Introduzione
Sempre più spesso si valutano le qualità delle performance
aziendali in funzione della capacità di creare o distruggere valore
per l’azionista, tanto che negli ultimi anni, accademici e società di
consulenza hanno proposto sul mercato una grande varietà di
metodologie nel nome della creazione. In particolare la nostra
analisi si è stata condotta sulle misure di performance basate sul
concetto di “profitto”.
Il fondamento teorico di questi metodi è che la creazione di valore
per l’azionista è legata ai profitti conseguiti dall’impresa; in ogni
caso ciò è vero soltanto se si abbandona il riferimento ai profitti
contabili, esposti in bilancio, per rifarsi unicamente al concetto di
profitto economico. Quest’ultimo è pari alla remunerazione
eccedente quella minima attesa dai portatori di capitale di rischio,
ed è un indicatore valido del valore creato nell’esercizio, perché
considera adeguatamente tutte le variabili di calcolo del profitto,
vale a dire il reddito, il capitale investito ma anche il rischio relativo
all’investimento di capitale. Il riconoscimento di un costo al
capitale proprio rappresenta l’aspetto di maggior rilievo
dell’approccio in questione.
Da un punto di vista metodologico il presente lavoro è strutturato in
quattro capitoli. Il primo capitolo è basato su un’introduzione
generale alla teoria della creazione del valore per l’azionista,
mettendone in risalto l’importanza acquisita negli anni recenti e
indicando i principali metodi di valutazione del capitale economico.
Il secondo capitolo approfondisce l’origine del concetto di profitto;
una grandezza normalmente data per scontata ma che in realtà è
avvinta da profondi equivoci e ambiguità, sia a causa dei differenti
significati ad essa associati, che delle sfumature terminologiche
Introduzione
associate alla varietà dei linguaggi. Nel capitolo si esaminano
inoltre le determinanti fondamentali del profitto, cioè reddito,
capitale investito e tasso di costo del capitale, nonché le leve su cui
il management può agire per massimizzare il profitto e quindi il
valore creato.
Nel terzo capitolo si presenta un’indagine storica che mette in
evidenza le diverse fasi di sviluppo e le proposte metodologiche, sul
tema della stima del costo opportunità del capitale di rischio nelle
valutazioni economiche. Nel resto del capitolo vengono presentati
alcuni dei più importanti metodi per la stima delle performance
aziendali, basati sul presupposto teorico del profitto: il reddito
residuale nell’elaborazione proposta da R.N. Anthony, l’Economic
Value Added della Stern Stewart & Co., l’Economic Profit sia nella
versione predisposta dalla McKinsey che in quella della Marakon
Association, la proposta italiana di Luigi Guatri relativa al Reddito
Integrato Economico Residuale. E’ stato inoltre svolto un breve
esame su altri indicatori della performance correlati positivamente
con la creazione del valore: lo Shareholder Value Added, il CFROI
e il Cash Value Added.
Il quarto ed ultimo capitolo è basato sul caso di MBDA Italia S.p.a.,
azienda facente parte di MBDA, società europea leader nel settore
della difesa. L’analisi svolta all’interno dell’azienda ci ha permesso
di verificare come viene impostata una gestione aziendale in cui il
principio ispiratore è quello della massimizzazione del valore per
l’azionista e come una misura basata sul principio del profitto
economico sia efficace nell’indirizzare i comportamenti dei membri
dell’organizzazione aziendale in coerenza con la creazione del
valore.
Introduzione
***
Si ringrazia l’azienda MBDA Italia S.p.a. per l’opportunità
offertaci di basare tale studio sul loro caso specifico, e per la
disponibilità con cui ci è stato messo a disposizione il materiale
necessario per l’ottenimento dei dati utili al lavoro svolto. Un
ringraziamento doveroso va al Comandante Esposito Antonio,
responsabile dell’area Value, Risk e Planning di MBDA Italia
S.p.a. e al Dott. Casucci Lorenzo, Value Manager, per le
informazioni e i suggerimenti forniti e il tempo gentilmente
dedicatoci.
CAPITOLO 1
LA TEORIA DI CREAZIONE DEL VALORE
1.1 – La creazione del valore: concetti introduttivi
Il tema del valore non ha origini recenti, esso occupa da sempre una
posizione centrale nella teoria economica; � stato per primo I.
