INTRODUZIONE
È la storia di tanti bambini e perché no, anche bambine: tornano da scuola, divorano il
proprio pranzo con un orecchio teso ad ascoltare la televisione e l’altro (forse) concesso
alle domande di mamma e papà e poi via, a giocare per strada con gli amici; quattro,
cinque, sei ore di sana attività fisica, sudore, grinta, adrenalina, gioia.
Che sia calcio, basket o palla avvelenata, c’è un unico comune denominatore: la
passione .
Si, perché quando sei bambino è la passione che ti fa giocare tutto il giorno, tutti i
giorni, senza avvertire la fatica. È la passione, quando sei un adolescente, che ti spinge
ad andare agli allenamenti, piuttosto che dagli amici. È la passione, e non può essere
nient’altro, che non ti fa mollare mai, neanche quando la razionalità ti costringerebbe a
farlo.
Io, come tanti altri miei coetanei, sono cresciuto con la passione per il calcio, lo guardo,
lo gioco, lo tifo, lo difendo. A primo impatto sembra uno sport relativamente semplice:
ci sono un campo, due porte, un pallone e ventidue giocatori che si combattono; il
concetto di fondo in effetti è molto semplice , com’è giusto che sia, sono infatti le cose
semplici, caratterizzate da un linguaggio universale, ad attirare l’attenzione delle
persone: cercare di segnare un goal più degli avversari.
Ma tra il dire e il fare.. Lo sappiamo no? Ecco allora che che sono entrati in gioco
moduli nuovi, ruoli nuovi, nuove modalità di allenamento, diete, stili di gioco, modi di
calciare la palla: si è assistito ad una vera e propria evoluzione del giuoco del calcio, la
quale oltre a modificare sensibilmente tutti gli aspetti legati alla partita giocata, ha fatto
sì che diventasse lo sport più seguito al mondo,in modo particolare in Italia.
Finora abbiamo parlato di calcio giocato; la domanda che sorge spontanea è “C’è di
più?”.
“Il calcio italiano si conferma un movimento sportivo di assoluto rilievo nel nostro
Paese: i tesserati totali ammontano nel 2014 2015 a 1.394.602, dato in costante crescita
da 5 anni a questa parte. Di questi, 1.099.455 sono i calciatori tesserati, 24.706 i tecnici,
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34.765 gli arbitri e 235.676 i dirigenti, per un totale di 13.491 società e 61.435 squadre.
Rispetto al totale delle 45 Federazioni Sportive Italiane, il calcio incide per il 25% degli
atleti tesserati, il 23% delle società e il 30% degli ufficiali di gara .
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La dipendenza dei ricavi di una società professionistica dal risultato sportivo è sempre
più rilevante, quasi vitale, esponendo i club ad una significativa volatilità in caso di
insuccessi. Questa correlazione, mai stata così forte, tenderà a crescere poiché le
principali fonti di ricavi (TV e commerciali) sono sempre più condizionate dal risultato
sportivo, soprattutto per quei club che ambiscono a partecipare alle competizioni UEFA.
Citando un solo esempio, la partecipazione alla Champions League può portare in
media un contributo sui ricavi del club di oltre 50 milioni di euro: tale competizione può
generare dunque una volatilità sui ricavi annui del 20% circa, considerato che i club
italiani che si sono contesi tale partecipazione negli ultimi 5 anni hanno avuto in media
ricavi per circa 220 milioni di euro.
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Emerge chiaramente il bisogno di slegare, almeno parzialmente, i risultati economici dai
risultati sportivi, troppo aleatori; entra così in gioco il marketing e tutto ciò che esso
concerne: stadio di proprietà, comunicazione, sponsorizzazioni, accordi di
collaborazione tra due o più società, la volontà/necessità di esportare il brand del club in
mercati ancora inesplorati come quello asiatico o quello medioorientale.
Siamo, perciò, nel pieno di una Rivoluzione calcistica (e come in quelle industriali, noi
del Bel Paese siamo ineguagliabili nell’arrivarci dopo), basata sullo sviluppo di capacità
manageriali, e non solo sul talento e sulle predisposizioni atletiche.
