II
Resource-based, studia le risorse volte a garantire all’organizzazione, in questo caso alla
destinazione, un vantaggio competitivo sostenibile.
Il terzo capitolo “L’utilizzo del co-marketing nel destination management” studia la scelta del co-
marketing come strategia di sviluppo all’interno di una destinazione turistica; analizza i vantaggi e
gli svantaggi derivanti da questo tipo di accordo, attraverso l’ottica del marketing territoriale e delle
possibili sinergie tra il settore pubblico e quello privato.
Il quarto capitolo “Analisi dell’ambiente esterno e opportunità strategiche del turismo a Napoli”,
si può definire il “core” di questo studio, in quanto parte dall’identità territoriale della Provincia di
Napoli, e punta all’analisi della situazione turistica attuale, attraverso l’applicazione della Swot
Analysis e del Vrio Framework. Il primo strumento punta ad analizzare le positività e le criticità
dell’offerta turistica di Napoli, mentre il Vrio framework, prende in considerazione le risorse
presenti sul territorio napoletano, che possono garantire alla destinazione un vantaggio competitivo
sostenibile rispetto ai concorrenti. In questo capitolo si svolge inoltre un’analisi accurata delle
caratteristiche dell’offerta turistica; si procede dunque ad un’analisi del turismo culturale e museale,
degli eventi e del crocieristico. Si analizzeranno dunque i dati forniti dagli enti preposti, come la
Sovrintendenza, l’EPT, o la Capitaneria di Porto.
Il quinto capitolo, “Le iniziative regionali di co-marketing e la promozione turistica di Napoli: le
criticità” analizza le iniziative di co-marketing realizzate dalla Regione Campania in ambito
turistico negli ultimi anni e le campagne promozionali ideate. Incentrerà quindi la propria attenzione
sia sugli accordi che hanno avuto successo, sia su quelli, che si sono rivelati non efficaci. Gli
accordi analizzati coinvolgono oltre alla Regione Campania, diverse tipologie di partner, dai Tour
Operator alle compagnie aeree, quindi Eurofly, Tuy fly, Viloratour, Imperatore Travel e Airontour.
Si conclude analizzando lo scopo di tali accordi e le ragioni del successo e dell’insuccesso degli
stessi, cercando di identificare e spiegare le motivazioni che hanno comportato la crisi del turismo
a Napoli negli ultimi anni.
1
CAPITOLO I
“ ALLEANZE STRATEGICHE E TRANSACTION COST ECONOMICS”
1.1. Il fenomeno delle alleanze strategiche
Gli studiosi di economia e management hanno suggerito diverse interpretazioni economiche alla
formazione degli accordi di cooperazione tra due o più imprese.
Alcuni autori, come Baker (1991),
1
evidenziano come le alleanze possano nascere da consuetudini
locali, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese operanti in distretti industriali, da processi
di imitazione, da fattori contingenti o esterni che costringono le imprese a cooperare.
Altri autori, invece, come Nonaka (1994),
2
hanno esaminato le finalità perseguite con la
realizzazione di alleanze. Essi sottolineano come la cooperazione possa essere finalizzata a ridurre i
costi di investimento di grandi dimensioni, a condividere il rischio, ad accedere a risorse
complementari, ad accrescere il ritorno degli investimenti grazie ad una maggiore diffusione
geografica dei prodotti e servizi aziendali e, quindi, aumentando il ciclo di vita atteso dei prodotti.
In altri casi invece le imprese, sfruttando economie di scala di specializzazione e di
razionalizzazione, si alleano per neutralizzare la concorrenza, cooptandola. Ancora, le alleanze
strategiche possono nascere per aumentare l’utilizzo di risorse o per ridurre i tempi di non utilizzo.
Il primo studioso che si è occupato di alleanze di marketing è Adler, (1966)
3
che affronta il tema
della “simbiosi” negli studi d’impresa, in particolar modo di symbiotic marketing, che l’autore
definisce come:“quelle alleanze di risorse o programmi fra due o più organizzazioni indipendenti
con lo scopo di aumentare il potenziale di mercato di ciascuna di esse.”
1
Baker M. J. (1991), Research for marketing, Macmillan, Basingstoke
2
Nonaka I. (1994), A dynamic theory of organizational knowledge creation, in Organizational Science Vol. 5 no. 1
1994, pp. 14-37.
