7
Ciò acquista ancora più senso nel contesto italiano, là dove da un lato gli organi della
Pubblica Amministrazione sono caratterizzati da un’immagine di negatività e
immobilismo, dall’altro l’introduzione delle pratiche di informazione e
comunicazione da parte della Pubblica Amministrazione risale ad un tempo recente.
In un Paese che ha iniziato un cammino di comunicazione mirata all’apertura e alla
trasparenza da circa un quindicennio, è forse pretendere troppo andare ad indagare la
comunicazione in un contesto come quello della gestione dell’emergenza, già critico
per definizione? Se così fosse, credo, si rimarrebbe nell’immobilismo di cui si accusa
la Pubblica Amministrazione. Proprio a causa delle caratteristiche del nostro sistema
pubblico, invece, è determinante andare ad analizzare la comunicazione di crisi, o la
mancanza della stessa. A partire da una considerazione, forse troppo ovvia e banale,
ma comunque parte di un sentire comune, quella di un sistema pubblico
perennemente in crisi, nel quale forse, l’applicazione di strategie di crisis
management permetterebbe di risolvere alcuni aspetti critici o di migliorare ed evitare
le crisi quotidiane. Se il nostro paese è malato d’immobilità, se le Pubbliche
Amministrazioni italiane devono quotidianamente affrontare questioni di ordinaria
amministrazione che la maggior parte delle volte presentano le caratteristiche di
eventi critici, l’applicazione di corrette strategie di comunicazione ne può forse
migliorare la gestione.
Ci sono crisi eclatanti, casi di gravità estrema e visibilità massima, ma la maggior
parte di esse sono crisi ordinarie. La loro sommatoria, aldilà dei picchi dei casi
singoli, è forse la causa del sentimento diffuso di inefficienza che contraddistingue il
settore pubblico.
A causa della scarsa quantità di materiale teorico esistente nel nostro paese
relativamente all’applicazione delle tecniche di gestione della crisi nel settore
pubblico, confermata dal fatto che due tra i maggiori esperti non abbiano quasi mai
avuto esperienze di gestione completa delle emergenze in questo settore, ad una
prima parte prettamente teorica, in cui si cercano di contestualizzare nel mondo della
Pubblica Amministrazione strumenti e tecniche nati per l’impresa privata, ne segue
una seconda di ricerca e d’indagine sul campo, di analisi di casi concreti, alla ricerca
di una cultura della crisi che forse non esiste nel mondo della Pubblica
Amministrazione, ma verso la quale forse qualcosa si inizia a muovere.
8
Ciò in un ambito come il Crisis Management che non può prescindere dai casi nei
quali viene, o non viene, applicato. A causa delle peculiarità con cui ogni crisi si
manifesta, nel suo essere diversa e irripetibile perché appartenente ad un dato
contesto, in un dato momento, la disciplina della gestione della crisi cresce
avviluppata alle singole occorrenze.
Questa tesi procede come una messa a fuoco graduale, dal generale al particolare. Da
una visione generale che considera la crisi come un momento di perturbazione che
può colpire qualsiasi organizzazione in qualsiasi momento, il fuoco pian piano si
stringe, passando per l’applicazione di strategie pratiche di azione e comunicazione
nel mondo della Pubblica Amministrazione, fino a fermarsi sull’analisi della realtà
concreta. Si sofferma ad indagare la realtà di un comune italiano, alle prese con casi
di crisi che vanno da un livello di visibilità massima fino a casi microscopici, di
ordinaria amministrazione, problemi quotidiani che evolvono in crisi generando
emergenze, a cui la Pubblica Amministrazione è chiamata a far fronte con
tempestività e creatività.
Nella prima parte, Scenari, si esplicano le caratteristiche che una crisi ha per
definizione e la reazioni che l’ambiente sperimenta al suo sopraggiungere. Nella
seconda parte, Crisis Management: principi di Azione e Comunicazione, si
descrivono le fasi del processo di crisis management dal punto di vista operativo e da
quello comunicativo. Nella terza parte, Case Studies, si analizzano casi reali di crisi,
occorsi nella città di Bologna.