Attenzione però, volendo utilizzare un linguaggio “pallonaro”, questa non è una
sostituzione: non esce la passione, l’inventiva, la corsa, bensì il marketing entra in
campo, come nuovo numero 10, al fianco dei suoi compagni, per cercare di vincere la
partita più complicata di tutte: rifondarsi.
Per la realizzazione di questo progetto, ho avuto l’opportunità ed il piacere di
confrontarmi con Romy Gai, Direttore Commerciale della Juventus dal 1992 al 2006, al
quale ho chiesto delucidazioni in merito agli argomenti trattati.
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http://www.figc.it
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http://www.figc.it
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CAPITOLO 1
1.1 PROCESSO DEL MARKETING MANAGEMENT
“Utilizzando le parole di Giorgio Eminente e Sergio Cherubini, il marketing management può
essere definito come un gruppo di attività programmate, organizzate, controllate che partono
dallo studio del consumatore e, in generale, della domanda e della concorrenza e, attuandosi in
forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di mediolungo termine
attraverso la soddisfazione del cliente ”.
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E’ possibile individuare tre fasi fondamentali del processo di marketing management:
1. Fase analitica
2. Fase strategica
3. Fase operativa
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1.1.1 La fase analitica
Il primo, essenziale passo per lo sviluppo di un modello di marketing performante è
quello relativo al reperimento delle informazioni, il quale deve essere compiuto sia a
livello interno, sia a livello esterno. Nella fase di raccolta delle informazioni dovranno
pertanto necessariamente essere valutati tutti i contesti/ambienti che possono influire
sulle scelte strategiche dell'azienda, quali :
Ambiente cooperativo : riguarda i cosiddetti stakeholders (fornitori,
distributori,intermediari).
Ambiente economico : si riferisce alla situazione economica del Paese in un dato
momento; un periodo di forte espansione di reddito e occupazione può suggerire un
aumento moderato dei prezzi, viceversa in un periodo caratterizzato da ristrettezze
economiche può essere utile incentivare l’acquisto dei prodotti attraverso sconti e
promozioni.
Ambiente sociale : i valori e le tradizioni della società in cui un’impresa opera
definiscono dei limiti che bisogna rispettare e che non possono essere oltrepassati: una
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A. Gandolfo, Corso di economia e gestione delle imprese , Mc Graw Hill, 2014
4
Ibidem
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pubblicità relativa alle armi da fuoco potrebbe essere “digerita” più facilmente negli USA
piuttosto che in Italia.
Ambiente politico : “concentra in senso lato le opinioni e le iniziative del grande
pubblico, il giudizio critico della società civile, delle aziende e di altre organizzazioni,
come le associazioni dei consumatori. Il malcontento di tali soggetti, la
commercializzazione di prodotti poco sicuri o che creano uno spreco di risorse,
l’adozione di procedure di vendita contrarie ai principi etici dominanti possono avere
effetti negativi sull’immagine dell’azienda o sulla fedeltà della clientela ”.
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Ambiente giuridico : è intuitivo che leggi nazionali e comunitarie volte a regolamentare
l’attività d’impresa definiscono in maniera impositiva ciò che le aziende possono o non
possono fare.
Ambiente tecnologico : questo segmento ambientale rappresenta forse il contesto in cui
sono annidati i maggiori rischi e opportunità per un’impresa; il progresso tecnologico,
l’innovazione permettono ad un’azienda che guarda al futuro di ritagliarsi un ruolo
importante nel mercato, così come potrebbero tagliare le gambe ad un’impresa troppo
legata al passato.
Romy Gai ha posto in evidenza come “ i cambiamenti in corso sulla fruibilita’dei
contenuti proposti dai media impatteranno in maniera decisiva nei prossimi anni sulle
capacita’di un’azienda di raggiungere efficacemente il proprio mass market di
riferimento. Sempre di più l’utilizzatore del web tende infatti a personalizzare tali
contenuti, rifiutando quelli preconfezionati dagli specialisti di comunicazione
(palinsesti), favoriti anche dalla disponibilità di strumenti di navigazione nel web
sempre più evoluti . L’abilità delle aziende nel cogliere e declinare a proprio vantaggio
tale cambiamento in corso nella comunicazione sarà decisiva per il successo delle loro
future iniziative commerciali.”
