PARTE PRIMA – DIALETTICA, STORIA E LIBERTÀ
DAL MATERIALISMO ENGELSIANO ALLA PRASSI
GRAMSCIANA
I – SUPERAMENTO DELL’IDEALISMO E STORIA DELLE FORZE
PRODUTTIVE IN F. ENGELS
RAPPORTO PENSIERO-ESSERE E CRITICA DELL‟IDEALISMO
Il problema fondamentale della filosofia, in particolare di quella moderna,
riguarda il rapporto del pensiero con l‟essere (o dello spirito con la natura). Dai
tempi più antichi, gli uomini iniziano a farsi l‟idea che i loro pensieri e le loro
sensazioni non siano un‟attività del loro corpo ma di un‟anima immortale. In
modo simile, attraverso la personificazione della natura nascono i primi dèi, e a
loro volta da questi nasce l‟idea del dio unico, esclusivo, delle religioni
monoteiste.
La questione, dunque, del rapporto pensiero-essere, come della religione, ha
le sue radici nelle rappresentazioni ristrette tipiche dello stato selvaggio. La
questione continua a essere affrontata nell‟Antica Grecia e con la Scolastica
medievale, ma soprattutto dopo la fine del Medioevo si acuisce nella forma del
grande dilemma: è dio che ha creato il mondo, o il mondo esiste dall‟eternità? I
filosofi, di conseguenza, s‟iniziano a dividere in due grandi campi: quello
dell‟idealismo (priorità dello spirito rispetto alla natura) e del materialismo
(priorità della natura rispetto allo spirito).
Inoltre: pensiero ed essere coincidono? Vi è identità tra di loro? La maggior
parte dei filosofi risponde in modo affermativo a queste domande; ad esempio,
secondo Hegel ciò che conosciamo del mondo reale è precisamente il suo
contenuto ideale.
Altri filosofi invece – Hume, Kant, solo per fare due nomi tra i più
importanti – contestano la possibilità di una conoscenza del mondo o comunque di
5
una conoscenza esauriente di esso. Saranno l‟esperimento e l‟industria a smentire
sia Hume sia Kant, in quanto qualcosa che è in-sé può diventare cosa-per-noi,
cioè possiamo riprodurla attraverso l‟esperimento e l‟industria.
Come nella Francia del XVIII secolo, così nella Germania del secolo
successivo la rivoluzione filosofica apre la strada a quella politica; però, se da una
parte i francesi sono in lotta aperta contro la Chiesa, lo Stato e la scienza ufficiale,
al contrario i tedeschi sono perfettamente inseriti nel sistema accademico ufficiale.
La famosa tesi di Hegel sul rapporto Reale-Razionale viene, ad esempio – spiega
Engels – usata da Federico Guglielmo III per giustificare il sistema dispotico
dominante. È da notare però come per Hegel non tutto ciò che esiste sia reale;
anzi, nella storia umana tutto ciò che è reale col tempo diventa
irrazionale:insomma, ogni cosa contiene già in sé l‟irrazionalità, “tutto ciò che
esiste è degno di perire”
10
.
Nell‟imponente sistema hegeliano – culmine dell‟idealismo tedesco
inaugurato da Kant – per la prima volta tutto il mondo naturale, storico e spirituale
è presentato come un processo, un movimento, una trasformazione, uno sviluppo
senza tregua, ed è mostrato il nesso intrinseco al processo stesso.
Mettendosi da questo punto di vista, la storia dell‟umanità appariva
non più come un groviglio confuso di violenze insensate che sono
tutte ugualmente condannabili davanti al tribunale della ragione
filosofica (…), ma come il processo di sviluppo dell‟umanità stessa
11
.
Anche l‟idealismo hegeliano ha però il grande limite di considerare i
pensieri non come le immagini riflesse delle cose e dei fenomeni reali ma, al
contrario, di considerare le cose stesse e il loro sviluppo come immagini riflesse di
idee eterne, esistenti in qualche “luogo” già prima del mondo.