La Pubblica Amministrazione è ciò attorno a cui ruotano le tre parti, presente come
riferimento, presente come causa, presente come soluzione. Non si è fatta distinzione
tra organismi della Pubblica Amministrazione elettivi e non, né tra livello burocratico
- gestionale all’interno degli stessi perché nei confronti della cittadinanza,
dell’opinione pubblica e dei suoi rappresentanti, il rapporto di comunicazione
dovrebbe essere attivato indipendentemente dall’organismo in sé e dal livello politico
e burocratico, e ciò a maggior ragione in stato di crisi.
In ogni teoria sul Crisis Management si afferma che una crisi, se mal gestita, può
portare alla morte di chi la vive. Questa tesi nasce nell’idea che, nonostante tutte le
crisi che possa attraversare e che realmente attraversa, la Pubblica Amministrazione
non possa giungere alla morte, non oggi almeno, ma possa solo migliorarsi.
9
SCENARI
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CAPITOLO 1
LA SITUAZIONE DI CRISI
1.1 Contesto
“La comunicazione istituzionale d’emergenza è il momento della verità di un paese”
G. Puglisi. Materiali del Primo Forum sulla comunicazione
d’emergenza e di crisi.
Cogne, 8 giugno 2002
A partire dai primi anni novanta
1
lo Stato italiano fa ricorso alla disciplina nominata
Gestione delle Emergenze, adottata dalle autorità governative e dalle
Amministrazioni centrali, regionali e locali, ai fini della prevenzione, della gestione e
del controllo delle emergenze in generale. Il compito in materia di protezione civile
di ogni paese maturo è quello di disporre di una macchina efficiente ed efficace per
intervenire in casi di emergenza, ma soprattutto è quello di operare in modo tale da
evitare di doverla usare. Ciò significa una attenzione e un impegno costanti da parte
del Governo e delle Amministrazioni, ma anche una attenzione da parte della società
civile che agisce nell’economia, nella cultura, nel sociale, affinché si operi per
eliminare le contraddizioni tra l’uomo e il territorio, tra l’uomo e l’ambiente, tra
l’uomo e l’uomo, al fine di creare e mantenere quell’equilibrio indispensabile a
prevenire l’emergenza, equilibrio che, per la storia e la cultura dell’Italia, è ancora
lontano da una concreta realizzazione. Dovrebbe essere nella consapevolezza di un
paese la certezza che a monte di una crisi non vi è sempre un evento epocale, ma la
società può essere sconvolta se il Governo non informa la collettività dei rischi che
può correre e non la prepara ad affrontare i problemi più difficili, costruendo sulla
base di queste istruzioni un reciproco clima di fiducia e collaborazione. Come tale
ogni paese deve occuparsi della prevenzione degli eventi critici, degli interventi
1
Si fa riferimento alla legge 24/02/1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, oggi
denominato Sistema nazionale di protezione civile.
11
durante l’impatto e del successivo ripristino della situazione antecedente. Queste tre
fasi d’intervento, per offrire risultati efficaci devono poter poggiare su una solida
base di comunicazione e d’informazione pubblica che prende il nome di
comunicazione d’emergenza, strumento indispensabile per gestire esigenze e
congiunture che possono diventare dirompenti e disastrose.
Una calamità che evidenziò situazioni critiche nella gestione della
comunicazione fu quanto avvenne nel 1980, a seguito del terremoto dell’Irpinia.
La mancata richiesta di interventi di soccorso da parte di alcuni comuni colpiti
dal sisma venne interpretata dalle autorità pubbliche come una non necessità
d’aiuto e non come un’impossibilità di comunicare. Solo dopo due giorni il
dramma, che aveva interessato decine di paesi della Basilicata e della Campania,
fu evidente nella sua reale estensione, ma l’arrivo dei soccorsi fu tardivo e ciò
determinò un forte clima di collera nei confronti dell’Amministrazione pubblica
preposta al soccorso.
