questo proposito sono fondamentali le campagne informative che
forniscono conoscenze per proteggersi da Hiv/AIDS.
Altri interventi del “Women for change” riguardano la facilitazione di attività che generano
empowerment, poiché incentivano l‟impresa femminile, l‟indipendenza economica, la
capacità di ottenere risultati importanti tramite i propri sforzi: tree planting, apicoltura,
lavorazione del cibo, per citarne alcuni.
2.2. Empowerment in medicina e psicoterapia
L‟Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO- World Health Organization) con la
dichiarazione di Alma Ata (1978), la Carta di Ottawa (1986) e la dichiarazione di Jakarta
(1998), ha ribadito a più riprese l‟importanza dell‟azione di comunità e del processo di
empowerment come basi per promuovere salute e qualità della vita.
A livello europeo tali principi sono presenti nell‟attuale “Programma di azione comunitaria
in materia di salute pubblica (2008-2013)”, in cui presupposto alle strategie d‟azione
comunitaria é la partecipazione dei cittadini alla vita sociale, con la conseguente influenza
degli stessi sui processi decisionali salienti per la comunità (Commissione delle Comunità
8
Europee,2007).
A livello nazionale, il piano Sanitario Nazionale 2006-2008
3
afferma che attraverso il
processo di empowerment si punta ad erogare ai cittadini cure efficaci ed appropriate sotto
il profilo clinico ed etico, garantendo anche il massimo livello di equità con l‟uso delle
risorse a disposizione.
Anche in questo settore l‟approccio empowerment intende superare la concezione
tradizionale delle relazioni “di autorità”: in questo caso il rapporto preso in esame è quello
tra professionista e paziente. Tradizionalmente quest‟ultimo è sempre stato considerato (e
di conseguenza si è sempre sentito) dipendente e sottomesso alle decisioni del medico o
psicoterapeuta, unico depositario del sapere e unico a decidere le soluzioni più adatte per
guarirlo.
Incentivare l‟empowerment del paziente significa affrancarlo da tale situazione di passività,
responsabilizzarlo nei confronti della malattia, renderlo partecipe delle decisioni sui
trattamenti medici-psicologici; in pratica renderlo co-responsabile nella gestione della
propria salute, il che porta inevitabili benefici nella soluzione del problema e nello stato
d‟animo del paziente.
Con il termine patient empowerment si indica appunto la condizione ottimale, in ambito
medico, in cui i pazienti possono prendere parte alle decisioni sui trattamenti, al di là del
consenso informato, assumendo una parte di primaria importanza nella gestione della
propria salute (Salmon e Hall, 2003).
La focalizzazione sulle risorse e sulle potenzialità del paziente più che sui suoi deficit, è un
altro dei punti cardine degli interventi di empowerment, che in ambito medico sono
utilizzati in vari settori e per un‟ampia gamma di patologie. professioniste che si prendono
cura del paziente ( genitori, partner..), attraverso training che li aiutano ad acquisire le
competenze per una migliore assistenza, ad esempio nella gestione dei sintomi e delle
emozioni del congiunto.
3
Il Piano sanitario nazionale 2006-2008 parte da una disamina degli scenari che nei prossimi 3-5 anni
caratterizzeranno fortemente il panorama sanitario italiano, sia positivamente che negativamente, in termini di
opportunità e di vincoli. Esso fa riferimento ai punti focali dell‟azione del Servizio sanitario nazionale e ne
individua le priorità. Di tali priorità, quelle relative all‟empowerment fanno riferimento ad azioni mirate a:
- favorire il ruolo partecipato del cittadino e delle associazioni nella gestione del Servizio sanitario nazionale;
- attuare una politica per la qualificazione delle risorse umane.
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Si possono citare due tra i molteplici tipi interventi: le azioni sui malati cronici (tumore,
diabete, AIDS, disturbi mentali) al fine di aumentarne la partecipazione al processo di cura
e gestione della malattia; la formazione di caregivers naturali, intesi come tutte le persone
non professioniste che si prendono cura del paziente, ad esempio i familiari, alfine di
aumentare il loro grado di gestione efficace della malattia del congiunto.
In ambito di psicologia della salute un‟area importante in cui l‟empowerment può dare
fondamentali contributi è quella della promozione del benessere e dell‟ educazione alla
salute: i modelli di empowerment stimolano la partecipazione attiva della popolazione
target, facendo leva sulla promozione di responsabilità e autocontrollo anche in soggetti
sani per favorire in loro stili di vita “salutari”. Altro elemento importante di tali modelli è il
focus sulle caratteristiche dei diversi contesti in cui i soggetti sono attivi, da quelli primari a
quelli meno prossimali; gli interventi solitamente coinvolgono diversi ambienti
contemporaneamente.
In psicoterapia l‟empowerment, inteso come crescita personale, è l‟obiettivo che accomuna
ogni seduta, indipendentemente dalla scuola di appartenenza del terapeuta: l‟ empowerment
rappresenta, per il paziente, l‟incremento delle capacità individuali tramite la conoscenza
del proprio sé e delle proprie potenzialità; nel contempo diventa obiettivo e percorso di
emancipazione dalla sofferenza e dalla dipendenza; un modo per trovare in sé stesso la
forza di “creare” opportunità per cambiare.
Spesso la disparità di potere tra professionista e pazienze è però talmente evidente da
ostacolare tale processo; un esempio di percorso avente il preciso intento di scongiurare
questo rischio, aumentando l‟empowerment individuale, è quello messo a punto dagli
psicologi cognitivo-comportamentali: esso é fondato sulla limitazione dei vissuti
d‟impotenza del soggetto e sul rafforzamento della visione positiva di sé, delle proprie
capacità, del potere di controllo sulla propria vita.
