La prospettiva storica del credito fondiario risulta, così, completamente ribaltata. Da mezzo
di mobilizzazione della proprietà fondiaria
( )3
, in cui la proprietà immobiliare costituiva il pre-
supposto per ottenere il finanziamento, senza vincoli di destinazione, il credito fondiario si
trasforma nel finanziamento specialmente ed esclusivamente diretto all’acquisto od alla con-
servazione del valore della proprietà immobiliare
( )4
. Da credito indiscriminato al proprietario,
è così divenuto credito a chi non ha la proprietà, al fine di consentirne l’acquisto.
La disciplina delle operazioni di credito speciale si è sempre caratterizzata per l’ampia
frammentazione sotto il profilo delle fonti ed ha sempre denotato una scarsa omogeneità sia
delle tecniche contrattuali sia dei privilegi sostanziali e di procedura. Tale contesto ha subìto
un progressivo mutamento a seguito della riforma dell’ordinamento bancario e della legisla-
zione dei crediti speciali, operata dal nuovo Testo Unico bancario (1993). Nell’ottica di razio-
nalizzazione normativa, di parità concorrenziale fra le banche e di despecializzazione
dell’attività creditizia, la fattispecie del credito fondiario tende oggi ad essere costruita come
una particolare operazione bancaria di portata sostanzialmente generale, i cui soli limiti sono
costituiti (oltre che dalla legge) dalla disciplina amministrativa della Banca d’Italia. Mentre,
infatti, la previgente normativa regolava anche gli aspetti tecnici delle predette forme di credi-
to speciale, il TUCR ha invece delegificato tali aspetti, disponendo che essi siano definiti dal-
le istruzioni della Banca d’Italia emanate in conformità delle deliberazioni del Comitato In-
terministeriale per il Credito ed il Risparmio
( )5
.
(3)
RISPOLI FARINA M., Il nuovo credito fondiario, Jovene, Napoli, 1999, p. 7.
(4)
BREGOLI A., L’inquadramento della fattispecie del credito fondiario nell’ambito del finanziamento ipoteca-
rio, in “Mutui ipotecari (I) – Riflessioni giuridiche e tecniche contrattuali”, Collana “Comitato regionale notarile
lombardo – Studi del Convegno di Bergamo, 13-11-1998”, Giuffrè, Milano, 1999, pp. 29-30. NARDI P. / PON-
TOLILLO V. / TRESOLDI C., Il finanziamento degli investimenti in abitazioni tramite gli istituti di credito spe-
ciale, Banca d’Italia, Roma, 1975, p. 16. FILOGRANO G.R., Il credito fondiario: disciplina e funzione negozia-
le, CEDAM, Padova, 2000, p. 48.
(5)
BANCA D’ITALIA, Circolare n. 119 del 26 giugno 1995, e n. 126 del 12 aprile 1996, di aggiornamento della
circolare n. 4 del 29 marzo 1988 (Istruzioni di vigilanza per gli enti creditizi – Cap. LXII, Particolari operazioni
di credito), riportata in TARDIVO C.M., op. cit., p. 333. Cfr., da ultimo, BANCA D’ITALIA, Circolare n. 229
del 21 aprile 1999 (Nuove Istruzioni di vigilanza per le banche, relative alle particolari operazioni di credito),
pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 119 del 24 maggio 1999. Cfr. anche i siti internet:
http://www.bancaditalia.it e http://www.consob.it.
6
La despecializzazione dell’attività creditizia e la soppressione degli istituti di credito fondia-
rio (intesi come i soli enti autorizzati all’erogazione del credito fondiario), la nascita di un
nuovo modello di credito fondiario risultante dalla fusione con il credito edilizio e definito
come finanziamento fondiario, la mancanza dello scopo legale di tale finanziamento e la sua
non configurabilità come mutuo di scopo, la non più necessaria correlazione tra operazioni at-
tive e passive poste in essere dal soggetto finanziatore, la sopravvivenza di una normativa di
favore per le banche in ordine al regime delle ipoteche e del procedimento esecutivo, ed i tanti
dubbi sollevati in dottrina sulla legittimità costituzionale della stessa
( )6
, sono solo alcuni degli
aspetti della nuova disciplina dettata dal TUCR.
Con il presente studio si intende delineare un quadro generale, il più possibile completo ed
aggiornato, dello strumento bancario del credito fondiario. A tal fine, la trattazione viene arti-
colata in 5 capitoli.
