Introduzione
Analizzando la situazione mondiale dal diciassettesimo secolo
al giorno d‟oggi, ci rendiamo conto di quanto lo sport sia arrivato a
costituire un punto fermo di interesse a livello collettivo, come
strumento di svago nella pratica, passando per l‟enorme interesse
della società sempre più coinvolta nelle varie competizioni sportive
organizzate a livello internazionale, fino a costituire una vera e
propria forma di business intrecciandosi con vari settori economici,
primo fra tutti quello delle trasmissioni radiotelevisive e internet.
Sempre più sentiamo parlare di investimenti legati al settore
sportivo, che hanno portato anche alla specializzazione di tutti gli
aspetti legati al mondo dello sport, dall‟abbigliamento ai veri e
propri strumenti di lavoro, passando anche per una completa
revisione degli impianti, soprattutto per quanto riguarda la proprietà
e la gestione degli stessi.
Il tema più ricorrente che è emerso negli ultimi anni è
rappresentato dalla sicurezza negli stadi, specialmente a seguito dei
noti fatti di cronaca relativi all‟inadeguatezza degli impianti sportivi
e agli scontri tra tifoserie che si sono sviluppati recentemente
portando a volte anche alla morte di persone. Questo è divenuto più
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incessante anche a seguito della chiara volontà di alcune società
sportive di portare avanti iniziative per la privatizzazione dei loro
impianti: sono stati presentati molti progetti, tra i quali quelli della
A.S. Roma S.p.A, della S.S. Lazio S.p.A., in attesa del via libera dei
vari Comuni, mentre ha portato avanti il suo progetto, fino
all‟approvazione definitiva, la Juventus F.C. S.p.A., che a breve
terminerà la costruzione del suo stadio, di cui ha acquistato il diritto
di proprietà superficiaria, insieme all‟acquisto del diritto di
superficie sull‟area circostante l‟impianto.
Le varie discussioni sui temi delle ristrutturazioni degli
impianti, della loro sicurezza e dell‟eventuale privatizzazione,
anche in vista della volontà dell‟Italia di candidarsi come sede
ospitante di competizioni internazionali, hanno condotto, dapprima,
in data 6 giugno 2005 all‟approvazione del Decreto del Ministero
dell‟interno Pisanu recante “Norme per la sicurezza degli impianti
sportivi”, e, recentemente, alla presentazione di un Disegno di legge
per la ristrutturazione degli impianti sportivi italiani.
Quest‟ultimo aspetto, rappresenta un passo decisivo nella
politica sportiva nazionale, affrontando un tema, quello della
sicurezza e dell‟inadeguatezza dei nostri stadi, che rischierebbe di
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mettere in serio pericolo le possibilità dell‟Italia di candidarsi per
poter ospitare qualsiasi competizione a livello internazionale.
Di fatti, uno dei problemi più allarmanti che lo Stato italiano
sta riscontrando nel battere la concorrenza di Francia e Turchia per
ospitare il Campionato europeo del 2016 è rappresentato proprio
dall‟attuale mancata approvazione del Disegno di legge sulla
ristrutturazione degli impianti.
Scopo di questo lavoro è dunque quello di analizzare i rapporti
che legano lo sport e la cultura, focalizzando l‟attenzione sul fattore
stadio e sull‟importanza che questo assume anche a livello
urbanistico.
Inizieremo analizzando il rilievo che viene dato allo sport a
livello internazionale, per poi passare ad analizzare il suo sviluppo
nell‟ambito europeo: si analizzerà in particolare il Libro bianco
sullo sport, trattando il ruolo che lo sport svolge nella sua
dimensione economica e nel suo ruolo sociale.
Particolare rilievo verrà dato all‟intervento statale nel settore
sportivo: passeremo in rassegna l‟intervento pubblico nel terziario
ludico e il funzionamento dell‟Istituto per il Credito Sportivo come
fonte di finanziamento di nuove strutture o per la loro
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ristrutturazione, fino a arrivare a trattare la gestione del settore a
livello regionale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione ad
opera della legge n. 3/2001.
Focalizzeremo successivamente l‟attenzione sul processo che
ha condotto alla privatizzazione degli stadi all‟estero iniziando con
l‟analisi del modello win-win che ha caratterizzato la costruzione
dell‟Amsterdam Arena, e, successivamente, analizzeremo la
gestione di alcuni stadi italiani di proprietà comunale e dei primi
passi verso la privatizzazione degli impianti nazionali.
Passeremo a questo punto in rassegna il caso Juventus F.C.
S.p.A., e le varie tecniche di finanziamento dell‟infrastruttura che si
sta realizzando nell‟area 4.23 di cui la società ha acquistato il diritto
di superficie e di proprietà superficiaria.
Sarà comparato il mercato del calcio italiano con quello
europeo, evidenziando le differenze concernenti le entrate e
l‟importanza che gli stadi di proprietà rivestono in questo settore.
Concluderemo, infine, trattando il tema della riforma in fieri
per la privatizzazione degli stadi in Italia, a seguito del Disegno di
legge Lolli-Butti e soprattutto a seguito della candidatura dell‟Italia
come sede ospitante del Campionato europeo del 2016.