3
Adler L.(1966), Symbiotic marketing, in Harvard Business Review 1966;44:59– 71 (November –December).
2
Kumar, Dissel e Bielli (1996)
4
evidenziano, (come si può osservare dalla fig. 1 ), in uno schema
quali sono i fattori che spiegano la nascita delle alleanze cooperative.
Fig. 1: I fattori che spiegano la nascita di alleanze cooperative
Fonte: Kumar, Dissel e Belli, 1996
4
Kumar, Dissel, Belli (1996), La collaborazione possibile: gestire i conflitti e la cooperazione nei sistemi informativi
aziendali, in Economia & Management, n° 4, 1996
FATTORI AMIBIENTALI:
ξ Globalizzazione
ξ Turbolenza ambientale
OBIETTIVI DELLA
COLLABORAZIONE:
ξ Condivisione di risorse
ξ Condivisione del rischio
ξ Utilizzo di vantaggi relativi
ξ Riduzione dell’incertezza
nella catena produttiva
ξ Miglior utilizzo delle risorse
RUOLO DEI PARTNER:
ξ Ridurre i rischi e i costi di
transazione
ξ Facilitare la realizzazione
della collaborazione
STRATEGIE COLLABORATIVE
E
SISTEMI INTERORGANIZZATIVI
3
In molte realtà le alleanze strategiche stanno diventando uno strumento molto comune e sempre più
spesso utilizzato.
5
Le alleanze strategiche costituiscono un fenomeno di portata globale. Esse possono essere definite
come “intense ragnatele che incrociano il mondo e le imprese, che cambiano il tessuto connettivo
dei sistemi competitivi fino a sostituire le regole più elementari della competizione con qualcosa di
più raffinato, complesso e non chiaramente definibile”
6
Operatori economici dei settori tradizionali, molto distanti fra loro e separati da confini sempre più
fragili, sono legati in modo inscindibile da un misto di cooperazione e competizione.
Esiste una molteplicità di definizioni atte a delucidare il concetto di cooperazione; esiste il termine
di alleanza strategica, di accordi di cooperazione, di rete di imprese (in questo caso usato in
presenza di relazioni tra più di due soggetti); ma esiste una definizione che le accomuna: modalità
di regolazione delle relazioni tra imprese indipendenti, non pregiudizievoli della loro identità futura,
ma restrizione intenzionale e negoziata del campo della discrezionalità di ciascuna entro i limiti e
per la durata prevista dagli accordi formali o informali intercorsi.
7
Molto spesso la scelta di un’alleanza strategica è legata al ciclo di vita della medesima: all’inizio i
partner possono iniziare in modo poco impegnativo per poi accrescere gradualmente l’impegno
verso l’alleanza strategica al crescere della fiducia e dei vantaggi reciproci.
Contractor e Lorange (1990)
8
forniscono una tabella che mette in relazione le diverse opzioni di
alleanza strategica con i benefici propri di ciascuna opzione. (Vedi fig. 2 )
5
Gomes Casseres B. (1996), The alliance revolution: the new shape of business rivalry, Cambridge MA, Harvard
University Press
6
Turati C. (1990), Economia e organizzazione delle joint ventures, E.G.E.A., Milano
7
Balcet G., Viesti G. (1986), Fra mercati e gerarchie: alcune riflessioni sugli accordi tra imprese, in Economia e
Politica Industriale No. 49
8
Contactor F. J., Lorange P. (1990) La collaborazione tra imprese: joint ventures, alleanze tecnologiche, e altre
forme di collaborazione per i mercati internazionali, Etas Libri
4
Fig. 2 : Tipologie di alleanze strategiche e benefici ad esse associati
TIPO
COMMENTI
ACQUISIZIONE
• controllo pieno
• accesso rapido a capacità e tecnologie
• ricavo/profitto
PARTECIPAZIONE AL CAPITALE
• per ridurre i costi
• per sostenere/bloccare la concorrenza
• investimento finanziario con partecipazione agli
utili
JOINT VENTURE
(BASATO SULL’APPORTO DI RISORSE
COMPLEMENTARI)
• intraprendere una nuova iniziativa
• ripartire il rischio
• tendente a sfruttare specifici vantaggi di scala,
scopo e/o complementarità
CONSORZIO BASATO SU UN
PROGETTO
• accesso al mercato
• necessità di un partner locale per motivi legati alle
risorse o politici
SVILUPPO CONGIUNTO
• diritti alla tecnologia
• capacità uniche
• ripartizione di costi e /o rischi
OEM
• accesso al mercato
• copertura di una linea più ampia di prodotti
• reti preferenziali di clienti/fornitori
DISTRIBUTORE
• reti di mercati locali
• minore investimento
AGENTE
• penetrazione nel mercato
• competenza locale
FRANCHISING
• motivazione dell’imprenditore locale
• risparmio di investimento
Fonte: Ns elaborazione da Contractor e Lorange, 1990
5
La figura precedente rappresenta le diverse opzioni di alleanza strategica ordinate in modo
decrescente all’aumentare dell’integrazione delle parti. Nella zona alta della tabella sono collocate
le forme più integrate e vincolanti che comportano spesso impegni difficilmente reversibili; mentre
nella zona bassa sono presentate le alleanze meno vincolanti e meno permanenti rispetto a quelle
nella zona alta.