Oltre a reperire informazioni utili nel contesto generale in cui si opera, è assolutamente
necessario capire le caratteristiche del contesto specifico; “un mercato è un gruppo di
consumatori che esprimono desideri e bisogni di prodotti, servizi o idee ”, ecco allora che
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5
Ibidem
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P. Kotler, G. Armstrong, Principi di marketing , Pearson, 2009, Torino
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sarà importante capire cosa vogliono i nostri clienti attuali e quelli potenziali, quindi la
domanda e cosa offre invece la concorrenza, l’ offerta .
1.1.2 La fase strategica
Questa seconda fase si sviluppa in quattro punti fondamentali:
1. Segmentazione : consiste nel suddividere il mercato in diversi segmenti, appunto,
sulla base di caratteristiche diverse, a discrezione dell’impresa (età, sesso, reddito,
stato civile, ecc.).
2. Obiettivi : gli obiettivi aziendali possono essere considerati come la rappresentazione
concreta della mission aziendale. Tali obiettivi dovrebbero essere il più possibile
precisi, escludendo quindi “un aumento delle vendite” o “il lancio di un nuovo
prodotto”, per aiutare le diverse funzioni dell’organizzazione a lavorare per
raggiungere un fine ben determinato .
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3. Targeting : è la fase in cui l’impresa, sulla base delle informazioni raccolte e degli
obiettivi che si è prefissata, sceglie il segmento di clientela a cui riferirsi. “La scelta
dei segmenti obiettivo cambia in funzione del fatto che l’azienda sia indirizzata
verso obiettivi di volume, quindi verso un grande numero di potenziali acquirenti,
oppure di profittabilità, volendo scegliere soltanto clienti profittevoli da scovare in
piccole nicchie di mercato ”. Possiamo, a questo proposito, distinguere tre tipologie
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di marketing:
a. Marketing indifferenziato : è una strategia che consiste nel rivolgersi al
mercato con un prodotto di larga diffusione e scarsamente personalizzabile;
“ciò accade soprattutto nelle fasi di forte espansione dei mercati nascenti e
nei mercati in cui l’azienda occupa una quota consistente/monopolistica ”.
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b. Marketing differenziato : è una strategia in cui l’impresa si riferisce a
determinati segmenti di clienti, attraverso l’offerta di prodotti diversi da
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http://marcellodibartolo.blogspot.it
8
Ibidem
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http://www.okpedia.it
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quelli della concorrenza; viene generalmente utilizzata quando nel mercato
sono presenti molti competitor.
c. Marketing selettivo : rappresenta l’estremo opposto del marketing
indifferenziato. In questo caso l’impresa cerca di raggiungere un segmento
molto ristretto, di nicchia; questa scelta può essere adottata per virtù (mercato
di automobili prestigiose) o per necessità (logica conseguenza di ridotte
capacità produttive).
4. Posizionamento : “il posizionamento viene utilizzato con il fine di creare nella
mente del consumatore un’immagine ben definita, collegata ad un insieme di valori
che verranno direttamente associati al prodotto, al brand o all’azienda. Spesso le
immagini e i valori evocati dal posizionamento vanno al di là del semplice consumo
del prodotto e vengono legati al suo utilizzo, in modo da portare il consumatore ad
un’identificazione con esso, aumentandone la desiderabilità e di conseguenza
invogliandolo all’acquisto ”.
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1.1.3 La fase operativa
“Il marketing operativo è la parte finale dell’intero processo di marketing: la componente
operativa del marketing ha il compito di realizzare concretamente le strategie definite
nelle fasi precedenti, disponendo delle risorse (denaro, professionalità, tecnologia) nel
modo più efficace ”
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La combinazione delle variabili controllabili da parte dell’impresa per raggiungere i
propri obiettivi strategici è chiamata marketing mix , il quale si compone di quattro leve
operative, le 4P:
1. Product : riguarda quel processo che va dalla generazione delle idee (concept), alla
sua valutazione, fino allo sviluppo del prodotto, relativo alle caratteristiche sia
fisiche, specifiche del prodotto, sia ai servizi accessori che implementano il suo
valore. In un mondo ormai interessato tanto all’apparenza quanto alla sostanza,
l’impresa dovrebbe inoltre soffermarsi sul ruolo dominante rappresentato dal
package primario, secondario e terziario.
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http://www.ampcommunication.it
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http://4marketing.biz
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