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Non meno fondamentale sarà ovviamente la figura del Demonio –
fatta eccezione per un paio di casi di cui diremo in seguito – in quanto è di
notevole interesse constatare come tale personaggio si evolva in parecchi
sensi. Anzitutto da quello meramente fisico, perché partiamo da un essere
orribilmente grottesco, di stampo medioevale che ancora troviamo – seppur
parzialmente - in Marlowe e Lewis: il Diavolo diventa via via un essere
dall'aspetto indefinito e mutevole, in alcuni casi incredibilmente bello,
come la splendida Biondetta o l'apollineo Dorian Gray, o addirittura
dignitoso e interessante, come l’enigmatico Woland di Bulgakov. Eppure
nonostante ciò, in queste opere continueranno a sussistere legami assai
profondi con la tradizione.
Il Diavolo poi non cambia solo nel modo in cui è rappresentato: in
ogni testo affrontato sussiste un importante rapporto fra la sua figura e
quella del peccatore, un rapporto molto profondo e complesso dal quale
emergono le problematiche morali che il paese in cui ogni singola opera è
stata concepita stava attraversando nel periodo storico in cui questa è stata
scritta. È questo un punto fondamentale della nostra analisi: col passare dei
secoli cambiano i sistemi di valori, e con essi il modo di intendere il
peccato e la stessa immagine del Diavolo.
Relazioni ogni volta diverse sono quelle che si instaurano fra il
peccatore e il simbolo per eccellenza del male, che danno luogo a rapporti
conflittuali e pregni di significato. Emergono quindi problemi e riflessioni
morali di un'intera epoca, oltre ad altri assai interessanti temi fra cui quello
della scienza e dell’umanesimo (in Marlowe), dell’amore e della donna
(Cazotte), dell’arte (Wilde e Hesse) e dei costumi di un'intera società
(Bulgakov).
Un capitolo molto particolare verrà dedicato ad una dettagliata
analisi comparata fra due delle più affascinanti figure della letteratura
7
mondiale: il Dorian Gray di Oscar Wilde e il Goldmund (tradotto in
italiano come Boccadoro) di Hermann Hesse. L’analisi in questo caso sarà
un po’ particolare perché non abbiamo un demone
1
vero o proprio - o
comunque esplicitamente manifesto - che cerchi di spingere alla perdizione
i due protagonisti: ciò che al contrario spinge entrambi alle rispettive azioni
peccaminose è il loro ideale di vita artistica, che li porterà a vicende il cui
percorso è accostabile, anche se la loro Bildung comporterà degli esiti
molto diversi, alla luce di due modalità di approccio al peccato, frutto di
interpretazioni dell'arte diametralmente opposte.
Diamo a scopo puramente indicativo l'elenco dei testi che abbiamo
scelto per costruire il nostro percorso, che si svilupperà cronologicamente
attraversando le più importanti letterature europee:
1) The Tragic History of Life and Death of Doctor Faustus, (1593 ?)
tragedia di Christopher Marlowe (Inghilterra);
2) El Màgico prodigioso, (1637) "comedia" di Pedro Calderón de la
Barca (Spagna);
3) Le Diable amoureux (1772), novella di Jacques Cazotte (Francia);
4) The Picture of Dorian Gray (1891), romanzo di Oscar Wilde
(Irlanda/Inghilterra), analizzato in rapporto con il testo seguente;
5) Narziss und Goldmund (1930), romanzo di Hermann Hesse
(Germania);
6) Master i Margarita (1928-40, pubblicato nel 1967) di Michail
Bulgakov (ex U.R.S.S.);
7) The Screwtape Letters (1942), romanzo epistolare di C. S. Lewis
(Inghilterra).
1
Non uno esplicito almeno. Rassicuriamo il lettore sul fatto che in ogni caso troveremo
e illustreremo dettagliatamente molti elementi diabolici anche in queste due opere.