Berg, Duncan e Friedman (1982),
9
individuano le forme canoniche della cooperazione
interaziendale in:
• accordi di subfornitura;
• cooperazione informale;
• contratti di lungo termine;
• licensing (ad una via, incrociato, corrente, corrente e futuro);
• consorzi (di ricerca, di standardizzazione, di co-svolgimento);
• joint bidding;
• franchising;
• joint venture contrattuali;
• joint venture societarie.
Un’altra classificazione delle alleanze strategiche è basata sul modo in cui l’attività interessata
dall’accordo si colloca all’interno della strategia aziendale e di portafoglio. La figura 3 illustra in
modo più immediato i termini della questione.
9
Berg S., Duncan V., Friedman P. (1982), Joint ventures strategy and corporate innovation, Oelgeschlager, Gunn &
Hain Publ., Cambridge
6
Fig. 3: Classificazione in base all’attività interessata dall’azienda
Ruolo nel portafoglio complessivo
Centrale Periferico
Leader I DIFENSIVO II AMPLIARE LA
PRESENZA, VALORIZZARE
POSIZIONE
DELL’IMPRESA Follower III ADEGUAMENTO IV RISTRUTTURAZIONE,
ALLEGGERIRE
Fonte: Kumar, Dissel e Belli,1996
La particolare impresa interessata dall’alleanza deve essere valutata secondo il ruolo che svolge
nella strategia complessiva di portafoglio della società madre. Essa, in altre parole, è centrale per il
portafoglio della società madre o ha per oggetto un’attività più periferica in rapporto all’assetto del
suo portafoglio delle attività aziendali. La valutazione è focalizzata anche sulla forza che l’impresa
interessata all’alleanza ha rispetto alla concorrenza, ossia se rappresenta un’impresa leader o
un’impresa follower che si adatta cioè alla concorrenza.
Passando ora ad analizzare la figura 3 si può notare che nella casella I l’alleanza strategica sarebbe
caratterizzata dal mantenimento di una posizione difensiva. Questa strategia è centrale per gli
impegni complessivi di portafoglio dell’impresa che in quest’aria ha un ruolo di leader. In questa
posizione, la società madre sceglierà di creare piccole partecipazioni con organizzazioni
imprenditoriali embrionali per seguire il corso degli sviluppi e delle innovazioni tecnologiche del
settore e per scoprire nuove opportunità di affari. Un esempio di un’alleanza che si adatta a questo
tipo di situazione, potrebbe essere la compartecipazione con un partner in un Paese che produce a
bassi costi, per assicurarsi l’approvvigionamento di prodotti a buon mercato.
7
Nella casella II, invece, l’impresa di interesse è periferica in un contesto complessivo di portafoglio
e la casa madre ha una posizione forte. In questa situazione l’impresa può creare un’organizzazione
ancora più forte e vitale unendosi ad altri. L’alleanza strategica valorizzerà le attività della società
madre che investe.
Nella casella III il ruolo dell’impresa è centrale nel portafoglio complessivo dell’impresa madre, ma
l’impresa si adatta alla concorrenza, ossia è nella posizione di “chi rincorre”. Un’alleanza strategica
potrebbe facilitare la rincorsa, ma l’impresa non rafforza la sua posizione concorrenziale.
La casella IV, infine, è caratterizzata da una posizione concorrenziale debole in un’area periferica.
La strategia potrebbe essere quella di alleggerire la posizione di quest’impresa e di ristrutturarla,
stringendo un’alleanza strategica con un partner.
