7
equilibri stessi, divenendo per l’azienda fonte di minaccia ma al tempo stesso
garanzia di crescita e di sviluppo.
Il raggiungimento prospettico di un equilibrio economico-finanziario e
patrimoniale è alla base dell’attività gestionale di ogni impresa, infatti è proprio
la perdita della capacità reddituale, unita all’accrescimento dei rischi, che
determina una rottura di tali equilibri e il verificarsi di una situazione di declino
con il conseguente degenerare nel tanto temuto stato di crisi che ne costituisce
la fase acuta e che ha ricevuto un’ampia trattazione nel prosieguo del capitolo,
individuandone le cause secondo un approccio soggettivo ed oggettivo e
delineando in funzione delle cause una classificazione astratta e teorica delle
diverse tipologie di crisi.
Nel capitolo secondo, l’attenzione si è focalizzata sulle metodologie
“quantitative” di individuazione e diagnosi di uno stato di dissesto, attraverso le
analisi di bilanci opportunamente riclassificati da cui è stato possibile
individuare un’analisi per indici e flussi con un’attenta disamina dei diversi
sottosistemi.
Il terzo capitolo relativo alla gestione si occupa della valutazione della gravità
della crisi e della sua potenziale reversibilità, proponendo un’analisi
comparativa e valutativa delle possibili alternative al risanamento, con
riferimento alla cessione e alla liquidazione analizzando in ultima istanza il
processo di turnaround, con l’individuazione quindi di uno schema
metodologico per la formulazione di un dettagliato e completo piano di
risanamento.
Il quarto capitolo è dedicato alle procedure concorsuali, quali strumenti
legislativi per la gestione delle crisi aziendali con un’attenzione al regio decreto
8
del ’42 che ha introdotto il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, il
concordato preventivo e l’amministrazione controllata e la legge Prodi del 1979
con la quale si inserisce nella normativa concorsuale la procedura di
amministrazione straordinaria delle grandi imprese.
L’impianto della Legge Fallimentare, rimasto sostanzialmente invariato per
circa sessant’anni, è stato sottoposto a modifica solo nel dicembre del 2005, una
vera e propria rivoluzione copernicana, nata dall’esigenza di adeguare la
normativa alle esigenze di un’economia in continua evoluzione e sempre più
globalizzata e volta a “svecchiare” un impianto normativo ormai obsoleto.
L’ultimo capitolo del lavoro è invece dedicato alla ricostruzione della vicenda
della compagnia aerea Volare Group S.p.A., sconvolta dal crack negli ultimi
mesi del 2004 e ceduta proprio in questi giorni alla compagnia di bandiera
Alitalia, risultata aggiudicataria della gara per la vendita del Complesso
Aziendale.
Il presente capitolo parte da una ricostruzione della storia della holding Volare
Group S.p.A. nei suoi quattro anni di attività, evidenziando il percorso
gestionale dei vertici del Gruppo, le errate manovre finanziarie, le consistenti
perdite accumulate nel tempo, e la situazione di gravità che, nonostante le
speranze riposte nel settore low cost, con la nascita di Volareweb, non riuscì a
far fronte al livello crescente di indebitamento che degenerò nella stato di crisi
che ha assunto i caratteri dell’irreversibilità.
9
CAPITOLO I - DECLINO E CRISI D’IMPRESA
L’azienda è un istituto economico destinato per sua natura a perdurare
1
nel
tempo e che, per l’intrinseca sua caratteristica di essere un “sistema
perennemente turbato”
2
, dinamico e aperto, può incorrere durante la sua
esistenza in situazioni di squilibrio economico-finanziario, che può tradursi nel
graduale o repentino declino dell’impresa, declino che quando raggiunge una
certa intensità prende il nome di crisi.
Se estendiamo lo sguardo a tutto il mondo capitalistico è necessario
soffermarci sull’analisi di questo fenomeno che oggi appare sempre più
ricorrente nel ciclo di vita delle imprese, minando alla base la stabilità e gli
equilibri strutturali delle stesse.
