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INTRODUZIONE
L’attualità del Cristianesimo e la pubblicazione di «Credere di credere» di
G. Vattimo e di «Pensieri sul cristianesimo» di E. Severino
Nella cultura occidentale il cristianesimo fin dalle sue origini ha esercitato
profondi influssi sia nella vita individuale sia in quella sociale. Indubbiamente è
stato un elemento culturalmente valido e capace di realizzare una certa coesione
sociale a partire dalla caduta dell’impero romano fino al XX secolo. È stato
l’elemento culturale con il quale si sono rapportate e confrontate diverse correnti
di pensiero della tradizione occidentale di origine greca1.
Nella società contemporanea si assiste ad una sorta di discussione critica sul fatto
cristiano, partendo da un’analisi serrata dell’attuale società e della commistione di
essa con il cristianesimo. Ciò si verifica tanto più in Italia, data la vicinanza
storica e geografica con la Chiesa di Roma. Lo stesso cristianesimo, già verso la
fine del XIX secolo, si era lungamente e criticamente interrogato sulla propria
essenza dottrinale, cercando di recuperare una trasparenza teologica. Questa
rielaborazione dell’essenza del cristianesimo ha riportato in primo piano la figura
storica di Gesù e la fede in Lui come Cristo: gli studi di esegesi biblica portano a
dare centralità all’annuncio evangelico, il kerygma2. Nella società attuale chi
vuole confrontarsi con il cristianesimo dovrebbe rifarsi all’annuncio del kerygma,
liberato da quelle sovrastrutture culturali, soprattutto di carattere filosofico, e da
lunghi elenchi di adempimento morali, derivanti dalla tradizione culturale
occidentale. Il riferimento è nel cristianesimo la fede in una persona, Gesù di
Nazareth, e non solamente una realtà culturale e dogmatica: Gesù Cristo è
l’essenza del cristianesimo.
Ha oggi ancora senso parlare di cristianesimo e dare ad esso una importanza
decisiva nella cultura italiana? Nonostante la progressiva emarginazione nella
quale è stata confinata la cultura religiosa a partire dall’epoca moderna, la quale si
1
Per un approfondimento del tema si consiglia la lettura dei seguenti testi: E. CIONE, Fede e
ragione nella storia: filosofia della religione e storia degli ideali religiosi dell’Occidente,
Cappelli, Bologna 1963; Cristianesimo, in Enciclopedia Garzanti di filosofia, Garzanti, Milano
1981, p. 187.
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Kerygma è termine greco che designa la prima testimonianza della predicazione cristiana. Esso si
applica sia all’annuncio – atto della predicazione – sia al contenuto.
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è caratterizzata da un’illimitata fiducia nella capacità liberatrice della ragione, la
risposta alla domanda suddetta è affermativa, considerato l’interesse che la
religione, in special modo il cristianesimo, suscita nei diversi campi del sapere,
non solo all’interno dell’ambiente cristiano, come punto critico di riferimento e di
confronto.
In effetti, ad un primo sguardo, si rileva come l’atteggiamento esistenziale di oggi
sia, generalmente, caratterizzato dall’indifferenza nei confronti della questione di
Dio. Per l’uomo contemporaneo, attento quasi esclusivamente alla sola realtà che
si percepisce con i sensi, il concetto di Dio sembra ridursi a sola ideologia. Quella
che si può sperimentare nella società contemporanea è una religione senza Dio,
senza trascendenza. Anche il Gesù che attira sempre e comunque l’attenzione è il
Gesù uomo, spogliato delle qualità divine. Si assiste, dunque, ad una crisi dei
valori considerati nella loro essenza assoluta: viene meno il loro fondamento
trascendente ed essi sono inseriti all’interno dell’esperienza storico-culturale del
soggetto. Dall’età moderna si sono accentuati da un lato una decentralizzazione
del mondo stesso, dall’altro una autonomia morale associata ad una libertà
pienamente emancipata. A partire dall’età moderna, infatti, che ha instaurato un
sistema culturale che esaltava l’individuo, la ragione e le sue potenzialità,
progressivamente si è ritenuto che l’uomo fosse regola di se stesso, prescindendo
da ogni realtà di natura trascendente3.
Il cristianesimo, tuttavia, e le diverse tematiche che scaturiscono dal confronto tra
le questioni sociali e il suo messaggio, proprio per le implicazioni storiche,
sociali, culturali di questa religione, sono ancor oggi nel contesto italiano oggetto
di dibattito sia tra i cristiani sia tra i non credenti. Questo è in linea con una
riscoperta del cristianesimo che sottolinea maggiormente la centralità e
l’importanza dell’uomo e della sua azione nella storia rispetto a contenuti religiosi
e teologici di carattere metafisico e assoluto: si abbandona una concezione troppo
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Dall’età moderna si è accentuato il divario tra fede e ragione. A tutt’oggi è di generale interesse
culturale l’approfondimento del tema relativo al rapporto tra fede e ragione e la loro possibile
armonizzazione. Tra la molteplice bibliografia presente sul tema si evidenziano i seguenti testi: B.