Nel Capitolo 1 saranno fornite alcune notizie sull’evoluzione storica e sulle riforme legisla-
tive della disciplina del credito fondiario, dal previgente Testo Unico sul credito fondiario
(1905) all’odierno Testo Unico sull’attività bancaria in generale (1993), passando per i singoli
provvedimenti in materia di credito fondiario (1976, 1991). Le cennate riforme saranno esa-
minate, altresì, con riferimento all’evoluzione del credito agrario in credito edilizio, fino alla
intervenuta fusione del credito edilizio con il credito fondiario, ed alla definizione di una nuo-
va nozione di credito fondiario in seguito alla despecializzazione dell’attività creditizia. Se-
guirà, quindi, una breve disamina della normativa comunitaria nella materia bancaria, in gene-
rale, ed in quella del credito fondiario, in particolare. Con riferimento a questo secondo aspet-
to, sarà presa in considerazione la Proposta di direttiva comunitaria sul credito fondiario
(1985-1987). L’ultimo paragrafo sarà dedicato alla disamina delle principali fonti legislative
ed amministrative del credito fondiario, con un cenno alle disposizioni abrogate e transitorie.
(6)
PRESTI G., La costituzionalità del credito fondiario alla luce della nuova normativa, in “Diritto fallimenta-
re”, 1996, I, p. 216.
7
Nel Capitolo 2 si studierà la natura giuridica del credito fondiario, inteso, in primo luogo,
come forma di credito a medio e lungo termine; in secondo luogo, come operazione economi-
ca realizzabile mediante un contratto di mutuo; infine, come figura di credito privilegiato e
garantito. Dal primo punto di vista, si vedrà che il credito fondiario rientra tra le operazioni di
finanziamento a medio e lungo termine, che il legislatore non lo qualifica più come credito
“speciale” bensì “particolare”, e perché le recenti riforme abbiano lasciato sopravvivere una
legislazione “di favore”. Dal secondo punto di vista, le operazioni di credito fondiario saranno
poste a confronto dapprima con il contratto di mutuo, e quindi con il mutuo di scopo, sottoli-
neandone, in un esame incrociato, le reciproche convergenze e divergenze. Dal terzo punto di
vista, infine, si vedrà come il credito fondiario rientri nella categoria dei crediti garantiti e pri-
vilegiati, e come la funzione economica della garanzia operi nella protezione del credito.
Nel Capitolo 3 si entrerà più dettagliatamente nell’ambito di operatività del credito fondia-
rio, studiandone i soggetti del rapporto. Da un lato, il soggetto beneficiario: le categorie dei
soggetti beneficiari, la struttura della domanda di credito fondiario sul mercato italiano e la
disciplina di favore applicabile al soggetto finanziato. Dall’altro lato, il soggetto finanziatore:
i soggetti finanziatori nella disciplina attuale e nel corso delle varie riforme che ne hanno mo-
dificato il regime, i requisiti soggettivi che debbono possedere oggi per l’esercizio del credito
fondiario, la struttura dell’offerta di credito fondiario sul mercato italiano, ed infine la disci-
plina delle operazioni passive (o di provvista) e delle operazioni attive (o di impiego) relati-
vamente al credito fondiario. Anche con riguardo a quest’ultima, saranno illustrate la discipli-
na attuale e le principali riforme che ne hanno modificato il regime.
Nel Capitolo 4 si esporrà la vigente disciplina legislativa ed amministrativa del credito fon-
diario. Fornita la nozione di credito fondiario e studiati i singoli elementi costitutivi delle rela-
tive operazioni (ipoteca, percentuale di concessione, durata), si procederà all’esame delle va-
rie fasi in cui è possibile articolare ognuna di esse: la fase istruttoria, la fase stipulatoria, la fa-
8
se attuativa e la (eventuale) fase esecutiva. All’interno di queste fasi sarà studiato il regime
del contratto di finanziamento fondiario (artt. 38, 40 TUCR), delle ipoteche (art. 39 TUCR) e
del procedimento esecutivo (art. 41 TUCR). Seguiranno, in chiusura, due cenni: uno al regime
fiscale delle operazioni di credito fondiario, e l’altro al credito alle opere pubbliche (art. 42
TUCR).
Nel Capitolo 5, infine, si vedrà come il credito fondiario sia effettivamente praticato nella
prassi bancaria italiana. Dopo un breve richiamo alle funzioni di coordinamento, indirizzo e
controllo della Banca d’Italia, del CICR e dell’ABI, in primo luogo si esporranno la funzione
e le caratteristiche dello “Schema ABI di contratto di finanziamento fondiario stipulato in atto
unico e annesso capitolato”, ed in secondo luogo si studieranno due modelli pratici di credito
fondiario, predisposti l’uno dal gruppo “Banca MPS – Monte dei Paschi di Siena” e l’altro dal
“Credito Fondiario e Industriale S.p.A. – FONSPA”.
