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deve preoccupare di assicurare il rispetto delle norme giuslavoristiche e di
legislazione sociale.
In particolare, deve vigilare sulla corretta attuazione della
contrattazione collettiva, questo al fine di garantire i livelli essenziali dei
diritti civili e sociali, assicurando a tutti i lavoratori il trattamento
economico minimo.
In tal modo, i Corpi ispettivi perdono la loro veste meramente
“repressiva” per divenire il punto di riferimento sia per il datore di lavoro,
sia per il lavoratore, i quali hanno la possibilità di rivolgersi alle Direzioni
del Lavoro dislocate su tutto il territorio nazionale per chiedere chiarimenti
in merito a norme di nuova introduzione, ai comportamenti da tenere o
agli strumenti da utilizzare nell’ambito dei rapporti di lavoro e per
risolvere più agevolmente, attraverso i nuovi mezzi introdotti del d.lgs.
124/2004, le controversie lavorative.
Altra finalità centrale della riforma è quella della lotta al lavoro
sommerso, irregolare, illegale. Il fenomeno del lavoro nero è uno dei
problemi più gravi del nostro Paese, che negli ultimi anni è cresciuto
vertiginosamente a causa della continua tendenza alla riduzione del costo
del lavoro. Tentare di abbassare al minimo il costo del lavoro, ha
contribuito ad accrescere la fascia di povertà e a spingere i lavoratori ad
occuparsi senza un regolare contratto (“in nero”), oppure ad accettare
forme di lavoro cosiddetto “grigio” o “elusivo”. Questa spirale negativa
lede, oltre che i lavoratori come persone - in quanto privi, in tale
condizione, di ogni tipo di tutela giuslavoristica - anche la produzione
nazionale “legale” e l’economia dello stato, a causa di fenomeni costanti di
evasione fiscale e previdenziale
2
.
2
“Ragionando in termini macro-economici, ma anche con riferimento alle singole
economie di comparto, il costo del “lavoro nero” si riverbera, in termini negativi, su tutto il
sistema economico finanziario, sol che si pensi al notevole danno che viene arrecato agli
stessi interessi del sistema imprenditoriale, del quale il sommerso contribuisce a
sconquassare e invalidare le logiche virtuose della libera concorrenza e della trasparenza,
a fronte di uno sfruttamento della manodopera che si accompagna ad una travolgente
mortificazione dei diritti dei lavoratori”, così RAUSEI P., «La “maxisanzione” dopo la riforma
dei servizi ispettivi», in Dir. Prat. Lav., 2006, 36, pp. 2328 (in nota).
11
In questo quadro si intendono affrontare con attenzione queste
problematiche per chiarire l’efficacia che la legge n. 124 del 2004 ha
avuto nella risoluzione di questo problema, perché se da un lato è vero
che la riforma non ha svilito l’attività di vigilanza, in quanto questa resta
rigida per le violazioni più gravi (mentre si ammorbidisce solo per quelle
di più lieve intensità, in modo da razionalizzare gli interventi), è anche
vero che ha ridotto il carattere “repressivo” delle ispezioni per favorire
forme di conciliazione e consulenza, offrendo un alibi al datore di lavoro, il
quale in questo modo è maggiormente spinto a mantenersi
nell’irregolarità, contando sul fatto che eventualmente gli saranno
applicate sanzioni in un certo senso “più convenienti” di un costo del
lavoro “regolare” più elevato.