FORTE, Dove fede e ragione si incontrano?, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2006; P.
GIORDANI, L’avventura modernista: un tentativo di conciliazione tra fede e ragione, Lithos
Editrice, Roma 1998; G. GISMONDI, Fede e ragione scientifica: i limiti strutturali del razionalismo
scientifico, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1980.
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filosofica e, di conseguenza, inadeguata – per l’uomo contemporaneo – di Dio,
per lasciare lo spazio al Dio della fede rivelatosi liberamente in Gesù Cristo.
Tra le diverse proposte di riflessione che si presentano nel dibattito culturale
italiano, questo elaborato intende dare spazio ad alcuni temi della difficile
convivenza tra cristianesimo e società contemporanea, tra religione cattolica e
post-modernità4, tra fede e ragione.
Sembra, infatti, che religione cattolica e civiltà occidentale siano oggi estranee e
che l’attuale società proietti il proprio futuro in forma materialista ed
autoreferenziale. La post-modernità, in ogni caso, come espressione dell’attuale
contesto socio-culturale, non va temuta dal Cristianesimo, va compresa e
affrontata5. È possibile comunicare e vivere il Cristianesimo all’interno della
complessa e mutevole realtà sociale post-moderna?
Per affrontare tale questione bisogna, altresì, considerare il fatto che il post-
moderno pone in crisi anche la fiducia nella razionalità, la credibilità del soggetto
come figura centrale del fondamento ultimo, venendo così a mancare la base
stessa della modernità. Questo mutamento viene inteso in modo assai diverso,
come declino, come distruzione della ragione, come andare oltre. Al di là delle
diverse valutazioni, tutte le teorie sociali riconoscono il processo di dissoluzione
operato dalla post-modernità: riducendo la religione a sfera privata, la modernità
ha generato un indifferentismo generalizzato, che è una delle caratteristiche più
evidenti del nichilismo contemporaneo6. È possibile ipotizzare all’interno di
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Con questo termine si fa riferimento all’attuale contesto sociale-culturale di matrice occidentale
caratterizzato dal nichilismo imperante, inteso come disgregazione e corrosione di ogni visione
metafisica del mondo e dei suoi processi costituitivi. Con l’era post-moderna la traiettoria dello
sviluppo sociale si allontana dalle istituzioni della modernità e punta verso un nuovo tipo di ordine
sociale. Si rifiuta l’idea di una realtà unica e conoscibile. Si pone l’accento sul pluralismo e
sull’ambivalenza: non c’è un regime sociale ideale a cui aspirare, ma una molteplicità di
esperimenti culturali, ciascuno parimenti valido. Cfr. J. RIFKIN, L’era dell’accesso. La rivoluzione
della New Economy, Mondatori, Milano 2000, pp. 249 e ss; G. REALE – D. ANTISERI, Il pensiero
occidentale dalle origini ad oggi, vol.3, La Scuola, Brescia 1983; J.-F. LYOTARD, La condizione
post-moderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli, Milano 1981 (orig. 1979).
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Per un approfondimento del tema si suggerisce la lettura del seguente testo: F. ARDUSSO, Gesù
Cristo figlio del Dio vivente, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1992.
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Heidegger vede nel nichilismo la fase culminante e conclusiva della metafisica occidentale,
l’abbandono del problema del senso dell’essere, a cui la metafisica e, successivamente, la scienza e
la tecnica, hanno sostituito il problema dell’ente e della sua utilizzabilità. Si è nel mondo della
tecnica e la tecnica non tende ad uno scopo, non produce senso, non svela verità. Con il nichilismo
passano in secondo piano i concetti di etica, religione, storia, politica. Si assiste così ad una
sostanziale assenza di futuro percepita soprattutto dalle nuove generazioni. Cfr. G. REALE – D.
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questo scenario una ri-proposizione della religione nella società contemporanea,
facendo i conti con queste basi culturali nichilistiche? A questo proposito risulta
interessante affrontare e proporre posizioni e argomentazioni filosofiche di alcuni
tra quei filosofi del Novecento che maggiormente si sono espressi sul problema
dell’attualità del Cristianesimo per l’uomo contemporaneo. Restringendo la scelta
al panorama culturale italiano, si ritrovano spunti interessanti, per un
approfondimento delle suindicate questioni, nell’analisi dei testi «Credere di
credere»7 di Gianni Vattimo e «Pensieri sul cristianesimo»8 di Emanuele
Severino.
Entrambi i filosofi, infatti, ripongono particolare interesse per i temi della
religione cristiana, in quanto da un lato Vattimo crede «che si debba parlare di
eredità cristiana in un senso ben più vasto»9 rispetto alla società tradizionale,
dall’altro Severino ritiene che non si possa fare un discorso sulla società fondata
sulla tradizione occidentale prescindendo dal Cristianesimo.
