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INTRODUZIONE
Il presente lavoro sarà incentrato sull’analisi lessicale dell’opera Sant’Elena attribuita a
Cynewulf, scritta in inglese antico, in territorio britannico, presumibilmente tra l’VIII e
il X secolo. In particolare, si analizzerà il lessico cristiano utilizzato in un breve passo
scelto del poema.
Per meglio analizzare e comprendere l’opera in esame, si ritiene utile presentare in
primis una breve panoramica zio-temporale, sociale e culturale del contesto in cui si
colloca la stessa.
Si farà quindi la conoscenza dei Germani, del loro presunto luogo di origine e dei loro
costumi, evidenziando come tutti questi fattori fossero peculiari della loro cultura. Si
parlerà quindi delle caratteristiche principali della loro tradizione culturale (trasmissione
orale, scrittura runica) e di come le stesse furono influenzate e trasformate dall’avvento
del Cristianesimo. Si racconterà dei differenti processi di evangelizzazione che hanno
interessato i Germani e dei cambiamenti nella tradizione culturale (trasmissione
manoscritta, scrittura alfabetica).
Particolare risalto sarà dato ai popoli colonizzatori della ex Britannia, alle loro origini,
alle loro migrazioni e alle relative conseguenze a livello culturale.
Le stesse modifiche influenzarono anche i poeti del tempo e uno dei piø rappresentativi
è proprio Cynewulf. Si fornirà una sintesi delle ipotesi che gli studiosi hanno elaborato a
riguardo di questo poeta e si indicheranno le sue opere principali prima di passare
all’analisi del poema oggetto di studio.
Dopo aver brevemente descritto il manoscritto nel quale è contenuta la Sant’Elena,
l’attenzione verrà posta sul contenuto della stessa; in particolare, si analizzeranno la
struttura e le fonti utilizzate dal poeta, nonchØ i protagonisti principali dell’opera, dopo
averne offerto un breve riassunto. Si analizzerà infine il lessico prettamente cristiano,
relativo ai vv. 716 – 805 suddividendolo tra sostantivi, verbi e aggettivi e, laddove
possibile, si indicheranno le forme moderne presenti in inglese e tedesco.
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CAPITOLO 1 - I GERMANI
1.1. CENNI STORICI
Chi furono i Germani? Dove e quando comparvero sulla scena della Storia?
Queste le domande che gli studiosi si sono poste nel corso dei secoli per definire le
origini delle diverse popolazioni germaniche.
Innanzitutto è bene precisare che con tale termine non si identifica una sola popolazione
ma un insieme di etnie con caratteristiche politiche, culturali e linguistiche simili.
1
Queste etnie vennero conosciute, per la prima volta, dalle civiltà del mondo occidentale,
nel periodo delle conquiste romane da parte di Caio Giulio Cesare nel I secolo a.C..
Nella sua opera De Bello Gallico descrisse diverse etnie e iniziò a definire
approssimativamente un limite geografico delle aree nelle quali erano stanziate (il
Reno).
2
Anche altri storici documentarono la presenza di popolazioni germaniche nei loro
lavori; si ricordano ad esempio Pytheas di Marsiglia e i suoi resoconti indiretti di
viaggio, Tito Livio e la sua opera Ab urbe condita libri CXLII, Strabone di Anasia e la
sua opera Geografia, Plinio il Vecchio e la sua opera Naturalis Historia.
3
Ma il primo
storico che utilizzò l’etnonimo “Germani”, fu Publio Cornelio Tacito nel suo trattato
De origine et situ Germanorum, il quale, dopo aver descritto dettagliatamente il
territorio occupato dagli stessi, si concentrò sulle origini e sulle tradizioni culturali
comuni di queste molteplici tribø.
4
Vari secoli dopo, nel periodo del tardo Romanticismo tedesco, si assistette ad una
riscoperta dei Germani, della loro storia, delle loro origini e della loro cultura: fautori di
questa riscoperta furono prevalentemente i Fratelli Grimm,
5
grazie ai quali nacque la
1
M. Battaglia, I Germani. Genesi di una cultura europea, Roma, Carocci, 2013, p. 34.
2
M. Battaglia, op. cit., p. 61.
3
M. Battaglia, op. cit., pp. 31, 64 – 68.
4
M. Battaglia, op. cit., p. 68.
5
S. Žmegač Škreb, Breve storia della letteratura tedesca. Dalle origini ai giorni nostri, Torino, Piccola
Biblioteca Einaudi, 1995, p. 181.
