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CAPITOLO PRIMO
GLI ITALIANI CATTURATI IN AFRICA ORIENTALE ITALIANA
1.1. La disfatta in AOI
Il 10 giugno del 1940 Mussolini dal balcone di piazza Venezia annunciò l’ entrata in guerra
dell’ Italia accanto alla Germania, annuncio che sorprese gli italiani in AOI.
Dalla posizione geografica dell’ AOI emerge un dato ineluttabile, fin dall’ inizio della guerra
la regione rimarrà automaticamente isolata e strategicamente assediata trovandosi con le coste
bloccate dalla flotta inglese e le frontiere terrestri circondate da colonie nemiche.
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Le forze italiane in AOI composte approssimativamente da 250.000 soldati di cui circa 6.200
nazionali, erano in numero nettamente superiore alle truppe inglesi composte da circa 78000
uomini dislocati tra Medio Oriente, Sudan, Kenia.. Per quanto riguarda la dotazione di
materiale bellico, armamenti e aviazione alle truppe , gli inglesi erano nettamente superiori
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Del Boca A., Gli italiani in Africa Orientale, la caduta dell’ impero, Laterza Bari 1982, p. 345
2
Ibidem, pag.349
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agli italiani. Bande di ribelli presenti in Etiopia, con gli altri fattori sopra elencati, fecero
ritenere a Badoglio che bisognasse difendersi su tutte le frontiere.
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I rapporti che il Duca
d’Aosta inviava a Roma dall’ A.O.I nel periodo che va dal 1940 al 1941 riflettevano una
situazione che si evolveva in modo negativo per l’Italia, infatti la ribellione si aggrava e i
mezzi bellici italiani risultavano obsoleti. Tra novembre e marzo 1941 Mussolini inviò
segretamente in Africa Orientale Italiana ventitré S 79 e 51 caccia CR 42, aerei poco efficaci
in rapporto a quelli molto più moderni di cui era dotata l’aviazione inglese
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Le forze inglesi
sbarcarono a porto Sudan indisturbate.
1.1.2. Africa settentrionale
Nel dicembre del 1940 in Libia gli inglesi catturano i primi prigionieri italiani, in quel mese
le forze armate italiane persero 38000 uomini tra nazionali e libici
Nel gennaio del 1941 caddero Bardia e Taruk con altri 65000 prigionieri in mano agli inglesi.
Dopo le battaglie di Sidi el Barrani e Beda Fomm l’ Italia fu costretta ad abbandonare la
Cirenaica ed il numero dei catturati divenne di circa 130.000. I prigionieri in mano agli inglesi
alla fine di marzo, dello stesso anno furono inviati 30.000i in India e 10.000 in Sudafrica.
A seguito dell’ intervento tedesco l’ Italia riconquistò alcune postazione, ma dopo la battaglia
di Marmarica, tra novembre e dicembre del 1941 la Cirenaica passò definitivamente in mano
agli inglesi con un bottino di altre migliaia di soldati
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1.2.1. Canale di Suez
Lo scopo degli inglesi fin dal 1940 fu quello della conquista del canale di Suez, con le tre
battaglie di El Alamein lo raggiunsero, i prigionieri italiani e tedeschi furono 30.000 e vennero
inviati in Gran Bretagna. Il corpo italo- tedesco si arrese definitivamente nel febbraio del 1943
dopo la perdita di Tunisi .
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1.1.3..Africa Orientale .Italiana
Nel febbraio del 1941 gli inglesi sferrarono un attacco in più direzioni. Mega attaccata si
arrese in 2 giorni guadagnando agli inglesi 26 ufficiali, 2.972 tra militari nazionali e africani
prigionieri
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. Berbera cadde il 25 marzo. Addis Abeba fu sgomberata troppo lentamente e il
504 battaglione Burye fu abbandonata il 4 marzo lasciando 2000 prigionieri agli inglesi. Debra
Marcos, una fortezza, attaccata riuscì a resistere fino al metà di maggio, quando gli italiani si
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Conti F., I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bolognaa, Il Mulino, 1986 p. 28
4
Del Boca A. , Gli italiani in Africa Orientale. La caduta dell’ impero, Laterza & Figli, Roma, 1982, pag.