L‟idealista è insomma convinto che il puro materiale intellettivo sia prodotto
dal pensiero; che quindi anche ogni azione, in quanto mediata dal pensiero stesso,
gli sembra fondata in quest‟ultimo. L‟idealismo tedesco fu superato dal
materialismo, ma non, come spesso si crede, da quello puramente metafisico e
10
F. ENGELS, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori
Riuniti, Roma, 1950, p.19.
11
F. ENGELS, Antidühring, Editori Riuniti, Roma, 1971, p. 26.
6
meccanicistico del XVIII secolo. Tanto l‟idealismo quanto il materialismo
meccanicistico non riconoscono infatti il principio che le lotte di classi poggiano
su interessi materiali, e anzi in generale non riconoscono gli interessi materiali
come fondamentali. Di conseguenza, considerano la produzione e i rapporti
economici come elementi subordinati, accidentali della “Storia della Civiltà”.
Ciò che del sistema hegeliano permane come essenzialmente rivoluzionario
è, secondo Engels, solo la dialettica. L‟importanza di un tale concetto è di porre
termine al carattere definitivo di tutti i risultati del pensiero e dell‟attività umana.
La verità non è più quindi un insieme di dogmi prestabiliti, ma risiede nel
processo della conoscenza stessa, nella lunga evoluzione storica della scienza.
Come la conoscenza, anche la storia non può risolversi per sempre in una
forma ideale e perfetta di Stato. Ogni passaggio storico fondamentale è in sé
necessario e quindi giustificato relativamente al proprio tempo, ma diviene caduco
e ingiustificato rispetto a nuove e superiori condizioni, “che si sviluppano a poco a
poco nel suo proprio seno”
12
. Nulla perciò esiste al di fuori del processo
ininterrotto del divenire e del perire: questo è il lato rivoluzionario della filosofia
hegeliana.
Dall‟altra parte però esiste anche un lato conservatore: nonostante per
Engels “il carattere conservatore di questa concezione è relativo, il suo carattere
rivoluzionario è assoluto”
13
, quello hegeliano rimane un sistema e in quanto tale
non può non rappresentare qualcosa di chiuso, con una fine, e contenente una
verità assoluta: questa si incarna nel sistema hegeliano stesso e, come accennato
sopra, nella monarchia di Federico Guglielmo III. Con Hegel dunque la filosofia
raggiunge il proprio apice e quindi il proprio termine.
Dopo la sua morte, si formano due tendenze tra loro contrapposte: da una
parte, l‟ala sinistra rivoluzionaria, i Giovani hegeliani, i quali prediligono il
metodo dialettico; dall‟altra, invece, la destra hegeliana, conservatrice, la quale dà
più importanza al sistema del maestro. Hegel stesso, in ogni caso, anche secondo
Engels, sembra comunque in generale più incline al lato conservatore.
12
F. ENGELS, Ludwig Feuerbach, op. cit., p. 20.
13
Ivi, p. 21.
7
Nel 1841 compare l‟Essenza del cristianesimo di Ludwig Feuerbach:
l‟entusiasmo è generale, in quanto esso insegna che gli esseri più elevati creati
dalla nostra fantasia religiosa sono solo il riflesso fantastico del nostro proprio
essere. È un passo fondamentale nel processo di superamento del millenario
sistema idealistico e religioso.
Nello specifico, l‟evoluzione di Feuerbach è quella di un hegeliano verso il
materialismo, fino alla rottura con l‟idealismo. Per Feuerbach, infatti, la tesi
dell‟esistenza pre-mondana dell‟idea assoluta e della preesistenza delle categorie
logiche prima dell‟apparizione del mondo non è altro che un residuo fantastico
della fede in un creatore ultraterreno. Il mondo materiale, percepibile dai sensi, è
invece il solo mondo reale, e la coscienza e il pensiero non sono soprasensibili ma
solo il prodotto di un organo materiale, corporeo: il cervello. Feuerbach, però –
continua Engels – si ferma qui.
