Introduzione
A chi studia il rapporto tra cinema e letteratura, la carriera artistica di Luis Buñuel offre
certamente una grande quantità di spunti interessanti. Avvicinatosi alla settima arte nel
momento di passaggio dal cinema muto al sonoro, il regista spagnolo trova nel cinema di
fine anni Venti l'ambiente ideale in cui esprimersi: i suoi esordi sono legati a un movimento
d'avanguardia, il gruppo surrealista, al quale si ispirava già nei suoi scritti letterari, orientati
in questa precisa direzione grazie all'influsso di Ramón Gómez de la Serna, scrittore
spagnolo tra i più vicini alle avanguardie.
La sua opera prima, il rivoluzionario cortometraggio “Un chien andalou” (titolo di una sua
raccolta lirica inedita), marca il passaggio dalla letteratura al cinema, dando alla luce
un'opera che si trova a metà tra la poesia e il cinema: con “Un chien andalou”, infatti, vero
e proprio “poema in immagini”, Buñuel voleva esprimere la distanza che lo separava dalla
poesia spagnola dell'epoca, maggiormente legata alla tradizione, che aveva come maggiore
rappresentante l'amico e rivale Federico García Lorca, il quale, nel 1928, aveva pubblicato
il Romancero gitano.
Questo rapporto privilegiato con la letteratura (più della metà della sua filmografia è tratta
da romanzi) e, in particolare, con la poesia (il manifesto della sua opera, si intitola,
appunto, El cine, instrumento de poesía), segna tutta la sua carriera: a un cinema di prosa,
come poteva essere quello realista, Buñuel preferisce un cinema di poesia, in grado di
rendere conto delle molteplici dimensioni della realtà. Il legame con la letteratura si rivela,
in particolare, nell'importanza fondamentale attribuita alla sceneggiatura: la sua stesura,
nella quale il regista si fa sempre assistere da professionisti come Julio Alejandro e Jean-
Claude Carrière, occupa gran parte del tempo a disposizione; una volta ultimata, invece, le
riprese e il montaggio, veri e propri “accidenti” per il regista, si risolvono in poco più di tre
settimane.
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Nel cinema del regista di Calanda spicca, a questo proposito, un genio della letteratura
spagnola, ovvero Benito Pérez Galdós. La passione del regista aragonese per lo scrittore
canario, argomento di questa tesi, a prima vista, potrebbe sembrare sorprendente: da una
parte il romanzo realista spagnolo, dall'altra la poetica surrealista. Eppure, l'incontro tra il
più grande maestro spagnolo del cinema e il maggiore romanziere spagnolo dopo
Cervantes rivela insospettabili affinità: il realismo del surrealista Buñuel (come film di
denuncia come “Los olvidados”, o documentari “scomodi” come “Las Hurdes”), il quale,
appunto, vedeva il cinema come strumento per rivoluzionare la società, si incontra con la
dimensione più “surrealista” di Galdós (“amor loco, visiones delirantes, una realidad
intensa con momentos de lirismo”, come afferma Buñuel), come il nano Ujo di “Nazarín”,
follemente innamorato della prostituta Ándara, un personaggio che, sulle prime, potrebbe
sembrare un'invenzione del regista aragonese.
Mai banale nelle sue scelte, Buñuel, nell'amplissima opera del romanziere, privilegia due
romanzi come Nazarín e Tristana. Queste opere, evidentemente, avevano ispirato in modo
particolare l'immaginazione del regista: da un lato, i due romanzi, come sostiene Vito
Galeota nel suo libro dedicato a “Nazarín” e “Tristana”, sono un concentrato delle qualità
più proprie dell'arte galdosiana, dall'altro lato, inoltre, questi due romanzi cosiddetti
“minori” permettevano una maggiore libertà al regista (con l'eventualità, come nei casi di
“Nazarín” e “Tristana”, che la pellicola potesse quantomeno eguagliare la qualità artistica
del libro a cui era ispirata). Questo bisogno di libertà e autonomia anche nei confronti
dell'amato Galdós si palesa nel caso di “Viridiana”, capolavoro chiaramente influenzato
dalle opere del periodo “spirituale” del romanziere, in particolare Halma, pellicola
riconosciuta dal regista come opera completamente originale.
La tesi, in questo senso, si concentra, prima di tutto, sull'opera del regista, al quale è
dedicato un approfondimento che parte dagli anni giovanili, passando per gli esordi
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letterari e i temi del suo cinema. Infine, delle singole pellicole analizzate, nell'ordine
“Nazarín”, “Viridiana” e “Tristana”, vengono studiati i personaggi, i temi e i motivi più
importanti, inseriti nel contesto più generale di tutta l'opera buñueliana, presentando,
infine, le strategie e i cambiamenti operati dal regista nell'adattare i rispettivi romanzi dal
punto di vista cinematografico.
