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Introduzione
L’analisi della collaborazione della folla, ci permette di comprendere che mettere
in condivisione talenti, tempo e risorse non è affatto una novità, ma è qualcosa
con cui ci confrontiamo da sempre e ogni giorno. È nella natura dell’uomo unire
le forze e dare il proprio contributo per raggiungere un obiettivo comune, anche
quando non vi è un interesse personale in gioco.
Oggi, questo comportamento si sta configurando sempre di più come un nuovo
modo di fare business che, attraverso il superamento di confini ben definiti, sta
stravolgendo le classiche relazioni tra impresa e mercato.
Soltanto di recente viene riconosciuta al mercato una partecipazione attiva nella
creazione di valore per l’organizzazione, sia attraverso il contributo che fornisce
al miglioramento della performance aziendale, sia mediante le attività di
finanziamento per lo sviluppo di nuovi progetti e costituzione di imprese start-up.
In questo contesto sempre più interattivo, è fondamentale per l’impresa possedere
una base solida di conoscenze, ma ancor più importante è che le informazioni
vengano portate dall’esterno nell’impresa e, successivamente, diffuse all’interno
della stessa.
Questa attività può avvenire grazie allo sviluppo continuo della tecnologia e delle
connessioni e interazioni attraverso i networks, dove la rete agisce come un canale
mediante il quale i diversi partners possono condividere il loro sapere.
L’aumento della conoscenza in un’organizzazione diviene pertanto fonte di
crescita, in quanto arricchisce il patrimonio di competenze e di conseguenza
aumenta la competitività dell’impresa.
A livello organizzativo, “la conoscenza è l’insieme delle competenze individuali e
dei principi organizzativi attraverso i quali le relazioni tra individui, gruppi e
membri di un network, sono strutturati e coordinati
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” (Zander e Kogut, 1995).
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Definizione di conoscenza di Zander e Kogut, 1995, nel libro Knowledge Management
approcci teorici e strumenti gestionali di Silvia Profili, edizioni FarncoAngeli 2004, pag 17
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Le conoscenze sono incorporate nelle persone e rappresentano le basi per le loro
capacità. Esistono due tipi di conoscenza interdipendenti tra loro, ma mentre le
conoscenze definite esplicite, che costituiscono la conoscenza “teorica” (“il saper
cosa”, Ryle 1949), sono di facile diffusione e reperibilità in quanto possono
essere raccolte in database, procedure, manuali e strumenti simili, è sulle
conoscenze cosiddette tacite (“il saper come”, Ryle 1949), che si focalizza lo
scambio di conoscenza.
Si tratta, infatti, delle conoscenze più difficili da reperire e scambiare perché
acquisite a seguito di un’esperienza, sono incorporate nelle persone e individuabili
nella loro capacità di comprensione dei contesti, ossia nell’intuito o nella
cosiddetta conoscenza “pratica” che rappresenta l’essenza delle capacità
individuali
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.
In sintesi, nel processo di perfezionamento delle competenze che l’impresa è
obbligata a perseguire per conferire maggiore competitività all’organizzazione, il
ruolo fondamentale è giocato dai seguenti elementi:
INFORMAZIONE e CONOSCENZA
COLLABORAZIONE e CONDIVISIONE
che, diversamente da quanto avveniva in passato, divengono le risorse sulle quali
l’impresa deve concentrare la propria attenzione.
La collaborazione di attori diversi con competenze differenti, finalizzata al
raggiungimento partecipato degli obiettivi, comporta il venir meno dei modelli
organizzativi tradizionali basati su una gerarchia rigida come è presente nella
struttura divisionale o nella struttura funzionale, in favore di strutture più semplici
e flessibili.
Il cambiamento che emerge da questo nuovo modo di interagire dei soggetti
interni ed esterni, incentivato dallo sviluppo delle tecnologie di comunicazione,
determina un costante ampliamento del ruolo dell’Information and
Communication Technology in ambito organizzativo ed inter-organizzativo per lo
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Knowlwdge Management approcci teorici e strumenti gestionali di Silvia Profili, edizioni
Franco Angeli 2004
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scambio di informazioni e di conoscenze all’interno delle imprese e nella
cooperazione a tutti i livelli.
