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PREMESSA
Penso alla danzamovimentoterapia come ad un linguaggio creativo, in cui sia il
livello fisico che mentale muovono la persona nella stessa direzione.
L’Artista incontra l’Uomo e la Parola Terapeutica ricreando nel proprio spazio-
tempo i legami: dall’uno all’altro ai molteplici, dal gruppo all’individuo e viceversa; il
mutare del corpo aderisce alle forme del mondo quando c’è bisogno di evolvere,
quando per andare avanti c’è bisogno di cambiare… E’ il punto di partenza per il
processo terapeutico.
Ho scoperto il valore terapeutico della Danzamovimentoterapia insieme al
desiderio di danzare, di creare e di cercare nuovi modi per entrare in comunicazione
con gli altri, di condividere insieme agli altri i miei desideri più profondi.
Alla base dell’esperienza psicologica che unisce l’―Io-Corpo‖ ad un Corpo-Altro vi
sono tre punti indivisibili caratteristici della specie umana: pensare, sentire, fare,
rispettivamente Mente-Cuore-Corpo.
In particolare l’uso limitato e limitante del corpo e/o della parola nelle persone
portatrici di handicap fisico e mentale (quest’ultimi con scarse capacità simboliche)
creano una profonda divisione interna nel quale sensazioni, emozioni, pensieri
fluiscono in modo disarmonico. Idee e sentimenti in continuo disaccordo spezzano il
senso di Unità.
―Ognuno danza a proprio modo‖ se c’è libertà di comunicazione e rispetto per
le differenze‖. La parola (il logos) diviene anima, trova espressione nell’immagine,
si apre all’inconscio, alla parola evocata, al ricordo. Il movimento ed il gesto danno
voce alle cose mute. Il corpo è soddisfatto della sua natura, non pervaso dalla
domanda delle idee poiché esso stesso diviene contenuto e contenitore del
“discorso”, un Corpo-Racconto vivo di emozioni.
Mi pare che l’uomo possa vivere indipendentemente dai motivi estetici della
figurazione meccanica del corpo (per quanto possano essere urgenti…) se sa
comunicare le sue emozioni, recuperare la parola attraverso il gesto ed il suono,
partecipare al richiamo del mondo con una comunicazione vera, autentica.
Credo che la danzamovimentoterapia sia una forma di conoscenza individuale
condivisibile e comprensibile anche quando non la si comprende obiettivamente.
Il linguaggio si apre all’intuizione, diventa “mistico” si esprime “telepaticamente”
nel senso dell’avvertire le impressioni dell’animo.
La Danzamovimentoterapia insieme a tante altre discipline si preoccupa
d’inquadrare l’atto dell’empatia di una persona in relazione all’esperienza soggettiva
di un’altra persona , di cogliere cioè la contemporaneità del sentire (del terapeuta)
con il processo interiore concreto (del cliente).
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La centralità dell’empatia e dell’ascolto trova fin dal mio primo ingresso nel
campo progettuale del lavoro le caratteristiche di una mia attitudine relazionale e di
cura.
Sono da sempre interessata ai processi che permettono di raggiungere una
comprensione profonda dell'altro; quello dell’empatia come somma di atti percettivi
rivolta all’esperienza emotiva e ai vissuti della persona, ampiamente riconosciuto
dalla DMT, è un concetto fondamentale nel contesto operativo delle relazioni umane
e d’aiuto.
Con lo sviluppo delle specifiche competenze nell’area della DMT, a partire
dall’osservazione e graduale analisi della presa in carico di utenti con disagio
psichico e ritardo mentale, ho sentito l’esigenza di approfondire gli aspetti della
relazione terapeutica nell’ambito di progetti di cura costruttivi.
Bisogna essere in grado mantenere il contatto con se stessi e con le altre persone e
contrastare il disagio psicologico che nasce dal fallimento relazionale.
