Nel Capitolo 5 sono state analizzate le strutture di smaltimento presenti sul territorio
piacentino (fra cui unica discarica ancora in attività è quella di Cà del Montano) e sono stati
simulati scenari possibili in rapporto alla dislocazione di tre ipotetiche discariche situate su tre
siti localizzati nel territorio comunale di Ponte dell’Olio:
- località Il Poggio;
- località Cà del Montano;
- località Mancapane.
Alla luce delle analisi effettuate sui fattori ambientali ed antropici delle tre possibili aree, si è
pervenuti ad una valutazione della correttezza del sito di Cà del Montano per la costruzione
dell’impianto di discarica.
Nelle conclusioni (Capitolo 6) si sono integrate tutte le informazioni ed i risultati ottenuti
nello sviluppo del lavoro, al fine di dare un giudizio complessivo dei metodi di valutazione
ambientale utilizzati.
Il lavoro di tesi si conclude quindi formulando un giudizio finale complessivo dell’impatto
della discarica di Cà del Montano sull’ambiente, fornendo indicazioni per quanto riguarda
l’utilizzo dei metodi di valutazione d’impatto e con la loro reperibilità e consultazione nei siti
presenti su INTERNET all’inizio dell’anno 2000.
CAPITOLO 1
IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO PER I RIFIUTI SOLIDI URBANI
1.1 NORMATIVA STATALE
L’emanazione del Decreto Legislativo del 5/2/1997 n. 22 (Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15
febbraio 1997), il cosidetto “Decreto Ronchi”, recepimento delle direttive 91/156/CEE sui
rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio, ha permesso di sostituire la disciplina frammentaria e basata sulla gestione
dell’emergenza rifiuti con una normativa organica unitaria che mira preminentemente alla
riduzione della produzione dei rifiuti ed al loro massimo recupero, prevedendo lo smaltimento
dei rifiuti in discarica come soluzione residuale [ 13 ].
I principi su cui si basa il Dlgs. 22/’97 sono:
1) la riduzione della produzione di rifiuti;
2) la definizione di obiettivi minimi di raccolta differenziata;
3) il privilegiare il recupero di materia e di energia dai rifiuti;
4) l’utilizzo della discarica come ultimo anello del sistema integrato della gestione dei rifiuti.
1.1.1 Definizione di rifiuto secondo la normativa statale italiana
L’essere rifiuto non è una caratteristica intrinseca dell’oggetto o uno stato fisico chimico
particolare, ma una situazione contingente, dipendente dalla relazione produttore del rifiuto
(oggetto) e contesto.
La stessa sostanza può essere considerata rifiuto o essere reinserita nel circolo produttivo
come materia seconda in dipendenza dall’economicità e dalla convenienza del recupero, che a
loro volta dipendono dalle condizioni socio-economiche del luogo [ 18 ].
Si deve considerare il rifiuto non come un oggetto da occultare, bensì come una risorsa
momentaneamente degradata, una materia seconda da rigenerare e recuperare all’uso.
La definizione oggettiva di rifiuto è ricercata, in ambito giuridico legislativo, nel Dlgs. 22/’97,
che riconosce il rifiuto come “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie
riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di
disfarsi” (art. 6, comma 1, lett.a).
L’art. 7 dello stesso decreto classifica i rifiuti secondo l’origine in Rifiuti Urbani (RSU) e
Rifiuti Speciali (RS) e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in Rifiuti Pericolosi e Rifiuti
Non Pericolosi.
Le difficoltà di applicazione del Dlgs. 22/’97 nascono, oltre alla complessità della materia,
anche dalla mancanza di chiarezza sulla definizione di rifiuto, perché in base al Dlgs. è
considerato rifiuto tutto ciò di cui il detentore si disfi, anche se destinato al suo recupero,
mentre con la vecchia normativa (DPR 915/’82) specifici scarti di lavorazione, individuati in
appositi elenchi contenuti in Decreti ministeriali, qualora destinati al recupero, non erano
considerati rifiuti [ 13 ].