Alla fine della prima metà del XIX secolo l‟idealismo inizia il suo declino.
Al tempo stesso, la scienza empirica della natura si sviluppa, tanto che è possibile
anche un completo superamento dell‟unilateralità meccanicistica del XVIII
secolo. In particolare, tre scoperte sono d‟importanza capitale: quella della cellula,
quella della trasformazione dell‟energia e quella della teoria darwininana
dell‟evoluzione. Con queste tre grandi scoperte i principali processi della natura
sono spiegati e ricondotti a cause naturali.
“L‟unità di ogni movimento nella natura non è più un‟affermazione
filosofica, ma un fatto scientifico”
14
, la natura è diventata un sistema chiaro nei
suoi nessi e processi. Il vero idealismo di Feuerbach si mostra quando la sua
riflessione giunge alla filosofia della religione e all‟etica. La religione è per
Feuerbach infatti nient‟altro che il rapporto tra uomo e uomo, senza mediazione,
l‟amore immediato tra due singoli. Questi rapporti umani, naturali, sono la nuova
vera religione. Egli non vuole quindi sopprimere la religione, ma completarla, e la
stessa filosofia deve dissolversi in essa. Per quanto riguarda invece l‟etica,
nella forma egli è realistico, egli parte dall‟uomo; ma non dice
assolutamente nulla del mondo in cui quest‟uomo vive, e perciò
14
Ivi, p. 89.
8
l‟uomo rimane sempre lo stesso uomo astratto che era il protagonista
della filosofia della religione
15
.
La filosofia di Feuerbach non considera dunque l‟istanza rivoluzionaria, ma
si abbandona ad una velleitaria e sentimentalistica riconciliazione universale. La
sua rimane, insomma, nient‟altro che una filosofia astratta, astorica. Marx ed
Engels gli rivolgono principalmente tre critiche:
- quello di Feuerbach è un materialismo meccanicistico, non prende cioè in
considerazione gli sviluppi della chimica e della biologia;
- non è storico, né dialettico ma metafisico, non applica cioè correttamente
la dottrina dell‟evoluzione;
- concepisce l‟essenza dell‟uomo in modo astratto, e non come l‟insieme di
tutti i rapporti sociali (concretamente e storicamente determinati), quindi si limita
solo a spiegare il mondo, mentre si tratta di mutarlo: esso non comprende
l‟importanza dell‟attività rivoluzionaria pratica. “I filosofi hanno solo
diversamente interpretato il mondo; si tratta ora di trasformarlo”
16
.
Toccherà a Marx arrivare alla storia, senza fermarsi alla natura, compiere
totalmente il superamento dell‟idealismo, della filosofia stessa, uscire dal “punto
di vista del vecchio materialismo”
17
, che è ancora quello della società borghese.
Il materialismo concepisce i concetti del nostro cervello come riflessi delle
cose reali, invece che concepire quest‟ultime come riflessi di un determinato
concetto assoluto. S‟inizia, quindi, a interpretare il mondo reale – natura e storia –
in modo libero rispetto alle credenze e ai pregiudizi idealistici. Per la prima volta,
la concezione materialistica “viene applicata in modo conseguente, almeno nelle
sue grandi linee, a tutti i campi del sapere che si dovevano prendere in
considerazione”
18
.
Marx non si accontenta di mettere da parte Hegel (come fa invece
Feuerbach), ma si collega al suo lato rivoluzionario, alla dialettica. Anche questa
va però ridefinita, resa concreta. Infatti, per Hegel l‟evoluzione dialettica che si
15
Ivi, p. 48.
16
K. MARX, Tesi su Feuerbach, in K. MARX, F. ENGELS, Scritti di Marx-Engels del primo
periodo teorico-pratico 1843-1852, Lavoro Liberato, Milano, 1975. p.88.
17
Ivi, p. 87.
