II
economico-finanziaria attuale di entrambe le compagnie e fornire un documento
in lingua italiana dei principali gangli informativi relativi alle due grosse realtà
aziendali globali dal punto di vista del marketing.
Il lavoro era inizialmente teso ad illustrare solo la storia di Gap Inc. Lo spunto era
stato fornito dallo stage formativo previsto dal corso di Diploma in Operatore di
Costume e Moda, che ho svolto presso l’ufficio Gap (il Gap International
Sourcing) di Firenze. L’obiettivo era quello di capire quali fossero i fattori che
avevano determinato il successo e la diffusione delle tre catene del gruppo, e
quelli che le avevano rese, negli ultimi anni, più vulnerabili.
La notizia dell’inaugurazione del primo megastore Zara a Milano, avvenuta
nell’aprile di quest’anno, ha fornito lo spunto per affiancare allo studio della
multinazionale americana quello riguardante la sua concorrente spagnola.
Da qualche anno nel campo della moda si era iniziato a sentir parlare di questa
catena, che “ribaltava tutte le strategie ormai definite mature nel mondo della
moda”
1
e che, nella sua espansione, stava erodendo le quote di mercato di Gap nei
paesi in cui erano entrambe presenti. Nonostante si fosse preso atto della nascita e
della crescita di questo gruppo, nei testi o negli articoli che citavano tale
evoluzione (in quelli italiani, almeno) si faceva riferimento solo ai risultati
ottenuti, senza approfondire mai, in maniera consistente, tutti gli aspetti e le
strategie relative ad ogni fase organizzativa. Per questo è stato necessario
approfondire la ricerca effettuata attraverso una breve intervista via e-mail ai
1
Carlos Herreros de las Cuevas, “Zara: Un reto al pensamiento maduro”, HFC CONSULTORES,
S.L.,-http://www.gestiondelconocimiento.com/documentos2/carlos_herreros/caso_zara.htm
III
responsabili della comunicazione esterna alla compagnia e una ricerca di articoli e
testi in spagnolo che spiegassero in maniera più dettagliata le strategie della
compagnia in ogni campo d’azione. La ricerca, in questo caso, ha richiesto molto
più tempo, questo non solo a causa della necessaria traduzione dallo spagnolo
all’italiano della grande quantità di informazioni raccolte, ma anche a causa
dell’esiguità e mancanza di aggiornamento delle notizie utili che ho recuperato
attraverso Internet, su siti economici spagnoli e sul sito aziendale stesso (si pensi
che il bilancio più recente presente in rete in maniera completa è quello del 2000)
Per analizzare il contesto economico mondiale e per studiare i comportamenti
delle due compagnie al loro interno, oltre ai testi, mi sono servita dei siti Internet
istituzionali delle due compagnie e delle loro catene oltre agli articoli di quotidiani
e settimanali economici internazionali. Vorrei precisare, in questo contesto, che i
dati relativi a Gap Inc., sono più completi e più aggiornati di quelli relativi ad
Inditex, questo grazie alla possibilità di accedere al sito interno della compagnia
(denominato Gap Web) e alla collaborazione degli impiegati dell’ufficio, che si
sono resi disponibili alla compilazione di un lungo questionario che verrà allegato
nella parte finale di questo volume, assieme all’autorizzazione di Gap Inc. allo
sfruttamento delle informazioni raccolte.
1
Capitolo I
LA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI:
EVOLUZIONE NEL PRODOTTO E NEI
SUPPORTI TECNOLOGICI DEL
MARKETING.
2
I.1. L’EMERGERE DI IMPRESE GLOBALI.
Nell’ultimo ventennio l’economia mondiale ha subito drastici cambiamenti. Le
distanze geografiche e le differenze culturali si sono ridotte grazie ai nuovi apporti
tecnologici in campo aeronautico (l’uso sempre più frequente dei jet) e allo
sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione e di trasmissione dei dati a
distanza. Tutto questo ha consentito alle imprese di ampliare le proprie capacità di
copertura geografica del mercato e di acquisizione dei fattori produttivi. Molte
imprese si sono già dotate delle nuove tecnologie e molte stanno velocemente
provvedendo alla realizzazione di strutture che permettano loro di comunicare in
tempo reale a livello globale
1
.