Un’ultima precisazione: la trattazione avrà ad oggetto la disciplina del credito fondiario qua-
le risulta, oggi, a seguito della riforma introdotta dal Testo Unico bancario, e successive sue
modificazioni. Esula dal nostro studio (salvi gli opportuni confronti o riferimenti comparati-
vi), pertanto, la disamina del regime previgente, caratterizzato da una legislazione alluvionale,
progressivamente stratificatasi negli anni, tra cui si segnalano:
- il R.D. 16 luglio 1905, n. 646 (vecchio testo unico delle leggi sul credito fondiario);
- il D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 (norme relative alle emissioni obbligazionarie degli enti
di credito fondiario ed edilizio e all’adeguamento del regime giuridico dell’organizzazio-
ne e dell’attività dei predetti enti);
- la L. 6 giugno 1991, n. 175 (riforma del credito fondiario).
Il secondo di tali provvedimenti è stato abrogato dal terzo (nel 1991), mentre il primo ed il
terzo sono stati abrogati dall’art. 161, comma 1, TUCR (nel 1993).
9
CAPITOLO 1.
EVOLUZIONE STORICA E FONDAMENTI LEGISLATIVI DEL CRE-
DITO FONDIARIO. CENNI SULLA DISCIPLINA COMUNITARIA
DELL’ATTIVITA’ CREDITIZIA E DEL CREDITO FONDIARIO.
In questo primo capitolo si offrirà dapprima una panoramica storico-legislativa
sull’evoluzione del credito fondiario, dalla sua nascita fino ad oggi, passando attraverso le va-
rie riforme dell’istituto, succedutesi in più di un secolo e mezzo. Si chiuderà, quindi, con il
tema delle fonti del credito fondiario, avendo riguardo sia a quelle comunitarie che a quelle
nazionali.
1.1. NOTIZIE STORICO-LEGISLATIVE SULL’EVOLUZIONE DEL CREDITO FONDIARIO. LE RIFORME
DEL CREDITO FONDIARIO DAL CREDITO AGRARIO AL CREDITO EDILIZIO. IL NUOVO CREDI-
TO FONDIARIO.
A partire dalla prima metà del XIX secolo sorsero, accanto alle banche di emissione (tradi-
zionalmente destinate al finanziamento dell’economia e del tesoro dello Stato), altri istituti
preposti alla raccolta dei depositi ed alla concessione di crediti nelle più diverse forme, che
tendevano a specializzarsi in funzione di particolari settori di attività economica da finanziare,
a seconda della durata delle operazioni e del grado di rischio assunto. Tali istituti hanno subìto
un’evoluzione diversa secondo i Paesi, in relazione alle singole esperienze di industrializza-
zione ed alle singole caratteristiche dello sviluppo economico. Vennero così distinguendosi,
da un lato, banche specializzate in prestiti di breve durata (banche commerciali), e, dall’altro,
banche che si impegnarono a sostenere iniziative economiche con finanziamenti di media e
10
lunga durata (banche d’affari)
( )7
. Mentre le prime ebbero grande varietà di ordinamenti e di
specializzazioni soprattutto in Gran Bretagna, le seconde ebbero maggiore diffusione sul con-
tinente (dapprima in Francia, e, sul finire dell’ ’800, in Germania), dove lo sviluppo
dell’industria era in fase molto avanzata e dove più sentita era l’esigenza di ottenere finan-
ziamenti protratti nel tempo appunto per agevolare tale sviluppo (cc.dd. crediti speciali). La
prima figura di credito speciale che l’esperienza bancaria europea conobbe fu quella del credi-
to fondiario
( )8
, che si configurò da subito come un vero e proprio credito immobiliare poli-
funzionale (agricoltura, edilizia, industria, …). La “ratio” di una disciplina speciale era da in-
dividuarsi nella inadeguatezza degli strumenti di diritto comune, e particolarmente del credito
ipotecario, a conciliare le esigenze dei proprietari di immobili beneficiari del credito con quel-
le dei soggetti finanziatori. I primi, infatti, richiedevano credito a medio e lungo termine, pre-
via iscrizione di ipoteca, rimborsabile gradualmente e ad un costo compatibile con la contenu-
ta capacità di reddito della loro proprietà immobiliare; in tal modo non se ne gravava il patri-
monio immobiliare con esigenze di rapida restituzione delle somme mutuate, in quanto ciò
avrebbe pregiudicato gli scopi stessi del prestito ed avrebbe esposto i proprietari all’alea della
perdita dell’immobile, alla cui conservazione o miglioramento era invece, di norma, ispirata e
dovuta l’operazione. I secondi, dal canto loro, richiedevano una certa sicurezza nel recupero
del credito ed una soddisfacente remunerazione dei capitali investiti
( )9
. Il sistema, dovuto alla
sperimentata necessità della proprietà immobiliare di restituire i capitali presi a prestito con
comodo ammortamento, si diffuse e si affermò in quasi tutta l’Europa; prevalentemente,
com’è logico, nei Paesi meno ricchi.