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I Capitolo
Luis Buñuel
1.1 Scheda bio-bibliografica di Luis Buñuel
1900: Nasce il 22 febbraio a Calanda, nella proviancia aragonese di Teruel, primogenito di
sette fratelli, figlio di Leonardo Buñuel González, proprietario terriero arrichitosi a Cuba, e
María Portolés Cerezuela, diciassettenne di nobili origini.
1907: Dopo un anno dai Fratelli del Sacro Cuore, passa al collegio dei gesuiti.
1908: A otto anni assiste alla sua prima proiezione cinematografica presso il cinema
“Farrucini” di Saragozza.
1915: Dai sette ai quindici anni studia presso un collegio di gesuiti a Saragozza. In quegli
anni per ciò che vede dentro le mura del collegio (disciplina ferrea, punizioni corporali e
abusi sugli studenti) nasce in lui un acuto senso anticlericale che sarà uno dei temi
principali della sua filmografia. Nel 1915 viene espulso dal collegio a causa di
un'ubriacatura.
1917: Completa gli studi superiori presso un liceo di Saragozza. Benché desiderasse
frequentare la Schola Cantorum e diventare compositore, viene iscritto dal padre alla
Facoltà di Agraria di Madrid, nel 1917, che ben presto abbandonerà per studiare Storia
presso la Facoltà di Lettere. Durante gli studi universitari, alla Residencia des Estudiantes,
conoscerà coloro che saranno in futuro alcuni dei più illustri rappresentanti della cultura
spagnola del tempo: Rafael Alberti, Federico García Lorca , Ramón Gómez de la Serna,
Salvador Dalì e Pepín Bello.
1922: Appaiono i suoi primi testi letterari, ovvero Una traición incalificable e
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Instrumentación, editi rispettivamente nelle riviste Ultra e Horizonte. In questi scritti si
avverte l'influenza di Ramón Gómez de la Serna.
1923: Pubblica Suburbios nella rivista Horizonte e Tragedias inadvertidas como temas de
un teatro novísimo, e Por qué no uso reloj nella rivista Alfar. Nello stesso anno muore suo
padre.
1924: Ottenuta la laurea in Storia, decide di trasferirsi a Parigi, all'epoca vera capitale
culturale d'Europa. Nello stesso anno André Breton firma il manifesto del movimento
surrealista.
1926: A Parigi, dove conoscerà la futura moglie, Jeanne Rucar, la sua passione per il
cinema si intensifica: si iscrive all'Accademia del Cinema diretta da Alex Allain e Camille
Bardoux e trova un posto come assistente alla regia e attore di Jean Epstein per “Mauprat”
(1926). Continua la gavetta come attore per Jacques Feyder in “Carmen” (1926), come
assistente regista per Henri Ètiévant e Mario Nalpas ne “La Sirène des tropiques” (1927).
Nel 1928 collabora di nuovo con Jean Epstein per “La chute de la maison Usher”. Nello
stesso anno, in collaborazione con José Bello, scrive Hamlet, prima opera surrealista del
teatro spagnolo.
1929: Con l'aiuto finanziario della madre, riesce nel 1929 a coronare il proprio sogno:
diventare regista, e firmare il suo primo film, in collaborazione con Dalí, “Un chien
andalou”, vero e proprio manifesto del Surrealismo. La pellicola viene presentata in giugno
al cinema Ursulines e poi proiettata con successo allo Studio 26. Viene accolto nel gruppo
surrealista.
1930: Durante la lavorazione della sua seconda pellicola, “L'âge d'or” (primo film ad
utilizzare il voice-off), realizzata con l'aiuto dei visconti di Noailles, si allontana da
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Salvador Dalí. Il lungometraggio, che riprende il tema di “Un chien andalou”, ovvero
l'amore di due giovani ostacolato dalle istituzioni, subisce una forte censura che perdurerà
fino al 1950. Il regista viene assunto per sei mesi dalla MGM a Hollywood per studiare
l'industria cinematografica americana.
1932: Presenzia alla prima riunione della Asociación de Escritores Revolucionarios; prende
le distanze dal gruppo surrealista e si avvicina al Partito Comunista francese.
1933: Con l'aiuto finanziario dell'amico Ramón Acín, ispirandosi a un libro di Maurice
Legendre, realizza “Las Hurdes: tierra sin pan”, nel quale denuncia lo stato di abbandono,
sottosviluppo e miseria di una parte dell'Estremadura. Il film, considerato dannoso per
l'immagine della giovane Repubblica Spagnola, viene censurato.
