IV
condotta adottata dalle imprese. Accanto a questo, un altro motivo per il quale è stato
scelto il crisis management come soggetto di trattazione è che spesso si ignora quante
realtà entrino in gioco nel momento in cui un’impresa si trova ad affrontare una
situazione d’emergenza. La gran parte del pubblico ritiene, infatti, che l’unica arma
vincente sia la comunicazione, e che chi è in grado di gestirla bene supererà anche la
crisi. La comunicazione, invece, è di sicuro uno dei cardini fondamentali della gestione
delle emergenze, ma è altrettanto certo che da sola non consente all’impresa di tornare
alla normalità; scoprire quali sono gli altri cardini è ciò che ha spinto ad analizzare cosa
sottintende il processo di gestione delle crisi.
In questo senso si è cercato di fornire una panoramica dei contributi finora apportati
dagli studiosi che si sono interessati di crisis management e di offrire, accanto a questa
panoramica teorica, delle ulteriori considerazioni tratte dall’analisi di alcuni casi
verificatisi in Italia e nel mondo.
Per lo svolgimento di questi aspetti, innanzitutto sono stati ricercati testi, articoli e saggi
teorici che trattassero del crisis management dal punto di vista teorico, in particolare i
diversi sviluppi delle metodologie ad esso riferibili. Questa prima parte di
inquadramento teorico dell’argomento, ha messo in evidenza come, però, sia difficile
attenersi soltanto a studi ipotetici e svolti in passato, spesso realizzati senza considerare
applicazioni pratiche di quanto proposto o, comunque, senza la possibilità di avvalersi
dello studio di nuovi importanti casi. È stata, quindi, sviluppata un’ulteriore sezione
dedicata all’analisi di casi concreti avvenuti negli ultimi anni in Italia e all’estero. I casi
analizzati sono stati scelti perché ritenuti particolarmente significativi ed
esemplificativi, ed alcuni perché hanno interessato anche l’Italia. Per questo studio
“empirico”, si è proceduto grazie ad articoli di giornale dello stesso periodo. Gli articoli
V
sono stati reperiti in biblioteca, tramite Internet e, per i fatti più recenti, dai quotidiani
stessi.
In conclusione, lo sviluppo del lavoro realizzato parte da alcune considerazioni relative
al concetto stesso di crisi e agli effetti che questa può avere sull’ambiente in generale e
su quello sociale in particolare.
Successivamente, ci si occupa del crisis management, cercando di darne una definizione
e di inquadrarlo all’interno di una disciplina più ampia quale è la Protezione Aziendale.
In particolare, la Protezione Aziendale comprende un’altra importante area, che spesso
viene confusa con il crisis management: il risk management. In generale, il risk
management è la gestione dei rischi puri d’impresa, cioè quei rischi che possono avere
come solo esito una perdita, e si caratterizza per il fatto di basarsi su un processo
d’analisi del rischio, valutazione economica delle alternative e applicazione della
risoluzione prescelta, oltre che per il fatto di considerare la prevenzione dei rischi
individuati come un’alternativa a strumenti di tutela finanziaria, quale l’assicurazione.
In quest’ottica, il crisis management può essere visto come parte integrante del risk
management, perché diretto a gestire il manifestarsi di rischi non comprimibili, con
l’obiettivo di ridurne gli effetti negativi. Ad esempio, il risk management può occuparsi
di situazioni quali incendi o guasti d’impianti che causano il blocco della produzione,
mentre il crisis management si interessa di eventi che hanno probabilità di accadimento
più bassa e conseguenze più gravi, come il sabotaggio di un prodotto o di un impianto, o
un disastro ambientale.
La disamina della gestione delle crisi continua considerando tale gestione come un
modello suddivisibile in diverse fasi, ovvero:
1. analisi dei rischi;
VI
2. monitoraggio e rilevazione dei segnali deboli;
3. attività di preparazione e prevenzione;
4. gestione vera e propria dell’emergenza;
5. ritorno alla normalità e attività d’apprendimento.
Ognuna di queste fasi viene analizzata autonomamente, ma tenendo sempre presente la
visione d’insieme con le altre.
Una particolare attenzione è stata riservata alla comunicazione, sia per il ruolo
fondamentale, dai risvolti tanto positivi quanto negativi, che può rivestire nella
conduzione della vicenda, sia per le conseguenze che l’emergenza stessa ha sulle
modalità di comunicazione aziendali.