Il “fare terapeutico” evidenzia la necessità ed il valore di accompagnare
l’individuo di ogni età nell’esperienza di Sé e dell’Altro attraverso una proposta
ampia con la quale scoprire e sviluppare la coscienza dell’altro e della propria
intersoggettività. La ricerca e lo sviluppo verso approcci e modelli analitici ha aiutato
ad esplicitare questa mia impostazione. Ritengo che la relazione tra terapeuta e
cliente: lo scambio profondo e l’esistenza di un feeling tra due individui sia la
motivazione che sta alla base della scelta del terapeuta e della terapia.
Sul ruolo del corpo nella pratica preventiva, terapeutica e riabilitativa il quadro
generale di riferimento della DMT si propone appunto di considerare l’individuo
nella sua globalità, carico di idee, vissuti, ed emozioni. Corpo che sente e che
sperimenta se stesso nel mondo circostante.
L'esperienza dimostra che l'ascolto terapeutico, unito all'instaurarsi di un rapporto
di fiducia, è rapidamente efficace per il soggetto che dall’altra parte sperimenta
fragilità e vulnerabilità.
Il valore della relazione: entro cui i contenuti simbolici dello spazio
terapeutico sono già disponibili nell’ambiente interno ed esterno dell’esperienza
individuale e del vissuto duale soggetto-oggetto, è parte integrante del processo
analitico.
Sono convinta che un punto di svolta del processo analitico è l’incontro con il
vissuto dell’altro in una modalità che supera il concetto di empatia per l’aspetto
fortemente identificatorio, rivolto cioè all’esperienza emotiva dei suoi luoghi e non-
luoghi.
Nell’ottica della cura della persona un aspetto del mio lavoro é quello di associare
attività creative ad attività educative-riabilitative atte a favorire la presenza
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corporea propria e altrui, lo scambio comunicativo, simbolico, affettivo nel
succedersi degli eventi e della costruzione narrativa di sé.
Grazie alla consapevolezza di crescere come persona e professionista, di
sostenere nuove capacità, affiorate intorno all’esperienza delle competenze e delle
mie risorse-fragilità, si sono aperte prospettive d’integrazione e strumenti di
appoggio alla DMT in direzione della crescente domanda da parte dei genitori e dei
figli di valorizzare il legame affettivo e i gesti d’amore a sostegno della relazione.
Lo sviluppo e la realizzazione dei percorsi educativi e terapeutici, entro le varie
tipologie di utenza ed i rispettivi bisogni di salute, (in seguito meglio specificati),
sono supportati da tre principali modelli strutturali di riferimento: l’analisi del
movimento, i concetti psicoanalitici di base, e infine l’applicazione dell’approccio
metodologico del Dott. Volpi incentrato sulla presenza del genitore omologo.
La prima sezione della tesi espone ipotesi di lavoro e strumenti di ricerca da
una pluralità di prospettive teoriche innovative e sperimentazioni classiche ed
illustra con degli esempi il modo in cui vengono impiegate. La seconda parte utilizza
le situazioni del progetto, lo svolgimento e la costruzione degli obiettivi in sede
d’intervento individuale e di gruppo sia a breve che a lungo termine.
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Parte Prima
“ Implicazioni teoriche e metodologiche dell’intervento”
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1 Cap. I – DANZAMOVIMENTOTERPIA –
1.1 La parola alla Danza
…”Un luogo dove osservare il mondo e se stessi: in relazione alla posizione che si
occupa nello spazio di volta in volta diverso. Le voci dietro o davanti a quel corpo
hanno una forma ed un sapore; effetti percepibili dall’interno. Ondate di suoni e di
movimenti cariche di emozioni sul registro della vita. È come leggere un mondo di
parole cifrate: segni istintivi, gesti immaginati, parti in essere e divenire”.
(Grazia Benvegna).
La vita è dunque movimento, energia,
l’uomo per muoversi segue le regole di una "dialettica interna”; durante il suo
sviluppo, per comprendere se stesso, deve organizzare la realtà e la rappresentazione
di essa mediante costruzione di simboli ed immagini preverbali.
Il segno (inteso come sistema di segni condivisi, verbali, motori, corporei)
esprime dati e caratteristiche impliciti e pone l’uomo in relazione agli oggetti.
