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Introduzione
La seguente tesi nasce dalla personale percezione che, guardando la
televisione, leggendo i giornali, ascoltando le dichiarazioni dei personaggi
politici ed anche alcune espressioni di ragazzi comuni sui social network, ci
siano due modi differenti di pensare agli “immigrati”: da un lato possono
essere percepiti come una minaccia sociale, quando vengono etichettati come
“criminali” o come minaccia economica, quando si sentono espressioni come
“Gli immigrati ci rubano il lavoro!”; dall’altro lato invece possono essere
considerati come una risorsa, perché svolgono lavori che gli italiani non
vogliono più fare, perché contribuiscono alla crescita del Pil, perché pagano le
tasse, etc.
In entrambi i casi viene attribuito agli immigrati un ruolo secondario
nella società, rispetto a quello svolto dagli autoctoni: nel primo caso hanno un
ruolo di disturbo, nel secondo sono di supporto. Le prostitute nigeriane, gli
ambulanti sulle spiagge e i bambini che mendicano agli angoli delle strade o
all’uscita dalle chiese, ci disturbano; gli stagionali che raccolgono i pomodori
d’estate e le arance d’inverno e le badanti rumene che ci tolgono l’incombenza
di dover badare ai nostri anziani, ci sono di supporto.
Raramente si pensa agli immigrati come persone e soggetti di diritto.
Raramente, si pensa agli immigrati come persone che giungono nel
nostro o in altri paesi, con l’obiettivo né di disturbare, né di essere di supporto
a società che non li considerano, ma semplicemente di garantire un futuro a sé
e alla loro famiglia e di poter avere le stesse possibilità degli autoctoni per
farlo.
Raramente, si pensa ai sacrifici che gli immigrati sostengono per poter
giungere in quei paesi, e a quanti e quali pericoli incontrano e superano durante
i loro viaggi della speranza e quanti ne incontrano una volta arrivati.
Non si pensa mai agli immigrati come vittime di sistemi criminali più
grandi di loro, che li usano per arricchirsi prima, durante e dopo il viaggio. Né
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pensiamo mai a noi stessi come complici di quei sistemi criminali che non
vediamo o non vogliamo vedere, ma che ci consentono di poter usare gli
immigrati.
Per questi motivi si è voluta affrontare una tesi che prendesse in
considerazione gli immigrati, nel contesto italiano, come soggetti i cui diritti
vengono calpestati dalle organizzazioni criminali straniere ed anche italiane e
da attori apparentemente legali che li sfruttano.
La tesi è strutturata in quattro capitoli.
Il primo capitolo è diviso essenzialmente in due parti. Nella prima
vengono definite le migrazioni moderne, come sono cambiate e perché, in
riferimento al contesto europeo e in particolare all’Italia, che per lungo tempo è
stato paese di emigrazione e si è trovato, come molti altri, impreparato a dover
affrontare l’arrivo di migliaia di persone in cerca di una vita migliore.
Verranno analizzate le risposte dei paesi europei di fronte ai flussi migratori e
come ha reagito la società. Nel contesto italiano in particolare verrà analizzato
il fenomeno migratorio dal punto di vista del binomio immigrazione-
criminalità e del senso di insicurezza che ne deriva nella percezione pubblica.
Si cercherà di comprendere da dove deriva il timore nei confronti degli
immigrati e se ha ragione di esistere. Questa prima parte si conclude
analizzando l’immigrazione clandestina, che rende il fenomeno migratorio
ancor più complesso nella sua definizione, ma si cercherà di capire perché i
migranti ricorrono alla clandestinità e come e se tale status costituisce per loro
un vantaggio nella società di accoglienza. Emergerà da questa analisi che alla
base della clandestinità vi è il traffico di persone, gestito dalle organizzazioni
criminali transnazionali. Questo tema viene approfondito nella seconda parte
del capitolo in cui si cerca di ricostruire lo scenario criminale italiano, per
quanto riguarda soprattutto le mafie autoctone e le organizzazioni criminali
straniere più attive sul nostro territorio e dedite al traffico e alla tratta di
migranti. Di queste viene descritta la struttura e le modalità operative in questi
mercati illeciti, nonché i legami con le mafie italiane.
