II
colpo e immediatamente abbia reagito, a livello di strategia aziendale e
secondariamente dal punto di vista della comunicazione pubblicitaria.
In seguito alla grave recessione economica causata dalla crisi petrolifera,
molte piccole e medie imprese del settore alimentare italiano, sono fallite o
sparite nel giro di pochi anni poiché non sono riuscite ad adeguarsi alle
mutate condizioni di mercato. In generale tutta l’economia nazionale viene
compromessa e a questo processo di “selezione naturale” resistono solo le
grandi imprese che attraverso strategie specifiche, studiate a tavolino o
capitate puramente per caso compiono il grande salto verso il mercato
internazionale.
Questo lavoro vuole arrivare a spiegare, prendendo spunto da fonti
eterogenee, come Barilla sia uscita dalla crisi e come sia riuscita ad arrivare
nel 1989 a superare con il proprio marchio, nel cuore degli italiani, i grandi
brand internazionali.
La tesi è articolata nei seguenti capitoli:
Nel capitolo 1, viene inquadrato il periodo storico a cui si farà riferimento
per l’intero lavoro, cercando di mettere in luce gli eventi più significativi
della storia italiana e riguardanti in particolare il sistema economico
italiano.
Nel capitolo 2, si esplica la tendenza della maggior parte delle aziende
alimentari italiane, negli anni settanta, a cercare di sollevarsi dalla crisi
economica con l’aiuto del capitale straniero.
III
Nel capitolo 3, si entra nel vivo del caso aziendale di questo elaborato,
descrivendo brevemente la storia di Barilla, la storia della multinazionale
Grace, l’acquisizione di Barilla da parte di Grace, fino ad arrivare al
momento della riconquista dell’azienda da parte di Pietro Barilla nel 1979.
Nel capitolo 4, vengono delineate le prime strategie aziendali imposte da
Grace a Barilla e vengono evidenziate le principali campagne pubblicitarie
di Barilla nel settore pasta per sottolineare il cambiamento anche nella
comunicazione.
Nel capitolo 5, si analizza come è nata e come si è sviluppata la nuova linea
di Barilla, Mulino Bianco nel 1975. Si è cercato di mettere in luce i vari
passaggi compiuti per arrivare al lancio effettivo della linea, anche qui si è
posta l’attenzione sulle strategie aziendali prima e su quelle comunicative
poi. In conclusione di questo capitolo si è posto l’accento sugli input dati da
Grace alla nascita della nuova linea.
Capitolo 1
1
Capitolo 1
1. Eventi storici indicativi negli anni 60-70.
Per meglio comprendere il contesto in cui si sono svolti i fatti cui si fa
riferimento è utile tracciare un breve quadro della situazione storica,
politica ed economica del periodo che si va a considerare.
Dal secondo dopoguerra fino agli anni ottanta, in Italia, si verifica un
complicato e lento processo di trasformazione che consente all’economia
nazionale di passare da una realtà produttiva prettamente agricola e
artigianale alla grande industria.
Dal 1948 al 1951 inizia un periodo di ricostruzione a livello “materiale” e
istituzionale che lentamente consente di rimettere insieme i “pezzi”
disintegrati dalla guerra.
Nel periodo subito successivo tra il 1951 e il 1955 si verifica una rincorsa
contro il tempo per cercare di recuperare la serenità e la fiducia nel futuro.
Poi gli anni dal 1955 al 1963, che sono quelli cosiddetti del “miracolo
economico” in cui si ha la massima espansione del reddito,
l’industrializzazione diventa il fattore espansivo dell’economia, attraverso
un forte aumento dell’occupazione nel settore e della produttività. In questa
fase la funzione delle grandi imprese è decisiva, poiché l’accumulazione di
capitale sostiene l’intero processo dell’economia.