In momenti di crisi le istituzioni diventano il punto di riferimento per il cittadino: è ad
esse che la collettività guarda, aspettando che si facciano sostegno e guida. Le
aspettative e la fiducia manifestate dai cittadini verso le istituzioni nei casi di
emergenza denotano uno stato di ansietà diffuso, dovuto a carenza di comunicazione
tra l’ente e la collettività. Una corretta gestione della crisi e della comunicazione in
stato d’emergenza diventa quindi un dovere istituzionale e contemporaneamente
un’esigenza, tale da veicolare all’esterno un’immagine di efficienza e tempestività,
volta a trasmettere anche un significato di sicurezza.
Si può comunque sostenere che in Italia nel caso della Funzione Pubblica la
comunicazione d’emergenza è la relazione o interazione quotidiana che la sfera
pubblica ha con i cittadini. Ciò nell’ottica di una credenza sedimentata sugli
immobilismi e le inefficienze del pubblico che genera un ossimoro, secondo il quale
l’emergenza è ovunque, la crisi permea ogni aspetto della vita quotidiana, dal
problema della disoccupazione alla difficoltà d’integrazione con l’immigrato, al
blocco del traffico cittadino. È l’ossimoro della straordinaria ordinarietà, là dove in
ogni aspetto della vita pubblica del paese sono riscontrabili casi di crisi; è la presenza
della discontinuità nella continuità che fa sì che la relazione di comunicazione tra
Amministrazioni e cittadini si possa vedere come comunicazione di crisi, fino ad
12
arrivare poi alla crisi della comunicazione stessa, là dove il Paese, attraverso i suoi
organi, non è in grado di gestire la comunicazione d’emergenza.
1.2 Definizione e caratteristiche
La crisi si manifesta come un evento straordinario, caratterizzato da visibilità esterna,
che irrompe nella vita dell’ente e della comunità in cui esso opera, disgregandone gli
equilibri e facendone saltare i meccanismi di funzionamento. La crisi è un momento
di perturbazione, uno scarto che altera equilibri e relazioni esistenti all’interno e
all’esterno del soggetto sociale colpito, una transizione in cui regole e norme del
funzionamento ordinario appaiono inutili a risolvere il problema. Caratterizzata da
ripercussioni tali da arrivare a pregiudicare l’esistenza duratura ed autonoma
dell’organizzazione, la crisi richiede delle scelte, costringe a delle azioni sotto un
vincolo temporale stringente, pena la totale perdita di controllo; con un effetto
sorpresa e implicazioni negative al suo primo manifestarsi è in grado di ostacolare gli
obiettivi a lungo termine dell’amministrazione, sorprendendo chi alla direzione mai
avrebbe pensato che l’evento si sarebbe potuto verificare nei tempi e nei modi in cui
poi si è sviluppato.
Data la complessità ed eterogeneità del fenomeno non esiste una definizione unica
dell’evento critico, tuttavia, sebbene attraverso accezioni differenti, miranti a cogliere
le caratteristiche oggettive della crisi, è possibile delineare un quadro di peculiarità
che possono riproporsi al verificarsi di ogni manifestazione critica:
“Le crisi sono situazioni in cui la sopravvivenza dell’organizzazione è in pericolo, ed
è percepita come tale”
2
“Una crisi è un momento di svolta, una condizione instabile caratterizzata
dall’incombere di un cambiamento decisivo”
3
“Una crisi è un evento scatenante”
4
2
Cfr. Milburn, T.W. Schuler, R.S. Watman, K.H., (1983): “Organizational Crisis. Part I: Definition and
Conceptualization”, Human Relations, 36, 12, 1161-1180, cit. in Gilardoni (1994).
3
Cfr. Fink, S. (1986): Crisis Management, New York, AMACOM, cit. in Gilardoni (1994).
