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PREMESSA
In questo elaborato abbiamo osservato la crescita della microalga Chlorella vulgaris
sostituendo una percentuale del suo terreno ottimale di crescita con acque di scarto
derivanti da un processo di vinificazione in rosso. Il fatto di non aver in alcun modo
filtrato o sterilizzato queste acque ha permesso di verificare la crescita microalgale in
presenza di tutte le sostanze e i microorganismi, anche inquinanti.
A seguito di una prima coltura di controllo, per la quale è stato utilizzato il terreno
ottimale di Chlorella vulgaris, nelle crescite successive il 60% del suddetto terreno è
stato sostituito dalle acque reflue. Dal momento che in queste acque la quantità di azoto
e fosforo è inferiore rispetto a quella del terreno puro, per sopperire alla mancanza di
nutrienti è stata testata l’aggiunta di azoto, sono stati perciò aggiunti nitrati (NaNO
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) e
urea.
Le colture sono state condotte in contemporanea in due fotobioreattori elicoidali, uno
con luce continua (24h) e uno con luce alternata (12h), questo per osservare una
possibile relazione tra sovraesposizione luminosa e incremento della crescita e della
produzione algale.
Ogni crescita aveva una durata di 15 giorni, durante i quali la concentrazione di
microalga veniva giornalmente quantificata, in modo da studiarne la crescita. Al termine
dei 15 giorni la biomassa ottenuta è stata estratta e sottoposta ad analisi. Essendo
Chlorella vulgaris ricca in lipidi, è stata effettuata una analisi quali-quantitativa degli
acidi grassi sul prodotto di ogni crescita, per via sia gravimetrica che gascromatografica.
Sui campioni è stata anche determinata la percentuale di carbonio, idrogeno, azoto e
zolfo, tramite analizzatore elementare CHNS, e di ossigeno, tramite incenerimento e
peso delle ceneri.
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INTRODUZIONE
1.1 Le Microalghe
Le microalghe sono un gruppo di organismi unicellulari tra più antichi. Effettuano una
fotosintesi simile a quella delle piante superiori ma sono più rapide di queste ultime nel
convertire l’energia solare. Crescono in mezzi acquosi utilizzando l’acqua, la CO
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ed i
nutrienti, e possono essere fotoautotrofe, eterotrofe, o mixotrofe. Esse sono in grado di
fissare efficientemente la CO
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da diverse fonti, tra cui l'atmosfera, i carbonati solubili e i
gas di scarico industriali. In generale, vengono fissati circa 1,8 kg di CO
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per ogni kg
(peso secco) di biomassa microalgale prodotta.
Come propone la classificazione di Margulis e Schwartz (Margulis, 1996), tutte le alghe
(sia quelle unicellulari che quelle pluricellulari) vengono riunite in un unico regno,
quello dei protisti, a cui appartengono anche altri eucarioti unicellulari.
I protisti con caratteristiche simili a quelle degli animali vengono generalmente definiti
protozoi e distinti dai protofiti (dei quali fanno parte le alghe) che invece rappresentano
protisti con caratteristiche di tipo vegetale. Esistono inoltre protisti che possono essere
paragonati ai funghi: le muffe mucillaginose e le muffe d'acqua.
Nonostante l’habitat migliore per le microalghe sia rappresentato da specchi d’acqua,
sia dolce che di mare, esse possono colonizzare facilmente anche rocce, suoli desertici,
ghiacciai, e sono presenti nel suolo agrario e forestale.
Non sono rari i casi in cui le alghe vivano in simbiosi con funghi (formando ad esempio
i licheni) o con animali (come nel caso dell’Hydra viridis, un celenterato, dove le
microalghe vivono immerse nel tessuto animale).
Alcune microalghe sono in grado di muoversi grazie a flagelli e sono in grado di
raggrupparsi formando delle colonie a forma di rete o di sfere mobili. Infatti, nonostante
moltissime alghe siano microscopiche e misurino pochi micrometri di diametro, in molti
casi la loro presenza si nota in modo appariscente sotto forma di schiuma negli stagni o
di incrostazioni verdi sui tronchi degli alberi.
In generale le microalghe che aderiscono su superfici solide sommerse costituiscono il
microfitobenthos mentre quelle che vivono sospese sull’acqua costituiscono il
fitoplancton, che rappresenta il nutrimento del plancton animale mettendo in moto la
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catena alimentare.