Per queste ragioni la struttura che più si adatta a tale tipo di organizzazione, come
suggerisce Mintzberg, è quella adhocratica, che rappresenta il modello ideale
quando la collaborazione, la creatività e l’innovazione sono elementi dominanti
all’interno dell’impresa.
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Essa si distingue fortemente dalle altre forme organizzative per i seguenti elementi:
gerarchia minima
lavoro organizzato in team
scarsa formalizzazione delle relazioni
auto-controllo e supervisione diretta, in quanto si affievolisce la figura del
management di line, che diviene parte integrante del gruppo di lavoro
in conseguenza del punto precedente, il processo decisionale è fortemente
decentrato verso i gruppi di lavoro
la comunicazione avviene in modo informale
la conoscenza è distribuita uniformemente in tutta l’organizzazione
il coordinamento avviene per mutuo adattamento, proprio per l’assenza di
regole e procedure prestabilite
le competenze richieste sono elevate e i componenti devono essere
altamente specializzati.
La struttura adhocratica, come abbiamo detto, risulta solitamente la più indicata e
di conseguenza la più utilizzata nelle situazioni in cui è necessario un
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In Information, Knowledge, Attention: ICTs and innovative organizations, the relation
between humans, technology and organization, Lucia Marchegiani, Lambert Academic
Publishing AG and Co KG, 2012
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cambiamento che richiede conoscenze elevate ed intensive e che modifica le
relazioni tra organizzazione e ambiente esterno. Tuttavia, in conseguenza dei
requisiti della struttura, che lasciano ampio spazio e libertà ai componenti,
l’adhocrazia presenta alcuni limiti di efficienza nel lungo periodo e, non a caso, è
utilizzata in ambienti appena costituiti, complessi, privi di regole ben definite e in
evoluzione, che nel tempo non possono garantire una solida base per lo
svolgimento del lavoro.
A poco a poco che l’organizzazione matura, tale struttura deve essere rivista in
favore di un modello che, nel lungo periodo, permetta all’impresa di gestire al
meglio la conoscenza, propria e acquisita, e le consenta di definire la propria
cultura organizzativa, che per l’appunto, è considerata «quell’insieme complesso
che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una
società.» (E.B. Tylor, 1871).
L’aumento della concorrenza stimolato dalla globalizzazione e la conseguente
necessità di rivedere continuamente la propria idea di business ed investire in
innovazione, uniti alle crescenti difficoltà nei processi decisionali che questo
comporta, rappresentano solo alcuni dei fattori che hanno reso la creazione e il
trasferimento di nuova conoscenza, obiettivi organizzativi primari e generato
interesse per la gestione della conoscenza stessa.
Negli ultimi anni il management ha compreso che il valore dell’impresa non è più
strettamente legato soltanto alle sue risorse tangibili, fisiche e finanziarie, ma è
sempre più fortemente dipendente dagli assets intangibili, legati all’informazione
e la conoscenza, e sono proprio questi ultimi a dettare le regole della competitività
delle imprese sul mercato.
Il vantaggio competitivo di un’impresa, espressione con la quale si indicano gli
elementi che possono offrire alla stessa il vantaggio per la conquista,
mantenimento e ampliamento di una posizione di mercato, dipende
sostanzialmente dalla capacità di gestire il processo di acquisizione della
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conoscenza proveniente dall’esterno e di integrare la medesima con la conoscenza
presente in azienda, in una coesistenza funzionale che costituisce il sapere
complessivo dell’organizzazione.
Dunque se per l’organizzazione imparare a gestire la conoscenza diventa
fondamentale per conseguire e mantenere il vantaggio competitivo nel lungo
periodo, le risorse informative ottenute devono essere (Barney 1991, Boschetti
1999)
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:
critiche per permettere di sfruttare le opportunità ed eliminare le minacce;
scarse ovvero difficilmente controllabili dai concorrenti;
non sostituibili con altre risorse;
non perfettamente imitabili per evitare imitazioni che possano vanificare le
innovazioni strategiche.
In quest’ottica il coinvolgimento dei propri dipendenti in strategie di gestione
della conoscenza è altrettanto indispensabile e solitamente avviene in maniera
progressiva, interessando dapprima soltanto un piccolo gruppo, ed in seguito,
verificata l’efficacia del processo, strutturando in modo sistematico tale attività
sotto la guida del manager di Information Technology.