Prima degli anni ’70, si parlava delle crisi aziendali come di fatti episodici e dal
carattere eccezionale, il più delle volte imputabili all’incapacità degli
imprenditori e del management di gestire efficacemente le risorse disponibili,
1
La concezione non transitoria del fenomeno aziendale è stata rilevata in maniera concorde da diversi
autori:
G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffrè, Milano 1957, vol. I, pag. 37 che ha
parlato di “istituto economico destinato a perdurare, che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina
e svolge in continua coordinazione la produzione o il procacciamento o il consumo della ricchezza”;
E. GIANNESSI, Le aziende di produzione originaria, Cursi, Pisa, 1960 aveva ritenuto che il fine
dell’azienda è da ritenersi “a valere nel tempo”;
J.K. GALBRAITH, Il nuovo stato industriale, Einaudi, Torino, 1968,
Nel testo citato lo studioso si era spinto ad affermare addirittura “l'immortalità della grande azienda
moderna”.
2
G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950, pag. 14.
A conferma di ciò è stato autorevolmente affermato come “non si può gestire una qualsiasi azienda di
ogni tipo e dimensione, se non si ha la consapevolezza del quadro unitario dell’azienda come sistema; se
non si riesce ad avere una visione dell’intero campo aziendale e se non si riesce a decidere e compiere
ogni operazione valutando le conseguenze che essa ha non di per sè, ma in quanto è complemento di quel
sistema unitario”, da A. AMADUZZI, Economia Aziendale. Concetti e applicazioni, Cacucci, Bari, 2000,
pag. 36.
10
ma l’accresciuta variabilità del mercato unita all’aumento delle dimensioni
aziendali hanno reso questo fenomeno sempre più ricorrente e le cause, sono da
ricercare non solo a livello soggettivo ma considerando una molteplicità di altri
fattori oggettivi che spesso operano congiuntamente all’interno e all’esterno
dell’impresa.
3
Al fine di indagare una realtà così complessa e dai contorni ancora troppo
incerti, occorre soffermarsi sull’analisi dell’azienda nella sua concezione
sistemica,
4
sottolineando i profondi legami che stabilisce con il sistema
ambiente, inteso come insieme di fenomeni o accadimenti, esterni ai confini
dell’azienda stessa. Il sistema ambiente esercita la sua influenza in maniera
diretta e in modo talvolta così rilevante da costituire per essa fonte di minacce,
incertezza e imprevedibilità. In altri casi, invece, esso rappresenta la garanzia di
inaspettate opportunità di sviluppo.
Ai fini del nostro studio, l’attenzione sarà focalizzata sulle minacce che,
qualora si presentino, potrebbero determinare il tanto temuto stato di crisi, a
3
Cfr. M. ZITO, Fisiologia e patologia delle crisi di impresa, Giuffrè, Milano, 1999, pag. 2.
