4
di valutazione nel terzo capitolo) e si conclude con la descrizione del modello di correlazione
fra i defaults proposto da J.Hull ed A.White.
Nell’ultimo capitolo si applica il modello per valutare l’indice DJ iTraxx Europe sia in termini
di spread che di perdita attesa ed i risultati sono confrontati con le quotazioni di mercato.
In questa parte introduttiva, dedichiamo qualche riga per il concetto di rischio che è collegato
saldamente a quello di incertezza definita come “lo stato, di norma rilevante sul piano
psicologico, di non completa percezione di uno o più elementi che regolano le manifestazioni
di quel fenomeno o dello sfondo in cui esso è collocato”.
Anche in presenza di questo “deficit percettivo” è possibile identificare lo scenario che si
realizzerà in futuro assegnando alle molteplici manifestazioni avverabili una probabilità.
Se la probabilità di ciascun evento (distribuzione di probabilità) è nota, si possono operare
delle scelte, dal momento che:
- è possibile calcolare il risultato atteso, ossia il valore medio degli scenari futuri;
- si è in grado di determinare la deviazione dell’evento dal valore atteso.
Quando si effettua una scelta, supponendo che uno tra i vari scenari ipotizzati si verifichi, si è
esposti inevitabilmente alla possibilità che il risultato finale sia diverso da quello atteso;
questa eventualità prende il nome di rischio.
Traducendo il tutto in termini economici, ciascun individuo, secondo il proprio set di
informazioni, formula delle aspettative; la scelta finale non dipende solo dal binomio rischio-
rendimento più favorevole, ma anche da fattori contingenti (l'entità del capitale a
disposizione, il tipo di occupazione dell'investitore, l'andamento dell'economia) che
influenzano l’atteggiamento del soggetto rispetto al rischio.
5
CAPITOLO 1
LA GESTIONE DEI RISCHI NELLE ATTIVITÀ
FINANZIARIE
La capacità di gestire i rischi finanziari (di tasso, di cambio, di controparte, di
concentrazione,…) è la più antica prerogativa di qualsiasi intermediario finanziario. Oggi, per
via della globalizzazione dei mercati finanziari, la concorrenza tra gli operatori è cresciuta
notevolmente e la gestione dei rischi ha assunto maggiore importanza nel management d’ogni
azienda.
1.1 IL RISK MANAGEMENT
5
Il moderno risk management ha per oggetto l’identificazione, all’interno di portafogli
composti da strumenti finanziari e/o attività di impresa, dei fattori di rischio rilevanti allo
scopo di monitorare e modificare la posizione espositiva, mediante operazioni di
trasferimento del rischio sui mercati finanziari e assicurativi o, meno frequentemente,
mediante interventi correttivi sulle esposizioni originarie.
Questa definizione, molto generale, può essere applicata a vari soggetti, di natura finanziaria,
e non; all'interno di un'impresa, il risk management può interessare la gestione finanziaria,
operativa, o anche assurgere a funzione d’importanza strategica; esistono pertanto diverse
accezioni di risk management.
5
AA.VV. ,Introduction to Credit Derivatives – Structured and Applications , Special Report, Febbraio 1999.
6
Nell'attività d’intermediazione finanziaria possiamo distinguere due livelli di risk
management:
¾ il micromanagement: riguarda una linea di prodotto, o una posizione omogenea in
strumenti finanziari; esige la piena conoscenza del comportamento di ogni tipo di prodotto
finanziario trattato in funzione del tempo, e dei movimenti di mercato, e la capacità di
pensare a tutti i fattori in gioco in modo unitario; interessa l'attività di market making in
strumenti finanziari, le varie forme di trading e i rischi di mercato negoziabili.
¾ il macromanagement, o risk management integrato invece, riguarda un insiemi di
posizioni eterogenee. E' una funzione svolta da unità di seconda linea (di middle office)
rispetto a quella dei trader, ed è basata in prevalenza su conoscenze teoriche e quantitative
dei mercati finanziari. Tale attività può essere svolta a vari livelli; ad esempio, può
interessare il desk operativo, il trading department, o l'intera impresa finanziaria.
Ai vari livelli comunque, le metodologie di misurazione e valutazione sostanzialmente non
cambiano, e si basano su concetti universali come il valore a rischio (VaR, value at risk,
secondo l'indicazione anglosassone).
Cambia, invece, e drammaticamente, la complessità della posizione aggregata; più questa
cresce, e meno sono affidabili le misure basate sulla teoria di portafoglio.