Infine, sono stati presi in considerazione sette casi concreti che hanno interessato le
seguenti imprese: Johnson & Johnson, Perrier, Coca-Cola, Mercedes, Nestlè, Ford e
Bayer. Per ogni vicenda si è redatta una breve cronaca di quanto accaduto, seguita da un
giudizio, a seconda dei casi, positivo o negativo sulla gestione della crisi effettuata,
motivando le ragioni di tale giudizio con l’indicazione delle azioni, ritenute
rispettivamente giuste o sbagliate, intraprese dall’azienda sotto esame.
Dall’approfondimento dei sette casi proposti, analizzando quali comportamenti avevano
in comune quelle imprese capaci di fronteggiare con esito positivo la crisi, unito ad
alcuni aspetti teorici visti in precedenza, si sono dedotte alcune indicazioni che hanno
formato un modello di comportamento utile per affrontare in modo adeguato
un’eventuale situazione di crisi e superarla con successo.
1
Capitolo primo
LA SITUAZIONE DI CRISI
1.1 La definizione di crisi. Alla ricerca delle “parole chiave”
L’accezione odierna del termine crisi è il risultato dei diversi significati assunti da tale
vocabolo nel corso dei secoli, a partire dal mondo antico.
In greco antico “krisis” significa decisione, scelta, e segnala, quindi, una modalità
d’origine del cambiamento.
Viene in seguito usato nell’ambito del lessico medico per indicare un momento di
trasformazione cruciale, il passaggio, vantaggioso o meno, da una situazione ad
un’altra.
Il termine acquista col tempo un’accezione negativa per indicare un periodo di grande
avversità; in particolare in campo economico, all’interno del ciclo cui è sottoposto lo
sviluppo economico, la crisi è la fase peggiore del periodo di recessione
1
.
Con il termine crisi si indicano, però, anche particolari situazioni in cui può imbattersi
un’impresa nell’arco della sua vita. Ci si sta riferendo ad eventi imprevisti che la
danneggiano gravemente, sia sotto il profilo reddituale, che sotto il profilo d’immagine
2
.
Disastri naturali, catastrofi nucleari, incidenti tecnologici, azioni di tampering, atti di
terrorismo, fenomeni di spionaggio industriale, take over ostili sono alcuni dei possibili
esempi del tipo di crisi che si vuole prendere in considerazione.
Molti autori hanno cercato di definire il termine crisi, in particolare si riportano le
definizioni di alcuni studiosi:
1
DALL’ARA G., SORCI P., “Quale strategia in tempo di crisi”, Marketing espansione, n.44, 1991.
Il Dizionario della lingua italiana di Devoto G., Oli G.C. definisce la crisi come: “1. perturbazione acuta
nella vita di un individuo o di una collettività, con effetti più o meno gravi e duraturi; 2. rapida
modificazione nel corso di una malattia, cui può seguire la guarigione o un peggioramento”.
2
GILARDONI A., “Il crisis management”, Sinergie, n.35, 1994.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
2
™ “un evento non pianificato, spesso inatteso e imprevedibile, caratterizzato da una
forte carica distruttiva e foriero di intensi cambiamenti”
3
;
™ “un momento di svolta, condizione instabile caratterizzata dall’incombere di un
cambiamento decisivo”
4
;
™ “un episodio di particolare gravità in cui a pesanti conseguenze economiche si
affiancano un forte impatto sui mezzi di comunicazione ed una potenzialità di
lesione dell’immagine aziendale”
5
;
™ “un’emergenza improvvisa, che infrange gli equilibri routinari dell’organizzazione o
della comunità, che può danneggiare la posizione competitiva dell’azienda, che
richiede attenzione immediata e che è visibile all’esterno dell’organizzazione”
6
;
™ “un evento caratterizzato da bassa probabilità di accadimento, ma con gravi
conseguenze, che minaccia gli obiettivi fondamentali di un’organizzazione”
7
:
™ “una minaccia per la reputazione e la sopravvivenza dell’organizzazione”
8
;
™ “un grande momento di verità che mette a nudo le capacità organizzative effettive
delle istituzioni coinvolte e ancor più le loro culture profonde”
9
.
Si potrebbero riferire numerose altre espressioni, ma in realtà ciò che è importante
sottolineare è che non è possibile dare una definizione univoca ed universale di crisi,
perché ci sono moltissimi elementi che la rendono diversa al variare delle situazioni e
delle aziende. Addirittura nell’ipotesi che si verificasse la stessa emergenza nella stessa
3
GUERRA P., FERRARIO B., “Crisis management”, in Gilardoni A., (a cura di), Health, Safety &
Environment, Egea, Milano, 2000.
4
FINK S., Crisis Management, Amacom, New York, 1986.
