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Introduzione
La seguente tesi si articola partendo da una visione generale sul concetto di sviluppo e sui diversi
approcci teorici che sono andati creandosi nel corso della storia, per affrontare, poi, un aspetto in
particolare, ovvero quello dello sviluppo motorio del bambino. L’infanzia rappresenta un momento
fondamentale nel processo di crescita e in questa fase un ruolo essenziale viene assunto dalla
scuola, che inserisce il bambino all’interno di un percorso educativo. La ricerca, effettuata nel web,
ci permetterà di valutare il ruolo che assume lo sviluppo motorio del piccolo nella scuola
dell’infanzia, analizzando una serie di aspetti diversi.
Nel primo capitolo vengono esposte le diverse teorie psicologiche che si occupano dello studio
dello sviluppo in età evolutiva a partire da autori come Piaget, Vygotskij sino alle piø moderne
teorie dei sistemi dinamici: nell’esposizione dei diversi pensieri viene affrontata, in modo
particolare, l’importanza dell’aspetto motorio nella crescita e il rapporto che intercorre tra il
bambino e l’ambiente circostante.
I fattori esterni influiscono nello sviluppo e tra questi vi è l’ambiente scolastico, o meglio la scuola
dell’infanzia che, appunto, viene affrontata nel secondo capitolo: l’intento è quello di capire il suo
ruolo all’interno dei vari ordini scolastici, i valori e gli obiettivi perseguiti. Tutto questo attraverso
un’analisi cronologica a partire dagli Orientamenti del ’91 sino alla nuova bozza delle Indicazioni
Nazionali del curricolo del 30 maggio 2012.
Lo scopo della tesi si chiarifica nel terzo capitolo, attraverso una ricerca dei piani di offerta
formativa delle scuole dell’infanzia della regione Veneto. Il Pof ci permette di conoscere i valori in
cui la scuola crede, gli obiettivi che intende perseguire, le strutture offerte e le attività motorie
proposte.
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1- LE TEORIE PSICOLOGICHE E LO SVILUPPO MOTORIO DEL
BAMBINO
1.1- I diversi approcci teorici allo studio dello sviluppo
Ogni teoria dello sviluppo si pone tre quesiti che rappresentano la base sulle quale verte la
psicologia dello sviluppo:
1) qual è la natura del cambiamento che caratterizza lo sviluppo?
2) quali processi causano questo cambiamento?
3) si tratta di un cambiamento continuo e graduale o viceversa discontinuo ed
improvviso?
Innanzitutto lo sviluppo è il risultato dell’interazione di diversi processi tra cui quelli biologici,
cognitivi e socio-emotivi. Per processi biologici intendiamo riferirci al cambiamento fisico nel
corpo dell’individuo, seguito dai processi cognitivi ovvero il cambiamento nell’intelligenza, nel
pensiero e nel linguaggio ed infine, appunto, processi socio-emotivi ovvero l’interazione dell’
individuo con le altre persone e con l’ambiente che lo circonda. La storia e la continua ricerca sullo
sviluppo dell’uomo può essere descritta considerando l’importanza e l’influenza reciproca che i
diversi studiosi hanno attribuito ai fattori interni e a quelli esterni di tale evoluzione. Tra i diversi
approcci possiamo distinguere, in particolare, quelli di natura qualitativa (teorie organismiche) e
quelli di natura quantitativa (comportamentismo).
Le teorie organismiche ( Piaget e Vygotskij) considerano l’individuo come un organismo attivo
impegnato a realizzare e sviluppare le proprie potenzialità. Il cambiamento è la caratteristica
principale che sta alla base del suo comportamento ed è guidato da leggi che ne regolano
l’organizzazione e la sequenza (teoria stadiale di Piaget). Lo sviluppo e le nuove scoperte nel
soggetto non riflettono nØ una disposizione innata nØ l’influenza dell’ambiente esterno ma,
semplicemente, vi è un’interazione dell’uno con l’altra. Dal punto di vista metodologico, questo
approccio predilige l’osservazione e la sperimentazione, ovvero, vengono confrontati bambini di
diverse età per individuare i comportamenti e i cambiamenti evolutivi e formulare poi delle ipotesi.