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Giunti a questo punto, è il caso di fare una precisazione: si sarà
notato come in questo elenco, oltre ad alcuni capolavori della letteratura
universalmente noti, la nostra scelta sia caduta su opere di fama
indubbiamente minore. I motivi per cui abbiamo operato queste scelte
consistono nel fatto che questi testi ci hanno consentito di affrontare dei
temi particolari, ampliando ulteriormente le nostre tematiche e
permettendoci inoltre di coprire un'area storica e geografica, includente le
più importanti letterature nazionali europee. L'occasione è stata inoltre
propizia per riscoprire dei piccoli gioielli letterari attualmente poco noti ai
più, quali sono i testi di Cazotte e Lewis, e ridando pure un po' di lustro
all’opera di Marlowe, che pur essendo considerando il secondo autore
Elisabettiano dopo Shakespeare vede il suo Faust messo in secondo piano
dai capolavori successivi di Goethe e Mann: per quanto riguarda questi
ultimi, ci sembra opportuno precisare di non avere incluso le loro opere
nella nostra analisi per due valide ragioni. In primo luogo, riteniamo che la
loro enorme vastità e portata richiedano un’analisi approfondita che includa
tutti i temi in esse affrontati – non solamente la figura del Diavolo; inoltre,
entrambe devono molto alla tragedia dell’autore inglese, che abbiamo
preferito alla luce dell'importante momento storico – per il teatro,
l'Inghilterra e il mondo moderno – in cui fu concepita.
Ora è però giunto il momento di iniziare il nostro lungo viaggio
nella letteratura europea degli ultimi cinque secoli. Sarà bene tuttavia
parlare preliminarmente delle tradizioni che hanno contribuito a forgiare
l'immagine del Diavolo, per capire meglio le basi di partenza di tutti i testi
che considereremo.
9
IL DIAVOLO E LA TRADIZIONE
«Se il Diavolo non viene inteso come la personificazione del male, egli
diviene privo di ogni significato».
Possiamo ritrovare questa affermazione in un importante saggio di Jeffrey
Burton Russell, professore emerito di storia presso l'Università di Santa
Barbara in California, intitolato Il Diavolo nel Medioevo. Sarà proprio
entro le coordinate tracciate da questa frase di Russell che ci muoveremo
nel corso della nostra analisi. Ma in questo capitolo in particolar modo ci
avvarremo molto delle ipotesi e dei fatti che lo studioso americano espone
nel testo citato: il preliminare rappresentato da questo breve passo indietro
è a noi assolutamente necessario per comprendere dei motivi, che altrimenti
potrebbero risultare troppo astratti.
Tuttavia sarà bene che chiariamo subito il fatto che non è certo
nostra intenzione - e presunzione - quella di scrivere in queste pagine
un'analisi completa e teologicamente approfondita sulle implicazioni e le
origini della figura del Diavolo: i rapporti con la tradizione cui
accenneremo in questo capitolo ci sono tuttavia assolutamente necessari,
perché è proprio in epoca medioevale che si cristallizzano molte delle
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caratteristiche del diavolo che ritroveremo immutate nei secoli successivi, e
quindi in tutti i testi che considereremo.
Il Diavolo, gli angeli e Dio stesso non hanno alcuna storia, se essi
esistono non possono essere oggetti di studio per la storia, che può solo
stabilire il concetto umano di "Diavolo" prescindendone dalla verità
religiosa. Gli stessi studi teologici mostrano i propri limiti: essi cercano sì
di stabilire la compatibilità del Diavolo con la realtà, ma pure l'analisi
teologica si trova a fronteggiare gli stessi limiti della conoscenza umana,
dai quali è fortemente limitata anch'essa.
Queste premesse mostrano che la questione che affrontiamo è ricca
di problematiche, ma sussiste comunque un elemento che può venirci in
aiuto, facendoci comprendere almeno in parte alcune caratteristiche della
figura di Satana o dei tanti volti del maligno: è la tradizione, il ricco filone
popolare che per primo dipinge l'immagine del Diavolo ed influenza
inevitabilmente tutte quelle arti, dalla pittura alla letteratura, che vogliono
cimentarsi con essa.