L’analisi proseguirà passando in rassegna le singole unità che
compongono attualmente il sistema gerarchico ispettivo, individuando le
novità rispetto all’assetto precedente alla riforma. Elemento di
innovazione principale in questo ambito risulta il coordinamento, divenuto
da orizzontale (tra organi territoriali non inseriti in una struttura
gerarchica) a verticale (coordinamento ad opera del Direttore Generale
per enti previdenziali e per enti periferici organizzati gerarchicamente) tra
i vari corpi ispettivi a livello nazionale, sia per le iniziative di contrasto al
lavoro sommerso, sia per le iniziative di vigilanza tese ad assicurare i
livelli minimi essenziali dei diritti civili e sociali. Tutte le operazioni di
vigilanza, dunque, vengono organizzate a livello generale, onde evitare
l’assommarsi di accertamenti pressoché identici da parte di corpi diversi
nei confronti degli stessi soggetti, intralciando la regolarità sia dello
svolgimento dell’attività ispettiva, sia delle attività produttive svolte dai
soggetti che subiscono di volta in volta l’accertamento ispettivo. Le
manifestazioni principali dell’esistenza di questo coordinamento
consistono nell’adozione di un verbale unificato, utilizzato da tutti gli
organi di vigilanza, mirato ad eliminare eventuali discordanze tra le
differenti tipologie di verbale adottate dai diversi corpi ispettivi; nella
creazione di una raccolta telematica di informazioni e comunicazioni tra le
amministrazioni interessate, al fine di evitare duplicazioni di interventi;
12
nella possibilità, a livello regionale, di costituire “gruppi d’intervento
straordinario” finalizzati a garantire il rispetto delle norme giuslavoristiche
nei posti di lavoro e a reprimere il lavoro nero.
Il coordinamento, tuttavia, si è rivelato, in questi primi anni
d’attuazione della riforma, sostanzialmente inattuabile: ai “Comitati per il
lavoro e per l’emersione del sommerso” (CLES), (a cui dovrebbero
partecipare i rappresentanti di Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
Ministero dell’ambiente, INPS, INAIL, ASL, comune, regione, Prefettura-
Ufficio Territoriale del Governo e rappresentanti delle parti sindacali),
spesso molti di questi soggetti non intervengono, impedendo un
coordinamento efficace e uniforme; in più, quelle poche volte in cui i CLES
vendono la partecipazione di tutti coloro che vi sono tenuti, pur
realizzandosi una forma di coordinamento, questa poi, all’atto pratico, non
viene rispettata, continuando, i singoli corpi di vigilanza, ad agire
autonomamente.
L’attenzione si sposterà poi sull’analisi dei caratteri fondamentali
della nuova figura dell’ispettore del lavoro: dalle varie qualifiche esistenti
presso le Direzioni del Lavoro e relativi poteri, passando per la
riformulazione dei compiti del personale ispettivo in vista
dell’ampliamento di funzioni operato della l. 124/04, fino all’introduzione
di una formazione professionale permanente e di un aggiornamento
costante.
Le modalità di svolgimento di una visita ispettiva presso
un’azienda sono state profondamente rivisitate dalla riforma del 2004, la
quale ha introdotto nuovi strumenti di “difesa” preventiva e contestuale a
disposizione delle parti del rapporto di lavoro. Lo scritto, seguendo il
normale iter di una tipica ispezione in azienda, si propone di individuare le
novità che la caratterizzano, con particolare attenzione proprio ai singoli
strumenti “difensivi”, quali la conciliazione monocratica preventiva e
contestuale, la diffida obbligatoria, la diffida accertativa e la prescrizione
obbligatoria dimostrando che, mentre alcuni di essi hanno avuto
un’influenza sicuramente positiva sul sistema delle ispezioni, altri hanno
13
avuto scarsa utilità pratica e, dunque, scarsa applicazione nell’ambito
dell’azione di vigilanza.
Una particolare attenzione verrà rivolta alle ispezioni relative ai
call center, fenomeno di grande attualità in questo periodo, in quanto
interessato dalla recente ordinanza del Tribunale Amministrativo del Lazio
n. 6365 del novembre 2006, la quale ha accolto la domanda proposta
dalla società Atesia s.p.a. in merito alla sospensione della diffida emessa
dal personale ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro di Roma per
la conversione dei contratti di lavoro dei suoi dipendenti in quanto
considerati non presentanti le caratteristiche tipiche di un rapporto di
lavoro a progetto. L’accoglimento ha fatto perno sul fatto che la
conversione a tempo indeterminato del contratto avrebbe probabilmente
causato un ingente danno all’impresa.