18
F. ENGELS, Ludwig Feuerbach, op. cit., p. 56.
9
manifesta nella natura e nella storia – cioè il nesso causale del progresso
dall‟inferiore al superiore che si realizza attraverso movimenti tortuosi – è un
processo che si compie dall‟eternità, e indipendentemente da ogni singolo,
concreto cervello umano. Questa inversione ideologica va eliminata, va anzi a sua
volta “ribaltata”.
Per spiegare la concezione dialettica del materialismo storico, Engels parte
da due esempi: il primo riguarda un qualsiasi corpo organico. Esso in ogni istante
è e non è il medesimo, in ogni istante elabora materie tratte dall‟esterno e ne
secerne delle altre, in ogni istante muoiono e nascono nuove cellule del suo corpo.
L‟altro esempio concerne il rapporto causa-effetto. Essi sono concetti validi
come tali solo se li applichiamo ad un caso singolo, ma se consideriamo questo
fatto singolo nella sua “connessione generale con la totalità del mondo”
19
, allora
vediamo l‟universale azione reciproca, nella quale cause ed effetti si scambiano di
continuo posizione, ciò che è effetto in un determinato punto diventa causa in un
altro, e viceversa. La dialettica insomma
considera le cose e le loro immagini concettuali essenzialmente nel
loro nesso, nel loro concatenamento, nel loro movimento, nel loro
sorgere e tramontare
20
.
Solo attraverso la dialettica si può dunque possedere una rappresentazione
esatta della totalità del mondo, del suo sviluppo e di quello dell‟umanità, nonché
dell‟immagine di questo sviluppo nella testa degli uomini. Il materialismo
dialettico studia il movimento e le tendenze di un determinato fenomeno più che il
fenomeno in sé. Bisogna perciò considerare non solo le caratteristiche del
fenomeno in questione, ma tutto l‟insieme dei fatti e dei caratteri particolari che lo
accompagnano.
La dialettica si riduceva in questo modo alla scienza delle leggi
generali del movimento, tanto del mondo esterno, quanto del pensiero
umano: a due serie di leggi, identiche nella sostanza, differenti però
nell‟espressione, in quanto il pensiero umano le può applicare in modo
consapevole, mentre nella natura e sinora per la maggior parte anche
19
F. ENGELS, Antidühring, op. cit., p. 25.
20
Ibid.
10
nella storia umana esse giungono a farsi valere in modo incosciente,
nella forma di necessità esteriore, in mezzo a una serie infinita di
apparenti casualità
21
.
Così la dialettica del concetto stesso diventa il riflesso cosciente del
movimento del mondo reale, e quindi la dialettica hegeliana “mentre prima si
reggeva sulla testa, veniva rimessa a reggersi sui piedi”
22
.
L‟idea fondamentale è che il mondo non è un complesso di cose compiute,
ma un complesso di processi, dove le cose come i loro riflessi (i concetti) non
sono stabili, ma attraversano un ininterrotto processo di origine e di decadenza,
anche con regressi momentanei, ma malgrado ciò si realizza alla fine un progresso
continuo. In Marx ed Engels però questo progresso – a differenza
dell‟evoluzionismo – non è né rettilineo né gradualista, ma a spirale e a salti: gli
impulsi interni dello sviluppo sono generati dalle contraddizioni, dagli urti tra le
diverse forze e tendenze interne.
Opposto al metodo dialettico-storico, è quello metafisico. Secondo la
concezione metafisica, le cose e le loro immagini riflesse nel pensiero, vale a dire
i concetti, sono oggetti isolati d‟indagine, da considerarsi successivamente e
indipendentemente l‟uno dall‟altro, fissi, rigidi, dati una volta per sempre. In
questo modo, positivo e negativo si escludono a vicenda, e anche causa ed effetto
stanno in una rigida opposizione reciproca. Questa maniera di pensare è la stessa
del senso comune, ma il problema nasce quando questa mentalità entra nel campo
dell‟indagine scientifica. Insomma, per Engels il pensiero metafisico è unilaterale,
limitato e astratto: una visione non dialettica vede causa ed effetto tra loro
staccate, nient‟altro che vuote antitesi polari.