In dottrina vi è discordanza di opinioni in ordine alla data ed al luogo di nascita del credito
fondiario in Europa, potendo riscontrarsi tre correnti di pensiero:
(7)
GAGGI R., Il credito fondiario in Italia nei primi 100 anni di attività, Cassa di Risparmio di Roma, Roma,
1970, p. 16.
(8)
GAGGI R., op. cit., p. 5.
(9)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 5. COSTI R., L’ordinamento bancario, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 4. MO-
GLIE C., Credito fondiario e edilizio: manuale teorico-pratico, Giuffrè, Milano, 1989, pp. 4, 6.
11
a) secondo alcuni (Spinedi), il credito fondiario sarebbe nato con i progetti fioriti in Fran-
cia nei secoli XVI e XVII;
b) secondo altri (Falaschi), il credito fondiario sarebbe nato per iniziativa del Monte dei
Paschi di Siena;
c) secondo altri ancora (Mòglie), il credito fondiario sarebbe nato per una serie di iniziative
(dalle associazioni mutualistiche e cooperativistiche di proprietari, alle società anonime
di credito ipotecario, alle banche fondiarie) fiorite in tempi diversi (dal XVI al XVIII se-
colo) ed in luoghi diversi (Francia, Slesia, Scozia, Olanda, Baviera)
( )10
.
Ad ogni modo, non è contestato che in Italia il credito fondiario fosse diffusamente praticato
dal Monte dei Paschi di Siena già a partire dal 1861
( )11
: i beni presi in considerazione
nell’attività svolta da questo glorioso istituto, infatti, erano costituiti da beni immobili e le
somme mutuate venivano procurate mediante l’emissione di speciali obbligazioni denominate
“luoghi di monte”. Questo modello, sorto nella prassi, fu poi più specificamente configurato
su quello di alcune esperienze straniere. Si ricorda, in particolare, il “progetto Fremy” (1861),
formulato dal direttore del “Crédit Foncier de France”, l’istituto di credito fondiario francese
fondato a Parigi nel 1852. Il “progetto Fremy”, tuttavia, si rivelò di non agevole applicazione
in uno Stato come l’Italia, la cui recente formazione era stata realizzata attraverso
l’unificazione di territori nei quali le condizioni e le sopravvenute esigenze della proprietà
fondiaria, vecchia e nuova, si presentavano profondamente diverse. Pertanto, sebbene la codi-
ficazione napoleonica esercitasse un’influenza dominante sulla produzione legislativa del
nuovo Stato italiano, al modello francese imperniato su un unico istituto esercente il credito
fondiario sull’intero territorio nazionale si preferì un sistema ispirato al modello germanico,
con una pluralità di enti, ciascuno autorizzato ad operare in un determinato territorio e
(10)
MOGLIE C., op. cit., pp. 5-7. FILOGRANO G.R., op. cit., p. 5.
(11)
TONDO S., Appunti sul nuovo mutuo fondiario, in “Studi e materiali – 4”, a cura della Commissione Studi
del Consiglio Nazionale del Notariato, Collana “Consiglio nazionale Notariato – Studi e materiali”, Giuffrè, Mi-
lano, 1992-1995. MOGLIE C., op. cit., p. 8. In senso contrario, FALASCHI V., Credito fondiario, in “Noviss.
Dig. It.”, IV, 1968, pp. 1125-1127.
12
nell’ambito di precisi ambiti gestionali
( )12
. L’atto di nascita del credito fondiario in Italia è in-
dividuabile nella L. 24 giugno 1866, n. 2983. Il legislatore del 1866, tuttavia, non si limitò a
prevedere una disciplina particolare per le operazioni di credito fondiario, ma ritenne oppor-
tuno predisporre uno statuto speciale anche per i soggetti destinati ad effettuare tali operazioni
di intermediazione. La specialità del credito fondiario delle origini, dunque, risiedeva nella di-
sciplina prevista per le operazioni di provvista e di erogazione del credito, per i soggetti depu-
tati ad effettuarle e, più in generale, per la struttura del mercato nel quale questi ultimi erano
chiamati ad operare
( )13
. Il modello del 1866 trovò la sua prima sistemazione organica, quaran-
ta anni più tardi, nel Testo Unico delle leggi sul credito fondiario approvato con il R.D. 16 lu-
glio 1905, n. 646 (oggi abrogato per effetto dell’art. 161, comma 1, TUCR). Con il Testo Uni-
co del 1905, la disciplina del credito fondiario contemplava finalmente uno strumento che
consentiva alla proprietà immobiliare di soddisfare il proprio fabbisogno di capitali in misura
adeguata ed a condizioni sostenibili
( )14
.