Si analizzeranno a riguardo quelle che sono le strutture,
l’organizzazione, le tecnologie usate e le tipologie di call center, nonché i
rapporti di lavoro e gli schemi contrattuali tipici che caratterizzano questo
tipo di aziende. Successivamente si procederà con l’analisi delle modalità
operative e dei profili giuridici, sulla base dei quali un’ispezione in questo
tipo di ambiente, anche alla luce della Circolare del Ministero del Lavoro e
delle Politiche sociali n. 17 del 2006, fino a giungere appunto alla svolta
dettata dalla suddetta ordinanza.
La disamina si concluderà con l’individuazione di quelli che
possono considerarsi gli elementi positivi della riforma e quelli che ne
costituiscono i limiti, ponendo particolare attenzione alla problematica
dell’attuale potere degli ispettori, sotto certi aspetti “ammorbidito” (si
pensi al Codice di Comportamento, il quale obbliga gli ispettori a seguire
particolari regole all’atto dell’ingresso in azienda, che ne fanno apparire la
figura meno intimidatoria e, in un certo senso, molto più “gentile”), sotto
altri “rafforzato” (si pensi all’art. 36bis del d.l. n. 223/06, c.d. “Decreto
Bersani”, il quale ha previsto un forte inasprimento delle sanzioni in caso
di violazioni accertate dal personale ispettivo, specie in materia edilizia,
convertito in legge 248/06; oppure si pensi alla recentissima Legge
Finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), la quale anch’essa ha voluto
14
irrigidire il sistema sanzionatorio, al fine di far desistere quelle aziende
che prima preferivano continuare ad agire nell’irregolarità, preferendo le
lievi sanzioni amministrative all’elevato costo del lavoro regolare, dal
tenere comportamenti lesivi della produzione e dell’economia nazionale).
Si chiuderà sottolineando la necessità, comunque, di
controbilanciare i contrapposti interessi in gioco: da un lato, le esigenze
dei lavoratori ad un lavoro sicuro, onesto e garantito; dall’altro, le
esigenze dei datori di lavoro a trovare sul mercato la forza-lavoro
necessaria in tutti i settori dell’economia italiana, senza dover sostenere
costi eccessivi che menomerebbero la funzionalità delle imprese, specie
quelle più piccole.
15
16
CAPITOLO I
IL NUOVO SISTEMA DELLE ISPEZIONI SUL LAVORO
1.1 Evoluzione normativa nel passaggio dal vecchio al nuovo
sistema
Lo scorso anno, il 2006, il sistema ispettivo ha festeggiato i suoi
primi cento anni di storia ed è per questo che prima di analizzare quelli
che sono i punti focali della recente riforma, non si può fare a meno di
rievocare le tappe storiche che hanno caratterizzato l’attività di vigilanza
nel mondo del lavoro e attraverso le quali essa si è evoluta.
Cento anni, dunque. Proprio nel 1906, infatti, in Italia si avviavano
le prime attività legislative tese all’istituzione di un servizio ispettivo alle
dipendenze dello Stato
3
, in attuazione della Convenzione tra Italia e
Francia del 15 aprile 1904: una circolare ministeriale del 1906 istituiva i
primi tre circoli ispettivi italiani a Milano, Torino e Brescia, nei quali già
emergevano i principi fondamentali che avrebbero dovuto caratterizzare la
figura dell’ispettore del lavoro: correttezza e imparzialità, come strumenti
di mediazione tra lavoratori e datori di lavoro
4
.
Il vero e proprio Ispettorato del lavoro, antenato delle attuali
Direzioni del Lavoro, nacque con la legge n. 1361 del 1912, la quale
stabiliva i poteri degli ispettori nonché la sanzionabilità del rifiuto di
ottemperare alle loro prescrizioni
5
.
L’art. 1 della predetta legge, stabiliva che compito degli ispettori del
lavoro era quello di “accertare l'esecuzione delle leggi sul lavoro delle
donne e dei fanciulli, sugli infortuni degli operai, sul riposo settimanale,
3
Si vedano a riguardo la legge n. 380 del 19 luglio del 1906 e i R.R. Decreti 21 ottobre
1906, nonché le istruzioni relative alle modalità d’attuazione di tali norme, diramate
dall’allora Ministro dell’Agricoltura, Industria e Artigianato, F. Cocco Ortu, tese a
richiamare l’attenzione dei tre nuovi Circoli ispettivi sulle attribuzioni ad essi demandate,
sui loro rapporti con l'Amministrazione centrale, con le autorità locali e con le classi
interessate, infine sui servizi speciali e statistici.