Snodo fondamentale della dialettica engelsiana è invece il concetto di
“negazione della negazione”. Per spiegarlo, Engels ricorre all‟esempio del chicco
di orzo: qualcosa (il seme) viene negato per sviluppare qualcos‟altro (la pianta), e
così all‟infinito. Nella dialettica negare non significa “dir di no” o che una cosa
non sussiste, oppure distruggerla. Non bisogna, insomma, solo “negare” ma anche
21
F. ENGELS, Ludwig Feuerbach, op. cit., p. 58.
22
Ibid.
11
“sopprimere la negazione”. Bisogna perciò costruire la prima negazione in modo
tale che la seconda resti o diventi possibile.
Un altro esempio utile per spiegare il concetto di “negazione della
negazione” riguarda lo sviluppo del pensiero, il superamento dell‟antico
materialismo da parte dell‟idealismo, e come quest‟ultimo a sua volta è superato
dal moderno materialismo storico.
Quest‟ultimo, la negazione della negazione, non è la semplice
restaurazione dell‟antico materialismo, ma invece alle durevoli basi di
esso aggiunge anche tutto il pensiero contenuto in un bi-millenario
sviluppo della filosofia e della scienza della natura, nonché il pensiero
contenuto in questa stessa storia bi-millenaria
23
.
Il materialismo storico non è più filosofia, ma una concezione del mondo
che appoggia sulle scienze reali. Esso supera la filosofia, nel senso che la sorpassa
(nella forma idealistica ed astratta) e la mantiene (nel contenuto reale, dialettico).
La negazione della negazione è quindi
una legge di sviluppo estremamente generale della natura, della storia
e del pensiero e che appunto perciò ha un raggio di azione e
un‟importanza estremamente grandi (…) [e] la dialettica non è niente
altro che la scienza delle leggi generali del movimento e dello
sviluppo della natura, della società umana e del pensiero
24
.
Applicata alla morale e al diritto, la dialettica significa rifiuto di ogni legge
etica eterna, definitiva, immutabile: la morale non ha dunque più principi
permanenti, al di sopra della storia e delle differenze tra i popoli. “Ogni teoria
morale sinora esistita è, in ultima analisi, il risultato della condizione economica
della società di quel tempo”
25
.
Al contrario, il metodo idealistico, aprioristico, deduce le qualità di un
oggetto dal concetto stesso; quindi, prima crea il concetto dall‟oggetto, e dopo
rivolta tutto, il concetto diventa la misura, e l‟oggetto l‟immagine del concetto
stesso. Così avviene anche per la morale e il diritto. I borghesi non li traggono dai
23
F. ENGELS, Antidühring, op. cit., p. 147.
24
Ivi, p. 149, 150.
25
Ivi, p. 100.
12
reali rapporti sociali, ma dall‟idea da loro prodotta, nella loro mente. E questa
morale, questo diritto borghesi pretendono, di conseguenza, di essere
universalmente applicati.
“Le cause ultime” dei mutamenti sociali e politici vanno individuati non nel
finto regno delle idee, “nella loro crescente conoscenza della verità eterna e
dell‟eterna giustizia”, quindi “non nella filosofia, ma nell‟economia dell‟epoca che
si considera”
26
.
Allo stesso modo che la conoscenza dell‟uomo riflette la natura, che
esiste indipendentemente da lui, cioè la materia in sviluppo, così la
conoscenza sociale dell‟uomo (ossia le diverse concezioni e le dottrine
filosofiche, etc.) riflette il regime economico della società
27
.
MATERIALITÁ DELLA STORIA E LOTTA DI CLASSE
Il passaggio definitivo dalla finta materialità del pensiero alla concreta realtà
dell‟essere è dunque avvenuto. In una lettera a Walter Borgius del 1894, Engels
spiega che per rapporti economici si debba intendere
il modo in cui gli uomini di una determinata società producono il
proprio sostentamento e si scambiano i prodotti (nella misura in cui
esiste divisione del lavoro)
28
.