Il credito fondiario, fin da subito, fu diretto ad ovviare alle concrete esigenze finanziarie dei
due più importanti settori economici dell’epoca: il settore agricolo ed il settore edilizio.
Negli anni 1840-1850, al fine di rispondere alle necessità di credito all’agricoltura, nacque
in Francia il “crédit foncier”. Rilasciando mutui a lungo termine (fino a 50 anni), da utilizzare
per costruire stalle e fabbricati rurali, realizzare bonifiche agrarie, scavare canali di irrigazio-
ne, impiantare frutteti e realizzare opere di miglioramento agrario in generale, la banca di cre-
dito fondiario si approvvigionava di fondi collocando sul mercato cartelle fondiarie, in corri-
spondenza del mutuo stipulato; il ricavato di esse, che poteva però anche essere inferiore
all’ammontare nominale del mutuo contratto, veniva versato al mutuatario. Inteso in origine
come strumento del credito a favore dell’agricoltura (credito agrario), il credito fondiario in-
cise percentualmente assai poco sul totale elargito, e scarso fu il progresso del credito agrario,
(12)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 5. MOGLIE C., op. cit., pp. 9-10.
(13)
COSTI R., op. cit., p. 5.
(14)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 4.
13
il quale avrebbe invece dovuto fornire all’impresa agricola il capitale di miglioramento e quel-
lo di esercizio. Solo i grandi e medi proprietari potevano in pratica farvi ricorso, dal momento
che i contadini affittuari non avrebbero potuto fornire garanzie, non essendo possibile a tal fi-
ne utilizzare né i frutti pendenti né il raccolto in erba.
Qualche anno più tardi, accanto al problema del finanziamento delle attività agricole, sorse
anche un’altra esigenza, sentita principalmente negli Stati che beneficiavano dello sviluppo
industriale: la necessità di urbanizzazione e di garantire un alloggio ai ceti meno abbienti della
popolazione. In Italia, in particolare, il problema della provvista di alloggi per i ceti meno ab-
bienti, infatti, era andato assumendo, nell’ultimo decennio dell’ ’800, dimensioni rilevanti a
seguito della rapida industrializzazione del Paese e del conseguente inurbamento di quote co-
spicue della popolazione. Il fabbisogno abitativo era fortemente aumentato e la questione de-
gli alloggi giunse a rivestire un’importanza “ancor maggiore di quella della questione dei sala-
ri o della questione dell’assicurazione degli operai”
( )15
, in quanto la mancanza di abitazioni
finiva con l’ostacolare il reclutamento degli operai nelle fabbriche, frenando così lo sviluppo
delle attività industriali. Per altro verso, il mancato soddisfacimento, per una quota rilevante
della popolazione, di un bisogno elementare quale quello della casa, finiva col tradursi in una
latente e preoccupante minaccia per l’ordine pubblico. L’intervento pubblico veniva sollecita-
to da più parti e da interessi forti, con motivazioni non solo umanitarie ed igienico-sanitarie,
dunque, ma anche di carattere economico e sociale. La soluzione, tuttavia, in omaggio al prin-
cipio della non ingerenza dello Stato nell’economia, fu quella di ricercare per via privatistica
il soddisfacimento di questa esigenza diffusa, forte e pressante della collettività nazionale. E
proprio questa scelta avrebbe caratterizzato la legislazione sociale degli anni 1900-1910. La
soluzione che si decise di adottare fu quella di finanziare la costruzione di “case popolari” con
il ricorso a capitali privati. La costruzione delle abitazioni, infatti, richiedeva investimenti di
(15)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 2.
14
lungo periodo, non facilmente conciliabili con le preferenze dei soggetti finanziatori, i quali
avevano interesse ad impieghi del risparmio dotati di adeguata sicurezza e di pronta liquidabi-
lità. Per rendere possibile tale obiettivo, pertanto, fu introdotto nell’ordinamento l’apposito
strumento del credito edilizio (L. 31 maggio 1903, n. 254), il cui modello di riferimento non
potè che essere quello del già collaudato credito fondiario (sebbene i due campi di applicazio-
ne presentassero caratteristiche diverse anche sotto il profilo sostanziale)
( )16
. Sotto il profilo
giuridico, la dottrina è unanime nel riconoscere la derivazione del credito edilizio dal preesi-
stente credito fondiario
( )17
. In Italia, dunque, il credito edilizio nasce come mezzo immaginato
dal legislatore per consentire allo Stato liberale di rispondere al bisogno dell’abitazione dei
ceti meno abbienti, senza tuttavia violare il principio non interventista proprio della concezio-
ne politico-ideologica ed economica del tempo
( )18
.