4
Sebbene molti autori si siano dedicati allo studio dei sistemi, fu un biologo americano di origine
tedesca, Ludvig von Bertalanffy ad avviare intorno agli anni ‘40 questo tipo di ricerca, originale per
impostazione ed ampiezza che si affermerà in maniera definitiva come “teoria generale dei sistemi” solo
negli anni ’50 grazie anche al contributo di un economista americano: Kenneth E. Boulding. Mediante il
concetto di sistema, applicabile a tutte le diverse branche scientifiche, si attua un processo di ritorno
all’insieme con il successivo superamento del frammentarismo della scienza, accentuatasi negli anni
immediatamente seguenti la fine della seconda guerra mondiale. Strettamente connesso al concetto di
“sistema” vi è quello di “equilibrio dinamico”: nella costruzione scientifica del biologo americano il
sistema viene inteso in senso dinamico, si tratta di parti o elementi riuniti in un tutto organico funzionale
e vitale. La definizione che dà lo stesso von Bertalanffy della teoria generale dei sistemi è di “[…] sistema
ipotetico-deduttivo di quei principi che derivano dal concetto di sistema e dall’introduzione di
determinate condizioni dinamiche”; “esso è a priori e indipendente dalla sua interpretazione in termini di
fenomeni empirici, ma è applicabile a tutti i regni empirici in correlazione con i sistemi”. Sarà Boulding,
studioso che ha apportato a tale teoria un notevole contributo sia sul piano concettuale che metodologico,
a darne una definizione più precisa attraverso la creazione di una gerarchia di nove livelli, a partire dalla
forma più elementare di sistema, la struttura statica, fino a quella più sofisticata, costituita dal sistema
trascendentale in grado quindi di offrire un’immagine abbastanza significativa delle differenze esistenti
tra le distinte classi di fenomeni. Mediante la teoria dei sistemi cioè il riferimento costante a determinate
configurazioni che aiuta a conoscere meglio una certa problematica, è possibile perciò pervenire ad una
riformulazione delle teorie sul presupposto di una più completa e “diversa” conoscenza empirica e teorica
dei fenomeni che interessano un certo campo o una determinata disciplina. Cfr. U. BERTINI, Il sistema
d’azienda. Scheda di analisi, Giappichelli, Torino, 1990, pag. 11-18.
11
volte così grave da compromettere le condizioni di sopravvivenza e quindi di
esistenza autonoma e duratura che la caratterizza.
1.1 Il sistema aziendale
Il “sistema azienda“
5
è stato definito da Gino Zappa come “[…]una
coordinazione economica in atto nella quale ogni elemento, ossia ogni
fenomeno economico, ha la sua ragione d’essere in corrispondenza agli altri
elementi ed allo stesso complesso”.
6
Esso si configura come articolato in subsistemi
7
di ordine inferiore, in un
insieme interrelato di parti, interdipendenti rispetto ad un obiettivo comune da
raggiungere
8
, in grado di instaurare con l’ambiente esterno un legame
5
L’applicazione della concezione sistemica all’azienda, posizione teorica oggi piuttosto condivisa e
consolidata, si è avuta, in modo consapevole e pieno ad opera dello Zappa, considerato il Maestro delle
“nuove tendenze” con le quali si iniziò in Italia la corrente degli studi di economia aziendale, e che
distintosi per l’impronta vigorosa che ha saputo dare agli studi aziendali, ha lasciato nelle sue opere varie
definizioni del concetto. Già in precedenza, però, furono il Cerboni, Rossi e Besta, che segnarono con
indirizzi diversi il primo formarsi del classicismo, a fornire una rudimentale visione sistemica. Il concetto
di sistema è presente sia nel Cerboni che nel Rossi più a livello di generali affermazioni di principio che
di una vera e propria problematica dottrinale. L’azienda, con le sue complesse manifestazioni ed i suoi
vincoli ambientali, resta al di fuori di una visione che guarda soprattutto agli aspetti epistemologici e
generali della dottrina ragionieristica inserita in un contesto più vasto di conoscenze. Sarà con F. Besta
che il riferimento all’azienda, ai suoi fenomeni ed ai suoi legami interni ed esterni, diventerà più specifico
: comincia a formarsi quel corpo di conoscenze “ tecniche “ che più tardi darà vita all’economia
aziendale. Per la prima volta fu lui a parlare di “sistema dei fatti di gestione” anticipando così Gino
Zappa, le cui idee sono state riprese da molti autori italiani. Cfr. U. BERTINI, Il sistema d’azienda.
Schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990, pag. 20-28.
6
Cfr. G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950 pag. 13.
7
Il sistema azienda si articola in tre subsistemi che hanno un’area pari all’intero sistema aziendale:
ξ Organizzativo Æ riguarda l’intero sistema aziendale e si occupa di quali relazioni debbano
sussistere tra le varie parti del sistema aziendale. Se non esiste una buona coordinazione
l’azienda non può funzionare.