In sintesi le grandi alleanze strategiche rientrano nelle caselle II e III caratterizzate da forme a
capitale misto; alleanze più piccole e più finalizzate basate frequentemente sulla partecipazione al
capitale, portano alla successiva acquisizione del partner più piccolo da parte di quella più grande.
Un’ulteriore distinzione degli accordi di cooperazione si basa sulla formula utilizzata per
compensare ciascun associato (la forma legale dell’accordo) e sull’impatto strategico sulle attività
complessive di ciascun associato.
La figura 4 mostra la classificazione degli accordi in ordine di crescente dipendenza
interorganizzativa, correlata in genere all’impatto strategico.
10
10
Pfeffer J, Nowak P. (1976), Paterns of joint ventures activity: implications for antitrust policy, in The Antitrust
Bulletin, No. 3 , Summer
8
Fig. 4: Tipi di accordi cooperativi
Accordi di cooperazione Livello di estensione della dipendenza
interorganizzativa
ACCORDI DI ASSISTENZA
TECNICA E ADDESTRAMENTO
INIZIALE
TRASCURABILE
ACCORDI DI PRODUZIONE/
/MONTAGGIO/RIACQUISTO
CONCESSIONE DI LICENZA PER
BREVETTI
BASSO
FRANCHISING
CONCESSIONE DI KNOW HOW IN
LICENZA
ACCORDI PER SERVIZI DI
MANAGEMENT E DI MARKETING
MODERATO
ACCORDI DI COOPERAZIONE
NON PATRIMONIALI:
– ESPLORAZIONE
– ASSOCIAZIONE DI RICERCA
– SVILUPPO/COPRODUZIONE
JOINT VENTURE PATRIMONIALI
ELEVATO
Fonte: Contractor e Lorange, 1990
11
Come si può vedere dalla figura, gli accordi per l’addestramento tecnico e l’assistenza nella fase di
avvio sono di breve durata. L’azienda che fornisce la tecnologia e l’addestramento riceve
tipicamente un compenso forfettario, in avvenire avrà legami trascurabili con l’azienda neonata,
sempre che nel frattempo non sia stato realizzato un altro accordo di licenza.
11
Contractor F. J., Lorange P. (1990) La cooperazione tra imprese: joint ventures, alleanze tecnologiche e altre forme
di collaborazione per i mercati internazionali, Etas Libri
9
La concessione di brevetti comporta un trasferimento del diritto brevettuale occasionalmente, ma il
compenso è generalmente rappresentato da una royalty permanente, costituita da una percentuale
del valore delle vendite.
Negli accordi di fornitura di componenti, per la messa insieme di contratti, il riacquisto e il
franchising, il compenso per entrambi i partner è il margine sui beni forniti, ma non è escluso che
possa coesistere anche un accordo di royalty (nel caso tipico del franchising).
L’interdipendenza tra gli associati si riferisce ai problemi relativi alla consegna, al controllo di
qualità e ai prezzi di trasferimento conseguenti alla fornitura di materiale, nel caso di franchising
bisogna riconoscere anche l’uso di un marchio. Gli accordi per licenze di know-how e servizi di
management sono caratterizzati da un grado maggiore di assistenza continuativa e di legami
organizzativi.
Contractor (1983)
12
ha rilevato che la gran parte delle attività di licenza implicano un trasferimento
di know-how non tutelato da brevetto, costituendo ciononostante un’informazione posseduta. Questi
tipi di accordi non hanno per oggetto semplicemente un diritto di brevetto oppure un’assistenza
nella fase di partenza.
In essi, invece, sono forti i legami tra le due imprese e un’interazione continua su problemi
amministrativi o tecnici. I pagamenti sono effettuati attraverso un compenso forfettario comprese
royalties permanenti. Le joint venture implicano generalmente la creazione di un’azienda separata,
in cui due o più partner ne condividono la proprietà e ciascuno di essi si aspetta una quota
proporzionale di dividendi come compenso; ma molti accordi tra aziende hanno per oggetto attività
congiunte senza la creazione di una nuova azienda. In questi accordi la distribuzione di compiti, di
costi e di redditi è regolata attraverso norme e formule scrupolosamente determinate.
12
Contractor F. J. , (1983) Technology licensing practices in U.S. companies: corporate and public policy implications
of an empirical study, in Journal of World Business, Vol. 2, Autumn.