Ogni uomo fin dalla nascita comincia il suo processo di conoscenza sui vissuti
dell'esperienza sensoriale e dell’attività motoria. L’esperienza senso-motoria è la
risorsa primaria attraverso la quale conoscere il mondo, il presupposto della
conoscenza prima ancora di essere raggiunta dall’intelletto.
Il linguaggio del movimento,
nel repertorio dei riflessi neonatali da cui si sviluppano tutti gli schemi motori e
posturali, ed in cui l’organizzazione del feed-bach sensoriale reagisce all’esperienza
del movimento interno ed esterno, sostiene la comunicazione e la crescita
dell’individuo caricandolo di profondi contenuti.
―L’inconscio non parla soltanto nei sogni, si esprime anche per mezzo di un gesto,
del corrugarsi della fronte, nel battere del cuore (G. Groddeck, Il libro dell’ES-
1975).
Il movimento corporeo è la spinta creativa
che permette il superamento dei limiti personali e l’aprirsi agli spazi di crescita. Esso
rende visibili le immagini, esprime ciò che è presente e racconta come se fosse
presente e concreto ciò che non è più presente.
La storia danzata di ogni essere vivente è la storia dell’umanità che muove le cose ed
è mossa dalle fantasie, dalla ricchezza abitata delle sue visibili ed invisibili trame.
L'uomo ha cominciato a danzare in tempi antichissimi, i misteri della vita e
della morte, le divinità, i raccolti, le nascite e i matrimoni.
Secondo il filosofo e pensatore Gian Battista Vico (1688-1744) nell’evoluzione
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storica dell’umanità vi sono tre età e tappe fondamentali dell’uomo chiamate: età
degli dèi, età degli eroi, età degli uomini. Quella degli dei é fondata sul mito (e sulle
credenze religiose) come liberazione individuale e collettiva dei sensi e della fantasia
ed espressione di verità per immagini.
“Il Corpo nella Danza”
come mezzo espressivo primario delle pulsioni interiori fa un uso differente del
movimento puramente estetico e formale.
La danza come “modello interiore", trova corrispondenza tra inconscio e gesto
artistico, fuori dall’area di canoni estetici prestabiliti traduce ed elabora le immagini
simboliche dell’attività dell’inconscio.
1.2 Dalla danza alla Danzamovimentoterapia
L’essere umano ricorre costantemente all’uso di termini simbolici per rappresentare
concetti che sono altrimenti indefinibili, che oltrepassano la comprensione umana:
discorsiva e razionale. Una parola o un’immagine simbolica sta al di là del suo
significato ovvio e immediato, essa possiede un aspetto più ampio “inconscio” che
attraverso l’uso consapevole, l’esplorazione e decifrazione può essere portata a
contatto con idee nell’area della coscienza.
Nella psicologia sociale per esempio gli esseri umani interagiscono tra loro con l’uso
dei simboli, gesti significativi che presuppongono la capacità di ciascun partecipante
di entrare in processo di comunicazione e di assumere cioè il ruolo degli altri
interpretando il significato delle azioni o delle osservazioni nell’altro.
Il bambino che cresce sviluppa in se la capacità di mettersi al posto di altri che sono
per lui significativi. Mano a mano che matura, egli non solo assumerà questi ruoli
esercitandoli, ma li concepirà assumendoli nella sua immaginazione.
Il gioco simbolico del bambino è il primo stadio in cui matura capacità di usare
simboli significativi nell'interazione con numerosi altri individui .
La danzamovimentoterapia in chiave simbolica prevede una partecipazione
soggettiva in uno spazio simbolico di decostruzione e ricostruzione di pezzi di sé e di
iscrizione della narrazione della propria esistenza, o della propria progettualità. Il
mondo esterno, grazie ad un’insieme di significati ed immagini con valore o tonalità
affettiva, costituisce una possibilità di narrare se stessi ed il proprio modo di
percepire la realtà attribuendole senso.
Lo spazio simbolico trova un suo specifico spazio di intervento che mira ad attivare
la capacità di rappresentare se stessi e di aprire orizzonti di significato ponendo e
concependo le adeguate domande entro il sistema simbolico in cui si struttura la
conoscenza del proprio mondo esperienziale.