Negli anni successivi al 1963 fino al 1974 si delinea un ciclo di
consolidamento che termina con l’autunno caldo (1968); inizia il processo
d’espansione della piccola e media impresa industriale e negli ultimi anni di
questo periodo subentrano elementi di crisi sia d’origine interna che esterna.
Tra il 1969 e il 1973 si verificano tre fatti che esercitano un’influenza
fondamentale sulla storia economico-sociale italiana: il cosiddetto autunno
caldo caratterizzato dallo stimolo salariale dopo il 1968, lo sganciamento del
dollaro all’oro e soprattutto lo shock petrolifero del 1973.
Capitolo 1
2
Qui sotto è inserito un grafico che prende in considerazione due fattori, ossia
il valore del PIL e l’inflazione nei periodi appena descritti, per far meglio
intendere ciò di cui si parla.
Figura 1: Variazione PIL e inflazione dal secondo dopoguerra agli anni ottanta
1,79
16,68
4,83
5,99
6,19
6,53
3,4
4,43
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
1948-'55 1955-'63 1963-'74 1974-'84
Variazione PIL % Inflazione %
FONTE: Napoleone Colajanni, L’economia italiana dal dopoguerra ad oggi, Milano,
Sperling & Kupfer, 1990.
La fine degli anni sessanta segna l’inizio di una crisi per tutta l’economia a
livello mondiale. Si rallentano ovunque i tassi di sviluppo, si manifestano
squilibri nei rapporti internazionali, l’inflazione si scatena ovunque. Infatti
da qualche tempo nell’economia del Paese si erano accumulate tensioni che
però erano rimaste celate, ma presto arriva lo stimolo che deve scatenarle
tutte, viene dall’esterno, dai rapporti con i paesi produttori di petrolio ed è lo
shock provocato dall’aumento del prezzo del greggio, nell’ottobre del ’73. La
guerra del Kippur, in cui Egitto e Siria attaccano Israele sul Sinai e sulle
alture del Golan, è semplicemente l’occasione per mettere in atto questa
manovra. Per meglio comprendere l’oscillazione del prezzo del greggio viene
di seguito inserita la figura 2, che partendo dall’anno 1970 e arrivando fino
ai giorni nostri, illustra l’andamento del prezzo del petrolio. È inserita anche
la sua specifica legenda che indica punto per punto ciò che succede a questo
valore tanto importante per l’economia non solo italiana ma mondiale. Come
si può notare, ponendo l’attenzione sugli anni di interesse per questo lavoro,
Capitolo 1
3
dopo lo shock petrolifero del 1973 nel giro di un anno il prezzo del greggio
quintuplica ed è individuato nel grafico nei punti 4 e 5.
Figura 2: World Oil Price Chronology: 1970-2003
FONTE:US
EnergyInformationAdministration,http://www.eia.doe.gov/emeu/cabs/chron.html
Legenda:
1. OPEC begins to assert power;
raises tax rate & posted prices
2. OPEC begins nationalization
process; raises prices in response
to falling US dollar.