Sempre Russell constata inoltre come ogni alternativa all'indagine
sulla tradizione, che pure a tratti è vaga o impossibile da ricostruire,
presenti dei profondi limiti: gli approcci rappresentati dallo scetticismo, dal
solipsismo e dalla tautologia sono vie facili e poco esaurienti; l'empirismo
poi è assolutamente inapplicabile - ed è bene ricordarci che la scienza non
11
tratta questioni morali, e il Diavolo è una figura indissolubilmente legata
alla moralità; il consenso democratico degli studiosi è inaccettabile, in
quanto instabile nel tempo; l'assunto per cui le sacre Scritture siano l'unica
vera fonte di Rivelazione è assolutamente indimostrabile - e, aggiungiamo
noi, inutile per un'analisi come la nostra; la dialettica della Rivelazione che
è il metodo della Scolastica è anch'esso instabile nel corso del tempo, sia
per le variazioni dell'interpretazione delle Scritture, sia per il suo stesso
procedere; e infine, la stessa autorità dogmatica ad opera del ministero
ecclesiastico ripropone il medesimo problema delle Scritture come
Rivelazione assoluta, è anch'essa indimostrabile.
L'unica cosa che ci rimane è quindi l'indagine sulle tradizioni, che
non presenta alcun problema come quelli che abbiamo appena mostrato.
Vedremo nel corso della nostra analisi, con frequenti approfondimenti, che
dal folklore dell'Europa occidentale - e non solo - derivano molti aspetti
assolutamente peculiari del Diavolo: difatti, molte sono le tradizioni che a
loro volta concorrono a dar vita al cristianesimo popolare e ai suoi modi di
rappresentare in maniera vivida e terrificante il nemico di Cristo. Fra queste
spiccano fonti dotte come i Vangeli - quelli apocrifi in particolar modo,
l'Apocalisse, i Padri della chiesa, e ancora altre fonti mitologiche,
fantastiche o semplicemente dubbie come le vite dei Padri del deserto, le
religioni nordeuropee con le loro leggende ed il loro ricco e cruento
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immaginario, i residui del paganesimo ancora vivi a livello locale, e tanti
altri innumerevoli elementi ancora. L'anticristo, i draghi, i mostri, le bestie
fantastiche, i folletti, la figura semiferina del dio greco Pan, il malvagio dio
nordico Loki, sono tutte immagini vivide che rimangono impresse
nell'immaginario popolare, contribuendo non poco a plasmare le nuove
figure del Diavolo.
Diavolo che, in questi anni, si forma anche come figura
didatticamente utile, poiché i predicatori usavano narrare di demoni
spaventosi e atroci pene nell'Inferno
2
, che diviene il regno di Satana, per
impressionare le folle di fedeli e spingerle ad una condotta virtuosa,
timorate di Dio e ligie ai principi del cristianesimo.
Ma il popolo allo stesso tempo non si vuol lasciare intimorire, ed
ecco che inizia ad esorcizzare il Diavolo per allentare il timore: egli viene
così rappresentato dalla cultura popolare come un essere grottesco e
buffonesco, che l'uomo può sconfiggere con la propria astuzia facendosi
addirittura beffa di lui. Questo sintomatico mutamento avviene fra il XV e
2
Nella nostra analisi non ci occupiamo dell'Inferno. Ci limitiamo ad affermare qui come
l'Inferno preesista al Diavolo, che lo occupa in un momento storico successivo. Per chi
ad ogni modo volesse saperne di più rimandiamo al saggio di Georges Minois Piccola
storia dell'Inferno - ed. Il Mulino, 1995, Bari. Quest'opera è l'ideale completamento
della Piccola storia del Diavolo, della quale raccomandiamo la lettura, e chiarirà
senz'altro ogni dubbio sul rapporto fra i diavoli e l'inferno, che in questa sede non
abbiamo affrontato non contenendo i nostri testi di riferimento alcuna rappresentazione
del "regno di Satana".
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il XVII secolo e raggiunge l'apice durante il sanguinoso periodo della
caccia alle streghe.