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In questa necessità di ritrovamento del linguaggio simbolico vissuta come prassi di
ascolto e di dialogo la danzamovimentoterapia ha una particolare funzione.
Se la danzamovimentoterapia si coniuga con la capacità d'ascolto di se stessi, di
interrogazione dei vissuti sensoriali emotivi, affettivi, ideativi, di rappresentazione
dunque della propria esistenza, allora si configura come scenario del viaggiare tra il
punto di vista del proprio viaggio ( e dell’osservazione) e quello in comune del
viaggio di altri (in quanto osservazione del mondo esterno).
Tanto più il contenuto interiore è composto da sentimenti di sé inadeguati ed
incomprensibili, tanto meno si ha la libertà di distinguere le ragioni implicite dei
propri agiti nella costruzione delle scelte che messe in opera inconsapevolmente
ostruiscono la libera espressione dell’ interiorità individuale.
Questo vedere il mondo di cui è portatore lo sguardo autocosciente apre la strada a
un sentire nuovo. L’oggetto-soggetto dello sguardo produce sensazioni ed emozioni
in un processo di reciproca osmosi, di contatto attraverso la rieducazione del
sentire, dell’ascolto profondo di sé e dell’altro.
Per studiare l’arte della danza e la sua terapeuticità va innanzitutto indagato il corpo
come luogo simbolico di costruzione d’identità, come parte integrante del processo
attraverso il quale si diviene “altro” da sé.
Si tratta di restituire alla corporeità la capacità dei suoi gesti, delle sue espressioni e
delle funzioni in cui sono iscritte le rappresentazioni del mondo nel suo intero.
Nel corpo la narrazione è quella chiave di lettura capace di spiegare modi e
tempi, e di decodificare presente e passato nel recupero del senso di continuità e di
unità.
Il corpo come operatore simbolico è una riserva infinita di segni ―che consente
un'interminabile decostruzione dei codici che equivale ad una continua liberazione
di senso‖ (Galimberti).
Il corpo, oggetto della danza, si fa linguaggio su un piano di confine in cui il soggetto
corporeo si riconosce come parte integrante di una dialettica che si svolge
nell’interrelazione tra sé e l’oggetto, tra sé e le infinite possibilità d’incontro in cui far
coesistere la nozione di soggettività e dell’essere in relazione entro la rete dei legami.
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2 Cap. II – Il supporto degli strumenti volpiani –
2.1 Introduzione
Il disturbo e il sintomo di un adulto o la patologia conclamata di un disabile
procedono entro spazi emotivi paralleli a quelli del genitore poiché imprescindibile é
il rapporto naturale che i figli hanno con i genitori quando il modo di considerarli
riafferma la capacità affettiva ed emotiva.
Ci sono le difficoltà dei figli, le difficoltà dei genitori nei modi di affrontare
l’ambiguità di sentimenti: odio e rabbia o senso di colpa ed il significato di certi
comportamenti. È vero che è difficile distinguere il sano istinto del genitore dalla
responsabilità di essere genitori e dalla presa a carico di tutti i movimenti nella
funzione educativa. Altrettanto reale che i figli stabiliscono con essi il più grande
rapporto d’amore.
―L’amore può rimediare quasi tutto‖. Sviluppa una forza incredibile e il
desiderio di vivere. Il genitore può risvegliare la capacità d’amore nel figlio. Il
genitore é l’informazione vivente originale della sua esistenza, ma anche della sua
capacità di essere posseduto dalle emozioni: ricchezza enorme, quando dalle proprie
energie profonde, si è potuto attingere (anche nei momenti più difficili) la forza
vitale ove sviluppare e sfruttare le potenzialità.
Le cose migliori della vita succedono quando le emozioni sono accese. L’esperienza
del sentire conserva nella memoria tutto ciò che di istintivamente sano (e
fisiologicamente utile) preserva dai rischi e dalle minacce alla propria esistenza -con
la ripresa del controllo del corpo-. Diversamente uno stato perenne di anestesia
(emotiva) depriva dal senso della vita e in esso la ragione stessa dell’esistere.