1.1.2 Le discariche controllate come parte di un sistema integrato di gestione dei RSU
Mentre con la precedente normativa (DPR 915/’82) lo “smaltimento” comprendeva tutte le
operazioni sui rifiuti, compreso il recupero, il Dlgs. 22/’97 limita lo smaltimento ai trattamenti
di rifiuti e al loro deposito definitivo nel suolo e sul suolo e definisce che la “gestione” dei
rifiuti comprenda il complesso delle operazioni di raccolta, trasporto, smaltimento, recupero,
il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la loro chiusura.
Protagonista del Dlgs., quindi, non è più lo smaltimento dei rifiuti, bensì la loro gestione, di
cui lo smaltimento diventa una semplice fase residuale [ 7 ].
La gestione integrata dei rifiuti ha la finalità di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente,
perseguita riducendo gli sprechi di materie naturali, promuovendo il recupero delle risorse e
riducendo la quantità totale dei rifiuti da smaltire.
Il suddetto Dlgs. stabilisce che la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse
ed i soggetti che intendono svolgere le attività inerenti ai rifiuti, quindi anche il loro recupero,
devono essere in possesso di specifiche autorizzazioni, rilasciate con procedure ordinarie o
semplificate.
Gli artt. 3, 4, 5 del Dlgs. riportano la seguente gerarchia d’interventi:
- Prevenzione della produzione dei rifiuti: riveste carattere prioritario assoluto e prevede lo
sviluppo di tecnologie pulite, di strumenti economici, di informazione e sensibilizzazione
dei consumatori e l’introduzione di innovazioni tecnologiche nei processi produttivi e nel
concepimento dei prodotti.
- Recupero di materia ed energia: è subordinato alla prevenzione all’origine. Le autorità
competenti sono obbligate a incentivare la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti
attraverso azioni e programmi tesi ad agevolare il reimpiego ed il riciclaggio dei materiali,
l’individuazione di forme di recupero per ottenere materie seconde e l’utilizzo dei rifiuti
come combustibile o altro mezzo per ottenere energia.
- Smaltimento dei rifiuti: occupa l’ultimo dei tre gradini delle priorità del sistema gestionale
e rappresenta perciò “l’ultima spiaggia” del sistema stesso. Nonostante tutti gli sforzi per
contenere la massa di rifiuti prodotta, ci sarà sempre un residuo che non è riducibile, nè
recuperabile, nè inceneribile e che deve perciò essere eliminato in discarica.
All’interno di questo sistema, gli impianti di discarica controllata continuano a conservare la
loro importanza.
Nell’art. 5 del Dlgs. è stabilito che “dal 1º gennaio 2000 sarà consentito smaltire in discarica:
- i rifiuti inerti;
- i rifiuti individuati da specifiche norme tecniche;
- i rifiuti che residuano dalle operazioni di recupero e smaltimento”.
La riduzione della produzione dei rifiuti ed il recupero sono quindi le scelte di fondo operate
dal legislatore comunitario e nazionale ed in tal senso sono orientati gli sforzi anche delle
Regioni italiane che si stanno adoperando al fine di conciliare la normativa con la realtà del
sistema produttivo italiano.
Il Decreto Ronchi non prevede un “addio alla discarica”: a tali impianti continuerà ad essere
conferito tutto ciò che deriva dagli altri processi come “coda ineliminabile” (ad esempio
fanghi di depurazione, ceneri e scorie di incenerimento, residui di trattamenti biologici o
chimici). A questo scopo è importante predisporre impianti appropriati, che assicurino il
minimo impatto ambientale e che richiedano livelli qualitativi di progettazione, realizzazione
e gestione elevati.
1.1.3 Competenze dello Stato
All’art. 18 del Dlgs. 22/’97 si legge che allo Stato spetta, oltre che la definizione dei criteri
generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, “l’individuazione dei flussi
omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale e che presentano le
maggiori difficoltà di smaltimento, al fine di ridurne la movimentazione”.
Per avere una distribuzione equa degli incarichi fra Stato, Regione, Provincia sono definiti i
piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di
rifiuti, con la redazione dei Piani Regionali e di Coordinamento.
Sono individuati, a riguardo delle discariche, i criteri generali relativi alle caratteristiche delle
aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento, con la determinazione degli
standard di bonifica dei siti inquinati e relativi interventi.