Il comportamentismo (Skinner e Bandura), invece, considera l’uomo come un organismo docile e
fragile caratterizzato da una capacità illimitata di apprendimento. La caratteristica che
contraddistingue questo approccio rispetto agli altri è, appunto, il fatto che il cambiamento non
deriva dall’interno, bensì dall’ambiente esterno. Lo sviluppo del bambino avviene grazie agli
stimoli esterni e al continuo ripetere i comportamenti positivi, eliminando quelli negativi, fino
all’apprendimento e all’interiorizzazione. Il metodo di studio è sempre quello dell’osservazione
controllata, oppure di esperimenti in laboratorio che danno maggior sicurezza.
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1.2- Jean Piaget
Jean Piaget (1896-1980) è considerato il fondatore dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio
sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione e allo sviluppo della
conoscenza. Egli è definito, anche, uno degli autori piø influenti della psicologia dello sviluppo del
ventesimo secolo, si occupò dello sviluppo in età evolutiva seguendo modelli educativi del
cognitivismo. Nelle sue ricerche, basate sull’osservazione dei suoi figli, Piaget si dedicò allo studio
dello sviluppo del bambino ponendo attenzione da una parte alla ricerca di un meccanismo
nell’adattamento biologico, dall’altra all’analisi del pensiero logico.
Egli dimostrò di una differenza qualitativa tra le modalità di pensiero del bambino e quelle
dell’adulto e, successivamente, sostenne che il concetto di capacità cognitiva, è legato alla capacità
di adattamento all’ambiente.
L’adattamento è, quindi, il cambiamento che avviene nell’organismo in risposta all’ambiente e
rappresenta l’elemento dinamico del funzionamento cognitivo, che media il soggetto e l’ambiente.
Esso si divide in due processi:
• assimilazione: consiste nell’acquisizione e incorporazione di nuove informazioni ed azioni che
vanno ad accumularsi e ad adattarsi all’interno degli schemi già preesistenti, oppure,
semplicemente, l’utilizzo di schemi e comportamenti appresi precedentemente nella risposta
all’ambiente.
• accomodamento: rappresenta la modifica o il cambiamento di schemi appresi precedentemente
con lo scopo di adattamento ad una nuova informazione, o una nuova risposta agli stimoli
ambientali a causa della scarsità di una preparazione precedente.
Secondo Piaget, nello sviluppo del bambino concorrono in ugual modo sia i fattori esterni che quelli
interni. Così, alla stessa maniera, gli schemi preesistenti devono adattarsi ai cambiamenti
dell’ambiente esterno e alle nuove informazioni che gli vengono date nel corso del processo
evolutivo: la successione degli stadi dello sviluppo è caratterizzata da una successione di livelli
diversi di equilibrio tra assimilazione e accomodamento.
L’intelligenza, secondo l’autore, compare prima del linguaggio, cioè prima del pensiero interiore
che non è altro che un linguaggio interiorizzato. Si tratta di un’intelligenza pratica che consiste in
movimenti come la manipolazione degli oggetti, la prensione di tutto ciò che sta attorno, e invece
delle parole e dei concetti, il bambino, utilizza solamente percezioni e movimenti organizzati in
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“schemi d’azione”. Solo successivamente si sviluppano nuove capacità e nuove abilità sempre piø
complesse.
Lo sviluppo cognitivo, perciò, è un processo continuo in quanto governato da funzioni invarianti di
adattamento ed equilibrio ma allo stesso tempo anche discontinuo in quanto con il crescere dell’età
si verificano delle modificazioni strutturali chiamati stadi di sviluppo che consistono in quattro
periodi fondamentali, comuni a tutti gli individui, che si susseguono sempre nello stesso ordine.
1.2.1- La teoria degli stadi dello sviluppo
Ogni stadio prevede una forma particolare di organizzazione psicologica con proprie conoscenze ed
interpretazioni della realtà e una fascia di età prestabilita entro la quale si verifica, senza mai che
uno stadio sia saltato per passare a quello successivo.
Gli stadi di sviluppo sono:
• stadio senso-motorio (dalla nascita fino ai 2 anni): Piaget definisce questo stadio come un
momento indispensabile per lo sviluppo cognitivo e affettivo del bambino in cui l’organizzazione
interna è caratterizzata da schemi d’azione pratici. Gli schemi sono generalizzabili e tendono a
coordinarsi nel tempo per creare comportamenti piø ampi che a loro volta diverranno schemi.