13
“Una situazione rappresenta una crisi organizzativa se ha i seguenti cinque attributi:
grande rilevanza, bisogno di immediata attenzione, sorpresa, necessità di azione e
impossibilità di controllo da parte dell’organizzazione”
5
Pur nella loro parzialità, le definizioni presentate convergono su due aspetti
principali: la gravità del fenomeno, impossibile da ricondurre solo all’entità del
danno materiale, e l’importanza delle sue ripercussioni sull’opinione pubblica; un alto
fattore di criticità nella gestione a causa dell’imprevedibilità dei modi con cui
l’evento si manifesta e il ridottissimo tempo a disposizione per affrontare la
situazione. Pur non essendo mai coincidenti, le situazioni di crisi si caratterizzano per
la mancanza di tempo e la scarsità di risorse a disposizione. Le P.A. chiamate a
fronteggiare e superare con successo le situazioni di emergenza devono rispondere
con tempismo e accuratezza nel predisporre procedure d’informazione verso le
diverse istituzioni interessate dall’emergenza, riguardo alla mobilitazione di tutte le
risorse interne ed esterne necessarie e nel rassicurare i cittadini.
Le catastrofi naturali, la diffusione di epidemie, gli incidenti tecnologici, i sabotaggi,
sono esempi di eventi che costituiscono gravi minacce per gli enti, sia per i costi
legati al risarcimento dei danni diretti alle persone e all’ambiente, sia per le
ripercussioni derivanti. Siano esse sull’immagine o sull’operatività interna
dell’azienda, queste ripercussioni possono avere gravi conseguenze sulla struttura e
sull’attività dell’amministrazione, fino alla revoca del mandato di governo che
coincide con ciò che nel crisis management viene considerato la morte dell’impresa.
Ogni organismo sociale cerca sicurezza e stabilità per poter operare nella propria
comunità, ma il suo esistere è comunque teso verso una possibilità di crescita: il venir
meno di una di queste due condizioni può essere alla base dello svilupparsi di una
crisi. Il fattore scatenante può essere un incidente, un evento imprevisto che deteriora
il rapporto di fiducia di cui l’amministrazione gode agli occhi dell’opinione pubblica;
i rapporti interni tra diversi centri di potere, i conflitti e i problemi esistenti tra organi
di governo con mandati limitati ed una burocrazia inamovibile; una condizione di
insolvenza, derivante da un’imprevista riduzione o dilazione delle entrate. Una crisi
4
Cfr. Turner, B.A. (1976): “The Organizational and Interorganizational Development and Disasters”, Administrative
Science Quarterly, 21, 378-397, cit.in Gilardoni (1994).
5
Cfr. Reilly, A.H. (1986): “An Etnography of Organizational Crisis: Toward a folk Definition and Preliminary
Taxonomy”, unpublished working paper, cit. in Gilardoni (1994).
14
può derivare da rapporti e relazioni conflittuali tra l’ente ed altri soggetti sociali
facenti parti dell’ambiente esterno, esempio ne siamo le relazioni diplomatiche e
internazionali; da disequilibri interni alla capacità operativa del soggetto stesso, come
errori gestionali e tecnici; da alterazione degli equilibri dell’ecosistema naturale a
causa dell’azione dell’uomo o di catastrofi ambientali.
Per quanto riguarda le situazioni di crisi che ogni P.A. deve affrontare, ci sono
emergenze consolidate: l’arretratezza del Sud del mondo, i problemi dell’ambiente,
l’Aids sono esempi di problemi incontenibili di grandezza planetaria con cui organi
di governo e istituzioni devono confrontarsi costantemente. Ci sono emergenze
annunciate, legate a timori della vita quotidiana: il confronto con l’immigrazione, lo
spettro della disoccupazione, la mancanza di garanzie per il futuro, sono problemi
latenti che affiorano in superficie, occupando lo spazio mediatico con cadenza
intermittente, rispetto ai quali le P.A. sono inevitabilmente chiamate a far fronte. Ci
sono poi le emergenze mancate, i “disastri sfiorati” e i “poteva trasformarsi in
tragedia” di cui si nutrono i media e le opposizioni politiche, in un gioco di confronti
e accuse che può avere conseguenze reali per le amministrazioni.