ξ Decisionale Æ si occupa degli elementi in base ai quali dovranno essere effettuate le scelte
indispensabili all’azienda per operare.
ξ Informativo Æ nell’ambito del sistema aziendale è indispensabile comunicare. Le discipline
che operano all’interno di questo subsistema si dovranno preoccupare di progettare un flusso di
informazioni adeguate rispetto alle dimensioni del sistema aziendale.
8
Secondo Zappa, nel concetto di sistema “[…] è implicitamente ammesso il riferimento ad un dato fine, o
scopo, o intento” e “[…] la nozione dello scopo a sua volta presuppone quella dei mezzi che possono
12
funzionale e caratterizzato dal dinamismo che, a ragione di questo legame, deve
contraddistinguere il suo funzionamento.
9
Come scrive Onida “[…] l’azienda, contemplata sia nella gestione che
nell’organizzazione, si presenta come mobile complesso o come sistema
dinamico nel quale si realizzano in sintesi vitale l’unità nella molteplicità, la
permanenza nella mutabilità”.
10
Descrivere il sistema aziendale, inteso come sistema cibernetico, cioè istituito
e governato dall’uomo per il raggiungimento di un determinato obiettivo
11
,
significa evidenziarne gli elementi caratterizzanti, esso infatti si
contraddistingue per essere:
a) dinamico, essendo in continuo movimento alla ricerca di un equilibrio
tendenziale e verso condizioni economiche di operatività sempre più
favorevoli;
b) complesso, essendo costituito da una molteplicità di variabili
intercorrelate e complementari che si fondono in un tutto organico;
c) aperto, poiché, per sopravvivere, è chiamato a tessere una fittissima rete
di dipendenze e interrelazioni con altri sistemi o unità esterne: relazioni
di tipo input (ingresso), cioè di approvvigionamento di risorse necessarie
attuarsi per ottenere l’intento proposto”. (ZAPPA, Reddito, op. cit., pag. 419) in U. BERTINI, Il sistema
d’azienda. Schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990, pag. 24.
9
Cfr. S. SCIARELLI, Economia e gestione dell’impresa, Cedam, Padova, 1999, pag. 6 e ss.
10
“L’unità nella molteplicità si rivela in quanto l’azienda, nel sistema delle svariatissime operazioni
d’esercizio, nell’organizzazione del lavoro, nella riunione di fattori cooperanti a comuni fini, costituisce o
tende a costituire un complesso esteso nello spazio e nel tempo e nel quale elementi molteplici operano
avvinti da relazioni di complementarietà, di connessione, d’interdipendenza: relazioni che qualificano il
complesso non meno gli elementi costitutivi e senza intelligenza delle quali nulla può comprendersi
dell’azienda” P. ONIDA, Economia d’azienda, UTET, Torino, 1971 rist. 1989, pag. 4.
11
Cfr. A. AMADUZZI, Economia Aziendale. Concetti e applicazioni, Cacucci, Bari, 2000, pag. 36.
13
per la sua alimentazione e di tipo output (uscita), ossia di cessione a terzi
del prodotto (beni o servizi) del suo funzionamento.
12
Tale concezione può rappresentare, ai fini del nostro studio, un presupposto
utile per avvicinarsi allo studio delle crisi di impresa, poiché consente di isolare
gli elementi perturbatori dell’equilibrio del sistema e permette di individuare
interventi mirati e programmati per il ripristino delle condizioni di equilibrio
della gestione aziendale.