Più in particolare, le banche e tutti gli operatori finanziari in generale, si stanno dotando di
raffinati strumenti per la misurazione e la gestione dei rischi finanziari. Attraverso la tecnica
di ALM (Asset & Liability Management) è possibile determinare le esposizioni complessive,
mentre le metodologie di tipo VaR (Value at Risk) ci permettono di tenere costantemente
sotto controllo, la massima perdita possibile, in un determinato intervallo di tempo.
Gli operatori allora, riescono sempre più ad investire i loro capitali in modo efficiente,
tenendo sotto controllo il rapporto rischio/rendimento desiderato
6
.
6
AA.VV. ,Introduction to Credit Derivatives – Structured and Applications , Special Report, Febbraio 1999.
7
1.2 IL NUOVO ACCORDO DI BASILEA
Quella che si sta percorrendo deve ritenersi oramai una strada obbligata, da quando il
Comitato di Basilea ha proposto il Nuovo Accordo di Basilea la cui completa attuazione, a
causa di prese di posizione da parte di numerose associazioni di categoria e grandi banche, è
prevista per il 2006.
La nuova regolamentazione intende stabilire una maggiore correlazione tra adeguatezza
patrimoniale e principali elementi di rischio dell’attività bancaria nonché fornire incentivi alle
banche per potenziare le loro capacità di misurazione e gestione dei rischi.
Tre sono le principali novità della nuova proposta
7
:
I pilastro: Requisiti patrimoniali minimi
E' un affinamento della misura prevista dall'accordo del 1988 che richiedeva alle banche un
requisito di accantonamento dell'8% del capitale erogato, allo scopo di garantire solidità alla
loro attività e riguarda il sistema di misurazione del rischio, che è interessato da due
cambiamenti di ampia portata:
1 ampliamento delle categorie di rischi da calcolare, si deve infatti determinare l’impatto dei
rischi operativi oltre a quelli di mercato di credito;
2 cambiamento nella misurazione dei rischi di credito, il Comitato propone uno schema in
grado di differenziare le posizioni in base al reale rischio, al fine di superare le
semplificazioni dell’impostazione corrente.
Per far ciò la strada indicata è il rating: a differenti categorie di rating corrisponde un diverso
rischio e quindi un diverso requisito in termini di capitare da allocare; le imprese finanziarie
dovranno adottare nuovi e più analitici sistemi per la misurazione del rischio, al fine di meglio
cogliere la reale esposizione nel suo insieme.
Per quanto riguarda il rischio di credito, il Nuovo Accordo introduce la possibilità di scelta fra
una pluralità di metodologie di calcolo dei requisiti patrimoniali, che potrà essere realizzato
secondo due metodi:
o un metodo standard, (Standardised Approach) basato sull’utilizzo di rating esterni forniti
dalle agenzie specializzate;
7
A. PICCOLO, Nuovo accordo di Basilea 2 – La produzione del rating: nuovi scenari, Maggio 2003.
8
o un metodo più sofisticato, che permette di correlare meglio il capitale regolamentare al
rischio effettivo (Internal Rating Based Approach); esso si suddivide a sua volta in una
metodologia di base (Foundation Approach, che concede alle banche di stimare
esclusivamente la Probabilità di Default, ovvero la probabilità di insolvenza del
mutuatario) ed una metodologia avanzata (Advanced Approach), che poggia sulla stima di
due ulteriori componenti di rischio, ovvero la perdita in caso di insolvenza del mutuatario
(Loss Given Default o LDG) e l’entità dell’esposizione al momento dell’insolvenza
(Exposure At Default o EAD).
L’approccio standard rappresenta una revisione del metodo previsto dal precedente accordo
del 1988 attraverso l’introduzione di nuovi criteri per la ponderazione delle diverse tipologie
di attività, in base alle classi di rating attribuite dalle principali agenzie internazionali; inoltre
viene abolito il divieto di applicare alle banche ed alle imprese di uno stesso paese un
coefficiente di ponderazione inferiore a quello dello stato stesso
8
.
Risulta determinante l’attività delle Autorità di vigilanza le quali dovranno vagliare le
metodologie utilizzate dalle istituzioni esterne per attribuire i rating e quindi, da un punto di
vista operativo, saranno le prime a fornire la probabilità di default e la perdita in caso di
default.
Le banche idonee ad applicare il sistema IRB potranno avvalersi di proprie stime interne delle
componenti di rischio; queste ultime includono: probabilità d’inadempienza, perdita in caso
d’inadempienza, esposizione al momento dell’inadempienza e durata effettiva.
In alcuni casi le banche potranno essere invitate ad utilizzare valori prudenziali in luogo delle
proprie stime interne per una o più componenti di rischio.