È proprio in questa fase, nella quale si rende necessario diffondere la conoscenza
a tutta l’organizzazione rendendola parte integrante della cultura organizzativa,
che l’impresa assume la struttura flessibile nella quale tutte le aree sono coinvolte
nella creazione del sapere, poiché l’impresa deve essere in grado di saper
diffondere le conoscenze di cui dispone e, nello stesso tempo, deve saper cogliere
il maggior numero di informazioni utili dall’esterno ed internalizzarle.
In questa prospettiva il concetto di “capitale sociale” rafforza l’importanza della
rete di relazioni, soprattutto in un contesto di allargamento dei mercati e di spinta
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Knowlwdge Management approcci teorici e strumenti gestionali di Silvia Profili, edizioni
Franco Angeli 2004, pag 19
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all’internazionalizzazione, in cui le fonti di conoscenza possono essere molto
variegate.
In particolare, il capitale sociale, definito come il complesso di risorse alle quali
l’impresa ha accesso e che può mobilitare in virtù della rete di relazioni attivate
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,
può permetterci di comprendere l’abilità di un’organizzazione nell’acquisire e
migliorare le sue capacità innovative.
Sotto questo profilo il capitale sociale può essere distinto tra interno ed esterno, a
seconda che, rispettivamente, si faccia riferimento all’estensione ed alla qualità
delle relazioni tra individui e unità all’interno di un’impresa, oppure si
identifichino differenti relazioni tra l’impresa e gli attori esterni.
Il capitale sociale esterno, sembra essere quello che meglio contribuisce
all’acquisizione del sapere, dal momento che può facilitare l’apprendimento inter-
organizzativo e lo scambio di conoscenza sfruttando i numerosi collegamenti
strategici che l’impresa può attivare con la folla di attori presenti sul mercato con i
quali può scambiare, diversificare, rafforzare le diverse conoscenze in un
ambiente in continuo mutamento.
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Volendo schematizzare i fattori che hanno contribuito a determinare il
cambiamento delle relazioni tra impresa e mercato, possiamo fare riferimento ad
elementi, quali:
il cambiamento di prospettiva da parte delle imprese verso le risorse
intangibili come assets per il raggiungimento del vantaggio competitivo;
il valore attribuito al capitale sociale esterno;
le nuove tecnologie di comunicazione e informazione, fondamentali
affinché l’impresa possa entrare in contatto il capitale sociale esterno.
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Information, Knowledge, Attention: ICTs and innovative organizations, the relation
between humans, technology and organizations, Lucia Marchegiani, Lambert Academic
Publishing AG and Co KG, 2012 pag 87
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Information, Knowledge, Attention: ICTs and innovative organizations, the relation
between humans, technology and organizations, Lucia Marchegiani, Lambert Academic
Publishing AG and Co KG, 2012 pag 87-88
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Infatti, gli aspetti sinora analizzati hanno influito sulla ridefinizione dei confini
dell’organizzazione, rendendoli più flessibili e porosi per rispondere all’esigenza
delle imprese di interfacciarsi con il mercato, secondo un nuovo modo di fare
business.
“L’impresa, tradizionalmente intesa fallisce nel mantenere la competitività sul
mercato se rimane ancorata al concetto di integrazione verticale. Infatti se essa si
immobilizza in strutture e sovrastrutture, perde la sfida nelle aree più importanti,
ossia nella velocità del processo decisionale e nell’innovazione organizzativa”.
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Le tecnologie dell’informazione prendono parte, in misura sempre maggiore, alla
necessità di creare una più ampia connessione tra l’interno e l’esterno
dell’organizzazione, allo scopo di far scorrere più velocemente le informazioni
attraverso la rete e impongono, dunque, un’esternalizzazione delle conoscenze e
competenze.
Il primo modello di riferimento basato sulla condivisione con l’esterno è
rappresentato dall’outsourcing, ossia l’esternalizzazione di determinate attività o
fasi del processo produttivo che l’organizzazione, per ragioni di competenze e/o di
costo, decide di affidare a terzi. È un fenomeno nato negli anni cinquanta-sessanta
del secolo scorso e cresciuto notevolmente nel corso del tempo.
L’outsourcing significa individuare i fattori che giocano un ruolo determinante
nella decisione di produzione interna o ricorso al mercato, ossia decidere tra
“make or buy”, valutando le conseguenze in termini di scelte di coordinamento e
governo dell’attività esternalizzata.