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Il secondo e il terzo capitolo sono dedicati alla definizione dei migranti
come vittime delle organizzazioni criminali dedite al traffico e alla tratta di
migranti.
Nel secondo viene fornita, sulla base del Protocollo di Palermo, una
dettagliata definizione dello smuggling, letteralmente contrabbando di
migranti, e del trafficking, cioè la tratta di persone, che si inseriscono nella più
ampia categoria del traffico di esseri umani. Sia per lo smuggling che per il
trafficking viene fornita una definizione dei fenomeni in ogni loro aspetto:
dalle motivazioni che spingono i migranti ad intraprendere i “viaggi della
speranza” affidandosi a dei criminali, a come questi viaggi effettivamente si
svolgono; dalle rotte ai mezzi utilizzati dai trafficanti, ai prezzi pagati dai
migranti per essere trasportati. Viene in particolare analizzato il ruolo
dell’Italia come paese di transito e di destinazione e, quali sono i principali
luoghi di ingresso illegale sul nostro territorio. Analizzando il fenomeno di
trafficking, è stato preso in considerazione lo sfruttamento della prostituzione
delle migranti vittime di tratta. Si analizza questo mercato illecito dal punto di
vista della sua organizzazione a seconda del gruppo etnico che lo gestisce:
come le vittime vengono reclutate, come vengono trasportate e attraverso quali
paesi transitano, come vengono obbligate a prostituirsi e attraverso quali
violenze, fisiche o psicologiche, vengono legate all’organizzazione criminale.
Il terzo capitolo è dedicato ad un’altra forma di nuova schiavitù che ha
come vittime sempre gli immigrati: il lavoro forzato. Dopo aver definito lo
sfruttamento lavorativo, viene preso in considerazione il contesto italiano in cui
una vasta porzione dell’economia è da ritenersi sommersa, e caratterizzata
soprattutto dall’impiego di manodopera straniera nei settori industriale,
agricolo e domestico. Particolare rilievo è dato al fenomeno del caporalato,
inteso come intermediazione di manodopera, soprattutto nel settore agricolo.
Se ne analizzano le caratteristiche e il degrado umano raggiunto dagli
immigrati, costretti ad accettare misere paghe, a lavorare in condizioni poco
sicure, igienicamente carenti, per molte ore al giorno. Attenzione è data anche
allo sfruttamento nel settore domestico, in cui a farne le spese sono
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principalmente le donne provenienti dall’est Europa, a cui le famiglie italiane
hanno delegato la cura degli anziani e delle case, per paghe molto basse e orari
di lavoro molto lunghi. Un esempio di sfruttamento intensivo di manodopera è
costituito dagli immigrati cinesi, che arrivano clandestinamente nel nostro
paese e vengono impiegati nelle imprese di connazionali. I cinesi sono un
esempio particolare, poiché raramente percepiscono il loro impiego come
sfruttamento, benché ne abbia tutte le caratteristiche, e questo risiede nella
cultura della comunità cinese. La conclusione del capitolo è dedicata allo
sfruttamento dei minori, che pure avviene sul nostro territorio. I minori sono
impiegati soprattutto nell’accattonaggio, ma anche nel mercato del sesso, e le
vittime sono principalmente dell’est Europa, rom ed egiziani.