Al giorno d’oggi quasi tutte le imprese, indipendentemente dalla dimensione, sono
quantomeno toccate dalla competizione globale. Le aziende europee e
statunitensi, ad esempio, devono affrontare in territorio nazionale le notevoli
capacità di marketing delle multinazionali dei paesi asiatici, prime fra tutte quelle
giapponesi.
Toyota, Honda, Sony e Samsung hanno più di una volta dimostrato di poter
superare i concorrenti occidentali nei mercati oltreoceano. Allo stesso modo le
imprese occidentali hanno trovato nuove opportunità all’estero. Esempio eclatante
è lo sviluppo dell’attività produttiva a livello globale di aziende come Coca Cola e
Toys R Us, che fabbricano e vendono i propri prodotti in tutto il mondo.
1
Fonte: P. Kotler, Priciples of marketing, Ed. ISEDI.
3
Le aziende citate hanno saputo sfruttare i vantaggi derivanti da
un’internazionalizzazione avvenuta a livello globale, ma affrontare concorrenti
con nazionalità, culture, know how differenti, in paesi che non si conoscono
quanto quello nazionale, richiede ben più di una strategia orientata al mercato
mondiale. La globalizzazione ormai influenza tutti gli aspetti del processo
economico (mercato, produzione, finanza, distribuzione, consumi) e la risposta
delle aziende è condizionata da una scelta strategica che trova il suo supporto
innanzitutto nella comprensione del particolare cambiamento in atto. La “scelta
globale” si deve concretizzare negli obiettivi e nei mezzi; questa può divenire per
molte imprese l’occasione per rivitalizzare la loro presenza sia sul mercato
nazionale che su quello internazionale. La globalità deve essere ricercata sotto la
spinta di stimoli come l’ottenimento di maggiori economie di scala,
l’allargamento dei campi d’intervento, una migliore ripartizione dei costi
crescenti, un ampliamento dei volumi di produzione.
Si tende per questo a preferire la penetrazione non già di singoli mercati con
specifiche strategie, ma di tutto il mondo attraverso una strategia globale. In
quest’ottica l’impresa deve fare in modo che la globalizzazione permei
direttamente e in modo completo i suoi prodotti, il modo di produrre, di vendere,
di fare marketing e, indirettamente, anche l’indotto che ne dipende.
Il cambiamento si ritrova quindi in ogni fase. Al momento attuale le imprese non
solo vendono sui mercati internazionali un maggior numero dei propri beni
prodotti localmente, ma si sono anche attivate nella direzione dell’acquisto o della
fabbricazione all’estero di alcuni componenti e fanno maggiormente ricorso a
4
fornitori esteri. Sempre più frequentemente, infatti, le imprese che operano su
base internazionale si trovano a dover coordinare il processo produttivo fuori dal
territorio nazionale e ad accrescere l’efficienza operativa. Di conseguenza molti
beni e servizi acquistati in un dato paese sono in realtà degli “ibridi”, poiché
design, acquisto di materie prime, produzione e marketing hanno luogo in altre
nazioni.
I.1.1. Il contributo degli Stati Uniti al processo di globalizzazione
2
.
L’origine del processo di abbattimento dei confini nel commercio mondiale, si
può ricondurre in particolar modo alle strategie di espansione operate nell’ultimo
ventennio dalle aziende americane, pioniere dell’internazionalizzazione e “madri”
della globalizzazione.
Si può affermare che il trade mondiale si sia sviluppato, nell’ultimo decennio, in
base a quattro trend principali: l’internazionalizzazione del mercato americano,
l’interdipendenza delle economie mondiali, l’emergere di nuovi competitori
nazionali e la globalizzazione dei mercati.