Il genitore è colui che colloca l’essere-esistere nel tempo e nella realtà
presente. Il figlio può esistere dentro lo spazio-temporale della relazione primaria in
quanto il sentimento d’amore fin dalla nascita è il suo principale interesse per la vita.
Collocato fuori da essa il mondo senza confini assume proporzioni gigantesche
s’impossessa del corpo esploso irrazionalmente sotto forma di uno spirito o di un
demone. L’inconscio vitale si trasforma in entità nemica.
Il mondo emotivo continua ad esistere nonostante la perdita del riferimento
primario, ed indipendentemente da quello che per prima succede nella realtà
personale, se la porta dell’affettività si chiude l’emotività rivela quasi sempre il
bisogno di essere riamati.
Mi è capitato di passare attraverso l’indifferenza totale di un figlio verso il genitore.
Di osservare il movimento protettivo di rinuncia alla propria affettività. All’interno
di un luogo conosciuto e noto come la propria storia e usando il linguaggio che
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meglio si conosce l’esperienza a fianco del genitore vuol dire accettare e amare la
propria storia.
Vi sono abitudini sociali da rispettare: spesso le regole di un istituzione come
la scuola, l’asilo, l’ospedale (dove i neonati ancora oggi vengono depositati in una
grande stanza) separando il figlio dal genitore sovvertono le leggi della natura e
l’istinto naturale. La pedagogia vigente vorrebbe che quando il bambino arriva in
asilo saluti mamma o papà di corsa… anche quando vengono meno spazi vitali per la
sua sicurezza emotiva che sfociano in evidenti disordini psicologici quali sfiducia,
aggressività, rifiuto, blocco, anestesia. Il fatto è che questa corrente di pensiero in cui
si individua la necessità di rendere ad ogni costo e precocemente autonomo il
bambino è una delle cause dei perturbamenti emotivi e comportamentali che
affliggerà l’adulto.
Eppure gli stessi studi di Lorenz intorno al 1900 hanno dimostrato l’importanza
dell’imprinting. Non è forse vero che la maggioranza delle mamme hanno
sperimentato la sensazione di non contare più nulla per il proprio figlio tornando a
riprenderlo all’asilo? Con ogni probabilità la maestra che l’ha preso in braccio
durante le ore di pianto e di sconforto per colmare l’assenza ha in qualche modo
convinto il bambino che è lei ad essere il genitore (attraverso cui ristabilire il
sentimento di vicinanza interrotto con la madre o con il proprio padre).
Sul piano spazio-temporale infatti il bambino non è capace di razionalizzare la
temporaneità del distacco, per lui è come se fosse per sempre…
Lorenz scoprì che nella prima mezz’ora di vita gli animali identificano come madre
chi gli sta vicino. La stessa teoria portata sull’essere umano rispetto
all’identificazione con i genitori reali, (dai quali l’individuo eredita non solo i
caratteri somatici, ma l’intera dote psichica e spirituale), procederebbe su una falsa
riga nello spazio emotivo del bambino qualora il ruolo del sostituto genitore o
l’esperienza globale risultasse deviante e innaturale nell’”essere figlio emozionato
di…‖
Per il figlio i principali testimoni della sua esistenza sono i genitori, coloro i quali
l’hanno generato. La prima qualità interna sentita nel profondo dal figlio è che la sua
vita inizia con loro. Con la fiducia sulle sue origini il figlio riesce a credere in se
stesso, a crearsi un’immagine in cui assumere una forma ben definita, congruente
con la sua provenienza nell’esperienza del padre e della madre.
L’identità si costruisce intorno al “chi sono veramente” partendo dalle proprie
origini, diversamente tutte quelle informazioni necessarie ad una comprensione
profonda e vera di se stessi a partire da uno specchio autentico in cui guardare e
identificare il senso della propria storia possono alterare la propria identità.
Ovviamente è l’identità e non il ruolo sociale partendo dalle proprie origini a