3. Negotiations for gradual transfer
of ownership of western assets in
OPEC countries
4. Oil embargo begins (October 19-
20, 1973)
5. OPEC freezes posted prices; US
begins mandatory oil allocation
6. Oil embargo ends (March 18,
1974)
7. Saudis increase tax rates and
royalties
8. US crude oil entitlements program
begins
9. OPEC announces 15% revenue
increase effective October 1, 1975
10. Official Saudi Light price held
constant for 1976
11. Iranian oil production hits a 27-
year low
12. OPEC decides on 14.5% price
increase for 1979
13. Iranian revolution; Shah deposed
14. OPEC raises prices 14.5% on April
1, 1979
15. US phased price decontrol begins
16. OPEC raises prices 15%
17. Iran takes hostages; President
Carter halts imports from Iran;
Iran cancels US contracts; Non-
OPEC output hits 17.0 million b/d
18. Saudis raise marker crude price
from 19$/bbl to 26$/bbl
19. Windfall Profits Tax enacted
20. Kuwait, Iran, and Libya
production cuts drop OPEC oil
production to 27 million b/d
21. Saudi Light raised to $28/bbl
22. Saudi Light raised to $34/bbl
23. First major fighting in Iran-Iraq
War
24. President Reagan abolishes
remaining price and allocation
controls
25. Spot prices dominate official
OPEC prices
26. US boycotts Libyan crude; OPEC
plans 18 million b/d output
27. Syria cuts off Iraqi pipeline
Capitolo 1
4
28. Libya initiates discounts; Non-
OPEC output reaches 20 million
b/d; OPEC output drops to 15
million b/d
29. OPEC cuts prices by $5/bbl and
agrees to 17.5 million b/d output
30. Norway, United Kingdom, and
Nigeria cut prices
31. OPEC accord cuts Saudi Light
price to $28/bbl
32. OPEC output falls to 13.7 million
b/d
33. Saudis link to spot price and begin
to raise output
34. OPEC output reaches 18 million
b/d
35. Wide use of netback pricing
36. Wide use of fixed prices
37. Wide use of formula pricing
38. OPEC/Non-OPEC meeting failure
39. OPEC production accord;
Fulmar/Brent production outages
in the North Sea
40. Exxon's Valdez tanker spills 11
million gallons of crude oil
41. OPEC raises production ceiling to
19.5 million b/d
42. Iraq invades Kuwait
43. Operation Desert Storm begins;
17.3 million barrels of SPR crude
oil sales is awarded
44. Persian Gulf war ends
45. Dissolution of Soviet Union; Last
Kuwaiti oil fire is extinguished on
November 6, 1991
46. UN sanctions threatened against
Libya
47. Saudi Arabia agrees to support
OPEC price increase
48. OPEC production reaches 25.3
million b/d, the highest in over a
decade
49. Kuwait boosts production by
560,000 b/d in defiance of OPEC
quota
50. Nigerian oil workers' strike
51. Extremely cold weather in the US
and Europe
52. U.S. launches cruise missile
attacks into southern Iraq
following an Iraqi-supported
invasion of Kurdish safe haven
areas in northern Iraq.
53. Iraq begins exporting oil under
United Nations Security Council
Resolution 986.
54. Prices rise as Iraq's refusal to
allow United Nations weapons
inspectors into "sensitive" sites
raises tensions in the oil-rich
Middle East.
55. OPEC raises its production ceiling
by 2.5 million barrels per day to
27.5 million barrels per day. This
is the first increase in 4 years.
56. World oil supply increases by 2.25
million barrels per day in 1997,
the largest annual increase since
1988.
57. Oil prices continue to plummet as
increased production from Iraq
coincides with no growth in Asian
oil demand due to the Asian
economic crisis and increases in
world oil inventories following two
unusually warm winters.
58. OPEC pledges additional
production cuts for the third time
since March 1998. Total pledged
cuts amount to about 4.3 million
barrels per day.
59. Oil prices triple between January
1999 and September 2000 due to
strong world oil demand, OPEC oil
production cutbacks, and other
factors, including weather and low
oil stock levels.
60. President Clinton authorizes the
release of 30 million barrels of oil
from the Strategic Petroleum
Reserve (SPR) over 30 days to
bolster oil supplies, particularly
heating oil in the Northeast.
61. Oil prices fall due to weak world
demand (largely as a result of
economic recession in the United
States) and OPEC overproduction.
62. Oil prices decline sharply
following the September 11, 2001
terrorist attacks on the United
States, largely on increased fears
of a sharper worldwide economic
downturn (and therefore sharply
lower oil demand). Prices then
increase on oil production cuts by
OPEC and non-OPEC at the
beginning of 2002, plus unrest in
the Middle East and the
possibility of renewed conflict with
Iraq.
63. OPEC oil production cuts, unrest
in Venezuela, and rising tension
in the Middle East contribute to a
significant increase in oil prices
between January and June.