5
MISANI N., TAGLIAVINI P., (a cura di), Rapporto Risk Management, Egea, Milano, 1996.
6
GIRONDA G.P., “L’impresa impara a gestire l’emergenza”, L’Impresa, n.3, 1993.
7
GIRONDA G.P., “L’impresa impara a gestire l’emergenza”, L’Impresa, n.3, 1993.
8
PEARSON C.M., MITROFF I.I., “From crisis prone to crisis prepared: a framework for crisis
management”, The Executive, vol.7 n.1, 1993.
9
LAGADEC P., Crisis Management, FrancoAngeli, Milano, 1994.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
3
impresa, ma a distanza di anni, la situazione probabilmente sarebbe comunque
differente perché potrebbero essersi evoluti la cultura e gli obiettivi dell’organizzazione,
potrebbe essere mutato l’atteggiamento dell’opinione pubblica, solo per fare qualche
esempio. Se ne conclude che ogni azienda deve approntare una propria caratterizzazione
di situazione d’emergenza.
In ogni caso, si possono individuare dei tratti specifici qualificanti la crisi
10
(figura 1.1):
1. importanza ed elevata gravità dell’evento: si riferiscono al danno subito, non solo in
termini di entità economica, ma anche come forte aumento della tensione sociale, di
deterioramento dei rapporti con gli stakeholder;
2. effetto sorpresa: se l’avvenimento non fosse improvviso e altamente improbabile,
non si avrebbe a che fare con una situazione di emergenza ma con una situazione
atipica, comunque affrontabile con schemi già in uso;
3. forte pressione temporale: lo stringente vincolo temporale impone di prendere
decisioni in modo veloce ed efficiente per scongiurare l’ulteriore aggravarsi della
situazione, dovuto alla perdita della fiducia di investitori e clienti e al deterioramento
del morale dei dipendenti; spesso l’immediata presa di coscienza di tali circostanze è
il fattore che determina il successo o l’insuccesso nella gestione della crisi;
4. inapplicabilità delle procedure decisionali e di comportamento routinarie: questo
avviene in quanto la situazione creatasi costringe ad assumere comportamenti
atipici, ad abbandonare pro tempore l’insieme di norme, rapporti gerarchici,
meccanismi organizzativi consolidatisi nel tempo;
5. aspra alterazione degli equilibri abituali: è una caratteristiche strettamente legata
alla precedente, anzi ne è una conseguenza, in quanto il dover rinunciare alle
10
GUERRA P., FERRARIO B., “Crisis management”, in Gilardoni A., (a cura di), Health, Safety &
Environment, Egea, Milano, 2000.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
4
pratiche abituali implica rinunciare anche agli equilibri organizzativi creatisi nel
tempo;
6. minaccia per la reputazione e la sopravvivenza dell’organizzazione: nel momento in
cui si è colpiti da una crisi di una certa importanza, non si deve badare troppo al
fatto di essere responsabili o meno della stessa, ciò che importa è tutelare
l’immagine, la reputazione dell’azienda, sia da probabili attacchi dei media, sia dalle
voci e supposizioni che spesso serpeggiano in questi casi
11
. Inoltre, l’immagine è
uno dei beni intangibili più importanti, soprattutto in relazione al vantaggio
competitivo che può conferire.
Figura 1.1: LE PAROLE CHIAVE DELLA CRISI
1. importanza ed elevata gravità dell’evento
2. effetto sorpresa
3. forte pressione temporale
4. inapplicabilità delle procedure decisionali e di comportamento routinarie
5. aspra alterazione degli equilibri abituali
6. minaccia per la reputazione e la sopravvivenza dell’organizzazione
Fonte: ns. elaborazioni
Sono questi i denominatori comuni che aiutano a cogliere le caratteristiche oggettive
della crisi, le quali non forniscono però un sufficiente aiuto alle organizzazioni colpite.
E’, infatti, importante considerare anche e soprattutto in base a quali criteri una
situazione è percepita dagli individui come crisi, a prescindere da una valutazione
puramente oggettiva: solo se tale situazione è avvertita, percepita come critica si
11
BERGE D., “Cosa fare quando il lupo è alla porta”, L’Impresa, n.5,1991.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
5
innescano i comportamenti tipici dei casi di emergenza. A questo proposito alcuni
autori
12
inseriscono nella concezione di crisi una forte componente percettiva, scindibile
nelle componenti, presenti contemporaneamente:
♦ minaccia: consiste in un evento capace di impedire il raggiungimento degli obiettivi
del management;
♦ tempo: da intendersi come vincolo temporale stringente, presente quando il tempo a
disposizione per prendere le decisioni è molto breve;
♦ sorpresa: il management non avrebbe mai immaginato di dover affrontare simili
circostanze, con un conseguente senso di smarrimento.