1934: Sposa Jeanne Rucar e comincia a lavorare per la Warner Brothers come direttore del
doppiaggio in spagnolo di film americani. Comincia a progettare l'adattamento
cinematografico di “La lucha por la vida”, di Pío Baroja e “Ángel Guerra”, “Fortunata y
Jacinta” e “Doña Perfecta”, di Benito Pérez Galdós. L'anno successivo si trasferisce a
Madrid dove lavora come produttore esecutivo e supervisore dei film della Filmófono,
grandi successi commerciali: “Quintín el amargao” e “La hija de Juan Simón”, entrambi
del 1935, e “¿Quién me quiere a mí?” e “¡Centinela, alerta!” del 1936.
1936: Allo scoppio della Guerra Civile spagnola, Buñuel si schiera dalla parte della
Repubblica (mentre Dalí simpatizza con i nazionalisti), occupandosi della propaganda
della stessa. Si occupa della realizzazione della pellicola di propaganda “España leal en
armas”.Viene fucilato Federico García Lorca dai franchisti.
1938: Si trasferisce a Los Angeles dove, incaricato dal governo della Repubblica,
supervisiona la produzione delle pellicole americane ispirate alla Guerra Civile. Terminato
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il progetto, nel 1941 comincia a lavorare al MOMA di New York con il compito di
selezionare tutte le pellicole di propaganda antinazista. Il suo primo incarico è la riedizione
del film di propaganda nazista, “Triumph des Willens”, diretto da Reni Riefenstahl. Nel
1943 è costretto ad abbandonare il suo incarico al MOMA a causa dell'uscita
dell'autobiografia di Salvador Dalí, La vida secreta de Salvador Dalí, nella quale Buñuel
era descritto come un pericoloso sovversivo, ateo e comunista.
1946: Viene chiamato in Messico per adattare il dramma di García Lorca La casa de
Bernalda Alba, ma il progetto fallisce. Ottenuta la cittadinanza messicana, comincia una
prolifica carriera registica; nel 1948 gira “Gran Casino” e nel 1949 “El Gran Calavera”.
1950: Gira “Los Olvidados”, pellicola che gli varrà la Palma d'Oro come miglior regista al
Festival di Cannes del 1951. A “Los Olvidados” seguono film più commerciali, come
“Susana” (1950), “La hija del engaño” (1951), “Subida al cielo” (1951), “El bruto” (1952),
“Él” (1952), “Robinson Crusoe” (1952), “Abismos de pasión” (1953), “La ilusión viaja en
tranvía” (1953).
1954: Fa parte della giuria del Festival di Cannes. Realizza “El río y la muerte”.
1958: Dopo aver girato i film “Ensayo de un crimen” (1955), suo quindicesimo film
messicano, “Cela s'appelle l'aurore” (1955) e “La mort en ce jardin” (1956), girati in
Francia, realizza “Nazarín”, adattamento di un romanzo di Benito Pérez Galdós, vincitore
del Premio Internazionale al Festival di Cannes del 1959.
1961: Dopo più di vent'anni, torna in Spagna per dirigere “Viridiana”, sempre ispirato da
una romanzo di Benito Pérez Galdós, ovvero Halma. Con “Viridiana”, storia di una
bellissima novizia che, dopo aver ereditato una tenuta da un ricco zio, si profonde in opere
di carità, ma viene aggredita dalle persone che aiuta, vince la sua prima Palma d'Oro al
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Festival di Cannes. Il film scatena però critiche da parte dell'Osservatore Romano, tanto da
essere vietato in Spagna fino al 1977. Nonostante le controversie, Buñuel continua a fare
incetta di premi nei vari festival internazionali: vince il Leone d'Argento con “Simón del
desierto” (1964, nello stesso anno gira “Le journal d'une femme de chambre”) al Festival
del Cinema di Venezia del 1965, mentre nel 1967 vince il Leone d'Oro con “Belle de Jour”
(1967), maggior successo commerciale del regista.
1968: Dirige “La V oie Lactée”, scatenando una scia di polemiche nel mondo cattolico. In
primavera è nuovamente in Spagna per la preparazione di “Tristana”, tratto dall'omonimo
romanzo di Benito Pérez Galdós.
1972: Realizza “Le charme discret de la bourgeoisie”, pellicola nella quale vengono prese
di mira tutte le istituzioni moderne e borghesi: polizia, esercito, chiesa, politica. Il successo
è strepitoso: vincitore del Premio Méliès e dell'Oscar come miglior film straniero.
1974: Dopo l'ennesimo annuncio di abbandono dell'attività registica, dirige la commedia a
episodi “Le fantôme de la liberté” grazie al quale vince il Nastro d'Argento come miglior
regista.
1977: Convinto dal produttore Serge Silberman, dirige il suo ultimo film, “Cet obscure
object du désire”, che ottiene la candidatura all'Oscar per la miglior sceneggiatura, nonché
il premio speciale del Festival del Cinema di San Sebastián.
1982: Viene pubblicata la sua Obra literaria e il suo libro di memorie Mi último suspiro,
scritto a quattro mani con il fidato Jean-Claude Carrière. Gli viene assegnato il Leone
d'Oro alla carriera.