64. A general strike in Venezuela,
concern over a possible military
conflict in Iraq, and cold winter
weather all contribute to a sharp
decline in U.S. oil inventories and
cause oil prices to escalate further
at the end of the year.
Capitolo 1
5
65. Continued unrest in Venezuela
and oil traders' anticipation of
imminent military action in Iraq
causes prices to rise in January
and February, 2003.
66. Military action commences in Iraq
on March 19, 2003. Iraqi oil fields
are not destroyed as had been
feared. Prices fall.
Il vertiginoso aumento del prezzo del petrolio, provoca uno spostamento
notevole nella struttura del commercio mondiale, ma soprattutto induce un
aumento generale dei prezzi, anche per prodotti il cui contenuto energetico
non è rilevante. Sono tutte le tensioni inflazionistiche, a lungo compromesse,
a manifestarsi apertamente. In questa situazione di shock generale i paesi
reagiscono in maniera diversa. Gli Stati Uniti rimangono in sostanza a
lungo inerti, lasciando che la recessione si manifesti, favoriti dal fatto che
l’inflazione è relativamente minore. In generale in tutti gli altri paesi si
accentuano le politiche di risparmio energetico e la ricerca di fonti
alternative d’energia.
2
L’impennata del prezzo del petrolio provoca una serie di conseguenze
negative per i paesi industrializzati: un calo della produzione industriale, un
forte aumento dei prezzi, un rapido processo d’inflazione, un cospicuo
aumento della disoccupazione. Nel complesso, tutta l’economia capitalistica
avanzata è scossa a fondo dalla crisi, rivelando una notevole fragilità e
soprattutto la sua pericolosa dipendenza dalle fonti d’energia tradizionali e
dalle svolte politiche dei paesi produttori di petrolio. Quindi, la crisi
economica impone la necessità di ridurre la dipendenza dell’economia
occidentale dalle fonti petrolifere mediorientali, attraverso la riduzione dei
consumi, la riorganizzazione della produzione industriale e la ricerca di fonti
energetiche alternative. Ciò per un verso stimola la proliferazione di centrali
nucleari; ma, per altro verso, sollecita un ampio movimento d’opinione che
denunzia l’intrinseca debolezza delle società industrializzate e mette in
discussione lo stesso concetto di “progresso”, quando esso è inteso come
sviluppo lineare e irreversibile attraverso l’industrializzazione avanzata,
facendo nel contempo emergere tutti i gravi problemi creati dal violento
2
Napoleone Colajanni, L’economia italiana dal dopoguerra ad oggi, Milano, Sperling &
Kupfer, 1990.
Capitolo 1
6
rapporto uomo-natura e da tutte le trasformazioni e gli inquinamenti
ambientali consegnati ad un incauto, e talvolta selvaggio, sfruttamento delle
risorse. Con lo shock petrolifero del 1973 tutta la popolazione dell’Occidente
si rende conto, per la prima volta, di quanto la sua economia e la sua vita
dipendano dal petrolio e dai suoi derivati: è uno shock tanto economico
quanto culturale.
Sul piano economico l’effetto maggiore è l’inflazione che porta
all’accaparramento dei beni. Il Governo risponde con il blocco dei prezzi dei
prodotti di prima necessità. In un secondo tempo impone che, accanto ai
prodotti di prezzo pieno, siano messi in commercio prodotti non reclamizzati
e ad un prezzo più basso. In questo contesto è interessante ricordare come
l’unico Gruppo industriale del settore alimentare che tenta di opporsi e
quindi, addirittura, di forzare il blocco dei prezzi dei listini industriali dei
prodotti alimentari nell’estate del 1973, sia stato il Gruppo Barilla. A tre
giorni dal blocco ordinato dal governo la Barilla sfida i pubblici poteri
aumentando di trenta lire il pacco di pasta da mezzo chilo. Convocato
d’urgenza dal Ministro dell’Industria, il consigliere delegato della società,
Manfredo Manfredi, cerca di difendere la decisione presa lasciando credere
di esserne l’unico responsabile senza spiegare per quali motivi dopo aver
aderito pochi giorni prima alla decisione della Confindustria di offrire un
volontario blocco dei prezzi, aveva poi precipitosamente ritirato la sua
adesione.