Oltre alla gestione integrata dei rifiuti sono fissati anche i criteri per l’organizzazione e
attuazione della raccolta differenziata, la determinazione dei canoni qualitativi e quantitativi
per l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, i limiti di accettabilità e le
caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti, in
relazione a specifiche utilizzazione degli stessi ed i metodi e le procedure per il loro
campionamento ed analisi.
Sono individuate anche le tipologie di rifiuti che, per comprovate ragioni tecniche, ambientali
ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica.
Tra le competenze che spettano allo Stato, particolare attenzione va posta sui criteri che
rendono ottimale la scelta del sito per dislocarvi una discarica.
In attesa dell’emanazione di questi nuovi provvedimenti d’attuazione che consentiranno al
Dlgs. di essere pienamente operante, sono adottate le direttive tecniche di cui l’art. 17 della
Legge 23 agosto 1988, n. 400: Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
1.1.4 Scelta del sito idoneo alla localizzazione degli impianti di smaltimento così come
contemplato dal Dlgs. 22/’97
La scelta della località adatta ove ubicare una discarica rappresenta un passaggio di
fondamentale importanza ai fini di una corretta gestione del problema dello smaltimento dei
rifiuti.
Una scelta ottimale permette di ridurre in partenza gli impatti dell’attività sul terreno, i disagi
delle popolazioni residenti nelle vicinanze ed i problemi gestionali dello scarico.
È per questo che prima di procedere alla costruzione di una discarica, occorre attuare una
serie di indagini, finalizzate alla ricerca dei siti idonei in virtù delle loro caratteristiche
ambientali, igienico-sanitarie e tecnico-economiche.
Tali indagini sono costituite da due fasi:
1) Fase conoscitiva: è finalizzata all’individuazione di zone potenzialmente idonee alla
costruzione di nuovi impianti. L’esecuzione di tali indagini spetta alla Regione (art. 19 del
Dlgs., di cui per l’esercizio, le Regioni si avvalgono degli organismi individuati ai sensi
della Legge 21 gennaio 1994, n. 61), la quale è tenuta ad indicare nel Piano Regionale di
Gestione dei Rifiuti un elenco delle aree potenzialmente idonee sul proprio territorio.
2) Fase progettuale: è costituita da indagini che si eseguono solo nelle aree individuate nella
prima fase come “siti potenzialmente idonei” e che sono volte a determinare e quantificare
le caratteristiche del sito in esame, per dimostrare la sua effettiva idoneità a supportare una
discarica. L’esecuzione di tali indagini spetta alla Provincia (art. 20 del Dlgs., in
attuazione dell’art. 14 della Legge 8 giugno 1990, n. 142: Ordinamento delle autonomie
locali).
Procedendo in queste due fasi si ottiene che i siti idonei per localizzare gli impianti sono
definiti mediante una selezione “quasi automatica” [ 21 ].
A tal fine sono utilizzati dapprima dei criteri di esclusione, che tengono conto sia delle
disposizioni legislative, sia degli strumenti di programmazione regionale ed in seguito dei
criteri di classificazione delle aree idonee, basati su indicatori ambientali e socio-economici.
La metodologia adottata prevede uno screening generalizzato dell’intero territorio.
Sulla base di un procedimento di esclusione sono eliminate le aree che, per le loro intrinseche
caratteristiche, non si adatterebbero ad ospitare impianti di smaltimento.
Sono tutelate le aree ad alto valore naturalistico, urbanistico e storico che correrebbero il
rischio di subire alterazioni dalla presenza degli impianti.
Il procedimento di localizzazione prevede che in ogni sua fase vi sia il coinvolgimento dei
diversi interlocutori sociali ed istituzionali (i soggetti imprenditoriali che utilizzeranno gli
impianti e le comunità locali che dovranno ospitarli).
Appositi momenti di verifica sono predisposti nel corso dell’elaborazione dello studio, allo
scopo di raccogliere il contributo di tutti e di garantire la massima trasparenza del processo
decisionale.