Si tratta in ogni caso di un immaginario vastissimo e profondamente
differenziato a seconda dell'area geografica, grazie al quale non esiste
un'unica rappresentazione del demonio. Infatti, egli possiede molti nomi
derivanti dalle sacre scritture (Satana, Belial, Belzebul, Asmodeo,
Abaton...), ai quali pure si aggiungono i soprannomi popolari, tanto
innumerevoli quanto ridicoli, e oltre a questi è un gran fiorire di espressioni
e modi di dire dalla forte valenza umoristica, atti a fungere da sicuro
antidoto contro la paura che il Diavolo dovrebbe suscitare.
Invece, per quanto riguarda la sua figura, si delinea proprio in età
medioevale la raffigurazione più classica del demonio, la quale ci mostra
un essere semiferino che ricalca la già citata figura di Pan, munito di corna
e, successivamente, di ali. Ma nonostante ciò, questa sua "vera" forma
difficilmente sarà visibile all'uomo comune: il Diavolo, proprio in virtù
delle già citate tradizioni, acquisisce quasi automaticamente il dono del
metamorfismo. Egli può quindi assumere le fattezze più consone ai suoi
scopi, e viene definito turpis proprio perché distorce il suo aspetto - e
questo sarà uno dei motivi per cui i Padri della chiesa giudicheranno
diabolica e peccaminosa la professione dell'attore girovago, che aveva
proprio nel travestimento una delle sue migliori abilità.
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Questo continuo mutamento d'aspetto ha inoltre un significato
simbolico molto importante, in quanto non è solo alla molteplicità delle
fonti e delle varie tradizioni che dobbiamo ricondurre questa caratteristica,
e neppure al semplice spavento che si voleva suscitare nei fedeli: Satana è
il caos stesso, l'opposizione costante all'ordine e alla perfezione imposti dal
Creatore, un essere brutto e disarmonico che grottescamente deturpa la
bellezza angelica, opera del Dio che ha ripudiato. Il metamorfismo è
pertanto una dote che accomuna tutti i demoni che incontreremo: in
particolare vedremo come le creature di Calderón, Cazotte e Bulgakov
faranno uso di questa abilità come una delle loro più efficaci armi. Questo è
anche un modo per simboleggiare come il Male si presenti all'uomo
ovunque sotto forme ogni volta differenti e difficili da riconoscere.
Solo un elemento rimane costante in tutte le rappresentazioni del
Diavolo che incontreremo: egli è maschio, e la sua prospettiva è
profondamente misogina; solamente Le Diable amoureux, introducendo la
deliziosa Biondetta, violerà parzialmente questa convenzione, restando in
ogni caso nei limiti di una prospettiva alquanto ambigua.
Vedremo inoltre che ci sono casi in cui egli può essere sconfitto, e
altri in cui egli vince, punendo orribilmente il peccatore di turno. Secondo
la tradizione popolare, egli può esser sconfitto con l'aiuto della Madonna o
dei santi solo in seguito ad un sincero pentimento del peccatore concupito;
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in molte storielle folkoristiche, egli viene addirittura beffato da personaggi
che non sono altro che semplici rappresentanti della più genuina tradizione
e saggezza popolare, il contadino in primis. Non sarà mai così in alcuno dei
nostri testi: ciò che accomunerà molti dei nostri diavoli è al contrario
un'incredibile sapienza, che impedirà loro di subire beffe; una sapienza che
consente loro di far leva sulle debolezze degli uomini, di tentarli e anche di
disputare con loro in tenzoni dialettiche, cercando di metterli subdolamente
in trappola ed assicurarsi la loro dannazione.
Dobbiamo ricordare un altro, importante elemento: a partire dal XII
secolo con i Miracoli della Madonna di Gautier de Coincy e le storie di
Jacques de Vitry fa il suo ingresso nella letteratura e nella tradizione
popolare il "patto col Diavolo", un accordo stipulato fra il demonio e un
essere umano con cui il primo garantisce al secondo di esaudire i suoi
desideri in cambio dell'anima. Il modo in cui questo tema si imprime
nell'immaginario collettivo è notevole: nella nostra analisi lo troveremo
spesso, con le sole eccezioni dei testi di Hesse e Lewis, ma è incredibile
come l'immagine del “patto” sia ancora assai viva nella tradizione popolare
attuale, basti solo pensare al cinema o alla musica. L'uomo tuttavia non
sempre ne esce vincitore, riuscendo a strappare il contratto tramite l'aiuto
celeste e realizzando l'orrore della propria azione: a partire dalla storia di
Faust vedremo infatti come l'uomo non riesca più a salvarsi. Troveremo
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addirittura una totale assenza di pentimento in alcuni protagonisti, come
Faust o Dorian Gray che affrontano la dannazione eterna e una fine orribile
oppure - è il caso di Margherita Nikolaévna - vengono privati per sempre
della luce.