Fisher
2
ad affermare che al tradizionale obiettivo del profitto possa
sostituirsi quello della creazione del valore di capitale dell�impresa.
Nella dottrina economico-aziendale italiana la teoria del valore del
capitale economico risale a Gino Zappa
3
, che fonda tale concetto
sull�ipotesi di futuro funzionamento dell�azienda destinata a
perdurare nel tempo.
Secondo Zappa, il capitale economico esprime il valore economico
dell�impresa considerata nella sua interezza quale istituto
economico funzionante.
L�Autore mette in evidenza come il capitale economico sia cosa
diversa dal capitale di bilancio o di funzionamento.
Riguardo al primo, specifica che esso deve concepirsi astraendo
dall�identit� dei suoi componenti elementari poich� � diverso da un
aggregato di valori determinati; esso � un complesso costituito da
fattori complementari.
2
Irving Fisher, Appreciation and Interest, Macmillan, New Y ork, 1896 (trad. it. La natura del
capitale e del reddito, Utet, Torino, 1932).
3
Gino Zappa, Il reddito d�impresa, Giuffr�, Milano, 1943. La prima apparizione dell�opera Il
reddito d�impresa era intitolata �La determinazione del reddito nelle imprese commerciali. I
valori di conto in relazione alla formazione dei bilanci�; essa venne pubblicata in due fascicoli
nel 1921 e nel 1929(Giuffr�, Milano).
Capitolo 1
Il capitale di bilancio pu� essere invece separato nelle sue singole
parti analitiche, esso � infatti un fondo a cui partecipano tutti gli
elementi che concorrono alla sua formazione
4
.
In economia aziendale non si ha un�unica, rigorosa definizione del
capitale bens� diverse definizioni, ciascuna delle quali � utile per
certi scopi speciali. Ad ogni modo, qualunque sia il significato che
si vuole attribuire al capitale, la corretta nozione riporta sempre al
concetto del reddito e del suo complesso e vario fluire
5
.
La teoria zappiana del capitale economico, si fonda sulla stretta
correlazione tra il capitale e il reddito; egli afferma che il capitale
economico � un valore unico, risultante dalla capitalizzazione dei
redditi futuri
6
.
Nelle valutazioni contabili il capitale appare come un fondo dal
quale il reddito fluisce, ed al quale il reddito periodicamente pu�
aggiungersi, mentre nelle valutazioni economiche, la formazione
del capitale e del reddito segue un processo inverso e procede dal
fluire dei frutti al costituirsi del capitale. Economicamente, quindi,
il capitale varia in conseguenza del presunto variare dei redditi
attesi e del saggio di capitalizzazione. Nell�analisi condotta da
Zappa il reddito appare come il valore originario e il capitale come
derivato, smentendo cos� la credenza dominante nell�uso comune
che il reddito sia un flusso di ricchezza che promana dal capitale
7
.
4
Gino Zappa, Il reddito d�impresa, Giuffr�, Milano, 1943, p. 58.
Inoltre l�Autore precisa che :�il capitale deve considerarsi come un insieme di parti
interdipendenti, o, meglio, complementari, che nei riguardi economici pu� avere, anzi ha
necessariamente, un valore diverso da quello che potrebbe risultare da valori attribuiti ai singoli
elementi. La riunione di tanti disparati elementi non � allora unicamente la somma delle parti,
ma � piuttosto la unit� di esse costituite in complesso economico�; Gino Zappa, opera citata, p.
58.
5
Gino Zappa, opera citata, p. 87.
6
Gino Zappa, opera citata, p. 74.
7
Gino Zappa, opera citata, p. 75.
Capitolo 1
L�origine del concetto di capitale economico, dunque, ha radici
lontane e vari sono stati gli autori che sia nell�ambito dell�economia
politica che in quella aziendale si sono occupati della definizione
del valore economico del capitale; tuttavia l�interesse nei confronti
del tema del valore � diventato di grande attualit� negli anni Ottanta
in seguito a profondi mutamenti avvenuti nel contesto economico
ed istituzionale.
Negli anni Ottanta il mercato finanziario statunitense inizia a
mostrare crescenti segni di insoddisfazione a causa della perdita di
competitivit� delle imprese nonch� dell�insufficiente livello di
redditivit� verso gli azionisti.