Alcuni tipi di microalghe, come ad esempio Arthrospira (Spirulina) platensis, sono
state utilizzate dall’uomo come alimento e medicamento fin dall'antichità, ma
nonostante questo solo negli ultimi anni si è scoperto il vero potenziale nutrizionale e
farmacologico e stanno di conseguenza aumentando le ricerche e i progetti su questi
microorganismi.
L'interesse è dovuto alla loro capacità di produrre numerosi composti bioattivi come
polisaccaridi, amido, acidi grassi, steroli, proteine, enzimi, carotenoidi, antiossidanti,
polimeri e peptidi.
1.1.1 Struttura generale
Le microalghe sono costituite da una parete cellulare costituita prevalentemente di
cellulosa a cui può essere aggiunta la presenza di silicati o di carbonato di calcio. Al di
sotto della parete cellulare si trova una membrana citoplasmatica, costituita da un
doppio strato fosfolipidico, dello spessore di 7,5-9 nm contenente carboidrati, proteine e
lipidi complessi. Nel citoplasma troviamo il nucleo e differenti tipi di organelli e
compartimenti, formatisi dall’invaginazione della membrana plasmatica e del reticolo
endoplasmatico. Tra gli organelli si ricordano: cloroplasti, apparato di Golgi, reticolo
endoplasmatico, ribosomi, mitocondri, vacuoli, vacuoli contrattili, plastidi, globuli
lipidici, flagelli e microtubuli (Figura 1.1).
Figura 1.1 La microalga Chlorella vulgaris
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1.1.2 Classificazione delle microalghe
Le alghe unicellulari eucariotiche comprendono:
Euglenofite
Pirrofite
Crisofite
Chlorofite
Euglenofite
Le Euglenofite sono un gruppo di alghe mobili, del quale rappresentante principale è
Euglena, da molti anni oggetto di discussione tra botanici e zoologi. Per molti zoologi
infatti questo gruppo comprende anche forme che fanno parte del phylum dei Flagellati
ed è ritenuto quindi l’anello di congiunzione tra organismi di tipo animale e vegetale.
Euglena in effetti è una specie che dimostra quanto sia difficile effettuare una netta
separazione tra forme autotrofe e eterotrofe: in presenza di luce si comporta da
organismo autotrofo, utilizzando i propri cloroplasti per sintetizzare composti organici
tramite la fotosintesi. Se invece viene mantenuto al buio, esso perde i pigmenti
fotosintetici e inizia a nutrirsi esclusivamente di materia organica morta. Esso è in grado
di spostarsi grazie al movimento di uno dei due flagelli di cui è provvisto, che fornisce
la spinta necessaria tramite un movimento ondulatorio. Euglena si riproduce in modo
semplice, per mitosi e citodieresi.
Pirrofite
Le Pirrofite sono alghe unicellulari aventi una caratteristica colorazione giallo-bruna,
dovuta ai pigmenti fotosintetici e ai pigmenti accessori presenti nei cloroplasti. Vivono
in acque dolci e salate, per la maggior parte sono autotrofe e contengono clorofilla (il
cui colore viene mascherato dalla xantofilla e dai carotenoidi) ma vi sono anche alcune
Pirrofite eterotrofe che non possiedono clorofilla e si nutrono di alghe procariotiche, di
batteri e di piccolissimi protisti.
Il gruppo più rappresentativo di questo phylum è quello dei Dinoflagellati; essi sono di
grande interesse ecologico, evolutivo e morfologico, in quanto sono probabilmente
secondi soltanto alle diatomee come produttori fotosintetici di materia organica negli
oceani. Molti Dinoflagellati sono organismi marini e alcuni di questi possono dare
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origine alle ”maree rosse“, così dette per la colorazione rossa assunta dalle acque dovuta
alla fluorescenza della clorofilla presente nei cloroplasti e alle gocce oleose contenute
nella cellula come sostanze di riserva; spesso infatti queste ultime hanno una
colorazione rossastra che può interessare tutto il citoplasma.