L’accordo individua cinque grandi categorie di esposizioni:
o verso imprese
o verso governi
o verso banche
o al dettaglio
o azionarie.
Per ciascuna classe d’attività compresa nel sistema IRB vanno considerati tre elementi
fondamentali: componenti di rischio, funzioni di ponderazione del rischio, requisiti minimi
cioè quegli standard minimi che le banche devono rispettare per poter applicare il sistema IRB
ad una data classe d’attività.
8
A. INGRASSIA, Il nuovo accordo di Basilea, Palermo, Ottobre 2002.
9
L’approccio basato su rating interni dovrebbe, secondo il Comitato, portare a grossi benefici
per le banche a livello di risparmio del capitale; sono state individuate tre metodologie
d’assegnazione dei rating: judgment-based, constrained export judgment-based, statistical-
based.
La prima presenta serie difficoltà d’implementazione perché il Comitato di Basilea richiede la
definizione specifica delle classi di rating; per le altre due devono essere forniti i presupposti
metodologici e le validazioni devono avvenire tramite procedure statistiche.
Tuttavia da notare come l’implementazione del rating esterno e interno rappresenti l’aspetto
critico che avrà ripercussioni sull’attività creditizia delle banche verso le imprese, soprattutto
le piccole.
II pilastro: Il controllo delle Banche Centrali
Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e d’assunzione di
rischi, le Banche Centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza
patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi.
III pilastro: Disciplina del Mercato e Trasparenza
9
Sono previste regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui
rischi e sulla loro gestione. Sul documento originario di Basilea 2 sono state formulate
numerose critiche che hanno portato a modifiche che dovrebbero attenuare le conseguenze
negative attese dall'applicazione dell'accordo cioè:
1. La discriminazione tra banche (quelle piccole non potranno utilizzare le metodologie più
avanzate, quindi subiranno un onere patrimoniale maggiore rispetto ai grandi gruppi);
2. La penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) indotto dal
sistema dei rating interni;
3. Il problema della prociclicità finanziaria (nei periodi di rallentamento economico,
l'Accordo avrebbe l'effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi, causa il crescere del
rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa).
9
A. PICCOLO, Nuovo accordo di Basilea 2 – La produzione del rating: nuovi scenari, Maggio 2003.
10
Tuttavia, legare il fabbisogno di capitale al rischio sottostante un finanziamento o un
investimento implica inevitabilmente che il prezzo di quel finanziamento o di
quell’investimento divengano maggiormente sensibili al rischio implicitamente contenuto.
In seguito al reperimento delle nuove disposizioni regolamentari il legame fra rating interno e
pricing si farà più solido, più strutturato e più trasparente. Ciò avrà delle conseguenze
restrittive nei confronti delle imprese, in particolare le PMI, poiché i prenditori di minore
qualità creditizia (tipicamente le piccole e medie imprese) vedranno peggiorare le condizioni
loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità d’indebitamento e di
revisione delle opportunità d’indebitamento.
Con riferimento alla realizzazione del rating interno, vi sono due problemi d’ordine
metodologico ed applicativo: quali informazioni devono entrare nel processo di valutazione e
quale peso ogni singola informazione deve avere in termini di capacità di modificare il rating
esterno.
La produzione del rating interno tiene, infatti, conto di due grandi aree di informazione non
codificate all’interno del rating esterno: quelle qualitative e riservate e quelle sulle garanzie.
Con riferimento al gruppo delle informazioni qualitative, le aree che l’analista deve valutare
devono essere riferite agli “impact factor credit risk” ossia quegli aspetti aziendali che
possono significativamente modificare il profilo di solvibilità dell’impresa affidata.
Queste possono essere riferite all’assetto proprietario e di gestione dell’impresa, all’assetto
partecipativo per le strutture a gruppo, ai fattori di rischio e alle caratteristiche dell’ambiente
competitivo.
I fattori evidenziati non devono costituire un giudizio sulla qualità dell’impresa, bensì
sull’influenza che tali fattori possono avere sulla capacità dell’impresa di onorare il proprio
impegno con riferimento all’arco di tempo utilizzato nell’attribuzione del rating esterno,
tenuto conto della durata dell’impegno per la banca.
Gli elementi correttivi individuabili in quest’area informativa sono, infatti “mediani”, nel
senso che possono agire sia in termini migliorativi sia peggiorativi. L’analista deve essere in
grado di valutare se una caratteristica individuata incida effettivamente e concretamente sulla
solvibilità prospettica a n mesi dell’azienda, attraverso il supporto d’informazioni sulla
situazione del settore piuttosto che sulle strategie dell’impresa.