12
Cfr. S. SCIARELLI, Economia e gestione dell’impresa, Cedam, Padova, 1999, pag. 6 e ss.;
Cfr. L. AZZINI, Istituzioni di Economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 88-89 ;
Cfr. RICHARD L.DAFT, Organizzazione aziendale sec.ediz, Apogeo, Milano, 2004, pag. 14. (ediz. it. a
cura di RAOUL C.D. NACAMULLI - DANIELE BOLDIZZONI)
14
1.2 L’incertezza dell’ambiente in cui l’impresa opera
Il sistema ambiente si caratterizza perché complesso e instabile, capace di
generare uno stato di incertezza che le organizzazioni devono affrontare e
gestire per essere efficaci e per far fronte ad eventuali tensioni che potrebbero
insorgere all’interno dei sistemi aziendali.
L’incertezza è diretta conseguenza di una scarsa informazione sui fattori
ambientali, che rende difficoltosa la previsione dei cambiamenti esterni,
aumentando il rischio di fallimento delle risposte dell’organizzazione e
rendendo, a sua volta problematico, il calcolo dei costi e delle probabilità
associati alle diverse alternative decisionali.
L’azione di variabili ambientali esterne al sistema è però una delle cause di
tensioni all’interno delle imprese, ad esse si uniscono anche condizioni di
inefficienza operativa di vario grado e livello verificatesi all’interno del sistema
stesso, talvolta invece si analizzano congiuntamente entrambe le cause.
Constatato quindi che le minacce alla stabilità del sistema possono provenire sia
dall’interno che dall’esterno, rivolgeremo la nostra attenzione ai legami che il
sistema aziendale, in quanto sistema aperto, stabilisce con l’ambiente, la sua
proiezione verso l’esterno e l’instaurarsi di una organica serie di rapporti a
carattere continuativo.
L’ambiente può essere inteso come il contesto generale all’interno del quale
l’impresa è chiamata a svolgere le sue funzioni
13
, ed è costituito da un insieme di
variabili, poste al di fuori dei confini dell’azienda, nei confronti dei quali essa
13
Cfr. S. SCIARELLI, Economia e gestione dell’impresa, Cedam, Padova, 1999, pag. 23.
15
mostra una certa sensibilità e alle quali deve rispondere allo scopo di
sopravvivere
14
.
Esso si caratterizza per il grado di complessità, che si riflette nell’eterogeneità,
ovvero nel numero e nella diversità degli elementi esterni rilevanti per le attività
dell’azienda e per la dinamicità degli stessi, causa di profonda instabilità, che si
traduce in continui e improvvisi mutamenti degli elementi ambientali.
Sono questi i fattori considerati come i diretti responsabili dello stato di
incertezza in cui si trovano ad operare le aziende, incertezza che rappresenta un
importante fattore di contesto per la struttura organizzativa e i comportamenti
interni, la quale deve essere affrontata e gestita per raggiungere alti livelli di
efficienza.
Con il crescere dell’incertezza ambientale, la pianificazione e la previsione
diventano necessarie e di estrema importanza, in quanto ritenuti metodi per
tenere l’organizzazione pronta ad una risposta coordinata e rapida, in caso
sopraggiungano stati di tensione.
Il suo carattere di mutevolezza e dinamicità, è stato notevolmente amplificato
da una serie di modificazioni avvenute nell’ambiente negli ultimi anni, che
hanno toccato tutti gli aspetti della vita sociale, economica e politica. Il filo
conduttore di questa evoluzione è da ricercare nella “compressione” del tempo e
dello spazio.
Basti pensare all’abbattimento dei confini fisici fra diversi ambienti economici,
alla globalizzazione dei mercati, all’internazionalizzazione dell’economia, allo
sviluppo tecnologico, all’accelerazione iperbolica della velocità dei sistemi di
14
Cfr. R.L. DAFT, Organizzazione aziendale sec. ediz. , Apogeo, Milano, 2004, pag 122-152.
16
comunicazione e all’evoluzione dei modelli di consumo; tutti grandi mutamenti
che hanno agito da moltiplicatori della variabilità e complessità ambientale.