10
La figura 3 individua tre esempi della classe degli accordi non patrimoniali, che determinano per i
partner equilibri diversi tra rischio e redditività
13
:
• consorzi di esplorazione: la suddivisione dei costi dell’iniziativa, Cv, ed i redditi derivanti da
una scoperta di successo, Rv, sono determinati attraverso una formula;
• associazione di ricerca: i costi dell’attività oggetto dell’accordo possono essere distribuiti
avvalendosi di una formula, mentre il reddito di ciascun associato dipende dalla sua abilità
nell’utilizzare la tecnologia prodotta;
• accordi di coproduzione: ciascun partner è responsabile per la produzione di una particolare
sezione dell’oggetto dell’accordo. I costi di ciascun associato, sono una variabile della
propria efficienza nella produzione della parte di sua competenza.
Per collaborazione interaziendale, non si intendono soltanto le joint ventures, di cui numerosi autori
hanno scritto (come dimostra la molteplicità di studi svolti in proposito) ma anche le alleanze non-
equity e le alleanze equity. Al fine di comprenderle meglio, particolarmente esaustivo si ritiene lo
studio di Barney (2002)
14
secondo il quale un’alleanza strategica si realizza quando due o più
organizzazioni indipendenti cooperano nello sviluppo, produzione o vendita di prodotti o servizi.
Per Barney (2002) , le alleanze strategiche possono essere raggruppate in tre macro categorie:
• alleanze non equity;
• alleanze equity;
• joint ventures
In termini di “coinvolgimento” per i partner, queste vanno dalle alleanze non equity che non
implicano né l’assunzione di partecipazioni azionarie reciproche, tantomeno coinvolgimenti simili,
13
Contractor F. J. , (1983) Technology licensing practices in U.S. companies: corporate and public policy implications
of an empirical study, in Journal of World Business, Vol. 2, Autumn.
14
Barney Jay B. (2002) Risorse, competenze e vantaggi competitive (a cura di Valentina Della Corte e Mauro Sciarelli),
Carocci editore
11
in quanto tutto l’accordo viene regolato dalla stipula di contratti tra i partner, che riguardano accordi
per la distribuzione o magari per la fornitura. Seguono le alleanze equity che comportano non solo
dei contratti di cooperazione come accade nelle non-equity, ma i partners procedono anche ad
assumere una prefissata quota di partecipazione azionaria dell’altro.
Infine, più impegnative si rivelano le joint ventures in quanto i partners coinvolti finiscono con
l’istituire una società nuova e indipendente, all’interno della quale investono dividendone poi gli
utili.
Fig.5: Categorie di alleanze strategiche
Fonte: Barney (2000) su adattamento di Grant (1991)
Alleanze strategiche
Alleanze non equity
La collaborazione tra imprese è
gestita direttamente attraverso
contratti, senza partecipazioni
azionarie reciproche o senza
costituire un’unità organizzativa
indipendente.
Joint Ventures
Le imprese che cooperano
costituiscono un’impresa
indipendente in cui esse investono. I
profitti generati da questa impresa
indipendente compensano i partners
per questo investimento.
Alleanze equity
I contratti di cooperazione sono
completati da investimenti equity da
parte di un partner in un altro
partner.
12
Una ulteriore suddivisione ci è fornita da Mockler (2001),
15
secondo il quale esistono innumerevoli
tipologie di alleanze strategiche, che solitamente non figurano tra gli schemi classici.
Un esempio è dato dalla figura riportata di seguito.
Fig. 6: Tipologie di relazioni collaborative tra imprese
Fonte: Mockler, 2001
15
Mockler R. J. (2001) Making decisions on enterprise-wide strategic alignment in multinational alliances, in
Management decision no. 39/2 pp 90-98
Tipologie di relazioni collaborative tra imprese
Equity
Contrattuali
Acquisti/
vendite e
altri
contratti
Contratti di
licenza e
franchising
Contratti di
partnership nei
seguenti settori:
-R&S
-Produzione
-Materie prime
-Marketing
-Distribuzione
New
entity
Imprese
esistenti
Costituzione di una
uova impresa
Investimenti
reciproci in
joint
ventures e
franchising
Scambio
di imprese
Joint ventures
non
convenzionali
Joint ventures con quote di
partecipazione al capital
sociale
Consorzio
ALLEANZE STRATEGICHE