3
Lo shock petrolifero ha anche un effetto primariamente culturale, di
straordinaria importanza. L’Occidente non aveva mai messo in discussione
fino in fondo il suo modello di sviluppo industriale. Anche il marxismo
sovietico, infatti, l’accettava, voleva soltanto che, a realizzarlo, non fosse
l’impresa privata, ma quella collettiva. Invece con lo shock petrolifero si
diffondono libri ed articoli in cui si dimostra: che le risorse energetiche del
pianeta sono in via d’estinzione; che la crisi è solo il primo segnale d’allarme
3
Angiolo Silvio Ori, Dove va l’industria alimentare italiana? Anatomia di una crisi,
Modena, STEM Mucchi, 1974.
Capitolo 1
7
di una carenza destinata ad aggravarsi paurosamente negli anni futuri; che
la società di tipo industriale sia prossima a crollare, a scomparire distrutta
dal suo principio fondamentale: il consumismo. Si diffondono per la prima
volta a livello di massa, le tematiche ecologiche. L’industria sta divorando
tutte le risorse del pianeta e avvelenando l’acqua e l’atmosfera. Le città sono
condannate. Si comincia a criticare anche l’energia atomica e a parlare
d’energie alternative.
4
Con l’autunno caldo in realtà l’economia italiana si trovò a pagare tutto in
un colpo l’assenza di una seria politica di programmazione, rimasta sempre
sulla carta, la resa dei governanti agli abusi dell’assistenzialismo o la loro
propensione a puri calcoli di potere, il divario fra la crescita del sistema
economico e l’atrofia dell’amministrazione pubblica. Dal 1964 un quarto
circa del reddito continuava ad affluire verso il risparmio, ma non era
utilizzato in misura sufficiente per potenziare le infrastrutture e i servizi
collettivi. E una parte consistente dei capitali aveva ripreso le vie dell’estero
per eludere il fisco o per approfittare dei più elevati tassi d’interesse
praticati altrove: tanto che nel corso degli ultimi sei anni il loro volume s’era
più che duplicato. Sia per l’una che per l’altra ragione, per l’incapacità del
sistema a tradurre in investimenti interni una quota adeguata del
risparmio, o per la tendenza a impiegarlo all’estero, erano andate così
depauperandosi le potenzialità dell’economia italiana. E ciò costituiva un
singolare paradosso: quello di un paese con un notevole volume di ricchezza
prodotta ma con un basso saggio di investimento complessivo.
L’accelerazione dei tempi di lavoro e i differenziali salariali non sono gli
unici motivi dell’esplosione nel 1969 delle lotte operaie. Concorrono altre
cause di varia natura: innanzitutto, la nuova ondata di migrazione dal Sud
verso il Nord, avvenuta con il risveglio dell’attività tra il 1965 e il 1968, che
aggrava i problemi sociali delle grandi agglomerazioni urbane e accresce
ulteriormente il costo della vita; in secondo luogo, il fatto che si riduce il
4
Gli anni Settanta fra storia e società in Barilla: Cento anni di pubblicità e comunicazione a
cura di A. Ivardi Canapini e Giancarlo Gonizzi, Milano, Pizzi, 1994.
Capitolo 1
8
potere d’acquisto degli operai salariati, che si trovano dopo il 1965 a
lavorare più intensamente ma ad avere una quantità minore di beni reali
per via del continuo rincaro dei prezzi. A pagare i costi più elevati di questa
situazione sono le nuove leve di manodopera affacciatesi nel mondo del
lavoro, o perché provviste di maggior grado di istruzione e quindi frustrate
nelle loro aspirazioni; o perché, appena sbarcate al Nord col “treno del sole”,
sono quelle colpite più direttamente dall’insufficienza di case e servizi sociali
nelle zone d’arrivo.