15
Occorre, pertanto, monitorare costantemente l’ambiente, divenuto più
turbolento e quindi meno prevedibile, più ostile alle imprese, più eterogeneo e
complesso, alla ricerca di indizi che possano aiutarci a prevedere per tempo
fenomeni la cui entità e la cui portata può variare a seconda della tempestività
con cui ci muoviamo.
15
Cfr. S. SCIARELLI. Economia e gestione dell’impresa, Cedam, Padova, 1999, pag. 66-69.
17
1.3 Il carattere di rigidità delle strutture di impresa
Analizzando il sistema aziendale ora nella sua accezione di sistema dinamico e
complesso, potremmo affermare che le minacce alla stabilità dell’organizzazione
e gli ostacoli al raggiungimento dell’obiettivo minimo costituito da un equilibrio
tendenziale della gestione, possono provenire anche dall’interno.
Come già sostenuto, l’azienda è intesa come complesso – da cum (insieme) e
plecto (attorco, intreccio, tengo unito, intesso) – di mezzi e sinergie personali,
volta al perseguimento di un dato fine, prevalentemente di ordine economico il
cui raggiungimento implica la presenza di un assetto, di una conformazione
organica, ovvero di una struttura, più o meno formalizzata e predeterminata,
mediante cui mezzi economici e forze umane siano opportunamente combinati
fra loro e direzionati verso un obiettivo comune.
Tale obiettivo muta continuamente nel tempo e nello spazio a seconda anche
degli stimoli che l’azienda, in quanto sistema aperto, riceve dal complesso di
variabili ambientali esterne.
Infatti, è proprio l’aumento della compatibilità prospettica e delle mimeticità
delle strutture aziendali rispetto al contesto ambientale di riferimento che
costituiscono la condizione essenziale per un proficuo raggiungimento dei suoi
obiettivi.
Mediante la struttura dell’organismo, considerata nelle sue due principali ed
astratte articolazioni di tipo organizzativo - operativo, e la definizione della
funzione degli organi, si attua la divisione dell’attività d’azienda tra le persone
che per essa operano e il coordinamento delle funzioni di tali organi, affinché
18
l’attività d’azienda possa procedere nel modo più ordinato per il perseguimento
delle finalità a cui è rivolta.
L’organismo aziendale è infatti un complesso di organi interdipendenti e
congiunti dal carattere complementare delle funzioni svolte e tale per cui, tra
struttura dell’organismo e funzione degli organi si vengano a stabilire relazioni
necessarie, intime, continue.
16
Considerate in modo congiunto, quindi, sia la struttura operativa, quanto la
struttura organizzativa d’impresa, presentano degli elementi di tendenziale
rigidità che mal si combinano rispetto alle “esigenze di movimento richieste alle
imprese di ogni tipo e dimensione e che contrasta con la necessità di continua
innovazione per mantenere i livelli di competitività e di efficienza necessari”
17
.
La flessibilità, infatti, intesa come possibilità di alienare, liquidare o
sostituire agevolmente strutture immobilizzate evitando così anche motivi di
squilibrio, non è infatti un requisito di cui le strutture sono agevolmente dotate.
A completamento del quadro delineato, occorre considerare, inoltre, un
elemento che accresce il carattere di complessità del sistema aziendale: la
cosiddetta variabilità interna
18
, che nasce dalla concomitanza di una serie
interrelata di fattori quali:
1. l’esistenza di strutture organizzative decentrate a rischio di spinte centrifughe
visto il maggior potere di iniziativa lasciato alle vie periferiche,
2. l’esistenza di strutture operative suscettibili di utilizzazioni alternative,
3. strutture organizzative in rete,
16
Cfr. L. AZZINI, Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 18-19.
17
Cfr. E. CAVALIERI, Variabilità e strutture di impresa, Cedam, Padova, 1995, pag. 10-11.
18
Ibidem
19
4. graduale apprendimento ed adattamento del personale ai continui
cambiamenti,
tutti elementi che necessitano di un corretto bilanciamento ed integrazione.