Egli individua all’interno di questo stadio altri sei sottostadi partendo dal primo, ovvero quello
degli esercizi riflessi ( da zero a un mese) che rappresenta la relazione innata presente fin dalla
nascita tra l’individuo e l ambiente.
Il secondo stadio, detto delle reazioni circolari primarie ( da 1 a 4 mesi), è la ripetizione di
un’azione casuale per ritrovarne gli effetti piacevoli. Gli esempi sono la prensione e la suzione del
dito. Nel terzo stadio, quello delle reazioni circolari secondarie (da 4 mesi a 8/9mesi) il bambino
orienta i movimenti verso l’ambiente esterno continuando ad afferrare gli oggetti che lo circondano
e la ripetizione del movimento permette di assimilare gli schemi d’azione che verranno poi utilizzati
nelle nuove situazioni.
All’interno del quarto stadio, del periodo senso-motorio, noto come coordinazione degli schemi
secondari (da 8/9 mesi a 12 mesi), le azioni non vengono piø effettuate casualmente, bensì con
un’intenzione precisa e quindi uno schema motorio già acquisito che può essere utilizzato come
mezzo per raggiungere ciò che è di suo interesse (un oggetto utilizzato per afferrare un altro
oggetto).
Successivamente il quinto stadio, chiamato delle reazioni circolari terziarie (dai 12 ai 18 mesi) è
caratterizzato dalla continua ricerca e sperimentazione da parte del bambino; infine, l’ultimo stadio
(da 18 mesi a 2 anni), nella quale il bambino sviluppa la capacità di immaginare gli effetti delle
azioni combinando mentalmente schemi-motori già acquisiti allo scopo di ottenere un determinato
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effetto. Oltretutto esegue e descrive azioni diverse o oggetti non presenti all’interno del suo campo
percettivo.
• stadio pre-operatorio (da 2 fino a 6 anni): in questo periodo il bambino è in grado di utilizzare i
simboli, vale a dire, entità che ne rappresentano altre: utilizza degli oggetti per rappresentarne altri
(gioco simbolico). L’imitazione differita (ovvero effettuata dopo qualche giorno dal momento in
cui è stata osservata), il linguaggio per riferirsi a esperienze passate, la descrizioni di persone e
oggetti non presenti nel luogo in cui egli si trova rappresentano, appunto, la capacità di utilizzare
simboli.
Negli stadi successivi ovvero quello delle operazioni concrete e quello delle operazioni formali o
astratte il bambino, ormai cresciuto, acquisisce maggior consapevolezza di se stesso, superando la
fase egocentrica, imparando a risolvere problemi concreti e solo in un ultimo momento assume la
capacità di pensare in astratto.
Piaget suddivide, quindi, lo sviluppo dell’età evolutiva in vari stadi dando particolare importanza ai
primi anni di vita nella quale il bambino scopre se stesso attraverso il movimento, la conoscenza di
sØ e la continua esplorazione del mondo che lo circonda.
Egli sostiene che il bambino prende conoscenza di sØ a partire dal proprio corpo in relazione con
altri corpi. Questo perchØ il primo pensiero di Piaget è un pensiero senso-motorio, quindi tutti gli
apprendimenti cioè le fasi di assimilazione e accomodamento avvengono attraverso le esplorazioni,
ovvero il bambino apprende attraverso lo spazio.
1.2.2- Le principali critiche rivolte a Piaget
Sono state mosse diverse critiche nei confronti di Piaget sostenendo, in particolare, la sua mancata
attenzione verso alcune variabili e il suo approccio, non del tutto opportuno, che egli ha mantenuto
all’interno dei suoi studi.
Una delle critiche maggiori è il rigore con la quale egli fissa i vari stadi di sviluppo in età evolutiva:
ogni periodo è delimitato, nettamente, all’interno di precise fasce d’età, senza tener conto delle
differenze individuali che intercorrono tra i vari soggetti.
Si è insistito molto anche sul fatto che Piaget non abbia tenuto conto dell’incidenza delle differenze
della personalità e di quelle ambientali: l’autore, infatti, sostiene che lo sviluppo del bambino si
realizza indipendentemente dall’influenza sociale, dai fattori esterni, seguendo una logica e una
struttura prefissata.
Come vedremo successivamente, altri autori, come ad esempio Vygotskij, sostengono l’importanza
dell’influenza dell’ambiente e delle esperienze sociali sullo sviluppo del bambino ponendo in primo