Il risultato più significativo dell’autunno caldo è l’avvento di particolari
vincoli nelle modalità d’impiego della forza lavoro. Dal 1969, specialmente
nei grandi complessi, gli operai cominciano a rifiutare, agendo in parecchi
casi al di fuori del sindacato e ricorrendo perciò a forme spontanee di
microconflittualità, sia i sistemi di cottimo e le retribuzioni ad incentivo sia i
procedimenti di matrice taylorista là dove essi si traducono, con la catena di
montaggio, in un’eccessiva parcellizzazione del lavoro. Inoltre, lo sviluppo
della scolarità, e il ridimensionamento dell’occupazione femminile precaria,
per effetto dell’azione sindacale e delle nuove disposizioni legislative
sull’uniformità dei livelli contrattuali e sulla disciplina dell’apprendistato,
integrate dalle garanzie dello Statuto dei lavoratori, riducono la possibilità
per le imprese di fare affidamento su frange di manodopera marginali
collocabili nelle qualifiche più basse.
Per tutti questi motivi si chiude tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del
decennio successivo, una lunga fase di sviluppo industriale, cominciata nel
dopoguerra, che nella passività o nell’automatico adattamento delle
maestranze alle esigenze della produttività ha avuto uno dei suoi punti di
maggior forza. Ma le conseguenze della svolta avvenuta nelle fabbriche non
sarebbero state così pesanti per il sistema economico, se negli anni
precedenti non si fosse ridotto il volume degli investimenti e se i problemi
già emersi per via dei progressi tecnologici fossero stati affrontati
puntualmente.
Capitolo 1
9
Gli anni settanta non segnano soltanto l’irruzione sulla scena dell’operaio-
massa. Il boom della popolazione scolastica, l’espansione del settore
terziario, la sempre maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro, le
crescenti aspettative di consumo e di benessere tipiche di una società a
capitalismo maturo, determinano la diffusione della conflittualità sociale a
categorie e gruppi diversi rispetto a quelli che si riconoscevano nella
fabbrica e in altri luoghi classici di produzione. Si moltiplicano gli organismi
di rappresentanza e si affermano nuove organizzazioni sindacali autonome,
soprattutto nel composito e frastagliato universo del pubblico impiego, le cui
richieste prescindono sovente da parametri reali di efficienza e produttività.
Il sistema politico cerca di reagire a questa massiccia ondata di
rivendicazioni che finiscono in molti casi per riversarsi sulla finanza
pubblica, nonché alle concomitanti istanze di partecipazione e di
“democrazia diretta”, ricorrendo a due espedienti: il decentramento e la
delega. L’economia italiana viene profondamente scossa non soltanto
dall’ondata di agitazioni operaie che, sebbene con minore intensità, si
sarebbe prolungata per tutto il corso degli anni settanta e diffusa in modo
capillare e spontaneo all’interno dei singoli stabilimenti e reparti di lavoro.
Non meno pesanti sono le conseguenze del rincaro dei prezzi del petrolio e
delle materie prime; tanto più che ciò avviene in una fase congiunturale che
gli orientamenti protezionistici riemergenti nelle aree industriali più
avanzate hanno già reso particolarmente difficile.
In Italia, tuttavia, questo fenomeno si manifesta con una forza d’urto più
massiccia che altrove. Mai, dal periodo della ricostruzione, si sono addensate
tante e così nere nubi sulla nostra economia; mai si è giunti a chiedersi con
la stessa trepidazione se essa sarebbe stata in grado di riprendere la
navigazione.
5
5
Valerio Castronovo, Storia economica d’Italia: dall’Ottocento ai giorni nostri, Torino, G.
Einaudi, 1995.