In questo concetto è quindi compresa l‟intera tecnica della produzione e dei
trasporti. Questa tecnica determina anche le condizioni economiche, vale a dire il
mondo dello scambio e della distribuzione dei prodotti e quindi anche lo Stato, il
diritto etc., oltre ai relitti trasmessi dagli stadi precedenti dell‟evoluzione
economica e anche l‟ambiente esterno che circonda questa forma di società.
Ogni produzione per Engels è un‟appropriazione (Aneignung) della natura
da parte dell‟uomo
29
. Quest‟appropriazione avviene attraverso tre fasi principali:
26
Ivi, p. 285.
27
LENIN, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, in LENIN, Tre scritti sul marxismo,
Edizioni a cura del P.C.I., Roma, 1973, p. 26.
28
F. ENGELS, Lettere di Engels sul materialismo storico (1889-95), Editrice Iskra, Firenze, 1982,
p. 71.
13
- nella prima fase l‟attività produttiva è ancora poco sviluppata, avviene
sotto il segno della naturalità e dell‟individualità. La stessa convivenza tribale non
può comportare ancora alcuna differenziazione delle mansioni, alcuna divisione
del lavoro che non sia naturale e spontanea: la famiglia rappresenta un‟embrionale
cooperativa di produzione;
- nella seconda fase si ha la genesi oggettivamente necessaria di una
funzione separata dal lavoro direttamente produttivo: la direzione del lavoro, che è
la prima forma non naturale della divisione dello stesso. Si ha un‟appropriazione
della natura secondo un piano e quindi una trasformazione del lavoro umano; di
conseguenza, si ha un accrescimento quantitativo della produzione e quindi una
relativa eccedenza di prodotti rispetto ai consumi individuali del nucleo
produttivo. La forma esemplare è perciò il carattere di merce, e quindi di scambio.
Si struttura dunque una sempre più estesa sfera dei rapporti sociali, con
conseguenti contraddizioni; si hanno inoltre forze produttive più socializzate, più
sviluppate e in parte rapporti sociali ancora parzialmente individualistici;
- l‟ultima fase riguarda il modo di produzione capitalistico: la direzione del
lavoro e il controllo delle forze produttive avvengono secondo un piano razionale
e con l‟intervento della scienza; si ha inoltre una moltiplicazione delle merci e lo
sviluppo definitivo del principio della socializzazione.
Anche qui, come nella seconda fase, la socializzazione avviene comunque
ancora entro rapporti sociali formati – anche se in maniera leggermente diversa
rispetto all‟antichità – dall‟appropriazione individuale degli strumenti necessari
alla produzione (compresa la forza-lavoro). Questi due aspetti sono tra loro in
conflitto. È l‟antagonismo tra proletariato e borghesia.
Ne L’ideologia tedesca
30
l‟analisi delle basi materiali della società umana è
analizzata in maniera ancora più esaustiva.
Il primo presupposto della storia umana ovviamente è individuato dai due
Autori nell‟esistenza d‟individui umani viventi. Gli uomini si distinguono dagli
animali non tanto per la religione e per la coscienza, ma dal momento che iniziano
29
F. ENGELS, L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, Editori Riuniti, Roma, 1970,
p. 16.
30
K. MARX, F. ENGELS, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1967.
14
a produrre i loro mezzi di sussistenza. Inoltre, producendo questi mezzi,
indirettamente producono la loro stessa vita materiale.
Il modo in cui producono questi mezzi dipende prima di tutto dalla natura
dei mezzi di sussistenza che trovano e che devono riprodurre. Ciò che essi sono è
quindi identico alla loro produzione: “ciò che gli individui sono dipende dunque
dalle condizioni materiali della loro produzione”
31
. Questa produzione presuppone
relazioni tra gli individui e la forma di queste relazioni reciproche è a sua volta
condizionata dalla produzione. In generale, il grado di sviluppo cui è arrivata la
divisione del lavoro in una nazione mostra il grado di sviluppo delle sue forze
produttive; ogni forza produttiva nuova porta ad un ulteriore aumento nella
divisione del lavoro.