6
scienza della Germanistica, ovvero la riscoperta delle radici popolari delle culture
europee centro-settentrionali.
6
Sulla base delle scoperte archeologiche e dei testi letterari ritrovati nel corso degli ultimi
secoli (come ad esempio la raccolta contenuta nel Vercelli Book), gli studiosi hanno
identificato un’area geografica di origine di queste popolazioni
7
e le hanno suddivise
convenzionalmente in tre macro gruppi:
8
- Germani Orientali, tra i quali si ricordano Burgundi, Gepidi, Vandali e Goti
(Ostrogoti e Visigoti);
- Germani Occidentali, ulteriormente suddivisi in 3 gruppi:
o Germani del Nord (Ingevoni), tra i quali si ricordano Frisoni, Sassoni,
Angli, Iuti;
o Germani del Reno – Weser (Istevoni), tra i quali si ricordano i Franchi;
o Germani dell’Elba (Erminoni), tra i quali si ricordano Svevi, Alemanni,
Bavari, Turingi e Longobardi;
- Germani Settentrionali, tra i quali si ricordano Danesi, Svedesi, Norvegesi e
Islandesi.
Queste etnie riuscirono a vivere in armonia con il mondo occidentale fino al II secolo
d.C., quando iniziarono a verificarsi diversi movimenti migratori e azioni belliche
combinate. Gli studiosi hanno motivato questi spostamenti di massa nella ricerca di
territori migliori, nuovi luoghi di interscambio commerciale e di accesso a nuove
ricchezze. Questo periodo è comunemente definito “Età delle migrazioni”, avvenute
tra il 375 e il 568 d.C..
9
Per l’analisi dell’opera oggetto del presente lavoro è opportuno concentrarsi sugli
6
M. Battaglia, op. cit., p. 23.
7
Alcuni studiosi piø recenti hanno stabilito che, nei primi secoli a.C., la sede originaria dei popoli
germanici si attestava nella cosiddetta “Cerchia Nordica”, che comprendeva le attuali Svezia e Norvegia
meridionale, Danimarca e zona costiera della Germania Settentrionale. Questo è stato appurato perchØ
non sono stati riscontrati nomi di luogo di uno strato linguistico diverso dal germanico. N. Francovich
Onesti, Filologia germanica. Lingue e cultura dei germani antichi, Roma, Carocci, 2002, pp. 15 – 16.
8
M.G. Saibene / M. Buzzoni, Manuale di linguistica germanica, Milano, Monduzzi, 2006, pp. 35 – 38.
9
M. Battaglia, op. cit., pp. 79 – 85.
7
sviluppi storici avvenuti in territorio britannico.
La Britannia fu provincia romana dal 55 a.C. fino al 409 d.C., quando l’imperatore
Onorio dovette richiamare tutte le legioni ivi stanziate per la minaccia delle incursioni
barbariche in Italia.
10
La partenza dei Romani espose la Britannia al pericolo di nuove
invasioni (sia interne che esterne) perchØ i Britanni non erano militarmente in grado di
difendersi e versavano in una grave crisi economica ed organizzativa.
11
Secondo i cronisti dell’epoca (Gildas e Beda il Venerabile),
12
nella lotta contro i Picti di
Scozia, i Britanni decisero di rivolgersi alla popolazione straniera dei Sassoni. Racconta
infatti Beda nella sua opera Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum: “nell’anno 449
dall’incarnazione del Signore, Marciano, quarantaseiesimo dopo Augusto, divenne
imperatore insieme a Valentiniano e regnò per 7 anni. Fu allora che la razza degli
Angli o Sassoni, invitata da Vortigen, arrivò in Britannia con tre navi da guerra.
Venivano per combattere contro i Picti e gli Irlandesi, ma in realtà per conquistare
l’isola”. Angli, Sassoni e Juti seguirono in massa le tre navi e, in pochi anni, si diedero
ad occupare la Britannia.