Nei primi tre capitoli l’attenzione è rivolta soprattutto alle vittime, cioè
gli immigrati, e alle organizzazioni criminali quali principali attori del traffico
di esseri umani. Nel quarto capitolo viene fornito un ritratto degli altri
beneficiari di questo mercato. Appurato, infatti, il ruolo attivo delle
organizzazioni criminali straniere e delle cosche italiane nell’immigrazione
clandestina, nell’irretimento degli immigrati nella criminalità e nel loro
sfruttamento lavorativo, da cui traggono benefici economici, in questo capitolo
sarà data particolare attenzione a quegli attori che non sono criminali, o almeno
non lo sono formalmente. Tutti quei soggetti che lucrano sugli immigrati e
sulla loro condizione di clandestinità: i datori di lavoro che assumono in nero
gli immigrati; i soggetti che si rendono complici delle organizzazioni criminali
fornendo alloggi e documenti falsi; i locatari di case che chiedono ai
clandestini il pagamento di affitti esorbitanti. Ma i benefici derivanti dal
traffico di persone, non sono solo di tipo economico, basti pensare allo
sfruttamento della prostituzione, che al di là della redditività per i trafficanti, i
beneficiari ultimi sono i clienti che sono il perno di questa attività. Il traffico di
esseri umani, si configura come un vero e proprio mercato che risponde alle
logiche economiche di quelli leciti: vi è un’intermediazione da parte delle
organizzazioni criminali, che mettono in contatto l’offerta, costituita dalle
vittime, con la domanda, costituita da quanti richiedono manodopera a basso
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costo e sfruttabile e da quanti richiedono prestazioni sessuali a pagamento.
Questo capitolo mira a dimostrare che i beneficiari e responsabili dello
sfruttamento dei migranti non sono solamente le organizzazioni criminali,
benché ne traggano ingenti profitti, a beneficiarne sono anche i datori di lavoro,
i clienti della prostituzione e la società occidentale intera. La società che
imputa agli immigrati la causa dell’insicurezza e del disordine pubblico e che
tace di fronte alle nuove schiavitù, ed anzi a causa dei pregiudizi e del razzismo
le giustifica, si rende corresponsabile di questi crimini.
L’obiettivo della tesi è dunque quello di dimostrare che il senso di
insicurezza pubblica che vede la sua causa nell’immigrazione è in realtà
fuorviante, in quanto gli immigrati sono più vittime che carnefici, vittime di
organizzazioni criminali senza scrupoli che operano in modo transnazionale e
di datori di lavoro che li sfruttano vedendo in loro solo della manodopera a
basso costo e che approfittano del bisogno che gli immigrati hanno di lavorare
per pagare il loro eventuale debito di viaggio nei confronti dei trafficanti, per
sopravvivere e per mandare le rimesse alla propria famiglia rimasta nel paese
di origine.
Si cercherà di smontare il pregiudizio esistente nel nostro paese e non
solo, che vede il nesso criminalità-immigrazione, alimentato
spregiudicatamente dai media e, di dimostrare che gli immigrati non
commettono più reati rispetto agli italiani, ma che essi vengono irretiti dalle
organizzazioni criminali straniere e autoctone, che non solo hanno trovato negli
immigrati manovalanza criminale, ma hanno anche trovato nel traffico di esseri
umani un nuovo business. Attraverso l’analisi dei fenomeni di smuggling e
trafficking emergerà la condizione di sfruttamento a cui gli immigrati sono
sottoposti sul territorio italiano, delineando dove finisce il ruolo di sfruttamento
dello straniero sullo straniero e dove inizia quello dell’italiano sullo straniero.
Lungi dal negare l’esistenza di fenomeni di devianza e criminalità tra
gli immigrati, l’obiettivo ultimo di questa tesi è quello di guardare ai migranti,
regolari e clandestini, come persone che fuggono dal loro paese di origine per
svariate ragioni e giungono in Italia, come nel resto dell’occidente, per cercare
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di sopravvivere, e il più delle volte questo tentativo finisce col renderle vittime
di soggetti, criminali e non, che lucrano sul loro desiderio di trovare migliori
possibilità di vita. Focalizzare l’attenzione della società sull’aspetto criminale
degli immigrati, che è minoritario rispetto al loro sfruttamento sul nostro
territorio, non permette di affrontare questo grave problema di cui, più o meno
consapevolmente, si rende complice tutta la società.