Nello specifico per approfondire il pensiero di Vattimo sul Cristianesimo è stata
posta l’attenzione sul testo «Credere di credere» perché è il suo primo scritto che
affronta il tema del ritorno della religione cristiana a livello sia personale sia
collettivo dopo la proclamazione della morte di Dio operata da Nietzsche e dopo
la secolarizzazione.
Di Severino si è scelta l’opera «Pensieri sul cristianesimo» perché è un testo che si
confronta sulla possibilità della fede cristiana, sulle contraddizioni che
contraddistinguono questa religione, nonché una generale critica alla religione
nell’epoca in cui le strutture del pensiero forte basato su schemi metafisici
tradizionali vengono meno.
Si sono individuati proprio questi testi perché hanno suscitato notevole interesse
nel dibattito culturale italiano e, restringendo il campo alle argomentazione delle
tematiche in essi contenute, si è voluta prospettare una parziale panoramica del
pensiero dei due filosofi, senza voler in alcun modo presentare in forma esaustiva
il loro giudizio complessivo sulla religione cristiana. Tuttavia, dalla dissertazione,
ANTISERI, Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, vol. 3, La Scuola, Brescia 1983, pp. 445 e
ss.; U. GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007.
7
G. VATTIMO, Credere di credere, Garzanti, Milano 1996.
8
E. SEVERINO, Pensieri sul cristianesimo, Rizzoli, Milano 1995.
9
G. VATTIMO, Credere di credere, cit., p. 23.
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inevitabilmente emergerà la visione di Vattimo e di Severino circa il ruolo
fondamentale tuttora svolto dal Cristianesimo nella società. Infatti, come sopra
esposto, l’interesse per le due opere nasce dal fatto che esse sono la testimonianza
di come la religione cristiana è ancora oggi punto critico di riferimento per la
trattazione delle tematiche filosofiche e culturali. Per questo motivo non si è
voluto presentare tanto un’analisi critico-filosofica dei testi di Vattimo e di
Severino, quanto il loro modo di confrontarsi con alcune tematiche cristiane: essi
affrontano il Cristianesimo, partendo da prospettive esterne al contesto più
tipicamente ecclesiale, provando a valutare l’inserimento del Cristianesimo nella
cultura contemporanea post-moderna, avendo come tematica di fondo la
compatibilità tra fede e ragione.
Da qui la struttura del lavoro proposto in questo elaborato, che è suddiviso
sostanzialmente in due parti. Nel primo capitolo si analizzano i testi dei due
autori: sono individuati i temi di maggiore interesse per l’approfondimento che si
vuole realizzare, senza che detti temi coincidano necessariamente con la scansione
argomentativa proposta dai due filosofi10.
Nel capitolo secondo, invece, sono presentate alcune questioni di maggiore
attualità ponendo a confronto le tesi di Vattimo e di Severino per verificare la
modalità diversa di questi due filosofi di prendere in considerazione e di
confrontarsi con il Cristianesimo: il rapporto tra cristianesimo da un lato e
secolarizzazione e nichilismo dall’altro; relazione tra fede e ragione.
La conclusione, invece, rilevando la necessità per il Cristianesimo di confrontarsi
anche con posizioni esterne ad esso per poter meglio presentare il messaggio di
Gesù Cristo all’uomo contemporaneo, è una riflessione che, pur non avendo come
intento quello di mostrare una visione né esaustiva né conclusiva sulle questioni
inerenti la religione presentate da Vattimo e Severino, alla luce di questi due testi
analizzati, evidenzia quali siano i temi centrali del dibattito. L’esito sarà quello di
sottolineare la necessità che il Cristianesimo sappia raffrontarsi con le correnti
culturali dell’epoca contemporanea, individuando in esse gli spunti utili e
necessari per una presentazione più comprensibile del messaggio di Gesù Cristo.
Nello stesso tempo si sottolineerà come il Cristianesimo sia una realtà che sfugge,
10
Non si è di proposito valutata alcuna bibliografia secondaria, volendo focalizzare l’attenzione
esclusivamente e direttamente sui testi proposti e non sulla critica che agli stessi è seguita.
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nel suo complesso, anche per il più attento ed esperto filosofo: sia Vattimo sia
Severino, infatti, affermano di confrontarsi costantemente nelle loro opere con il
Cristianesimo, ma di esso colgono soltanto alcuni aspetti. Da questa
considerazione nasce la necessità di presentare il titolo di questa dissertazione in
forma interrogativa: è evidente, in quanto è la stessa volontà espressa, che
Vattimo e Severino intendano parlare del Cristianesimo e, di certo, di esso
colgono aspetti corrispondenti al vero; tuttavia si tratta, appunto, non solo di
aspetti e non del Cristianesimo nel suo insieme, ma spesso e volentieri di
posizioni distanti dalla riflessione ecclesiale, per cui si rischia di fare i conti con
un “Cristianesimo” che non corrisponde alla autocomprensione della comunità
credente.