Ogni ente è consapevole sia dell’impatto gravissimo che ognuna di queste minacce
può avere per la sua sopravvivenza, sia dell’impossibilità di ridurre a zero la
probabilità del verificarsi di tali eventi. Più raramente le organizzazioni sono
consapevoli del fatto che, nonostante problemi e vincoli imposti da una crisi, essa
porti con sé anche delle opportunità di cambiamento e di nuova crescita. Il
sopraggiungere di una crisi e l’apprendimento della sua gestione implicano
necessariamente rotture culturali profonde: occorre passare dalla certezza cieca nelle
proprie capacità ad un interrogarsi costante; bisogna uscire dal territorio abituale in
cui tutto è strutturato per aprirsi ad altre pratiche e riferimenti, chiarire i valori
fondamentali col rischio di dover introdurre cambiamenti importanti; bisogna
indagare sui propri punti di forza e debolezza, valutare le capacità effettive, al di là di
presupposti ed abitudini sedimentate; bisogna comunicare in modo ampio e
trasparente senza il paravento della riservatezza, abbandonando l’atteggiamento di
difesa in favore di una apertura ed una riflessione sulle proprie responsabilità.
15
1.3 Dall’emergenza alla destabilizzazione
Nell’occorrere di una crisi la contingenza dell’incidente si sviluppa fino a generare
fenomeni di emergenza, a fronte dei quali le ordinarie strutture di risposta ai problemi
sono del tutto inadeguate.
Alla gravità della situazione, sinteticamente esprimibile con l’entità del danno
economico e sociale ad essa collegato, si sovrappongono la bassa prevedibilità
dell’evento, quindi la necessità di agire in tempi brevissimi e con la massima
attenzione, e una brusca alterazione degli equilibri interni all’azienda, dovuti al forte
impatto disorientante che la crisi determina sulla psicologia degli individui coinvolti,
impreparati a far fronte all’inaspettato.
La crisi proietta il sistema sul terreno della destabilizzazione, ovvero del
disorientamento e della perdita dei consueti punti di riferimento, sia a livello
individuale, sia a livello di strutture.
Le principali difficoltà generate da una crisi possono essere ricondotte a tre ordini di
fenomeni e reazioni
6
: disordine, deflagrazione, divergenza. Il disordine coincide con
la minaccia di disgregazione del sistema in quanto struttura organizzata e
funzionante: saltano gli equilibri interni, si allentano i meccanismi di funzionamento,
le alleanze si dissolvono e i conflitti divengono palesi; la deflagrazione rende nulla la
capacità di risposta, annientata da difficoltà che si accumulano, si sovrappongono, si
scontrano; le divergenze diventano inevitabili: scelte e valori sono costantemente
messi in dubbio, mentre emergono contraddizioni e nuove prospettive vengono alla
luce. Nell’improvviso e veloce emergere e svilupparsi della crisi i tre ordini di
difficoltà si accentuano e s’influenzano a vicenda, disgregando alla base il sistema
preesistente, là dove all’universo globale di riferimento non restano che caratteri di
aleatorietà e precarietà.
La crisi mette alla prova capacità e valori dell’organizzazione, fa riemergere
mancanze che si credevano colmate e difetti che si ritenevano assorbiti. Anche
quando è progressiva è avvertita come evento improvviso che irrompe nella struttura
dell’organizzazione e penetra nell’intimità dell’individuo: è una situazione
difficilmente comprensibile, vissuta come una parentesi al di fuori della realtà
oggettiva. La crisi coglie impreparata l’organizzazione che non riesce a sopportare
6
Si fa riferimento alla regola delle tre D secondo la schematizzazione proposta in Lagadec (1994).