L’ordinamento bancario italiano degli inizi del ’900, pertanto, accantonata l’esperienza
marginale del credito agrario, contemplava e disciplinava entrambe le principali figure di cre-
dito fondiario sopravvissute fino ai nostri giorni
( )19
: da un lato, il credito fondiario in senso
stretto, e, dall’altro, il credito edilizio. Le due discipline si rivelarono da subito differenti:
- il credito fondiario consisteva in operazioni di finanziamento (mutui e anticipazioni) al-
l’acquisto del valore di una proprietà immobiliare già esistente (fondi rustici o fabbricati
ultimati) e in reddito (questo requisito non più richiesto dal D.P.R. 21 gennaio 1976, n.
7), potendo però avere anche finalità diverse da quelle di acquisto di immobili; il credito
edilizio, invece, consisteva in operazioni di finanziamento (mutui e anticipazioni) all’ac-
quisto del valore di una proprietà immobiliare da realizzare tramite l’esecuzione di ope-
re di edilizia abitativa non di lusso (es.: costruzione, ricostruzione, trasformazione, ripa-
(16)
BOETTI M., I fidi bancari: guida pratica, Ed. Buffetti, Roma, 1988, p. 41. TATARANO G., Il credito fon-
diario e edilizio, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1992, p. 13.
(17)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 9. TATARANO G., op. cit., p. 14.
(18)
FILOGRANO G.R., op. cit., pp. 1-2.
(19)
FERRO-LUZZI P. / CASTALDI G., La nuova legge bancaria, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1996-1998, pp. 623-
624. FILOGRANO G.R., op. cit., pp. 4-5.
15
razione, sopraelevazione e recupero), da parte del finanziato
( )20
. In altri termini, l’impie-
go della somma mutuata assumeva nel contratto di mutuo edilizio una rilevanza giuridica
del tutto assente nel mutuo fondiario, sicché il credito edilizio era configurabile come un
credito di scopo caratterizzato dall’esistenza di un vincolo di destinazione;
- il credito fondiario veniva concesso per un ammontare rapportato al suo valore; il credito
edilizio, invece, veniva concesso per un ammontare limitato a una percentuale della spe-
sa prevista per la sua costruzione;
- il credito fondiario veniva erogato in unica soluzione, dopo l’iscrizione di ipoteca di pri-
mo grado sui fabbricati o sulle porzioni di fabbricati già costruiti
( )21
; il credito edilizio,
invece, veniva erogato in base a stati di avanzamento dei lavori, con anticipazioni in con-
to corrente.
Nel periodo tra le due guerre mondiali, il credito fondiario ed il credito edilizio operarono in
misura pressoché equivalente.
Nell’immediato secondo dopoguerra, invece, fortissima fu la crescita delle esigenze finan-
ziarie del settore edilizio, derivanti principalmente dalla necessità di ricostruzione e riparazio-
ne del patrimonio immobiliare abitativo dopo le ingenti distruzioni belliche, subite più o meno
ovunque, ma anche dal ruolo di grande rilievo assegnato all’attività edilizia dalla politica go-
vernativa del nuovo Stato repubblicano: il credito edilizio prese il sopravvento sul credito
fondiario. Tuttavia, per mezzo di appositi provvedimenti normativi (primo fra tutti, la L. 29
luglio 1949, n. 474), il credito fondiario poté partecipare in misura sempre crescente al finan-
ziamento edilizio anche nella fase costruttiva
( )22
. Nel contempo, gli istituti autorizzati
all’esercizio del credito fondiario aumentarono di numero in misura considerevole e videro
ampliata la loro competenza territoriale; inoltre, poiché il fabbisogno di finanziamento del set-
(20)
MOGLIE C., op. cit., pp. 161, 191-192. FILOGRANO G.R., op. cit., p. 12. TATARANO G., op. cit., p. 5.
(21)
BREGOLI A., op. cit., pp. 28-29. FILOGRANO G.R., op. cit., p. 12. MOGLIE C., op. cit., pp. 23, 167.
(22)
COSTI R., op. cit., p. 7. MOGLIE C., op. cit., p. 11. FILOGRANO G.R., op. cit., pp. 13-14. TATARANO
G., op. cit., p. 21. NARDI P. / PONTOLILLO V. / TRESOLDI C., op. cit., p. 35.
16
tore agricolo veniva ormai soddisfatto prevalentemente dal credito agrario di miglioramento,
questi istituti rivolsero in misura crescente la loro attenzione al campo degli immobili urbani.