In risposta a questa situazione si � dato vita a numerose operazioni
di ristrutturazione finanziaria, che da fatti di natura straordinaria
divennero quasi ordinari, data la frequenza con cui vennero
realizzate.
Questo fenomeno ha messo in evidenza un gap di valore
inespresso
8
, inteso come differenza tra il valore che un�impresa
effettivamente ha e quello che potenzialmente potrebbe avere se
venisse gestita con criteri orientati alla creazione del valore per
l�azionista.
L�emergere di questo gap di valore, nonch� le dimensioni da esso
manifestate, fecero capire che tante imprese non erano state capaci
di raggiungere l�obiettivo fondamentale della creazione del valore.
8
� Per �value gap� si vuole intendere un significativo scostamento tra il valore che l�impresa
avrebbe se operasse per la massimizzazione del valore per gli azionisti e il valore corrente
dell�impresa�. Andrea Amaduzzi, Obiettivi e valore dell�impresa: misure di performance, Il
Sole 24 Ore Libri, Milano,2000, p. 6.
Capitolo 1
Le cause
9
vanno ricercate innanzitutto nell�inadeguatezza dei
tradizionali metodi di misura delle prestazioni che possono indurre
a scelte sbagliate e contrarie all�interesse dell�azionista ma anche al
modo in cui sono strutturati i sistemi di incentivazione dei manager
che sono legati a quegli indicatori; infine l�incapacit� di individuare
il modo adeguato per accrescere la redditivit�.
Tutto ci� ha condotto a ricercare principi di governo adatti ad
orientare i comportamenti aziendali nella prospettiva di creare
valore per gli azionisti.
La creazione del valore � diventata un imperativo per tutte le
imprese che vogliono uno sviluppo duraturo nel mercato.
Con la globalizzazione dei mercati il fenomeno, nato negli Stati
Uniti, non ha tardato a diffondersi anche in Europa.
La creazione del valore sta diventando una regola del gioco della
competizione internazionale a cui nessuna impresa pu� permettere
di sottrarsi: l�impresa in condizioni di mercato, perdura e si
sviluppa solo generando nuovo valore, quindi la creazione di valore
� la ragione essenziale della sua sopravvivenza a lungo termine,
della sua attiva partecipazione alla produzione di risorse per la
collettivit�, del suo contributo al benessere sociale.
9
Giorgio Donna, La creazione di valore nella gestione dell�impresa, Carocci Editore, Roma,
1999, p.27 e ss.
Capitolo 1
1.2– Note Sul Concetto Di Valore
Il concetto di valore � forse uno dei meno chiari mai espressi dagli
studi di economia: esso � stato di volta in volta inteso come prezzo,
come utilit�, come contropartita, come quantit� di lavoro, come
energia.
Tuttavia, pur di fronte a tale indeterminatezza, bisogna riconoscere
che la teoria del valore non � solo una parte della scienza
economica, ma � il fondamento di essa.
10
In economia aziendale, il valore non � solo una delle tante
definizioni, ma � il perno fondamentale intorno a cui ruotano le
imprese e la sua creazione � motivo stesso della loro esistenza.
Senza il concetto di valore non esisterebbe l�economia aziendale o
per lo meno essa verrebbe considerata un mero computo di fatti
produttivi.
Il concetto di valore nonostante la sua importanza in materia
economica ed aziendale � per� poco esplorato, dato per scontato; si
pone l�esigenza di definirlo e di delinearne i contorni fondamentali.
Negli studi di economia politica il concetto di valore � stato definito
in modi differenti, anche se con riferimento particolare a tre
nozioni: rarit�, lavoro e utilit�.
Negli studi di finanza, diversamente, il valore � stato inteso come
misura della ricchezza; mentre in economia aziendale esso � stato
definito in relazione al capitale economico dell�impresa e di recente
ad esso � stato assegnato il ruolo di obiettivo dell�azione
manageriale.
10
Salvio Vicari, Note sul concetto di valore, Finanza, Marketing e Produzione, n�3, 1995.
