4
CAPITOLO I
Le crisi e le politiche monetarie del XX secolo
Dalla Grande Depressione del 1929 alla crisi degli anni ‘80
1. Recessione e PIL
La recessione è un importante rallentamento della produzione che determina un aumento
generalizzato dei prezzi e, quindi, causa sia inflazione sia riduzione della forza lavoro con aumento del
tasso di disoccupazione. La conseguenza, è la perdita di potere di acquisto e, dunque, la riduzione dei
consumi tale da innescare un ciclo perverso che sfocia in una generale decrescita economica.
In particolare, la recessione economica vede una variazione del PIL, ossia del valore
complessivo dei beni e servizi finali prodotti in uno Stato in un periodo di tempo determinato, dal
valore negativo superiore all’1% per almeno 2 trimestri consecutivi.
Nel 1974, è stato l’economista Julius Shiskin
1
ad individuare una serie di criteri fondamentali
al cui comparire, si può affermare che si stia verificando una recessione; infatti, egli partiva dalla
considerazione che, poiché un’economia sana tende a crescere nel tempo, se si verifica una
contrazione per un lasso di tempo così lungo, significa che si stanno verificando importanti squilibri
nella economia generale. In un articolo comparso sul New York Times, in relazione alla prima crisi
energetica, Julius Shiskin indicava una serie di regole empiriche per definire una recessione
2
relative
alla: 1) Durata - che è la diminuzione reale del PIL per due trimestri consecutivi e un declino della
produzione industriale per un periodo di almeno sei mesi -; 2) Intensità - che è una diminuzione del
PIL reale dell'1.5%, una diminuzione del 15% nell'occupazione dei settori non agricoli e un aumento
del tasso di disoccupazione di almeno due punti percentuali arrivando almeno al 6% -; 3) Diffusione -
da intendersi come diminuzione dell'occupazione nei settori non agricoli in più del 75% delle
industrie, in un periodo di almeno sei mesi con una media di intervalli di sei mesi.
Nel corso del tempo, questa lista è stata semplificata sempre più, fino a ridursi, appunto, alla
sola 'regola' dell’1% per oltre due trimestri consecutivi di declino del PIL.
3
Il valore del PIL è quello che risulta da un processo di vendita di prodotti e servizi realizzati
1
E’ stato il direttore del U.S. Commissioner of the Bureau of Labor Statistics
2
The CEPR and NBER Approaches | EABCN, su eabcn.org. URL
3
Akshman Achuthan e Anirvan Banerji, The risk of redefining recession, in CNN Money, 5 maggio 2008.
5
nell’area geografica nazionale di riferimento e ne sono esclusi prodotti/servizi realizzati per
autoconsumo e i servizi resi a titolo gratuito, mentre nel calcolo sono compresi gli ammortamenti,
ovvero il deprezzamento di tutti gli apparati (anche non propriamente fisici come i software p.e.) che
vanno a comporre il sistema produttivo e che perdono valore con il tempo e con l'utilizzo e vanno
quindi continuamente ripristinati. Infatti il Pil è detto “lordo” proprio perché include gli ammortamenti,
cioè, la perdita di valore degli impianti nel corso degli anni.
Il PIL può essere calcolato secondo un Metodo di Spesa ossia tenendo conto dei consumi
(spesa delle famiglie in beni durevoli, beni di consumo e servizi), degli investimenti (spesa delle
imprese e delle famiglie in beni strumentali e immobili), della spesa pubblica (spesa dello Stato e delle
amministrazioni pubbliche) e delle esportazioni nette (differenza fra esportazioni ed importazioni). La
relativa formula è data da Y(PIL)=C+I+G+(X-M) dove C sta per consumi; I sta per investimenti
privati; G sta per la spesa pubblica dello Stato; X sta per totale delle esportazioni; M sta per totale delle
importazioni: pertanto, il valore del PIL è la somma di consumi, investimenti, spesa pubblica e
differenza fra import – export.
Il PIL può essere calcolato anche secondo il Metodo Aggiunto e cioè tenendo conto di tutto
quel sistema precedente al prodotto o servizio finale che va dall'acquisto di beni intermedi alle
materie prime o semilavorati e dai fattori produttivi quali lavoro e beni strumentali che permettono, a
ogni passaggio, di aggiungere valore. Si parla di valore aggiunto proprio perché si tiene conto del
valore prodotto da un’impresa nel processo produttivo meno il valore dei beni utilizzati nel processo
stesso. La relativa formula è PIL = Valore Aggiunto = Ricavo di bene/servizio – Costo di
bene/servizio.
Il PIL può essere anche calcolato con il Metodo dei Redditi e cioè tenendo conto dei salari a
fronte del lavoro svolto e i profitti a fronte del capitale finanziario impiegato per ottenere il
bene/servizio finale. La formula rappresentativa è PIL = Retribuzioni + Redditi da capitale.
In anni recenti, si è deciso di stimare e aggiungere al computo anche il contributo dell'economia
sommersa e dei redditi che essa genera secondo una presunzione di valore.