Quindi, per identificare e definire una crisi bisogna tenere conto sia degli aspetti
oggettivi di essa, che degli aspetti percettivi riguardanti coloro che la vivono.
12
GILARDONI A., “Il crisis management”, Sinergie, n.35, 1994.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
6
1.2 La dinamica della crisi: dall’emergenza alla destabilizzazione
Durante l’arco di vita di un’impresa possono accadere degli eventi considerati
eccezionali (ad esempio un incendio), che allo stesso tempo sono avvenimenti
prevedibili, le procedure d’intervento sono note, gli specialisti necessari sono già
individuati, i ruoli e le responsabilità sono suddivisi in modo chiaro. Sono situazioni
pericolose ma gestibili, in quanto si hanno a disposizione i mezzi necessari.
Le situazioni di crisi qui considerate sono invece fenomeni di grandissima ampiezza,
che possono ingigantirsi sempre più per la presenza di meccanismi moltiplicativi. Le
procedure d’intervento sembrano aggravare la situazione piuttosto che migliorarla; il
numero delle persone che intervengono continua ad aumentare, con la conseguenza di
ostacolare la comunicazione. L’organizzazione non si trova più solo in una stato
d’emergenza, ma vede scomparire i suoi punti di riferimento, entrando così anche nel
terreno della destabilizzazione
13
: la dinamica della crisi è data, appunto, da emergenza e
destabilizzazione.
CRISI = EMERGENZA + DESTABILIZZAZIONE
La questione è rimandata ai più alti livelli della gerarchia, i cui appartenenti, per
decifrare l’urgenza che ha colpito l’impresa, possono riportare alla mente propria e di
tutti gli altri la regola mnemotecnica che consente di definire al meglio la dinamica della
crisi, la cosiddetta regola delle “3 D”
14
:
⌢ deflagrazione: la crisi scatena una serie di difficoltà, che mettono a dura prova il
sistema di risposta, accumulandosi e scontrandosi tra loro; inoltre, si ha
l’impressione di combattere qualcosa di aleatorio ed inafferrabile, cosicché le cause
13
LAGADEC P., Crisis Management, FrancoAngeli, Milano, 1994.
14
LAGADEC P., Crisis Management, FrancoAngeli, Milano, 1994.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
7
reali dell’emergenza sfuggono all’azione dell’organizzazione;
⌢ disordine: la crisi incombe sul funzionamento stesso dei sistemi coinvolti, poiché
non è più chiaro a chi spettino determinate responsabilità, concretamente non si
capisce più chi debba fare che cosa e su quali basi; tutto ciò non si traduce in una
semplice confusione, ma in una minaccia di disgregazione del sistema in quanto
organizzazione;
⌢ divergenza sulle decisioni essenziali, che si traduce in lacerazioni profonde, causate
dal fatto che la crisi mina le basi vitali di un sistema; in questo modo si arriva a
mettere in discussione i valori stessi dell’impresa, con un dominio prevalente
dell’ambiguità invece che della chiarezza; viene perso di vista l’universo di
riferimento.
Queste difficoltà, inoltre, interagiscono tra loro accentuandosi reciprocamente: il
disordine rafforza la deflagrazione e le divergenze minacciano le soluzioni
organizzative.
Tenendo presente questa struttura del problema rappresentato dalla crisi, si capisce che
alla base di quest’ultima non c’è solo l’urgenza, ma ancor più il pericolo di una
destabilizzazione profonda.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
8
1.3 Alcune proposte di classificazione della crisi
Poiché il numero delle crisi potenziali è teoricamente infinito, nessuna organizzazione
può permettersi di prevedere e pianificare tutte i possibili avvenimenti negativi. Emerge
così il problema di individuare le tipologie di crisi a cui è doveroso che l’impresa sia
preparata e che essa deve anche saper gestire.
Per dare una risposta a questo interrogativo, gli studiosi hanno proposto diverse
classificazioni, che si basano anche su criteri differenti.
Alcuni
15
distinguono nove tipi di crisi, basandosi sulle possibili cause di essa:
la crisi d’opinione e d’immagine;
la rottura del mercato;
la crisi di successione;
la crisi finanziaria;
la crisi sociale;
l’Opa contraria;
la crisi politica/internazionale;
la regulation;
la deregulation.
Altri
16
sostengono che a queste tipologie ne vanno aggiunte altre, quali:
problemi nelle relazioni industriali;
incidenti e disastri nucleari;
pericoli criminali;
problemi con il prodotto.