348
5
Conti F., I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bolognaa, Il Mulino, 1986 p. 9-26
6
I. Insolvibie, WOPS, I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946), Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli, 2012
7
Conti F. I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bologna, Il Mulino, 1986. p. 30
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arresero, erano in 1000. A Gelib furono catturati 62 ufficiali e 420 soldati , Mogadiscio fu
occupata il 26 febbraio. Berbera cadde il 25 marzo. Addis Abeba fu sgomberata troppo
lentamente e il 504 battaglione carabinieri fu catturato con la compagnia dei mitraglieri e dei
granatieri
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La zona di Galla e Sidama, Gondar, Dessié e Amba Alagi vide il concentramento
delle forze superstiti italiane. Dessié dove erano concentrati i reparti provenienti da Addis
Abeba, da Auasc, da Assab, da Gondar cadde il 27 aprile, gli inglesi fecero prigionieri 8000
soldati italiani, quasi tutti nazionali della divisione Africa e alcune migliaia di coloniali
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La
resistenza a Debra Marcos, una fortezza, si prolungò fino a metà maggio, quando i 1.000
italiani che la occupavano si arresero al nemico. La scelta compiuta da Amedeo di Savoia,
ritenuta da molti errata, di ritirarsi per l’ ultima difesa sull’ Amba Alagi si rivelò in tutta la sua
irrazionalità. Scelta compiuta forse poche ore prima di lasciare Addis Abeba il 3 aprile. I
pareri degli uomini di governo, a tal proposito furono discordi. La posizione di Amba Alagi in
prima analisi parve buona, ma essendo circondabile essere munita di artiglieria pesante e
fortificata
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Il 17 maggio, dopo parecchi giorni di resistenza, l’ Amba Alagi comandata dal
Duca d’Aosta si arrese.
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Ultimo baluardo a cadere in mano inglese fu Gondar (regione
Amhara) , il 27 novembre del 1941, dove il generale Nasi comandava 14000 uomini.
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8
Ibidem, p.29
9
Ibidem, p. 30
10
Del Boca A., Gli italiani in Africa Orientale, la caduta dell’ impero, Laterza Bari 1982, p399-340
11
Conti F., I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bologna, Il Mulino, 1986. p. 31
12
Ibidem, p. 31
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Come sempre,il numero preciso dei prigionieri italiani in mano agli inglesi è difficile da
definire si tratta di finanzieri, carabinieri, nazionali, aeronautica e polizia dell’ AOI.
Le cifre italiane parlano di circa 16.215 unità tra prigionieri e dispersi in disaccordo con
quelle fornite da Roosevelt che imputa all’ Italia una perdita di 150.000 uomini esclusi gli
indigeni.
1.2. la prigionia in Kenia
<Le condizioni di vita dei prigionieri in mano agli Alleati occidentali variarono secondo i
contesti: furono molto dure nei campi francesi e in alcuni territori britannici, come il Kenya;
furono accettabili in India e in Gran Bretagna; furono quasi buone nelle remote terre
d’Australia e del Sudafrica, dove un certo numero di prigionieri italiani avrebbe deciso di
fermarsi anche dopo la liberazione [...]. Comunque sia, a tutti i prigionieri di cui sopra vennero
applicate le norme previste dalle convenzioni internazionali dell’Aja del 1907 e di Ginevra del
1929, senza eccezione alcuna >
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.
Per tutti i prigionieri il trasferimento verso i campi fu penoso, in particolare quelli trasferiti
in Kenia dovettero sopportare oltre alla disorganizzazione inglese, alla mancanza di anche un
clima avverso. Il freddo e le piogge misero a dura prova quegli uomini lasciati spesso sotto la
sorveglianza dei soldati di colore, senza il riparo di tende ed alla merce dei leoni. La mancanza
di cibo e le malattie contribuirono a far giungere questi prigionieri in pessime condizioni.
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In Kenya la truppa venne disseminata nei campi di Nairobi, Burguret, Gil Gil, Nauvvasha,
Ndaguru, Nakuru, Naniuki, Ginja, Mitubiri, con i distaccamenti di Kimusu, Kitale, Kajdo,
Longido. I capi, compreso il Duca Amedeo D’Aosta furono sistemati in una villa a Donyo
Sobouk . Il generale Guglielmo Nasi, prigioniero con il Viceré, stimò in 70000 unità i
prigionieri in Kenya nel 1942.