Dal 2014, l’ISTAT ha adottato una nuova serie di criteri di calcolo più incisivi e accorti, grazie
ai quali la parte “presunta” relativa al sommerso, è diminuita molto poiché si fa ora riferimento a
informazioni sulle imprese, derivanti dai bilanci depositati e dai dati fiscali e contributivi.
Prima di allora, solo i dati delle imprese sopra i cento addetti erano addizionati mentre al di
sotto, l’indagine si basava su un sistema a campione. L’inesattezza, tuttavia, permane ed, infatti,
l’attuale direttore della Contabilità nazionale dell’ISTAT, Giovanni Savio, definisce l’operazione
complessiva di calcolo del PIL, «una grande addizione in cui non tutti i pezzetti sono conosciuti in
maniera perfetta».
6
Il Prodotto Interno Lordo in definitiva, è il principale indicatore di “salute” e cioè di qualità e
ricchezza di un sistema economico relativo a quell’area geografica, lo Stato, poiché rappresenta la sua
stessa capacità di “produrre e vendere beni.” La sua analisi, permette di fare stime sull’andamento
economico futuro e determina le scelte di politica economica, e non solo, anche in considerazione, per
i paesi dell’eurozone, del mantenimento dei giusti rapporti fra PIL, debito pubblico e bilanci pubblici
secondo i parametri fissati
4
.
Se è vero che “la qualità della vita non dipende soltanto dal reddito
5
” e si è arrivati a parlare di
BES, che sta per “benessere equo e sostenibile”, (un indice composto da 130 indicatori diversi,
elaborato dall’Istat per valutare i progressi sociali e ambientali, le disuguaglianze, la sostenibilità, la
salute, l’istruzione, la politica e le istituzioni, il benessere personale e generale), di certo, il PIL
“continua ad essere l’indicatore migliore per misurare le dimensioni di un’economia e la sua
produttività”.
6
La recessione, pertanto, riguarda esclusivamente l’aspetto economico così come le conseguenze
che si identificano, come si analizzerà nel dettaglio, nella crescita della disoccupazione o per chi riesce
a mantenere il lavoro, nella perdita di benefit, nella riduzione dei salari o nella stagnazione degli stessi
con il pericolo di vedere prosciugati i risparmi fino alla potenziale perdita dei beni immobili, fra cui la
casa di abitazione, e del valore di quelli mobili quali azioni o obbligazioni. La produzione si riduce
per mancanza di consumi fino alla chiusura della azienda anche per mancanza di liquidità. Infatti, se
l’incapacità di saldare i propri debiti si allarga, le banche o gli istituiti di credito in generale, limitano i
prestiti o li rendono particolarmente gravosi rendendo più difficili gli acquisti e gli investimenti nella
produzione, organizzazione, lavoro, formazione, innovazione e marketing per le aziende.
In economia si verificano normalmente alternanza di periodi di espansione e di recessione lì
dove all’inizio l’economia registra una crescita stabile e duratura con punte massime chiamate picco -
peak - in cui le banche erogano prestiti secondo condizioni più agevoli e a costi inferiori,
incoraggiando consumatori e imprese a contrarre debiti. Lo stato di esuberanza prende il sopravvento
sui prezzi degli asset e aumentano i carichi di debito per cui iniziano i primi freni all’espansione,
questo genera uno shock che provoca lo scoppio delle bolle speculative che fa crollare il mercato
azionario e rende insostenibile il costo dei debiti contratti. A questo punto, la fase di crescita si arresta
e l’economia entra in recessione (il punto più basso della recessione è detto cavo o minimo - trough-).
L’intera sequenza di declini e riprese, misurata tra due picchi o fra due cavi, costituisce tecnicamente il
4
Il PIL: che cos'è, come si calcola e a cosa serve - Borsa Italiana
5
Donato Speroni, giornalista, ex dirigente dell’ISTAT e autore del blog Numerus su Corriere della Sera.
6
Come si calcola il PIL? - Il Post
7
ciclo economico. I cicli sono ricorrenti ma non periodici.
L’economista Wesley Clair Mitchell, nei suoi studi degli anni ‘40, riconosce due fasi del ciclo
economico: la recessione o contrazione o slump che coincide con l’intera fase discendente, compresa
tra il punto di svolta superiore e quello inferiore, a cui segue la fase dell’espansione o boom, compresa
tra il punto di svolta inferiore e quello superiore.
Nella definizione di Joseph Alois Schumpeter il ciclo sarebbe, invece, di quattro fasi lì dove la
recessione è il primo dei due stadi della fase discendente del ciclo (compresa tra il punto di svolta
superiore e quello inferiore) mentre il secondo stadio discendente sarebbe la depressione. Sempre
secondo lo stesso autore, la fase ascendente si articola, invece, in ripresa ed espansione.