Il processo di globalizzazione ha avuto il più importante contributo da parte degli
Stati Uniti: il mercato americano ha anticipato molte tendenze che si sono poi
sviluppate a livello mondiale e questo grazie alla sua forte economia, alla
crescente stabilità del dollaro, alle condizioni favorevoli e alle dimensioni stesse
2
Fonte: G. Pellicelli, Il Marketing internazionale, ed. Etas
5
del mercato nazionale che ha portato le aziende statunitensi a dirigersi e a
confrontarsi senza difficoltà con i mercati esteri. Le imprese degli stati confederati
si raffrontano ai mercati internazionali nello stesso modo in cui operano su quello
nazionale, facilitate dall’esperienza acquisita nel proprio paese d’origine che,
seppure “unico e unito” è composto da cinquantadue stati all’interno dei quali
convivono razze, culture, religioni diverse che danno origine a bisogni e richieste
fortemente differenziati. I rapporti commerciali all’interno della confederazione
sono stati sicuramente agevolati dalla moneta unica, dall’uniformità linguistica,
dall’assenza di barriere tra gli stati e da leggi economiche uniformi. I rischi
relativi all’ingresso in paesi esterni al territorio americano, sono certamente
maggiori, ma si deve considerare che gli investimenti in marketing per gli USA
richiedono comunque una diversificazione e, di conseguenza, l’export in nuovi
stati non comporta rilevanti mutamenti di strategia.
L’espansione sui mercati è dovuta sostanzialmente al fatto che le aziende
americane operanti esclusivamente su territorio nazionale, hanno incontrato
sempre maggiori difficoltà nel sostenere i propri vantaggi competitivi ed i tassi di
crescita dei consumi. Questo a causa della saturazione dei mercati e della presenza
di prodotti sostitutivi provenienti anche dalla concorrenza estera che si era
insediata sul mercato americano stesso. Gli imprenditori si rendevano conto che le
multinazionali riuscivano , per questo, ad ottenere maggiori vantaggi correlati ai
margini di profitto sotto forma di ritorno sull’investimento estero, che risultava
spesso maggiore del livello del ROI
3
relativo al territorio nazionale.
3
ROI: Return on investments: indice di redditività del capitale investito dalle imprese.
6
Le opportunità offerte sui nuovi mercati hanno quindi portato le aziende che non
si erano ancora rivolte all’estero, ad investire sui mercati mondiali e, quelle che
avevano già adottato politiche d’espansione, ad aumentare la loro competitività
rispetto alle grandi multinazionali. Questo processo ha investito anche i paesi
europei. L’avvento del Mercato Unico Europeo ha segnato il declino del
cosiddetto “nazionalismo industriale”. Per decenni, infatti, i paesi del vecchio
continente avevano gelosamente difeso le imprese nazionali bloccando spesso
accordi, takeover, fusioni, ma, in vista dell’unione degli stati, le misure di
controllo si sono allentate e si è permesso un commercio con misure meno
restrittive non solo relativamente agli scambi tra i paesi appartenenti all’UE, ma
anche per i paesi esterni che desiderassero allacciare rapporti commerciali con
imprese europee.
4
I.1.2. Il prodotto globale
5
.
I prodotti utilizzati quotidianamente sono, per la maggior parte, creati a livello
globale. Questo significa che dall’altra parte del mondo siamo certi di trovare un
prodotto identico, o quasi.
Il fatto che abbiamo l’opportunità di fruire di uno stesso prodotto/servizio in
tutto il globo può essere visto come una comodità, soprattutto se pensiamo che,
4
Fonte: E. P. Hibbert, Mercati senza frontiere, Franco Angeli.
5
Fonte: M. Porter e A.V., Strategia e Competizione, Ed. Il sole 24 ore.
7
ovunque siamo, possiamo mantenere le nostre abitudini di alimentazione, di
viaggio, di abbigliamento ecc… Questo fenomeno, tuttavia, ha dato luogo al
sorgere di movimenti che contestano in maniera decisa l’”amalgamazione” del
genere umano sotto un modello di vita che è impostato per la maggior parte sulle
abitudini di consumo americane. Mettere in atto una politica di prodotto globale
significa progettare e realizzare un prodotto che può essere venduto in tutto il
mondo. Una valida strategia di globalizzazione è quella che parte dal progettare,
fin dalla nascita, prodotti "universali", cioè con vocazione alla globalità e non
prodotti nazionali, che solo successivamente al processo d'esportazione e
d'internazionalizzazione nei vari paesi, potrebbero diventare globali.
Il successo della politica di prodotto globale sta nella capacità di rispondere alle
esigenze omogenee dei consumatori mondiali, nonché alle opportunità
conseguenti all'accettazione di questa politica (economie di scala produttive,
distributive, di vendita, di marketing, di messaggio, di gestione, ecc.).