La seconda area informativa per produrre il rating interno, è rappresentata dall’analisi sulle
garanzie personali o reali riferibili alle singole operazioni con l’affidato.
11
La sequenza complessiva del processo produttivo di valutazione del rischio creditizio procede
dall’assegnazione di un rating esterno per il cliente, ad un rating interno neutrale rispetto alle
garanzie, per giungere ad un rating interno per operazione, comprensivo delle garanzie
10
.
Questo implica che a fronte di un unico rating – esterno o interno – per cliente, devono
sussistere n rating interni in funzione del numero delle operazioni creditizie effettuate.
Con riferimento alla categoria delle garanzie, il grado di copertura sostanziale
dell’esposizione creditizia deve essere rivolto alla determinazione del valore effettivo
recuperabile dalle garanzie medesime.
Ciò richiede la stima di:
- tempo medio e capacità di recupero medio della garanzia, ossia il grado d’escutibilità;
- valore di mercato della garanzia, ossia il grado di copertura effettiva rispetto all’esposizione
creditizia.
Tale valutazione appare necessaria in quanto il valore utile della garanzia per un finanziatore
è costituito dal flusso di cassa ottenibile dalla garanzia medesima ovvero dal suo valore di
mercato, “scontato” per il tempo di recupero e per la capacità di recupero della banca stessa.
Questo valore, che rappresenta la reale copertura per il finanziatore in caso d’insolvenza del
cliente, risulterà tendenzialmente differente da banca a banca, sia sotto il profilo dei valori che
delle categorie di garanzia osservate.
Da un lato, infatti, la valutazione risente della capacità media di recupero della tipologia di
garanzia in oggetto da parte della banca (stima basata su dati storici disponibili all’interno
della banca).
Dall’altro la valutazione deve ovviamente essere differenziata in relazione al tipo di garanzia
(personale o reale), al tipo d’impegno giuridico (pegno, ipoteca), al tipo e alla qualità di bene
nel caso di garanzia reale (titolo, merce articolata per tipologia effettiva, immobili), alla
metodologia di recupero (cessione piuttosto che recupero diretto, giudiziario e stragiudiziale).
L’Accordo di Basilea, infine, prevede requisiti specifici per le garanzie.
Riguardo alla copertura, essa deve essere:
o diretta, ovvero un diritto immediatamente esercitatile nei confronti del garante;
o esplicita, ovvero legata ad una esposizione specifica;
o irrevocabile quindi con assenza di clausole contrattuali che consentano al garante di
annullare la copertura;
10
A. PICCOLO, Nuovo accordo di Basilea 2 – La produzione del rating: nuovi scenari, Maggio 2003.
12
o incondizionata cioè senza clausole che consentano al garante di non pagare
tempestivamente nel caso di inadempienza del debitore.
Sono fissati poi alcuni requisiti operativi: all’atto dell’inadempienza il finanziatore può
escutere tempestivamente il garante in luogo del debitore; la garanzia è un obbligo assunto
esplicitamente dal garante; il garante copre tutti i tipi di pagamento che il debitore è obbligato
ad effettuare in base all’esposizione; la garanzia deve essere tutelata in tutti gli ordinamenti
interessati.
Per questo gli investitori finanziari sono obbligati ad una vera e propria rivoluzione, innanzi
tutto culturale ed organizzativa, specie nella gestione delle risorse umane e finanziarie.
Tale cambiamento è riscontrabile anche nelle metodologie del moderno risk management che
diventa così un processo complesso e correlato a diversi fattori, tra cui è particolarmente
importante il legame tra gestione dei rischi in modo integrato tra loro, e redditività aziendale.
Ciò è possibile solo se preliminarmente s’identificano, si definiscono, e si misurano tutti i
rischi finanziari, in modo da poterli in ogni momento gestire e scambiare in modo controllato
e consapevole.
Ne consegue l'adozione di nuovi strumenti anche per la misurazione delle performance
aziendali, ponderate col grado di rischio sopportato: il RAPM, risk adjusted performance
measurement
11
.
Tali tecniche permettono di:
1 - meglio diversificare gli investimenti, evitando le concentrazioni su poche attività;
2 - valorizzare le aree di business maggiormente produttive;
3 - misurare analiticamente le performance delle singole business unit, fino ad arrivare a
comprendere l'analisi della redditività del singolo operatore.
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A. PICCOLO, Nuovo accordo di Basilea 2 – La produzione del rating: nuovi scenari, Maggio 2003.