Le varie fasi di sviluppo della divisione del lavoro non sono altro che forme
diverse della proprietà. Prima forma della proprietà è quella tribale: in essa vi è
ancora poca divisione del lavoro. La seconda forma è quella comunitaria antica (la
città come unione di più tribù): in essa permane ancora la schiavitù e anzi si
sviluppa il rapporto di classe tra cittadini liberi e schiavi. Nascono e si sviluppano
inoltre la proprietà mobiliare e soprattutto la proprietà privata immobiliare, che
porta alla creazione di una prima forma di proletariato. La terza forma è la
proprietà feudale o degli ordini (periodo medioevale): a differenza dell‟antichità
che partiva dalla città, il medioevo parte dalla campagna. Anche questo tipo di
proprietà (principi, nobiltà, clero) si oppone alla classe produttrice (nell‟antichità,
gli schiavi, ora i piccoli contadini che diventano servi della gleba). Questo avviene
in campagna, mentre in città domina la proprietà corporativa, l‟organizzazione
feudale dell‟artigianato. I piccoli capitali man mano risparmiati portano alla
creazione delle figure del garzone e dell‟apprendista, dando vita anche in città ad
una struttura gerarchica.
Individui determinati – i quali svolgono un‟attività produttiva secondo un
modo determinato – entrano quindi in determinati rapporti sociali e politici. A loro
volta, “l‟organizzazione sociale e lo stato risultano costantemente dal processo
31
Ivi, p. 9.
15
della vita di individui determinati”
32
. Questi individui agiscono fra limiti,
presupposti e condizioni materiali determinate e indipendenti dalla loro volontà.
La società civile viene dunque definita come
la forma di relazioni determinata dalle forze produttive esistenti in
tutti gli stadi storici finora succedutisi, e che a sua volta le determina;
[essa è] il vero focolare, il teatro di ogni storia
33
,
ed è quindi privo di senso il fatto che spesso la storiografia, e non solo, consideri
il fulcro, il cuore della storia, gli Stati, i capi, e non questi rapporti reali.
A ciascuna generazione è trasmesso da quella precedente un insieme di
forze produttive, di capitali e di circostanze che – sebbene possa essere
trasformato dalla nuova generazione – dall‟altro lato “impone ad essa le sue
proprie condizioni di vita e le dà uno sviluppo determinato”
34
. Questo insieme di
forze produttive, capitali e circostanze che ogni uomo trova come qualcosa di dato
è la “base reale della storia”
35
, ciò che alcuni filosofi chiamano, illusoriamente,
sostanza o essenza dell‟uomo. Il materialismo storico è dunque
la concezione del corso della storia mondiale, che vede la causa ultima
e la forza motrice decisiva di tutti gli eventi storici importanti
nell‟evoluzione economica della società, nei mutamenti dei modi di
produzione e di scambio, nella divisione della società in classi, che ne
deriva, e nelle lotte di queste classi tra loro
36
.
Di conseguenza le idee, le rappresentazioni, la coscienza, i pensieri, la
“spiritualità” (politica, leggi, morale, religione, metafisica etc.) degli uomini
emanano direttamene dall‟azione materiale. Gli uomini che sviluppano la propria
produzione materiale e le proprie relazioni materiali, modificano anche i prodotti
del loro pensiero: “Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che
determina la coscienza”
37
.
32
Ivi, p. 12.
33
Ivi, p.26.
34
Ivi, p.30.
35
Ivi, p.31.
36
Introduzione all‟edizione inglese (1892) alla Evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza,
in F. ENGELS, Lettere di Engels, op. cit., p. 109.
37
K. MARX, F. ENGELS, L’ideologia tedesca, op. cit., p.13.
16
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti;
cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in
pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone
dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo,
dei mezzi della produzione intellettuale (…). Le idee dominanti non
sono altro che l‟espressione ideale dei rapporti materiali dominanti
38
,
quindi di quei rapporti che fanno di una classe, la classe dominante.
