Abstract
The purpose of this work is to recognize the contribution that Euler gave to the theory
of elasticity and buckling in the last thirty years of the eighteenth century. To reach
this goal, I read and translated some of the great Swiss mathematician’s works and
compared his achievements with the present-day knowledge of this subject. I have
seen that many of the laws he discovered two hundred years ago are still used in the
same way today, and how they are considered the foundations of the modern science
in structural elasticity. I also considered the interpretation of Euler’s works by some
later scientists, such as Lagrange, and I reported the way Euler’s theories are used
nowadays in structural analysis.
- IV -
1– Introduzione
3
1 – Introduzione
La teoria delle curve elastiche è nata nel XVII secolo.
Prima di allora, pur conoscendo fenomeni quotidiani legati all’elasticità, la gran
parte della tecnologia era fondata sui corpi rigidi o sui fluidi.
Per questo motivo la ricerca del matematico svizzero Leonardo Eulero, che fu il
primo ad indagare compiutamente la natura delle curve elastiche, riveste
un’importanza fondamentale, soprattutto se riletta nell’ottica delle applicazioni
ingegneristiche successive.
Eulero, infatti, durante i suoi studi sulla teoria dell’elasticità scoprì alcune
importantissime leggi che regolano l’equilibrio dei corpi elastici soggetti ad un carico
di punta (teoria dell’instabilità), leggi che tuttora, anche se con le opportune
modifiche, vengono studiate e applicate nelle verifiche di sicurezza delle strutture.
Nel campo dell’ingegneria civile le verifiche di stabilità di una struttura sono di
estrema importanza, per questo motivo, prima di addentrarci nell’analisi dell’opera di
Eulero, è utile chiarire che cosa si intende per “instabilità dell’equilibrio” e quali sono
le implicazioni dovute alla perdita di stabilità che si possono avere nelle strutture reali.
1– Introduzione
4
1.1 - L’instabilità dell’equilibrio elastico
La perdita di stabilità di un elemento, o di un insieme di elementi, è una delle
principali cause di collasso di una struttura. Il collasso per instabilità è un tipo di
collasso improvviso assimilabile, dunque, ai collassi per rottura fragile e, per questo
motivo, molto pericoloso. Comunemente esso viene detto svergolamento e si verifica,
in genere per elementi strutturali snelli, soggetti a sollecitazioni di compressione
(pilastri (figura 1.1), puntoni di travature reticolari (figura 1.2), archi e volte sottili).
Nell’instabilità per compressione semplice il collasso della struttura avviene per
un’ inflessione laterale dell’elemento, che cede per un carico minore rispetto a quello
che provocherebbe il suo collasso per schiacciamento. Esistono, però, anche tipi di
instabilità più complesse, come l’instabilità flesso-torsionale, che coinvolgono
elementi sollecitati contemporaneamente da sforzo normale e momento flettente.
Inoltre l’instabilità dell’equilibrio è un fenomeno che può coinvolgere un intero
sistema di travi o addirittura un intero edificio prima che il singolo elemento; basti
pensare ai sistemi reticolari che sono costituiti da aste molto snelle, o agli edifici
molto alti (figura 1.3).
La soluzione di un problema elastico, a meno che non si faccia l’ipotesi di piccoli
spostamenti per la quale la configurazione indeformata si confonde con quella
deformata, può rappresentare una condizione di equilibrio stabile, indifferente oppure
instabile, in rapporto all’entità del carico applicato.
Consideriamo un elemento snello incastrato alla base e carichiamolo in maniera
quasi-statica sulla sua estremità libera con un carico assiale. Inizialmente l’elemento
resiste al carico applicato, subendo solo piccole deformazioni che si annullano quando
il carico cessa di essere applicato. Vale a dire che l’elemento
Figura 1.1 - Armature collassate per instabilità al carico di punta, dovuto ad insufficiente
confinamento, in seguito ad un sisma
§1.1– Instabilità dell’equilibrio elastico
5
Figura 1.2 - Instabilità in un puntone di travatura reticolare
Figura 1.3 - Stadi successivi del collasso per instabilità in un edificio multi-piano
subisce una deformazione elastica e, come tale, il corpo torna allo stato naturale nel
momento in cui cessa di essere applicata la forza. Questa condizione, detta di
equilibrio stabile (figura 1.4 a), può essere provata sperimentalmente e spiegata in
termini molto semplici utilizzando uno spaghetto da cucina.