La depressione, dunque, sarebbe la condizione in cui la recessione assume connotazioni
gravissime ed il PIL presenta un calo superiore al 10% con una condizione che perdura per oltre un
anno riflettendosi su tutte le attività socioeconomiche. La sua portata può essere tale da influenzare
anche altri Paesi, soprattutto quelli che intrattengono relazioni commerciali e finanziarie con lo Stato
colpito.
2. La grande depressione del 1929
La depressione di cui si ha memoria ancora oggi per la sua gravità ed effetti, è quella
dell’ottobre del 1929, data in cui crollò la Borsa di Wall Street a New York. Quel giorno, segnò
ufficialmente l’inizio di una crisi economica e finanziaria che assunse il carattere di una e vera e
propria depressione e, come vedremo, coinvolse anche il resto del mondo segnando pesantemente il
decennio degli anni trenta del secolo scorso. Il famoso martedì nero di Wall Street, come venne
chiamato, ha avuto un impatto talmente forte che è entrato nell’immaginario collettivo come l’evento-
simbolo di un tracollo finanziario di un paese e l’immagine dell’estremo capitalismo e della più
spericolata speculazione.
Si può affermare che la speculazione accelerò l’esplosione di una crisi che già aveva dato i
primi sintomi nella caduta dei prezzi dei prodotti agricoli dovuta all’enorme accumulo delle scorte
rimaste invendute, anche a seguito del miglioramento della produzione agricola dei paesi europei che
erano fra i mercati di smercio (si verificarono episodi in cui tonnellate di grano e di caffè furono
rovesciate in mare o date alle fiamme nel tentativo di far risalire i prezzi).
Molti agricoltori, in un primo tempo, avevano richiesto prestiti per ampliare le proprie attività
sull’onda entusiastica precedente o dovettero farvi ricorso dopo la crisi del mercato nel tentativo di
aumentare la produzione e assicurarsi dei guadagni minimi di fronte ai prezzi che erano divenuti più
bassi a causa della grande offerta. Si innescò, così, da una parte un’ulteriore sovrapproduzione e
8
dall’altra, un indebitamento tale che gli agricoltori furono costretti a svendere o abbandonare le
fattorie.
La crisi da sovrapproduzione toccò, poi, anche il settore industriale a seguito dei nuovi
processi di produzione introdotti da Ford negli anni dieci del XX secolo, presto imitato da altri. Henry
Ford fondatore della Ford Motors Company (1903), aveva incrementato la produzione delle auto
grazie alla catena di montaggio (assembly line) nello stabilimento di Highland Park a Detroit,
sviluppando e realizzando l’organizzazione scientifica del lavoro che era stata oggetto di un sistema
rigoroso elaborato da Frederick Winslow Taylor. Quest’ultimo aveva operato la scomposizione del
processo produttivo in fasi elementari, misurato i tempi e i costi di ogni operazione e su questi aveva
messo a punto un sistema fondato sullo “sminuzzarsi “ delle fasi produttive e l’eliminazione di ogni
autonomia delle maestranze; il tutto, sotto un duro controllo gerarchico.
Ford aveva irrigidito il controllo automatico sui tempi di produzione in quanto venivano
scanditi ora dalla meccanizzazione e dalla subordinazione totale della forza-lavoro ai ritmi della catena
di montaggio fino a trasformare gli operai in “scimpanzé ammaestrati” (come egli stesso affermò
ironizzando sulla facilità di svolgimento delle varie fasi di lavoro) in quanto la semplificazione delle
operazioni rendeva adatta la fabbrica anche a quei primati. Ford aprì una nuova era industriale di
grande produzione in serie ed il termine “fordismo” oggi non solo indica “un sistema di organizzazione
industriale, ma rimanda alle caratteristiche strutturali del modello statunitense di accumulazione
capitalistica, riassumibili nella produzione di massa, nel gigantismo industriale, nelle economie di scala
e nell’espansione tendenzialmente illimitata dei consumi.
7
”
La fiorente industrializzazione generò una iperproduzione grazie ad una produzione su larga
scala a basso prezzo idoneo a una più larga fascia di acquirenti rispetto al passato. Ben presto, però, la
stessa iniziò a non trovare adeguata soddisfazione sia all’interno degli stessi Stati Uniti, perché non
andava di pari passo con una adeguata politica retributiva da parte del governo repubblicano più
conservatore, sia nelle esportazioni poiché l’Europa stava lentamente riprendendosi dagli effetti
devastanti della prima guerra mondiale e importava sempre meno.
Già nel 1928 si ebbero le prime avvisaglie e quando la produzione iniziò a rallentare, gli
operatori più avveduti iniziarono a vendere titoli. Il fenomeno aumentò a partire dal settembre del ‘29
dove in borsa, si iniziarono a vendere precipitosamente pacchetti di titoli azionari, il che ne determinò
l’abbassamento di valore. Si innescò, dunque, una reazione a catena per cui il timore di svalutazione
salì esponenzialmente e i titoli iniziarono a essere venduti sempre più velocemente a prezzi sempre
7
https://www.treccani.it/enciclopedia/la-fabbrica-fordista_%28Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-
Eco%29/#:~:text=La%20fabbrica%20