Altri requisiti tecnici ed ambientali (come contemplato dal Dlgs. 22/’97) sono deliberati dalle
Regioni e dalle Provincie nei loro rispettivi strumenti della pianificazione della gestione dei
rifiuti, quali il Piano Territoriale Regionale (PTR) e il Piano Provinciale per la Gestione
dei Rifiuti (PPGR), sempre in riguardo ai principi previsti dalla normativa vigente.
1.2 NORMATIVA REGIONALE
Nel rispetto delle norme previste dal Decreto 22/’97 (art.19, comma 1), sono di competenza
delle Regioni la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta
differrenziata, con l’obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza
alimentare, vegetale e animale, o comunque ad alto tasso di umidità.
Alla Regione spetta l’elaborazione e l’aggiornamento dei piani per la bonifica di aree
inquinate, oltre che l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti,
anche pericolosi e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti.
In particolare, i soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero
devono presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, la quale rilascia
l’autorizzazione, con procedura ordinaria o semplificata.
Le autorizzazioni con procedura ordinaria sono costituite da:
- approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione dell’impianto (art. 27);
- autorizzazione all’esercizio delle operazioni di recupero (art. 28);
- iscrizione all’albo gestori dei rifiuti per le attività di raccolta e trasporto (art. 30).
Il Dlgs., in conformità con quanto stabilito dalla direttiva 91/156/CEE, prevede la possibilità
di usufruire anche di procedure semplificate, nel caso in cui si operi su rifiuti individuati in
specifiche norme tecniche fissate dallo Stato (D.M. 5/9/’94 e D.M. 16/1/’95 per i rifiuti
pericolosi e D.M. 5/2/’98 n. 72 relativo al recupero dei rifiuti non pericolosi).
Alla Regione, conformemente alle Provincie ed ai Comuni, compete anche l’incarico della
delimitazione degli ambiti ottimali per la gestione dei rifiuti, predisponendo e aggiornando i
Piani Tecnici Regionali (PTR).
Prima dell’emanazione del “Decreto Ronchi”, le disposizioni generali sui rifiuti, la loro
pianificazione e programmazione, erano regolamentate in Emilia-Romagna dalla Legge
Regionale 12 luglio 1994, n. 27: Disciplina dello smaltimento dei rifiuti.
Attualmente buona parte dei suoi articoli sono stati abrogati o modificati dall’art. 129 della
L.R. 21 aprile 1999, n. 3: Riforma del sistema regionale e locale, in modo tale da
ottemperarsi ai principi legiferati col Dlgs.
1.2.1 Il Piano Tecnico Regionale ed i suoi obiettivi
Alle Regioni, le quali si avvalgono degli organismi individuati ai sensi della Legge 21/1/’94,
n. 61, è assegnato il compito di elaborare, predisporre ed aggiornare i Piani Tecnici Regionali
o Piani Regionali di Gestione del Rifiuto, come contemplato dall’art. 19, comma 1, del Dlgs.
22/’97.
Tali Piani prevedono i tipi e la quantità dei rifiuti da smaltire, i metodi di trattamento ottimali,
le zone e le modalità di stoccaggio provvisorio e definitivo, gli impianti di trattamento dei
rifiuti tossici e nocivi.
In proposito la Regione Emilia-Romagna, in ottemperanza al Dlgs. 22/’97, con L. R. 21/4/’99,
n. 3, stabilisce, per il settore dei rifiuti solidi urbani e speciali, la necessità di sostenere e
incentivare iniziative da parte degli Enti interessati, orientando le scelte tecnologiche verso
impianti relativamente semplici, quali le discariche controllate, senza rinunciare a soluzioni
finalizzate ad un uso più razionale delle risorse anche a fini energetici.
L’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e a maggior ragione quelli tossici
e nocivi, come riportato all’art. 22 del Dlgs. e dall’art. 126 della L.R. 21/4/’99, sono integrati
dal Piano Territoriale Regionale (PTR) o, più specificatamente, Piano Regionale di Gestione
dei Rifiuti, perché solo un’ottica unitaria rintracciabile nella Regione (cui è affidata anche la
gestione delle autorizzazioni) permette di governare questa complessità tecnica ed
amministrativa.