La politica di prodotto destinata ad avere successo nel mercato globale è quella
capace di studiare, realizzare, lanciare prodotti standardizzati, competitivi, di
qualità, affidabili e diffondibili contemporaneamente su più mercati.
Questa politica, tuttavia, trova non poche difficoltà nella sua definizione perché si
pone in termini piuttosto complessi; è lo stesso prodotto globale a presentarsi non
sempre in maniera chiara e a non permettere d'arrivare molto facilmente alla sua
comprensione e determinazione. Tali difficoltà provengono dalla stessa fisiologia
del prodotto globale, dal grado di globalizzazione, dalle tecniche e tecnologie
8
collegate, dagli ambiti della qualità e affidabilità globale, dalle funzioni, dalla
rispondenza alle esigenze globali del consumatore.
Il prodotto globale non dovrà solamente essere un bene che soddisfa determinate
esigenze del mercato globale, ma diventare al tempo stesso un mezzo di
collegamento, di comunicazione, un simbolo che accomuni consumatori globali e
azienda.
Benetton, Lacoste, Gap, Zara esprimono chiaramente e concretamente con la
gamma dei loro prodotti che cosa significhi realizzare un prodotto globale e cioè
immettere sul mercato mondiale prodotti con lo stesso nome, la stessa immagine,
lo stesso messaggio.
La globalizzazione impone alla politica di prodotto un triplice orientamento
6
:
Politica selettiva
Quest’orientamento vede l’azienda globale concentrata su un numero ben definito
di prodotti e che quindi si rivolge ai mercati in grado di recepirli proprio per i
vantaggi competitivi e le economie di scala che sono in grado di offrire. In
qualche mercato specifico o in talune aree possono anche essere possibili
marginali adattamenti. E’ sottinteso che le scelte di politica di prodotto saranno
prese dall'azienda globale in maniera centralizzata.
6
Fonte: Antonio Foglio- Il Marketing della moda, Ed. Franco Angeli
9
Politica interdipendente
Questo tipo di orientamento permette di ricorrere alla realizzazione di prodotti
finiti o di parti d’assemblaggio nei vari mercati o solo in qualche area, sfruttando i
vantaggi competitivi che mercati ed aree sono in grado d'offrire (bassi costi di
manodopera, materie prime a prezzi competitivi, facilità di trasporto, superamento
di barriere protezionistiche, ecc.).
Politica integrata
Secondo quest’ultimo tipo di orientamento, la politica di prodotto, nei suoi ambiti
complementari di ricerca, innovazione e produzione, può essere perseguita in
diversi paesi e con più partners sfruttando quei vantaggi che un paese è in grado
d'assicurare più di ogni altro.
La progettazione d'un prodotto può, ad esempio, avvenire in Italia, mentre la sua
realizzazione in Brasile, in alleanza con un partner
7
.
Il successo sul mercato per quelle aziende che hanno accettato la sfida della
globalizzazione sarà dovuto anzitutto al prodotto globale che esse sono in grado di
produrre e vendere e, in secondo luogo, a tutti gli altri elementi che
caratterizzeranno le loro strategie e politiche di fashion marketing. E’ perciò
fondamentale impegnare risorse e professionalità per raggiungere una decisa e
mirata politica di prodotto globale, in armonia con tutte quelle altre strategie e
politiche di marketing che la possono egregiamente completare e perfezionare.
7
( Un’esempio di questo tipo, ben noto alla nostra realtà industriale, è quello di Fiat)
10
I.1.3. L’impresa multinazionale e la scelta della strategia globale.
I casi studiati nel presente lavoro riguardano due compagnie a cui può essere
associata la definizione di “multinazionale”. Il concetto di multinazionale in sé
suggerisce che tale impresa svolga significative attività e sia presente in mercati al
di fuori del proprio paese d’origine
8
e fa riferimento ad una serie di organizzazioni
e di imprese che possono far parte di realtà settoriali anche totalmente diverse (si
pensi alla Du-Pont come alla Hewlett-Packard o anche alla Mitsubishi….).
Da un punto di vista strategico esistono due tipi di settori in cui le multinazionali
competono: il settore multidomestico e quello globale, che si differenziano nelle
loro caratteristiche economiche e nei requisiti per il successo.