Alcuni autori
17
hanno sostanzialmente proposto le stesse cause, ma schematizzandole a
15
LAGADEC P., Crisis Management, FrancoAngeli, Milano, 1994.
16
BERGE D., “Cosa fare quando il lupo è alla porta”, L’Impresa, n.5,1991.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
9
seconda che rientrino nella sfera ambientale, del sistema concorrenziale o aziendale
(figura 1.2).
Figura 1.2: ALL’ORIGINE DELLA CRISI
AMBIENTE
Catastrofi naturali
Atti di terrorismo
Catastrofi ecologiche
Situazione economica negativa
Circolazione di notizie negative
Evoluzione dei consumatori
Interventi legislativi
SISTEMA CONCORRENZIALE
Concorrenzialità accentuata
Sviluppo tecnologico imprevisto
AZIENDA
Incidenti tecnologici
Sabotaggi
Errori di produzione
Aumento dei costi di produzione
Declino del prodotto
Incapacità di adattamento
Mancanza di risorse
Fonte: ns. adattamento da DALL’ARA G., SORCI P., “Quale strategia in tempo di
crisi”, Marketing Espansione, n.44, 1991.
È stato proposto
18
anche un modello che indaga in modo più esteso sulle potenziali
situazioni d’emergenza (figura 1.3). Questo modello è stato realizzato empiricamente
grazie alle ricerche effettuate dall’U.S. Center for Crisis Management, che ha utilizzato
per tale realizzazione le risposte date ad un questionario dai responsabili delle relazioni
pubbliche delle prime 1000 imprese classificate da Fortune. Si è in tal modo ottenuta la
struttura delle diverse tipologie di crisi in base alle caratteristiche comuni presentatesi
nelle imprese selezionate.
17
DALL’ARA G., SORCI P., “Quale strategia in tempo di crisi”, Marketing Espansione, n.44, 1991.
18
PEARSON C.M., MITROFF I.I., “From crisis prone to crisis prepared: a framework for crisis
management”, The Executive, vol.7, n.1, 1993.
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
10
Figura 1.3: TIPOLOGIE DI CRISI
Fonte: PEARSON C.M., MITROFF I.I., “From crisis prone to crisis prepared: a
framework for crisis management”, The Executive, vol.7, n.1, 1993.
La dimensione verticale del grafico allude alla differenziazione tra crisi percepite come
di natura essenzialmente tecnico-economica in antitesi a quelle di natura essenzialmente
umano-sociale; pertanto i quadranti superiori riportano situazioni causate da un errore
nelle procedure tecniche o nei sistemi informativi, mentre quelli inferiori situazioni che
possono essere imputate al comportamento umano o ai sistemi sociali. Il tipo “malattie
professionali” si trova a metà dell’asse verticale, perché si tratta di un evento che può
riferirsi sia ad errori dell’uomo, sia a carenze tecniche.
La dimensione orizzontale riporta, invece, le modalità con cui si manifesta la crisi. I
quadranti di destra riproducono crisi che traggono la propria origine da accadimenti
relativamente poco importanti, irrilevanti, che degenerano in una situazione di grande
emergenza. I quadranti di sinistra si riferiscono a tipologie dovute ad aberrazioni o a
Capitolo 1. LA SITUAZIONE DI CRISI
11
deviazioni dalla normalità. Il riquadro “percezioni” si collega a quelle crisi la cui origine
è stata una minaccia alla reputazione dell’impresa. La catastrofe può essere una causa in
se stessa oppure l’effetto di una parzialmente normale rottura.
Le macroclassi individuate, quindi, sono:
attacchi esterni di natura economica;
attacchi esterni di natura informativa;
danni psicologici;
rotture;
oltre alle classi più particolari: grandi danni, malattie professionali, percezioni.
Si riporta, infine, una distinzione che, basandosi sui fattori che scatenano la crisi,
individua cinque generi di emergenza
19
:
I. tecnologica;
II. infrastrutturale;
III. che coinvolge i fattori umani;
IV. che coinvolge la cultura;
V. che coinvolge la sfera emotiva.
Quanto più i messaggi che derivano da uno stato critico hanno connotati che
interagiscono con la sfera emotiva dei consumatori, tanto maggiori sono l’impatto di
una crisi e i suoi effetti negativi nel tempo, e da questa considerazione deriva la
sequenza dell’elenco.
19
GRATTAGLIANO F., “Cinque livelli per l’allarme rosso”, Il Sole 24 Ore, 11/10/1999.