2.3. Empowerment nelle organizzazioni e nelle aziende
Il concetto entra in uso in ambito manageriale alla fine degli anni settanta, ed é inteso come
necessità, da parte dei lavoratori alienati e poco coinvolti nelle decisioni dell‟azienda, di
riprendere il potere sulla propria vita lavorativa.
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All'interno delle aziende, il tradizionale modello dell‟organizzazione del lavoro prevedeva
la gerarchia, gli ordini «a cascata», la tendenza a fuggire le responsabilità affidandole ad
altri, la frustrazione e l'alienazione come condizione mentale predominante nei lavoratori,
oltre ad una competizione talvolta estrema .
Dagli anni ottanta il termine empowerment diventa la base di una cultura che punta ad
accantonare la visione tradizionale in favore di una nuova cultura del lavoro; essa é basata
sull‟espressione delle capacità innovative e delle potenzialità dei lavoratori dipendenti, con
conseguente miglioramento delle loro prestazioni e della produttività dell‟organizzazione.
Dal punto di vista morfologico, le organizzazioni contemporanee si caratterizzano per una
riduzione delle dimensioni e un alleggerimento strutturale, come conseguenza delle rapide
trasformazioni di un mercato globale sempre più instabile e turbolento; a tale processo non
corrisponde, tuttavia, una riduzione della complessità interna. Parte dei soggetti coinvolti
nelle organizzazione si trovano così a dover rispondere a sempre più elevate richieste
prestazionali di qualità e quantità, con un aumento delle responsabilità cui spesso non
corrisponde l‟adeguato spazio di autonomia decisionale e di controllo sulle proprie attività.
L‟accresciuto valore della responsabilità dei soggetti e la sua diffusione anche ai livelli
“inferiori” della gerarchia dei ruoli, rappresenta una caratteristica di novità tipica della
trasformazione post fordista
4
del lavoro, così come la transizione verso tipi di strutture più
reticolari che piramidali, le quali richiedono un continuo coinvolgimento nella relazione e
valorizzano il lavoro di gruppo e la condivisione di responsabilità.
Tali trasformazioni pongono la psicologia delle organizzazioni di fronte al tema del
cambiamento: quest‟ultimo é di per sé un tratto da sempre caratterizzante l‟organizzazione,
in quanto insieme dinamico continuamente soggetto a micro-aggiustamenti. Tuttavia qui si
parla di trasformazioni di ordine macro, che implicano nuovi assetti globali, nuovi modi di
produzione e consumo, nuovi assetti e nuovi valori e impongono profonde modifiche
sull‟organizzazione del lavoro sia a livello tecnico-funzionale che a livello dei suoi
significati profondi, nonché a livello della soggettività dei soggetti coinvolti. La cultura
4
Con il termine fordismo si usa indicare una peculiare forma di produzione basata principalmente
sull'utilizzo della tecnologia della catena di montaggio (assembly-line in inglese) al fine di incrementare la
produttività. Il termine fu coniato attorno al 1916 per descrivere il successo ottenuto nell'industria
automobilistica a partire dal 1913 dall'industriale statunitense Henry Ford (1863 - 1947).
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dell‟empowerment rappresenta quindi una proposta valoriale, teorica e metodologica che
risponde positivamente a molte delle esigenze delle organizzazioni contemporanee, prima
tra tutte la valorizzazione delle risorse umane, ponendosi come superamento della cultura di
tipo gerarchico. In concreto questo comporta la partecipazione e il coinvolgimento di tutto
il personale, la responsabilizzazione diffusa, la collaborazione e la valorizzazione reciproca
di tutti i membri dell‟organizzazione.
Relativamente all‟empowerment aziendale emergono tre prospettive principali.
1- Prospettiva socio strutturale: sostenuta da ideali democratici, enfatizza il bisogno
di cambiare le politiche organizzative in modo da favorire una “redistribuzione del
potere” tra tutti i soggetti che operano nel sistema, agevolando la partecipazione
attiva , la condivisione di responsabilità, la collaborazione; in questo caso si parla
di potere inteso come controllo sulle risorse organizzative.
Il limite di tale approccio è nella maggiore focalizzazione al livello strutturale
dell‟organizzazione rispetto al livello individuale, che viene trascurato.
1- Prospettiva psicologica: nasce nell‟ambito della psicologia sociale e delle
motivazioni. Come reazione alle carenze della prospettiva precedente, si interessa
prevalentemente all‟empowerment a livello individuale, inteso come rafforzamento
dell‟autostima e dell‟autoefficacia.
2- Prospettiva critica: propone un superamento di entrambe le prospettive precedenti
e indica come necessario creare una reale rete di potere condivisa per aumentare
l‟empowerment individuale, partendo da un‟analisi dettagliata delle strutture di
potere e di chi le controlla.
L‟aspetto che accomuna i tre approcci sono le tre aree fondamentali oggetto dell‟indagine e
dell‟azione di l‟empowerment in ambito manageriale: la struttura aziendale, l‟individuo e la
leadership. In generale l‟obiettivo è sostituire a un‟organizzazione verticale una
maggiormente orizzontale, che fa propria un‟ottica basata sulla collaborazione e lo scambio
di opinioni.
La leadership gioca in questo processo un ruolo fondamentale, di facilitazione e impegno
per la crescita e autonomia dei suoi collaboratori e conseguente miglioramento nel
raggiungimento degli obiettivi dell‟organizzazione. Il ruolo del leader è carico di