1 - Introduzione
6
Figura 1.4 - Schemi di equilibrio al carico di punta
Immaginiamo di prendere uno spaghetto crudo e appoggiarlo sul tavolo per una
sua estremità, tenendolo in posizione verticale. Quindi incominciamo a premere verso
il basso sull’altra estremità: in questo modo lo spaghetto subirà le stesse sollecitazioni
a cui è sottoposta una colonna portante o qualsiasi altro elemento snello soggetto a
carico di punta. Se incominciamo con una pressione leggera, noteremo che lo
spaghetto resiste molto bene alla forza applicata, addirittura non vedremo quasi
nessuna variazione nella sua forma e nella sua verticalità. Ci troviamo, quindi, in una
condizione di equilibrio stabile.
Se continuiamo a fare pressione con il nostro dito, ad un certo punto arriveremo
ad un carico tale per cui il nostro elemento si deforma in maniera abbastanza evidente,
ma rimane comunque in equilibrio nella sua configurazione deformata. Ci troviamo
nel caso di equilibrio indifferente. (figura 1.4 b)
Aumentando ancora il carico applicato, noteremo che le deformazioni si faranno
improvvisamente maggiori, fino a portare la struttura al collasso in un tempo molto
breve. Tornando all’esempio del nostro spaghetto, noteremo che all’aumentare della
pressione del nostro dito, lo spaghetto si incurverà improvvisamente da un lato,
spezzandosi quasi subito. Questa è la condizione di equilibrio instabile, in cui un
piccolo aumento di carico, comporta grandi deformazioni. (figura 1.4 c)
Il carico corrispondente all’equilibrio indifferente, cioè quel carico per il quale si
verifica il passaggio dalla condizione di stabilità a quella di instabilità della struttura,
viene detto carico critico o euleriano (dal nome del suo scopritore).
Come si può notare dal grafico (figura 1.5), per
CR
PP
non si hanno
deformazioni, mentre per
CR
PP !
si ha una biforcazione degli effetti con conseguente
aumento della deformazione e perdita di stabilità da parte dell’elemento o dell’intera
struttura. Questo tipo di teoria è detta teoria linearizzata: infatti ci si riferisce a travi
a
b
c
§1.1– Instabilità dell’equilibrio elastico
7
limitatamente deformabili e si può assumere che 1cos # Μ e Μ Μ Μ # #tgsin , con Μ
angolo di deformazione dell’elemento.
Il valore del carico critico, così come era stato trovato da Eulero, è pari a :
2
0
2
l
EJ
P
CR
Σ
,
dove E è il modulo elastico, J il momento di inerzia della sezione e l
0
la luce libera di
inflessione dell’elemento considerato. Nel caso più semplice di un elemento
appoggiato ai due estremi la luce libera di inflessione (che matematicamente è definita
come la distanza tra due successivi punti di flesso della deformata critica) è pari alla
lunghezza dell’asta stessa. (A seconda delle condizioni di vincolo agli estremi
cambieranno le lunghezze libere di inflessione in base alla figura 1.6)
Figura 1.5 - Grafico della variazione dell’angolo di deformazione in rapporto all’entità del
carico applicato
Figura 1.6 - Lunghezze libere di inflessione di una trave soggetta a carico di punta e con diverse
condizioni di vincolo [1]
1 - Introduzione
8
Se, quindi, prendiamo in considerazione ancora una volta il nostro spaghetto
appoggiato verticalmente sul tavolo e sottoposto alla pressione del nostro dito,
noteremo che questo si romperà tanto più facilmente quanto più è lungo. Vale a dire:
all’aumentare della sua lunghezza, diminuirà la forza che dobbiamo applicare per fare
in modo che si spezzi.
L’inflessione e, quindi, la rottura si verificherà nel piano rispetto al quale risulterà
minimo il valore di carico critico, cioè il piano in cui è minimo il momento di inerzia
AJ
2
Υ
, dove Υ è il raggio di inerzia e A l’area della sezione nel piano considerato.
Introduciamo, dunque, un rapporto adimensionale che chiamiamo snellezza:
Υ
Ο
0
l
Dove Υ è il raggio d’inerzia della sezione trasversale giacente nello stesso piano in cui
si valuta l
0
.