13
Nel corso del VI secolo, gli Anglosassoni avevano conquistato la maggior parte
dell’isola (ad eccezione di Galles, Cornovaglia, Cumbria che rimasero nelle mani dei
Britanni) e rafforzarono la loro conquista suddividendo le terre conquistate in 7 regni, la
cosiddetta Eptarchia anglosassone: Mercia, East Anglia, Northumbria (per gli Angli),
Essex, Sussex, Wessex (per i Sassoni), Kent (per gli Juti).
14
Non era una confederazione
pacifica: anzi i re dei singoli stati erano spesso in guerra tra loro nel tentativo di
espandere la loro supremazia ai danni dei Gallesi e delle altre popolazioni celtiche.
15
Infatti, nel corso dei secoli VII – VIII, prevalsero politicamente i regni di Northumbria e
10
G. Baucero, Il libro che visse due volte. Vercelli Book. Storia, mito e leggenda, Vercelli, Mercurio,
2010, p. 24.
11
N. Francovich Onesti, op. cit., p. 29.
12
Tali cronistorie hanno trovato riscontro nei ritrovamenti archeologici in loco: K.O. Morgan (a cura di),
Storia d’Inghilterra: da Cesare ai tempi nostri, Milano, Bompiani, 2001, p. 59.
13
P. Boitani, La letteratura del Medioevo inglese, Roma, NIS, 1991, pp. 11 – 12.
14
G. Baucero, op. cit., p. 25.
15
Ibidem.
8
poi di Mercia, mentre nel IX secolo fu il Wessex a rafforzare la propria egemonia.
16
Dalla metà del IX secolo, la Britannia venne interessata da una nuova ondata di
migrazioni da parte dei Danesi (la cosiddetta “Età vichinga”), che occuparono
l’Inghilterra centro-orientale tra il Tamigi e il Tyne.
17
Solo il Wessex riuscì a resistere a
questi attacchi e il suo re, Alfredo il Grande, firmò un trattato di pace con i Danesi nel
quale si sottoposero i territori vinti da questi ultimi alla legge danese (da qui il termine
di Danelaw, ovvero in ags. Danalagu). Ma la loro permanenza in quei territori fu
temporanea: dopo una serie continuata di scontri, nel 937 Æthelstan, pronipote di
Alfredo, li riconquistò. Fu comunque una conquista superficiale per le ambizioni
contrastanti dei due protagonisti di allora, il re norvegese Oláfr Scarpa e l’ex sovrano
norvegese Eiríkr Asciainsanguinata, alleato di Æthelstan; la pace avvenne solo nel 954
alla morte dei due. Ma nel 980 nuove incursioni colpirono l’isola, capeggiate dal re di
Danimarca Sweyn Barbabiforcuta e dal futuro re di Norvegia Oláfr Tryggvason.
18
Fu così che nel 1013 divenne re d’Inghilterra il danese Sweyn che regnò fino al 1016,
quando il suo successore, Canuto il Grande, attuò una politica di riconciliazione e
rinnovamento, unendo sotto la stessa corona, oltre all’Inghilterra ed alla Danimarca,
anche la Norvegia e parte della Svezia. Alla sua morte, nel 1036, il regno danese si
disintegrò e nel 1042 il trono tornò nelle mani degli Anglosassoni con Edoardo il
Confessore. Nel 1066 le sorti dell’Inghilterra cambiarono in maniera radicale: in
gennaio Edoardo morì e gli successe Harold, il quale riuscì a fermare l’invasione dei
norvegesi il 28 settembre; ma tre giorni dopo Guglielmo di Normandia sbarcò sull’isola
e il 14 ottobre sconfisse definitivamente le truppe anglosassoni ad Hastings.
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Da allora l’Inghilterra divenne normanna: la lingua ufficiale di corte divenne il francese
e la produzione letteraria in lingua inglese ebbe un brusco arresto. Tuttavia, a partire dal
XIV secolo, tale lingua venne poi riscoperta e riportata in auge dal poeta G. Chaucer,
che ne diede piena dignità letteraria, creando così le basi della supremazia mondiale che
la contraddistingue nei tempi odierni.
16
N. Francovich Onesti, op. cit., p. 30.
17
P. Boitani, op. cit., pp. 31 – 32.
18
M. Battaglia, op. cit., pp. 142 – 144.
19
P. Boitani, op. cit., p. 35.