Ciò fece sì che, nel giro di pochi anni, ad erogare la massima parte del credito edilizio fossero
proprio gli istituti esercenti il credito fondiario, sebbene però le due attività rimanessero (al-
meno sotto il profilo giuridico) nettamente separate. E’ negli anni del secondo dopoguerra,
dunque, che furono poste le basi per la futura fusione degli istituti del credito fondiario e del
credito edilizio (1993). Con l’avvento della democrazia repubblicana caddero, infatti, tutte le
remore che avevano in precedenza bloccato l’intervento dello Stato liberale e poi condiziona-
to quello dello Stato corporativo. L’edilizia abitativa assunse così in via definitiva a “campo
di conclamato intervento diretto dello Stato”
( )23
. Il legislatore, infatti, generalizzando il con-
corso dello Stato al pagamento degli interessi sui mutui e disponendo la concessione di agevo-
lazioni fiscali, incentivò fortemente l’utilizzazione del credito fondiario ed edilizio da parte
delle imprese di costruzione, delle società cooperative e degli stessi singoli privati (cfr. L. 2
luglio 1949, n. 408; L. 29 luglio 1949, n. 474; L. 10 agosto 1950, n. 715).
All’inizio degli anni ’60 si era affermata con forza l’esigenza di mettere ordine nel sistema
di intervento dello Stato e di accompagnare tutto ciò con una più organica disciplina urbani-
stica (cfr. L. 18 aprile 1962, n. 167, L. 6 settembre 1965, n. 1022 e L. 22 ottobre 1971, n.
865). Al concetto di “edilizia economica e popolare” subentrò il concetto di “edilizia residen-
ziale pubblica” (cfr. L. 5 agosto 1978, n. 457), nelle due forme dell’edilizia sovvenzionata e
dell’edilizia agevolata e convenzionata.
Gli sconvolgimenti finanziari che si registrarono su scala mondiale in conseguenza della
gravissima crisi petrolifera del 1973 ed il conseguente vertiginoso incremento dei tassi di inte-
resse frenarono inevitabilmente l’utilizzazione degli strumenti del credito fondiario ed edili-
zio, il cui ambito di operatività andò progressivamente restringendosi. In tale scenario si av-
(23)
FILOGRANO G.R., op. cit., p. 14. TATARANO G., op. cit., p. 27.
17
vertì pertanto la necessità di una profonda riforma dell’intero settore del credito immobiliare e
dei relativi strumenti di finanziamento. Rinviando al Capitolo 3 la trattazione circa la riforma
delle tecniche di finanziamento del credito fondiario ed edilizio, basta qui accennare che, a
seguito delle riforme degli anni 1975-1976 (cfr. L. 16 ottobre 1975, n. 492 e D.P.R. 21 gen-
naio 1976, n. 7, in seguito abrogate ad opera della L. 6 giugno 1991, n. 175, a sua volta abro-
gata dal TUCR), furono per la prima volta riunite in un unico testo la disciplina del credito
fondiario, del credito edilizio e del credito alle opere pubbliche, gli istituti divennero “istituti
di credito fondiario ed edilizio”, fu abolita la distinzione tra provvista destinata agli impieghi
fondiari e quella destinata agli impieghi edilizi, e furono emanate le norme relative alle emis-
sioni obbligazionarie degli enti di credito fondiario ed edilizio e all’adeguamento del regime
giuridico dell’organizzazione e dell’attività dei predetti enti
( )24
. Ciò nonostante, mentre per il
credito fondiario veniva confermata l’assenza di un vincolo normativo di destinazione delle
somme erogate, il credito edilizio rimaneva, al contrario, un credito di scopo.
Nel 1991 fu introdotta una generale revisione della normativa in materia di credito fondia-
rio, edilizio ed alle opere pubbliche (cfr. L. 6 giugno 1991, n. 175, oggi abrogata per effetto
dell’art. 161, comma 1, TUCR).
Nel 1993, con l’emanazione della nuova legge bancaria (D.LGS. 1 settembre 1993, n. 385,
recante il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, da ultimo modificato ad o-
pera del D.LGS. 4 agosto 1999, n. 342), si è operata una radicale riforma dell’ordinamento
bancario italiano, in generale, e del comparto del credito speciale, in particolare, entrambe nel
senso della “despecializzazione” dell’attività creditizia (cfr. Capitolo 3). La riforma dei crediti
speciali operata dal TUCR ha condotto al superamento delle segmentazioni ed al raggruppa-
mento delle operazioni in pochi, fondamentali tipi, tra i quali spicca per importanza e “anzia-
nità” il credito fondiario. Le ragioni dell’esigenza di una riforma del comparto dei crediti spe-
(24)
MOGLIE C., op. cit., pp. 16-17. TATARANO G., op. cit., p. 31.