4
Si veda: «1906-2006: 100 anni dell’attività ispettiva», in www.lavoro.gov.it.
5
Sul punto si veda anche: RAUSEI P., «Il sistema delle ispezioni in materia di lavoro», 61°
Corso di formazione per il personale dell’Arma dei carabinieri da destinare alle Direzioni
Provinciali del lavoro (Velletri – RM, I Reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri, ottobre
2005).
17
sull'abolizione del lavoro notturno dei panettieri e sulla cassa di maternità
in tutti gli opifici, laboratori, cantieri e i lavori […]; esercitare la
sorveglianza per l’esecuzione delle disposizioni legislative e regolamentari
sulle caldaie ed i recipienti di vapore; rilevare, secondo le istruzioni del
Ministero di agricoltura, industria e commercio, le condizioni tecniche ed
igieniche delle singole industrie; raccogliere e trasmettere al Ministero di
agricoltura, industria e commercio, notizie ed informazioni su quanto
riguarda le condizioni e lo svolgimento della produzione nazionale,
l'ordinamento e la rimunerazione del lavoro, il numero e le condizioni
degli operai anche nei riguardi della disoccupazione, gli scioperi, le loro
cause ed i loro risultati, il numero, le cause e le conseguenze degli
infortuni degli operai, gli effetti delle leggi che più specialmente
interessano il lavoro, valendosi anche delle informazioni che possono
essere fornite dalle organizzazioni padronali ed operaie”. A ciò, lo stesso
articolo aggiungeva il divieto per gli ispettori di pubblicare o comunicare
“a terzi o ad uffici pubblici di qualsiasi genere i dati raccolti, in modo che
se ne potesse dedurre l'indicazione delle ditte alle quali si riferivano, salvo
il caso di esplicito consenso delle ditte stesse”. Gli ispettori potevano
altresì “adoperarsi per la prevenzione e la pacifica risoluzione dei conflitti
del lavoro quando invitati dalle parti”.
L’art. 2 stabiliva poi la facoltà per gli ispettori “di visitare in ogni
parte, a qualunque ora del giorno ed anche della notte, i laboratori, gli
opifici, i cantieri ed i lavori in quanto sottoposti alla loro vigilanza nonché i
dormitori e refettori annessi agli stabilimenti”. Aggiungeva poi, che, nel
caso di rifiuto d'obbedienza, agli ispettori del lavoro, salve le penalità
stabilite dalle singole leggi, si applicavano gli articoli 434, 435, 436 del
Codice penale.
La legge attestava, inoltre, il potere di utilizzazione dei verbali di
contravvenzione e la loro efficacia probatoria, nonché l’obbligo al segreto
degli ispettori, qualora fossero venuti a conoscenza, nel corso delle
indagini, di informazioni attinenti ai processi produttivi che gli imprenditori
desiderassero tenere segreti.
18
Gli articoli 4, 5, 6 della norma si occupavano di individuare la
composizione del personale di vigilanza, nonché le modalità delle nomine.
All’epoca esistevano tre differenti qualifiche: Capo di Circolo, Ispettore e
Aiutante ispettore. I primi con funzione di direzione e controllo dell’attività
all’interno della circoscrizione di competenza, gli altri con le funzioni
indicate dall’articolo 1.
Una forma di coordinamento era prevista anche allora, nell’ambito
dell’art. 7 della legge 1361/1912. Essa si configurava tra gli organi
ispettivi ed i prefetti e le altre autorità provinciali, comunali e di pubblica
sicurezza; gli ispettori delle industrie e del commercio esistenti presso il
ministero di agricoltura, industria e commercio; gli ingegneri ed aiutanti
ingegneri delle miniere; il personale tecnico dei sindacati di assicurazione
mutua e di quello delle associazioni per la prevenzione degli infortuni; le
associazioni di utenti caldaie a vapore regolarmente riconosciute; gli altri
organi di stato che sono destinati per le loro funzioni a vigilare imprese e
costruzioni; i corpi tecnici e sanitari provinciali e comunali.