Nell’ambito dei criteri e degli indirizzi stabiliti nel PTR, sono conseguentemente adottati i
Piani Provinciali per la Gestione dei Rifiuti (PPGR), predisposti dalle Provincie, nei quali è
definito il quadro complessivo degli interventi da intraprendere per assicurare la più idonea
organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti mediante il contenimento della
produzione, la raccolta separata delle diverse frazioni e la garanzia del loro effettivo recupero.
Oltre ai bacini territoriali provinciali, con il PTR si è anche perseguito il completamento del
potenziale impiantistico già esistente, promuovendo la consorziazione e aggregazione degli
Enti pubblici locali interessati, finalizzata all’approntamento di impianti a carattere
intercomunale e con la possibilità di una progettazione tecnicamente più valida su
un’economia di scala.
Il PTR indica gli obiettivi e le prestazioni da attuarsi con i Piani Provinciali per la Gestione
dei Rifiuti (art. 127 L.R. 21/4/’99), in riferimento:
- alla riduzione della produzione dei rifiuti;
- al sostegno delle attività di recupero e riciclaggio;
- alla definizione degli obiettivi quali-quantitativi della raccolta differenziata;
- all’efficacia e all’economicità delle gestioni;
- alla disponibilità e al razionale utilizzo degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti
speciali anche al fine di realizzare un efficace sistema regionale di smaltimento e recupero
dei rifiuti speciali e speciali pericolosi;
- all’instaurarsi di opportune integrazioni tra i sistemi di ambiti ottimali diversi, in
particolar modo riferite alle attività di recupero, al fine di garantire l’ottimizzazione dal
punto di vista economico e prestazionale degli impianti.
Gli elementi che caratterizzano il PTR sono:
- una prima parte di supporto conoscitivo, comprendente un’approfondita analisi dei vari
aspetti del problema sia per quanto riguarda i dati quali-quantitativi di produzione dei
rifiuti, sia per i servizi di smaltimento e le infrastrutture esistenti;
- una seconda parte relativa al bilancio domanda-offerta del Sistema Regionale Rifiuti nel
suo complesso (cioè tutte le tipologie dei rifiuti) con individuazione delle scelte
strategiche a livello regionale e delle linee d’indirizzo per gli Enti territoriali locali
delegati alla pianificazione intermedia;
- una terza parte riferita agli indirizzi per la localizzazione degli impianti di smaltimento e
delle azioni da intraprendere per la bonifica delle aree contaminate dall’abbandono
incontrollato e dallo scarico abusivo dei rifiuti;
- una quarta parte contenente le linee guida per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
Con il PTR si ha un approfondimento in merito ai dati conoscitivi della produzione di rifiuti
nella Regione, al bilancio tra domanda ed offerta di smaltimento, agli indirizzi ed alle scelte
per la locazione e la qualificazione degli impianti di smaltimento.
Si è ottenuto specificatamente un Catasto Regionale dei Rifiuti (come riportato all’art. 11
del Dlgs. 22/’97), con l’individuazione dei centri di produzione dei rifiuti e la loro
qualificazione, delle attività di smaltimento, dei centri di trattamento e smaltimento finali, al
fine di controllare i flussi di rifiuti e di consentire e promuovere il loro riutilizzo come materie
seconde.
Il Catasto è articolato in sezioni regionali, presso l’Agenzia Regionale per la Protezione
dell’Ambiente (ARPA) e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la Regione.
L’istituzione di tali Agenzie in Emilia-Romagna è regolamentata con L.R. 19 aprile 1995, n.
44: Riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell’ARPA, modificata con
L.R. 30 luglio 1999, n. 18 e con L.R. 21 aprile 1999, n. 3.
Analogamente al Catasto Regionale, è istituito, presso il Ministero dell’Ambiente,
l’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti (art. 26 del Dlgs. 22/’97), che predispone un rapporto
annuale sulla gestione dei rifiuti e provvede all’elaborazione ed all’aggiornamento
permanente di specifici obiettivi d’azione e criteri, nonché alla definizione ed
all’aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione
dei rifiuti.