Alcune di queste specie producono inoltre sostanze neurotossiche, che sono in grado di
uccidere moltissimi pesci. Il genere Gonyaulax ad esempio emette una potente tossina
che può accumularsi senza alcun effetto collaterale nei molluschi e nei crostacei, ma
può uccidere l’uomo se ingerita.
Crisofite
Le Crisofite sono organismi unicellulari autotrofi marini suddivisi in tre classi:
Chrysophyceae (alghe dorate), Xantophyceae (alghe giallo verdi), Bacillariophyaceae
(Diatomee). Tipicamente hanno un colore bruno o giallo per la presenza di abbondanti
carotenoidi nei loro cloroplasti e tutte utilizzano crisolaminarina (un carboidrato) od olii
come prodotti di riserva. Non posseggono flagelli e si muovono grazie alla presenza di
corpi cristallini che si estroflettono dal solco.
Le diatomee sono tra le alghe più diffuse nell’ambiente marino e di acqua dolce. La loro
parete è generalmente costituita da fibrille di cellulosa intrecciate, e non è raro che siano
presenti incrostazioni minerali di tipo siliceo; i resti delle loro pareti infatti, molto
resistenti alla decomposizione, possono accumularsi sui fondi oceanici e formare estesi
giacimenti di rocce sedimentarie dette diatomiti (o “terra di diatomee”), questo
materiale trova numerosi impieghi industriali, viene utilizzato ad esempio per
l'isolamento, la filtrazione e la pulitura dei metalli.
Chlorofite
Le Clorofite, dette anche alghe verdi, assieme alle Euglenofite sono gli unici protisti che
possiedono l'intero corredo di pigmenti fotosintetici delle piante superiori; il principale
prodotto di accumulo della fotosintesi è infatti l'amido (lunghe catene di glucosio).
Queste somiglianze, insieme ad altre considerazioni, fanno ipotizzare che le piante si
siano inizialmente evolute dalle alghe verdi.
Questo phylum è stato smembrato dalla classificazione di Whittaker: tra i protisti
vengono separate le forme unicellulari (es: Chlorella), le forme coloniali (es. Volvox) e
cenobitiche mentre quelle pluricellulari vengono inserite nel regno delle piante. Le
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alghe verdi unicellulari (tra cui anche Chlorella), comprendenti forme isolate o
coloniali, mobili per flagelli o immobili, vivono in acque dolci, salate, nel terreno
umido, sul tronco delle piante, nelle piccole raccolte d’acqua tra i sassi e le rocce e
quando sono particolarmente abbondanti possono conferire all’acqua un caratteristico
odore sgradevole ed una colorazione variabile dal verde al rosso.
1.1.3 Cinetiche di crescita
La crescita delle microalghe in un reattore in cui sono presenti nutrienti in quantità
necessarie e le condizioni climatiche sono adeguate presenta un andamento
caratteristico.
Analizzando la crescita si nota il susseguirsi di quattro fasi principali (Figura 1.2):
• Fase di latenza (fase lag): è la porzione di tempo necessaria alle cellule per
adattarsi al mezzo di coltura e riprendere la crescita a seguito dei cambiamenti a livello
dei nutrienti e delle condizioni di coltura. La velocità di crescita è quasi nulla ed è la
condizione successiva all’inoculo.
• Fase esponenziale (fase log): fase in cui la microalga cresce alla velocità
massima. La velocità di crescita è costante e dipende dalla luce, dalla temperatura e
dalla disponibilità di nutrienti, il numero di cellule generalmente raddoppia ad intervalli
regolari di tempo.
In questa fase viene misurata la velocità di crescita, ovvero la variazione della
concentrazione di biomassa nel tempo, che fornisce informazioni riguardanti la capacità
biologica di un ceppo di sopravvivere e di adattarsi ad un ambiente naturale o artificiale.
All’inizio la bassa densità cellulare rende minimo l’ombreggiamento reciproco tra
cellule di conseguenza ogni singola cellula si trova in una condizione di luminosità
ideale per la crescita. (Molina Grima et al., 1996). La durata della fase esponenziale è
direttamente dipendente da fattori abiotici (luce, temperatura, concentrazione dei
nutrienti, ossigeno, anidride carbonica, pH, salinità, sostanze tossiche), biotici (batteri,
funghi, virus, altre alghe in competizione) e variabili operative che dipendono dallo
strumento utilizzato.