Capitolo 1
1.2.1 – Il Valore in Economia Politica: Rarita’, Costo, Utilita’
11
Rarità - Il valore legato alla rarit� � quello che viene assegnato ad
un bene la cui offerta � limitata. La limitatezza � il principio-cardine
della stessa economia, poich� un bene � economico in quanto
povero in quantit�.
Tuttavia la scarsit� non � sufficiente a determinare il valore di un
bene, poich� ci possono essere dei beni rari in natura ma con un
valore irrilevante e viceversa beni abbondanti ma con un elevato
valore.
Costo - Il concetto di costo collegato al valore va fatto risalire a
Ricardo che per primo ha affrontato il problema della misura del
valore.
Egli pens� di risolvere il problema elaborando la teoria del valore-
lavoro secondo la quale il valore di un bene � dato dalla quantit� di
ore lavorative necessarie a produrlo.
In questo modo Ricardo ritenne di dare soluzione al problema di
come legare il concetto di valore ad un�unit� di misura oggettiva,
cio� il lavoro, nonch� espressiva del sacrificio (costo) sopportato
per ottenere il bene.
Come Ricardo anche Marx si attiene alla teoria del valore-lavoro;
tuttavia secondo Marx il valore � formato da due componenti: il
valore originario, insito nei fattori produttivi, e il plusvalore, che
11
Il concetto di rarit� � riconducibile ad A. Smith, il quale ha messo in luce come vi siano due
differenti concetti di valore: valore d�uso e valore di scambio. Un bene pu� avere un elevato
valore di scambio ma uno scarso valore d�uso e viceversa. Il concetto di valore come costo,
sacrificio, pu� essere ricondotto a Ricardo, fautore della teoria del valore-lavoro. Il concetto di
valore come utilit� � di origine marginalista.
Capitolo 1
equivale alle ore in pi� lavorate ma non retribuite ai salariati e che
rappresenta il guadagno dell�imprenditore.
Utilità � L�idea di valore secondo alcuni economisti pu� essere
sostituita con quella di utilit�; si tratta di un concetto fortemente
soggettivo.
Ogni individuo pu� trarre dall�utilizzo o dal consumo di un bene un
beneficio diverso, infatti l�utilit� dipende dalla visione del mondo di
ognuno, dalla situazione specifica, dai beni gi� posseduti e da quelli
desiderati.
Il principio del valore assimilato a quello di utilit� ha origine nella
teoria marginalista, che afferma che �ciascun individuo desidera
entrare in possesso di prodotti fino al punto in cui la loro utilit�
marginale � pari a zero ed � disponibile ad acquistarli fin quando la
loro utilit� marginale eguaglia il prezzo�.
Il prezzo diventa quindi, secondo tale visione, la misura dell�utilit�
marginale.
Il concetto di valore pu� essere associato a ciascuno di questi
concetti (rarit�, costo e utilit�) ma non coincide con nessuno di essi.
I tre elementi non sono del tutto assimilabili perch� implicano un
diverso riferimento ai soggetti interessati al tema del valore; infatti
la rarit� e il costo hanno carattere di oggettivit� mentre l�utilit� ha
carattere di soggettivit�.
Ne consegue che il concetto di valore racchiude tre significati di
tipo generale ma che hanno in s� un elemento di individualit�.
Tutto ci� mette in evidenza l�ambiguit� che avvolge il concetto di
valore.
Capitolo 1
1.2.2 – Il Valore in Finanza: la Ricchezza
In finanza il valore � considerato il metro per definire la ricchezza,
la misura del capitale.
Il valore del capitale viene misurato attraverso il tasso di interesse,
cio� la misura del sacrificio che si deve sostenere per la rinuncia al
consumo attuale in vista dei consumi futuri; il tasso di interesse �
quindi il prezzo d�uso del capitale in un certo arco di tempo.
Il prezzo del capitale si determina dall�incontro tra domanda e
offerta nel mercato finanziario, dove l�offerta di capitali rappresenta
il sacrificio e la domanda l�utilit�; essi si incontrano nel mercato per
mezzo dell�interesse.
L�utilit� che si pu� trarre dall�uso del capitale non � riferita solo al
tempo attuale ma anche a quello futuro; pertanto il valore �
rappresentato come l�insieme dei rendimenti che possono scaturire
dall�uso del capitale.