Gli obiettivi che il PTR si prefigge sono:
- diminuzione della quantità di rifiuti prodotti e miglioramento delle loro caratteristiche in
termini di tossicità e nocività;
- sviluppo di sistemi produttivi e categorie merceologiche tendenti a minimizzare i problemi
sia in fase di smaltimento dei rifiuti, sia in termini di pericolosità delle sostanze presenti;
- promozione sul territorio regionale delle condizioni tecniche e culturali per un’estesa
applicazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani (carta, cartone, metalli…);
- promozione sul territorio delle condizioni tecniche per il massimo utilizzo degli scarti
derivanti dai processi produttivi;
- definizione di una corretta gestione ambientale del sistema, che preveda tecniche di
smaltimento adeguate per ciascun tipo di rifiuto da trattare, adottando quelle che
maggiormente forniscono garanzie di sicurezza ambientale e sanitaria;
- organizzazione di un’efficace procedura di valutazione preventiva dell’impatto che
consenta la massima produzione energetica e comunque una riduzione degli usi di fonti
energetiche pregiate;
- individuazione degli ambiti territoriali ottimali e delle forme organizzative e di gestione
dei servizi di smaltimento, promuovendo in particolare la consorziazione dei soggetti
interessati.
Il campo da sviluppare è la limitazione della produzione dei rifiuti, la modifica dei cicli
tecnologici al fine di produrre rifiuti sempre meno pericolosi e la promozione di iniziative
tendenti al recupero ed alla valorizzazione dei materiali e dell’energia in essi contenuta.
Va approfondita una politica che agisca sia sul terreno delle conoscenze tecnico-scientifiche,
sia della cultura e dei comportamenti sociali in generale e che individui negli imprenditori,
nelle Aziende Municipalizzate, negli Enti locali, nei cittadini, i soggetti attivi della politica
stessa.
1.2.2 Formazione del Piano Territoriale Regionale
Nel redigere il PTR [ 20 ] si esegue la Fase conoscitiva (Paragrafo 1.1.4).
Con la Cartografia Tecnica Regionale (1: 10.000), si effettua una lettura del territorio, da
compiere in sede di redazione degli strumenti di pianificazione, per individuare gli elementi
che sono in grado di condizionare o impedire l’installazione degli impianti di smaltimento.
L’analisi condotta è rappresentata attraverso una serie di carte tematiche e di un elaborato di
sintesi che evidenzia le varie possibilità di individuazione dei siti.
Le carte utilizzate, di cui vengono riportati alcuni stralci, sono:
La carta della permeabilità, la quale evidenzia il territorio dal punto di vista
idrogeologico, attraverso delle isolinee che rappresentano la percentuale di sabbia e
ghiaia nell’intervallo 0 ÷ 30m. In tal modo si riescono ad evidenziare i corpi a
granulometria maggiore e ad alta permeabilità come le zone di conoide e i
paleoalvei dei principali corsi d’acqua.
La carta della propensione al rischio idraulico, in ottemperanza alla Legge 18
maggio 1989, n. 183: Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della
difesa del suolo, è la sintesi di studi relativi al rischio di esondazioni e del tempo di
ritorno della portata limite, con relativo volume di piena dei principali corsi d’acqua
nel territorio in esame. La carta si basa sui criteri per la redazione dei Piani di
Autorità di Bacino, D.P.R. 18 luglio 1995: Coordinamento e redazione dei Piani
di Bacino e in essa sono riportate tutte le zone alluvionate, le casse d’espansione e
le varie sezioni che attraverso un’elaborazione statistica riportano la portata di
piena critica, il tempo di ritorno critico ed il volume di piena critica.
La carta del vincolo idrogeologico è solitamente costruita in scala 1: 200.000 e pur
essendo necessariamente meno dettagliata consente di evidenziare il quadro
regionale complessivo dei territori sottoposti a vincolo.
La carta d’idoneità all’insediamento delle discariche: tale elaborato si basa
sull’incrocio dei temi cartografici analizzati in precedenza ed evidenzia quindi la
possibilità di giungere ad una prima selezione di aree, sulla base di una valutazione
semplificata di idoneità, creata in funzione degli indicatori considerati e delle
influenze esercitate sulle stesse aree dalle diverse tipologie di impianti.