Infine, sempre sfogliando nelle pagine della tradizione, scopriamo
che il Diavolo è talvolta anche un raffinato scrittore, scrittore satirico per
l'esattezza: dal XII secolo ci sono giunti alcuni frammenti di una Lettera
del Diavolo, che inaugura un genere che nei due secoli successivi raccoglie
sempre più ampi consensi, proprio in virtù del suo tono beffardo. Nacque
così un genere intenzionato a divertire ma allo stesso tempo porsi come
modello retorico e aspra critica contro la corruzione ecclesiastica, tanto che
troverà il suo più ampio sviluppo nell'età della Riforma di Lutero
3
come
strumento contro la chiesa di Roma. Argomento di queste lettere - la più
famosa fu la Epistola Luciferi, datata 1351 - era in genere un conferimento
ufficiale di una ricompensa a chi aveva ben servito Satana. Nel XX secolo,
il Diavolo continua a scrivere: le lettere di un arcidemone al nipote,
“diavolo custode” di un giovane uomo danno vita alla breve raccolta di
epistole intitolata The Screwtape Letters di C.S. Lewis, una sorta di
3
Il riformatore tedesco diede molta importanza al Diavolo nella sua opera: egli credeva
davvero alla sua esistenza e lo sfruttò come efficace strumento per colpire la
popolazione tedesca con le sue prediche e invettive.
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vademecum per giovani ed inesperti diavoli sui possibili modi per adescare
un peccatore, pieno di sottile e pungente ironia.
In conclusione, la tradizione si rivela una fonte fondamentale per
comprendere le modalità con cui via via ci viene presentato il Diavolo:
abbiamo trovato molte sue rappresentazioni, altrettante sue doti, ma il
concetto attorno al quale si costruisce questa figura è uno solo, ossia quello
di metafora del male comune a tutte e tre le grandi religioni monoteiste
4
; un
male che, secondo le parole di Carl Gustav Jung, può benissimo essere
chiamato "Diavolo". Una metafora importante, profondamente radicata
tanto nel cristianesimo popolare quanto in quello ufficiale, nonostante sia
stato tentato di cancellarla. Una metafora potente, ma che allo stesso tempo
risente dei limiti delle capacità umane: l'uomo, infatti, non è in grado di
definire il male in sé e la sua percezione di esso cambia col passare dei
secoli, e così si tende a liquidare il Diavolo, a sottovalutarne l'importanza in
nome del libero arbitrio concessoci da Dio, o addirittura ad ignorarlo in
nome di un controverso dibattito sul «perché Dio avrebbe creato il male»,
oppure più semplicemente a non considerarlo alla luce di una pur legittima
visione laica del mondo, perché Satana – o come lo vogliamo chiamare – è
a tutti gli effetti una figura religiosa.
4
Non è nostra intenzione approfondire un discorso di tale portata in questa sede; per chi
fosse interessato ad eventuali informazioni rimandiamo ai testi critici citati nella nostra
bibliografia.
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Ma alla luce di tutto quel che abbiamo finora raccontato, è davvero
giusto cercare di scrollarsi di dosso il Diavolo? Ad una figura sì scomoda e
difficile da trattare, ma allo stesso tempo così incredibilmente ricca di
cultura e tradizione? Ad una figura tanto efficace dal punto di vista
didattico e morale? Ma soprattutto, è davvero possibile poter fare a meno
del Diavolo? La risposta a tutti questi interrogativi è a nostro avviso un
secco «no», e nei capitoli seguenti, avvalendoci degli argomenti presenti in
queste opere profondamente significative, illustreremo meglio il perché.