Possiamo, quindi, esprimere il carico critico in funzione di questa nuova grandezza:
2
2
Ο
ΣEA
P
CR
(1.1)
e affermare che l’inflessione si verificherà nel piano in cui è massima la snellezza
dell’asta considerata.
Naturalmente il massimo carico di punta ammissibile nelle strutture reali dovrà ancora
tenere conto di un coefficiente di sicurezza k
p
. Quindi
p
CR
CR
k
P
P
e la massima
tensione di compressione ammissibile nell’asta risulta essere:
22
2
1
Ο Ο
Σ
ς
K
k
E
A
P
p
CR
CR
avendo posto:
p
k
E
K
2
Σ
.
La formula di Eulero, come vedremo in seguito, prevede che il collasso avvenga
in fase elastica, mentre per molte strutture reali il collasso avviene in fase plastica. Per
questo motivo sono stati studiati metodi alternativi per la verifica alla stabilità degli
elementi compressi tra cui, sicuramente, il metodo Ζ è uno dei più validi e utilizzati.
Può capitare, inoltre, che il carico a cui è sottoposto l’elemento snello, non sia
centrato rispetto al baricentro della sezione. In questo caso si genera fin da subito
un’inflessione dovuta alla presenza di un momento flettente eNM , dove N è lo
sforzo normale a cui è sottoposta l’asta ed e è l’eccentricità, cioè la distanza tra il
baricentro della sezione e il punto di applicazione del carico di punta. Questa
inflessione si incrementa gradualmente, finché, ad un certo carico critico si produce il
collasso.
Per aste molto snelle si può avere cedimento nella fase elastica. Il carico critico,
in questo caso, è ancora quello euleriano, fornito dalla (1.1). Ma se interviene la
plasticità, specie per effetto dell’inflessione iniziale, si aggiungono fenomeni di
snervamento locale del materiale e il carico critico si riduce. Si è anche dimostrato
sperimentalmente che l’influenza dell’eccentricità sul carico critico è maggiore per
aste di media snellezza ( )10050 δ δ Ο che non per quelle molto snelle.
§1.1– Instabilità dell’equilibrio elastico
9
Nel caso di aste composte risulta rilevante il contributo del taglio e in particolare
delle deformazioni dovute a questo tipo di sollecitazione.
Detto ' ϑlo scorrimento angolare relativo delle due sezioni sottoposte a taglio
unitario, definiamo carico critico al quale cede l’asta :
E
E
CR
P
P
P
'1 ϑ
, con
E
P
carico
euleriano.
Per le travi a parete piena i valori di
' ϑ
sono molto piccoli e ci sarà, dunque,
coincidenza tra il carico massimo ammissibile e quello euleriano.
Oltre all’instabilità per compressione semplice e per presso flessione, che
comportano un’inflessione piana dell’elemento considerato, esiste anche un’instabilità
torsionale, tipica delle sezioni aperte (profili a L,T,U,I, che hanno una debole
resistenza torsionale) che può essere classificata come un’instabilità spaziale. Il caso
più semplice è quello di instabilità torsionale pura, costituita da un avvitamento
elicoidale della barra intorno al suo asse di torsione, che ha luogo soltanto nel caso in
cui l’asse passante per il centro di torsione coincide con l’asse geometrico (cioè quello
passante per il baricentro della figura). Questo succede nel caso di sezioni normali
aventi due assi di simmetria o due assi di antisimmetria. Anche in questo caso il carico
critico sulla sezione non dovrà superare quello di inflessione piana euleriana, cosa che
avviene nel caso di barre con sezioni a profili aperti e di piccolo spessore; per aste
corte il carico può risultare anche molto minore di quello euleriano. Inoltre, se i
vincoli di estremità limitano le deformazioni della sezione, la situazione può
migliorare notevolmente.
Un ultimo tipo di comportamento a cui possono essere soggette le travi inflesse è
quello dell’instabilità laterale (figura 1.7). Il pericolo di svergolamento della trave, in
questo caso, è dovuto all’aumentare del rapporto tra i due momenti principali
d’inerzia della sezione. Per evitare il verificarsi di questo tipo di instabilità si cerca,
dunque, di aumentare in sede di progetto il momento di inerzia della sezione nel piano
di sollecitazione, aumentando l’altezza della trave e diminuendone lo spessore.