1983: In estate viene ricoverato al Policlinico di Città del Messico per insufficienza
epatica, renale e cardiaca. Muore a Città del Messico la mattina del 29 luglio. Nello stesso
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anno gli era stata conferita la laurea honoris causa dall'Università di Saragozza.
1.2 Gli anni giovanili
Come giustamente sostiene Auro Bernardi nella sua monografia dedicata al regista, “nella
vita di Buñuel gli anni giovanili rivestono la massima importanza”
1
. A partire dal luogo di
nascita, Calanda, piccolo centro della Bassa Aragona (nel quale, comunque, Buñuel vive
solo nel periodo estivo, dato che, dopo la sua nascita, la famiglia si trasferisce a
Saragozza), si possono delineare e analizzare le tappe decisive dell'esistenza del regista e,
di conseguenza, del suo immaginario, al quale rimane fedele per tutta la sua carriera
artistica. Valga un esempio per tutti: l'Hotel Ronceray di Parigi dove, a detta della madre, il
regista era stato concepito durante il viaggio di nozze (visitato dal regista, in gioventù,
appena giunto nella capitale francese), rientra nell'ultima sequenza della sua ultima
pellicola, “Cet obscure objet du désir”, che aveva come oggetto, non a caso, la relazione tra
un uomo maturo e una donna molto più giovane (tra i genitori di Buñuel c'erano
venticinque anni di differenza), uno dei tanti fil rouge che formano l'intera opera del
regista, la quale, come fa notare Giovanni Valerio, è “tutta autobiografica”
2
.
L'infanzia passata nel “medioevo” di Calanda, la ferrea educazione religiosa impartitagli
dai gesuiti e della madre, fervente cattolica, con la conseguente perdita della fede avvenuta
nell'adolescenza e la scoperta delle opere di Darwin, Nietzsche e Freud, passando per i
decisivi anni passati nella Residencia de Estudiantes di Madrid, dove conosce Federico
Garía Lorca e Salvador Dalí, sono tutti episodi che influenzano fortemente il giovane
Buñuel e gli fanno scoprire la sua vocazione artistica.
La vita del regista, però, prende una piega decisamente diversa una volta giunto a Parigi,
una volta conseguita la laurea in Lettere (per la quale impiega solo due anni in un percorso
1 Auro Bernardi, Luis Buñuel, Genova, Le Mani, 2000, p. 23.
2 Giovanni Valerio, Invito al cinema di Buñuel, Milano, Mursia, 1999, p. 124.
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che prevedeva quattro anni di studio). Parigi, capitale pulsante dell'arte e, soprattutto, delle
avanguardie alle quali Buñuel si sente idealmente legato, si presenta come un mondo
completamente nuovo per il regista, proveniente dalla puritana Spagna (tanto da
scandalizzarsi nel vedere una coppia baciarsi in pubblico, come scrive nelle sue memorie).
Oltre a ciò, Parigi apre le porte del cinema a Buñuel, all'epoca maggiormente orientato alla
letteratura e alla poesia: la scoperta della pellicola del regista tedesco Fritz Lang, “Der
müde Tod” (conosciuto generalmente con il titolo francese “Les trois lumières”, 1921) è
un'autentica folgorazione per Buñuel, che fino a quel momento aveva apprezzato il cinema
solo come forma di svago (frequenti le proiezioni organizzate all'epoca della Residencia de
Estudiantes) e non come la forma più completa per esprimere il suo talento artistico, già
chiaro attraverso scritti precoci come Una traición incalificable e Por qué no uso reloj
(cuento).
Il seguente arrivo di Dalí a Parigi, su pressione dello stesso regista, deciso a sottrarlo
dall'influenza di Lorca, porta alla realizzazione di “Un chien andalou” (1929), capolavoro
surrealista del cinema, nel quale Buñuel condensa immagini e suggestioni già presenti nei
suoi scritti (il titolo originale, infatti, “Il est interdit de se pencher au-dedans”, viene
scartato; al suo posto viene scelto il titolo di una raccolta di poesie inedita dello stesso
Buñuel). Il benvenuto di Breton e compagni nel movimento surrealista, impressionati
dall'opera dei due giovani spagnoli, innanzitutto fornisce al regista una morale e un'estetica
a cui rimane fedele per tutta la vita e, inoltre, lo porta in poco tempo a girare la sua seconda
pellicola, “L'âge d'or” (1930), commissionata dal visconte di Noailles, ricco mecenate,
come regalo di compleanno alla moglie (imparentata lontanamente con quel marchese de
Sade che il regista aveva scoperto proprio in quegli anni: l'influenza dell'autore di Les Cent
Vingt Journées de Sodome ou l'École du libertinage (1785) lascerà una traccia indelebile
nell'opera del regista).
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