Le idee dunque sono sempre idee reali, prodotte dall‟uomo; quelle che
sembrano “eterne” sono, ad esempio, sotto l‟aristocrazia, onore, fedeltà etc., o
sotto la borghesia, libertà, uguaglianza etc. Attraverso questo “gioco di prestigio”
si arriva a creare “artificialmente” idee metastoriche, sovra storiche, collegandole
tra loro in modo “mistico”.
Per la teoria del materialismo storico, la situazione economica è dunque la
base, ma i diversi fattori della sovrastruttura (forme politiche della lotta di classe,
forme giuridiche, teorie politiche, giuridiche e filosofiche, concezioni religiose
etc.) esercitano pure loro un‟influenza sulle lotte storiche, e in alcuni casi ne
determinano la forma. Vi sono azione e reazione quindi tra tutti questi fattori: il
modo materiale d‟esistere è il fattore primo, ma ciò non esclude che i campi ideali
reagiscano a loro volta su di esso, anche se in modo secondario.
L‟evoluzione politica, giuridica, filosofica, religiosa, letteraria,
artistica ecc. poggia sull‟evoluzione economica. Ma esse reagiscono
tutte l‟una sull‟altra e sulla base economica. Non è che la situazione
economica sia causa essa sola attiva e tutto il resto nient‟altro che
effetto passivo. Vi è al contrario azione reciproca sulla base della
necessità economica che, in ultima istanza, sempre s‟impone
39
.
Le precedenti teorie storiche – dice Lenin
40
– s‟interessavano solamente dei
motivi ideologici della realtà storica degli uomini, senza ricercare le cause che
provocano questi motivi. Inoltre, queste teorie trascuravano le azioni delle masse,
mentre il materialismo storico come abbiamo visto indaga scientificamente la
realtà, le condizioni reali delle masse stesse. Nella storia e nella società per Marx
38
Ivi, p.35.
39
F. ENGELS, Lettera a Walter Borgius, 25 gennaio 1894, in Lettere di Engels, op. cit., p. 71.
40
LENIN, Karl Marx, in K. MARX, F. ENGELS, Scritti di Marx-Engels, op. cit.
17
ed Engels l‟unico filo conduttore è la lotta di classe: “la storia di ogni società
sinora esistita è storia di lotta di classi”
41
.
Le contraddizioni sono date dalle differenti situazioni e condizioni di vita
delle classi nella società. La borghesia non è riuscita a eliminare i conflitti di
classe, ma è riuscita a semplificarli, producendo nuove classi, quindi nuove
oppressioni e nuove possibilità di lotta.
Dalla scoperta dell‟America, il commercio dà un notevole impulso allo
sviluppo rivoluzionario. La grande industria ha poi creato quel mercato mondiale
che la scoperta dell‟America aveva preparato. Così si è sviluppata la borghesia
come classe, fino a divenire dominante e a conquistare il potere statale.
Sicuramente essa “ha avuto nella storia una funzione sommamente
rivoluzionaria”
42
, in quanto ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali,
lasciando tra gli uomini solo il nudo interesse, il calcolo egoistico. La stessa
dignità personale è diventata un valore di scambio.
In una parola, al posto dello sfruttamento velato dalle illusioni
religiosi e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori,
diretto e arido
43
.
L‟epoca borghese si contraddistingue per il perpetuo movimento,
sovvertimento di tutte le condizioni sociali.
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli
strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto
l‟insieme dei rapporti sociali
44
.
Attraverso il mercato mondiale, la produzione e il consumo diventano
cosmopolite. Prima, per soddisfare i bisogni bastavano le economie nazionali; ora
sempre nuovi bisogni rendono necessario un mercato mondiale. La borghesia,
inoltre, costringe, attraverso i bassi costi delle merci, ogni nazione ad adottare le
41
K. MARX, F. ENGELS, Manifesto del Partito Comunista, Edizioni a cura del P.C.I., Roma,
1973, p. 11.
42
Ivi, p.14.
43
Ibid.
44
Ivi, p. 15.
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