Tenteremo di spiegare cosa s’intende per “multidomestico” e per “globale”
attraverso l’analisi delle caratteristiche delle imprese operanti in ogni settore.
Le imprese che fanno parte dei settori multidomestic perseguono strategie distinte
in ciascuno dei mercati in cui operano, considerando la sfida competitiva in
maniera indipendente per ogni mercato. La struttura prevede che ogni divisione
estera sia strategicamente indipendente e che si affidino ai dirigenti locali le scelte
relative alla ricerca e sviluppo, alla produzione, alla commercializzazione e
distribuzione, cosa che risulta di grande gratificazione ma che, allo stesso tempo,
li investe della responsabilità dei risultati ottenuti. L’impresa che opera in un
settore multidomestic ha come principale caratteristica quella di competere con le
altre multinazionali e con i concorrenti locali, mercato per mercato (esempi di
8
Fonte : R. Grandinetti, E. Rullani, Impresa transnazionale ed economia globale, Ed.NIS.
11
questo tipo d’impresa possono essere Procter & Gamble nei prodotti per la casa e
per l’igiene personale, General foods negli alimentari di marca). Ogni divisione
nazionale, in pratica, è fortemente interdipendente dalle altre in termini di
strategie e di attività.
Non è questo sicuramente il caso di Gap Inc. o di Inditex, le quali rientrano, senza
dubbio, in quella categoria d’aziende che hanno scelto una strategia non impostata
su ogni singolo mercato, indipendente dagli altri, ma, su una strategia globale.
Le imprese che operano in un settore globale, invece, utilizzano una unica
strategia di competizione; il prodotto e il suo posizionamento competono con
quelli di altre multinazionali nello stesso modo a livello mondiale. In genere,
infatti, avviene che la strategia sia centralizzata mentre i vari aspetti delle attività
operative siano decentrati o centralizzati in rapporto agli obiettivi economici e di
efficacia. Un’impresa di questo tipo cerca di rispondere ai bisogni particolari del
mercato locale senza però venire meno o compromettere l’efficienza del sistema
globale nel suo insieme.
L’impresa globale cerca di controllare le leve fondamentali, dalle economie di
scala di una produzione transnazionale alle fonti di reddito dei suoi concorrenti,
nazionali o stranieri che siano. L’impresa cerca di rendere la risposta del
concorrente più costosa e difficile attraverso iniziative non convenzionali come
quella di abbassare i prezzi di un prodotto importante, magari solo nei mercati
chiave. L’obiettivo principale è quello di migliorare la propria efficacia
intaccando contemporaneamente quella dei suoi concorrenti. Non tutte le imprese
possono o devono mettere a punto una strategia globale. Si deve tener presente
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che strategie di questo tipo sono molto rischiose e comportano spesso grandi
progetti d’investimento a rendimento nullo o addirittura negativo, obiettivi di
andamento finanziario molto variabili tra le varie consociate estere, linee di
prodotto volutamente sovradimensionate oppure a prezzi troppo bassi in alcuni
mercati. Inoltre si deve avere una visione dei posizionamenti di mercato paese per
paese, tenendo conto, però, di questi elementi non come a se stanti, ma come parte
di un tutto interdipendente.
Si è detto che non tutti i settori e non tutte le attività si prestano alla competizione
globale. Si deve considerare che l’opportunità di competere a livello globale è
maggiore quando si ottengono risultati significativi sfruttando l’intero volume di
produzione mondiale in termini di riduzione dei costi unitari o di immagine o di
servizio migliore. Questi risultati dovranno risultare di gran lunga superiori ai
costi aggiuntivi necessari per gestire quel volume produttivo. Per questo
l’identificazione delle economie di scala è molto importante: i vantaggi
dell’incremento dei volumi produttivi possono venire non solo da impianti più
grandi o da ritmi produttivi più elevati, ma anche da reti logistiche più efficienti o
reti distributive più estese. Quando si parla di capacità produttiva a livello
mondiale va considerato che il vantaggio cresce solo mantenendo alti livelli
d’investimenti in Ricerca e Sviluppo.
Altro fattore, che può influenzare la tendenza a diventare globale, può essere il
livello dei costi di trasporto o di importazione soprattutto per quanto riguarda
alcuni paesi che adottano politiche molto restrittive all’importazione.