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Dalla testimonianza del colonnello Ugo Pini, responsabile del campo 359 di Burguret, si
evince che i prigionieri si divisero da subito in tre gruppi: i fascisti, gli incerti e gli antifascisti.
Emerge da questo racconto che in Kenya lo spirito fascista riprese stranamente vigore. Anche
il generale Nasi notò, in un rapporto, questo fenomeno. Questi fanatici venivano chiamati i
Puramilk ( etichetta sui barattoli del latte condensato) e si riunivano per stilare liste di altri
13
www.archiviosegretovaticano.va/wp-content/.../CAV_52_vol1.pdf
14
Ibidem, p. 33
15
A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale, la caduta dell’ impero, Laterza Bari 1982, pag. 566
7
prigionieri da portare davanti al plotone di esecuzione dopo “l’ immancabile vittoria “ sul
nemico.
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Agli antifascisti venivano riservati trattamenti disumani, come quello della “coperta” in cui
ad un malcapitato i fascisti gettavano addosso una coperta e poi lo bastonavano a volte fino a
morte , metodi che comunque venivano silenziosamente disapprovati dalla massa dei
prigionieri. Questo tipo di fanatismo andò lentamente scomparendo.
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Amedeo d’Aosta il Viceré catturato sull’ Amba Alagi e portato prigioniero in Kenia, si
ammalò e venne trasferito dalla villa in cui era segregato al General Hospital di Nairobi il 20
Gennaio 1942 e dopo, visto l’aggravarsi della situazione al Maya Cunbery Nursing Home. Alla
malaria si aggiunse il tifo petecchiale e con le sopravvenute complicazioni polmonari morirà
alle 3,45 del 3 Marzo 1942.
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Dopo la morte di Amedeo d’Aosta il comando venne assunto dal
generali Nasi che produsse come primo atto, nel giugno del 1942, l’ accordo di Eldoret
concernente l’ impiego dei prigionieri in attività lavorative che non avessero rapporto con le
operazioni di guerra, accordo che permise ai prigionieri di prestare la loro manodopera al
nemico senza commettere tradimento verso la patria. Questo accordo verrà aspramente
contestato dalla fazione fascista dei prigionieri.
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Nel campo di prigionia di Eldoret , situato
non lontano dal lago Vittoria , vi erano reclusi 5000 ufficiali, qui venne costituito il comando
generale dei campi di cui facevano parte 4 sottocomandi. Il generale di corpo d’ armata Scala
divenne il comandante generale dei campi.
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<I sottocomandi erano diretti dal Generale di
divisione d’area Sabatini per il campo A, Generali Jaume, Sirigatti e Bertello per il campo B,
Generale Zauli per il campo C, Generali Pialorsi e Tosti per il campo D>.
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Dopo il 13
marzo del 1943, data della proclamazione del governo Badoglio, i contrasti tra gli ufficiali ad
Eldoret divennero insostenibili , quelli di fede fascista che non volevano assolutamente
collaborare con il nemico, e gli antifascisti che si schierarono con gli alleati, gli inglesi
decisero, a fine ottobre del 1943, per tranquillizzare gli animi, di trasferire il generale
Gastaldi, antifascista e cooperante dichiarato, all’ aeroporto di Eastleigh a Nairobi con l’
incarico di organizzare il primo nucleo di volontari dell’ aeronautica collaboranti con gli
inglesi. Dopo il proclama del maresciallo Badoglio, in ottobre, gli inglesi fecero firmare una
domanda ai prigionieri intenzionati a cooperare per essere impiegati come lavoratori degli
alleati. Nasi si oppose aspettando direttive da Roma e cercando di ottenere una contropartita,
16
Ibidem, p. 568
17
F.Conti, I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bologna, Il Mulino, 1986. bidem pag. 302
18
A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale, la caduta dell’ impero, Laterza Bari 1982, pag. 571
19
Ibidem, p. 572
20
Conti, I prigionieri di guerra italiani , 1940-1945, Bolognaa, Il Mulino, 1986 pag. 302
21
Ibidem pag. 302