1.2.3 – Il Valore In Economia Aziendale: Il Capitale Economico
La dottrina economico-aziendale � pervenuta al concetto di capitale
economico. Si tratta di un�espressione contrapposta a quella di
capitale contabile, che esprime il valore per cui il capitale netto
figura negli ordinari strumenti della rilevazione, conti e bilanci.
Come detto, negli anni Venti, Gino Zappa afferma che il capitale
economico non ha niente a che vedere con la consistenza
patrimoniale di un�impresa, n� con il valore degli asset che essa
possiede, ma dipende esclusivamente dalle prospettive di reddito.
Capitolo 1
La valutazione del capitale economico non consiste quindi nel
valutare il capitale netto con i suoi elementi attivi e passivi, bens�,
l�oggetto della valutazione � l�istituzione economico-aziendale
destinata a perdurare nel tempo, la quale � determinata sia dai suoi
elementi costitutivi che dalle relazioni di complementariet� che si
instaurano tra quegli elementi
12
.
Come afferma Zappa, � il capitale economico � un valore unico e
sintetico, che non pu� suddividersi nelle singole parti costitutive�
13
.
Oltre ad essere un valore unico, in quanto � determinato
dall�attualizzazione dei redditi futuri, il capitale � anche un valore
derivato, perch� � ottenuto dai redditi attesi in futuro.
Il valore del capitale economico � quindi il valore dell�impresa in s�
stessa. Esso dipende oltre che dai flussi (di reddito, di cassa) che
l�impresa � in grado di ottenere nell�immediato, anche dalle
potenzialit� accumulate di produrre in futuro tali redditi.
Pertanto l�incremento del valore del capitale economico diventa la
condizione essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza
dell�impresa nel lungo termine.
Il valore del capitale economico si contraddistingue per essere
razionale, largamente condiviso, stimolante per gli operatori e
misurabile con ragionevole approssimazione.
14
12
Giuseppe Ceriani, Redditi attesi e flussi di cassa nella valutazione economica delle imprese,
in Rivista dei dottori commercialisti, n. 5, 1995, p. 943.
13
Gino Zappa, Il reddito d�impresa, Giuffr�, Milano,1943.
14
Luigi Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 1998, p.38.
Capitolo 1
Razionalità - La creazione di valore si concilia perfettamente con
l�esigenza dell�impresa a perdurare nel tempo poich� essa
garantisce il successo di lungo periodo.
Inoltre essa assegna la priorit� alla tutela dell�interesse degli
azionisti soddisfacendo l�esigenza di una equilibrata distribuzione
dei risultati conseguiti tra tutti i protagonisti della vita aziendale.
Gli azionisti si differenziano da tutti gli altri stakeholders perch� su
di essi grava il rischio della gestione dell�impresa. La propriet�
dell�impresa nonch� la partecipazione alla parte residuale del
valore aggiunto, ovvero il profitto, sono gli elementi che
qualificano l�azionista e che gli attribuiscono il diritto alla priorit�
degli obiettivi aziendali. Gli azionisti diventano pertanto il
riferimento di ogni programma, di ogni importante investimento e
di ogni decisione rilevante della vita dell�impresa.
Infine la razionalit� si evidenzia nella circostanza che nella
definizione dell�interesse dell�azionista si pone l�attenzione
sull�accrescimento del valore nel tempo piuttosto che sul dividendo.
Condivisibilità - Tutti coloro che hanno interesse alla vita
dell�azienda e alla sua sopravvivenza nel tempo non possono che
gradire l�obiettivo della creazione del valore che si pone come
condizione necessaria affinch� ci� avvenga.
La creazione del valore si sostituisce al tradizionale obiettivo del
profitto, il quale non presenta la stessa condivisibilit� da parte degli
stakeholders ma viene invece avvertito come eticamente meno
apprezzabile.
Capitolo 1
Stimolante - La continua ricerca di nuove opportunit� di sviluppo,
il mantenimento del vantaggio competitivo nel mercato, il
soddisfacimento degli obiettivi aziendali sono fattori stimolanti per
imprenditori e managers nonch� condizioni indispensabili per la
massimizzazione del valore del capitale economico.
Misurabilità - Il processo di misurazione del valore consiste nella
valutazione d�azienda ed � quindi quello che permette di stabilire se
l�azienda sta perseguendo efficacemente il suo fine.