18
ciali si trovano nella Relazione illustrativa del TUCR (approvata dal Consiglio dei Ministri il
27 agosto 1993)
( )25
, ove si legge quanto segue: “[…] la disciplina delle operazioni di credito
speciale si caratterizzava per l’ampia frammentazione sotto il profilo delle fonti e denotava u-
na scarsa omogeneità sia delle tecniche contrattuali sia dei privilegi sostanziali e di procedura.
L’esigenza di pervenire ad un’armonizzazione della complessa materia è divenuta più pres-
sante a seguito dei processi di ristrutturazione organizzativa e di despecializzazione operativa
sollecitati dai recenti provvedimenti legislativi”. Il nuovo modello di credito fondiario intro-
dotto dal TUCR, risultante dalla fusione tra il credito fondiario in senso stretto e il credito edi-
lizio, è pertanto divenuto oggi un importante strumento di promozione dell’accesso alla pro-
prietà della casa anche da parte del ceto medio impiegatizio, avendo esteso decisamente il suo
ambito di operatività al finanziamento dell’edilizia abitativa privata in generale.
Nella materia dell’attività creditizia in generale, ma anche nel settore del credito fondiario,
poi, un ruolo decisivo è stato svolto dalla normativa comunitaria, che si andrà ora (seppure in
sintesi) ad analizzare.
1.2. LE FONTI COMUNITARIE DEL CREDITO FONDIARIO.
1.2.1. Cenni sulla disciplina comunitaria dell’attività creditizia in generale.
La disciplina comunitaria dell’attività creditizia è fondata sui principi del diritto di stabili-
mento delle banche (diritto dell’istituto di credito di trasferirsi o di aprire succursali in uno
Stato diverso da quello per il quale esso è stato creato) e della libertà di prestazione dei servi-
zi bancari (diritto dell’istituto di credito sito nel territorio di un altro Stato membro di svolge-
re determinate attività a vantaggio di soggetti che si trovino invece sul territorio nazionale)
( )26
:
(25)
Relazione illustrativa del TUCR, approvata dal Consiglio dei Ministri il 27 agosto 1993, riportata in FILO-
GRANO G.R., op. cit., pp. 162-165.
(26)
BROZZETTI A. / SANTORO V., Le direttive comunitarie in materia bancaria, a cura del CE.DI.B. – Centro
Studi di Diritto e Legislazione Bancaria, Giuffrè, Milano, 1990, pp. 3-4. ONADO M., La gestione del credito
nelle banche europee, Egea, Milano, 1995, p. 19.
19
com’è ovvio, questa disciplina è applicabile anche alla fattispecie del credito fondiario, inteso
come servizio bancario.
Le norme poste a tutela di entrambi i citati principi (nuovi artt. 43-55 del Trattato istitutivo
della Comunità Europea, come modificato dai Trattati di Maastricht del 1992 e di Amsterdam
del 1997) si prefiggono due obiettivi: in primo luogo, l’equiparazione del trattamento delle
banche straniere (purché, evidentemente, comunitarie) al trattamento nazionale applicato da
ogni Stato; in secondo luogo, dopo aver soppresso ogni discriminazione o restrizione in base
alla nazionalità, il ravvicinamento o coordinamento delle disposizioni legislative nazionali
all’interno della disciplina bancaria di ogni Stato membro. Sebbene questo secondo obiettivo
preluda ad una vera e propria disciplina uniforme del settore creditizio, dalla nascita della
Comunità Europea ad oggi, il ravvicinamento delle disposizioni nazionali in materia bancaria
è sempre stato limitato a determinati aspetti di essa. Tra questi si colloca, senza dubbio, la di-
sciplina dei crediti speciali e del credito fondiario in particolare.
Le prime direttive comunitarie in materia di intermediazione creditizia intracomunitaria so-
no quelle dell’11 maggio 1960 e del 18 dicembre 1962, in materia di movimenti di capitali.
Questi erano stati raggruppati in 4 elenchi di operazioni a diverso grado di liberalizzazione
( )27
:
nell’elenco “C”, in particolare, figuravano la concessione ed il rimborso di crediti a lungo
termine, a fronte di operazioni commerciali e di prestazioni di servizi alle quali partecipasse
un residente ovvero un non residente, nonché la concessione ed il rimborso di prestiti e crediti
a medio e lungo termine, non connessi ad operazioni commerciali o a prestazioni di servizi, e
le relative prestazioni di garanzia.
Nel giugno del 1973 veniva emanata la DIR. 73/183/CEE, in materia di abolizione delle re-
strizioni fondate sulla nazionalità ed incompatibili con le libertà di stabilimento e di presta-
zione dei servizi bancari.
(27)
BROZZETTI A. / SANTORO V., op. cit., pp. 255-256.
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