Insieme con il regolamento approvato con il R.D. n. 431 del 1913,
che ha contribuito a darle attuazione, la legge n. 1361/1912 costituì il
fondamento dell’Ispettorato del Lavoro, al tempo collocato nell’ambito del
Ministero dell’economia, dell’industria e dell’artigianato.
Per l’istituzione di un Ministero autonomo, che si occupasse
esclusivamente delle problematiche e degli interessi relativi al mondo e al
mercato del lavoro, si è dovuto attendere sino al 1920.
Istituito una prima volta con R.D. 3 giugno 1920, n. 700, in seguito
allo sdoppiamento del Ministero dell'industria, commercio e lavoro, esso
fu soppresso nel 1923, quando i suoi servizi vennero nuovamente fusi con
quelli del Ministero dell'industria e commercio e con quelli del Ministero
dell'agricoltura per dar vita al Ministero dell'Economia Nazionale.
Le competenze in materia di lavoro e previdenza sociale passarono
poi al Ministero delle corporazioni
6
, al quale subentrò nel 1943 il Ministero
6
Durante il regime corporativo, l’Ispettorato del lavoro trovò disciplina, conservando tutti i
poteri già riconosciutigli in materia di “polizia del lavoro”, nel R.D. 14 novembre 1929, n.
2183 e nel R.D.L. 28 dicembre 1931, n. 1684, poi convertito in legge 16 giugno 1931, n.
19
dell'industria, commercio e lavoro. Con d.lgs. 21 giugno 1945, n. 377, il
Ministero dell'industria, commercio e lavoro fu ripartito in due ministeri:
Ministero dell'industria e commercio (poi Ministero dell’industria,
commercio e artigianato) e Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
La ripartizione delle attribuzioni e del personale tra i due nuovi ministeri
fu stabilita con successivo d. lgs. 10 agosto 1945, n. 474.
Organizzato con decreto ministeriale 1 dicembre 1948 in quattro
direzioni generali (personale e affari generali, occupazione interna e
migrazioni, previdenza e assistenza sociale, cooperazione), il Ministero del
lavoro e della previdenza sociale subì successive modifiche con
disposizioni ministeriali del 7 maggio 1951, del 31 marzo 1952 e del 30
ottobre 1953.
Nel frattempo, il D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, si occupò di
introdurre delle regole fondamentali in materia di ispezioni sul lavoro,
quali quella attestante la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria degli
ispettori del lavoro, “nei limiti del servizio a cui sono destinati, e secondo
le attribuzioni ad essi conferite dalle singole leggi e dai regolamenti” (art.
8); quale quella in merito alla facoltà dell’ispettore, in caso di constatata
inosservanza delle norme di legge, “qualora lo ritenga opportuno, valutate
le circostanze del caso, di diffidare con apposita prescrizione il datore di
lavoro fissando un termine per la regolarizzazione” (art. 9); nonché quella
in merito all’esecutività delle disposizioni impartite dagli ispettori in
materia di prevenzione degli infortuni o per l’applicazione di norme
obbligatorie per cui sia attribuito all’ispettorato dalle singole leggi un
apprezzamento discrezionale, previa approvazione dell’Ispettorato
provinciale competente (art. 10).
Con la legge n. 628 del 1961, il Ministero del lavoro venne
totalmente ristrutturato e si operò una sostanziale riorganizzazione
dell’Ispettorato.
886 (così: PERONE G., Lineamenti di diritto del lavoro. Evoluzione e partizione della materia.
Tipologie lavorative e fonti – Appendice di aggiornamento, Giappichelli Editore, Torino,
2005, p. 84; RAUSEI P., «Il sistema delle ispezioni in materia di lavoro», 61° Corso di
formazione per il personale dell’Arma dei carabinieri da destinare alle Direzioni Provinciali
del lavoro (Velletri – RM, I Reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri, ottobre 2005).