L’esternalizzazione definisce una relazione orizzontale, nella quale all’impresa
esterna, outsourcee, viene richiesto di collaborare al raggiungimento dell’obiettivo
più grande e specifico proprio dell’impresa che esternalizza, outsourcer.
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Information, Knowledge, Attention: ICTs and innovative organizations, the relation
between humans, technology and organizations, Lucia Marchegiani, Lambert Academic
Publishing AG and Co KG, 2012 pag 95
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Il ricorso all’outsourcing avviene nella realizzazione di output per sfruttare il
vantaggio di focalizzazione sulle core competences, in quanto consente di:
acquisire flessibilità sul piano operativo
risparmiare sui costi della gerarchia
accrescere il vantaggio competitivo
sviluppare con fornitori e con altri soggetti relazioni di partnership
strategico-operative per la condivisione degli obiettivi
aumentare il livello di specializzazione nello svolgimento di determinate
attività.
Secondo la Teoria dei costi di transazione di Williamson, la decisione tra make or
buy, deve essere fondata sull’analisi della natura dei costi associati alle transazioni
necessarie alla produzione e allo scambio.
I costi di transazione rappresentano quei costi che vengono sostenuti
dall’organizzazione che decide di produrre all’interno e, quindi, di sopportare i
cosiddetti costi della gerarchia, oppure di ricorrere all'esternalizzazione e, di
conseguenza, sopportare i costi stabiliti dal mercato, ossia quelli definiti
dall’outsourcee.
Da questo punto di vista la questione riguarda l'individuazione di quei fattori il cui
cambiamento ha portato a ridisegnare i confini delle imprese che, per la necessità
di interfacciarsi con il mercato, sono dovuti diventare adattabili a queste nuove
relazioni.
In questi anni l’analisi della tendenza del comportamento delle imprese mostra
una certa preferenza a sostenere costi di mercato e, quindi, ad esternalizzare in
virtù della diminuzione dei costi di transazione provocata dalla diffusione delle
nuove tecnologie informatiche.
Sotto il profilo della gestione e controllo delle attività, il ricorso all’outsourcing
ha reso poi necessario lo sviluppo di nuove forme organizzative, quali ad esempio
la struttura modulare, nella quale la standardizzazione della produzione in singoli
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moduli consente di assegnare la produzione o la realizzazione di componenti o
parti di servizio ben precisi all’outsourcee e, nel contempo, rende più semplice il
successivo processo di assemblaggio dei pezzi provenienti da diverse aree
dell’organizzazione e dall’esterno.
Un altro modello, la cui implementazione è stata favorita dal ricorso
all’outsourcing è rappresentato dall’impresa a rete, nella quale accanto ad una rete
interna, che funziona in modo analogo al modello modulare per la gestione interna
delle attività, si affianca una rete esterna, che si focalizza sull’organizzazione del
lavoro e coordinamento tra impresa outsourcer e fornitori outsourcees.
In questo modello l’assegnazione ai fornitori di parti rilevanti e complesse del
processo produttivo solleva l’impresa dal problema del controllo delle attività e
dei processi critici, che vengono esternalizzati con la realizzazione di partnership
strategico-operative con gli outsourcee.
I modelli della fabbrica modulare e dell’impresa a rete rappresentano alcune delle
recenti soluzioni che testimoniano la crescente variabilità e permeabilità dei
confini d’impresa
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e dimostrano come la decisione di affidare lo svolgimento
delle attività all’esterno o di produrre all’interno, determina i confini organizzativi
dell’impresa.
Più di recente la necessità di interagire con il mercato si è evoluta in una nuova
tipologia di esternalizzazione, che si concretizza nella partecipazione dal basso di
attori esterni all’organizzazione, con competenze non necessariamente specifiche,
i quali contribuiscono con la condivisione di idee e conoscenze oppure attraverso
la collaborazione finanziaria.
In questo caso si parla di conoscenze e capacità diffuse nel mercato, ossia nella
“crowd”, la folla la quale, in virtù dell’importanza acquisita dalle risorse
intangibili, diventa l’asset su cui formare la nuova concezione di fare business.
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M. Marchiori “Scelte di progettazione organizzativa”, in B. di Bernardo, V. Gandolfi, A.
Tunisini (a cura di), Economia e Management delle imprese, Hoepli, 2009, Pagg. 199-226