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Capitolo 1
La disciplina dello sport nel
contesto internazionale ed europeo
1. Lo sport nell’ordinamento internazionale
La nascita dell‟ordinamento sportivo internazionale
risale alla seconda metà dell‟800 a seguito della crescita della
comunità sportiva parallela al moltiplicarsi delle competizioni
internazionali e al ripristino dei Giochi Olimpici dell‟antica Grecia.
L‟organizzazione dei primi Giochi Olimpici dell‟età moderna
venne approvata in occasione del Congresso Internazionale degli
sport atletici all‟Università della Sorbona di Parigi, a seguito della
spinta di Pierre de Fredi, barone de Coubertin.
Il 16 giugno 1894 viene costituito il Comitato Interministeriale
dei Giochi Olimpici (trasformatosi, poi, nel 1900 in Comitato
Internazionale Olimpico), organizzazione priva di soggettività
internazionale, non governativa e permanente, con il potere di
organizzare e decidere sui casi di ammissione ai Giochi Olimpici.
L‟organizzazione era regolata da principi contenuti nella Carta
Olimpica che può essere definita il vero e proprio statuto
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dell‟ordinamento sportivo internazionale. Nasce così il primo vero
apparato organizzativo sportivo mondiale.
Fanno parte del CIO le Federazioni Sportive Internazionali,
una per ogni singola disciplina sportiva. Ciascuna costituisce la
massima Istituzione mondiale della rispettiva disciplina sportiva ed
ha la funzione di dettare norme tecniche e di gara vincolanti per
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tutte le Federazioni Sportive Nazionali.
All‟interno di ciascuno Stato si sviluppano poi, a livello
gerarchicamente subordinato all‟organizzazione sportiva mondiale,
i vari ordinamenti sportivi nazionali con al vertice un proprio
Comitato Olimpico del quale fanno parte le varie Federazioni
Sportive Nazionali, che a sua volta dipendono dalle Federazioni
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Sportive Internazionali.
1
Una federazione sportiva è un ente che organizza e disciplina lo svolgimento dell'attività
agonistica di un determinato sport. Solitamente per ogni sport vi è una federazione mondiale
che organizza le competizioni internazionali, e le federazioni nazionali, ad essa affiliate, alle
quali è delegata l'organizzazione delle competizioni nazionali e locali. Alcuni sport hanno
anche delle federazioni continentali. Per partecipare alle gare organizzate da una federazione
sportiva, gli atleti si devono tesserare presso la federazione stessa e, generalmente, iscriversi ad
una società sportiva a sua volta iscritta alla federazione. Il tesseramento è di norma annuale e
soggetto al superamento di esami medici che certifichino che l'atleta può svolgere l'attività
agonistica senza pregiudizio per la propria salute. In passato le competizioni organizzate dalle
federazioni sportive erano rigorosamente riservate ai dilettanti; negli ultimi decenni le
federazioni dei principali sport hanno invece "aperto" la partecipazione, in date diverse, anche
ai professionisti. In alcuni sport (ad esempio il golf) tuttavia si continuano ad organizzare
competizioni separate tra dilettanti e professionisti (le gare aperte ad entrambi sono chiamate
Open).
2
Ivi.
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3
Gli ordinamenti sportivi nazionali devono attenersi alle
direttive dell‟organismo sportivo mondiale, altrimenti
rischierebbero di essere disconosciuti con la conseguenza
dell‟esclusione degli atleti e delle società sportive di quella nazione
dalle competizioni internazionali.
In proposito, dobbiamo notare come la stessa partecipazione
ad una manifestazione sportiva sia stata, talvolta, preludio di un
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riconoscimento politico fino a quel momento negato o controverso.
In altri casi, la singola competizione sportiva tra squadre è
stata vissuta e interpretata da vasti settori della popolazione come
un vero e proprio surrogato di contrapposizione politica, se non
addirittura bellica, tra Stati storicamente rivali, come nel caso della
soccer war tra Honduras e El Salvador nel 1969 in cui si sviluppò
un vero e proprio conflitto mondiale a seguito dei ripetuti disordini
3
In linea di estrema sintesi, gli statuti ed i regolamenti federali devono, sostanzialmente,
assicurare il rispetto dei principi dell‟ordinamento giuridico sportivo, cui lo Stato riconosce
autonomia, nella garanzia della terzietà e dell‟imparzialità dei giudici e nell‟ambito di un
processo regolato dal principio del contraddittorio e del diritto alla difesa, per quanto possa
concedere la manifesta esigenza di rapidità ed efficacia della giustizia sportiva. Gli statuti ed i
regolamenti devono, inoltre, prevedere, secondo la nota formula della clausola
compromissoria, che gli associati ed i tesserati accettino la giustizia sportiva così come
disciplinata dall‟ordinamento sportivo, pena l‟adozione di provvedimenti disciplinari adeguati
alla gravità della violazione in caso di inosservanza della clausola predetta.
4
Emblematici i percorsi di avvicinamento ai Giochi olimpici dell‟Unione Sovietica e della
Repubblica Popolare Cinese andati a buon fine, rispettivamente, a Helsinki, nel 1952, e a Los
Angeles, nel 1984.
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creatisi tra le nazioni dei due Paesi impegnate nelle qualificazioni al
Campionato mondiale di calcio.
Per contro, in non pochi casi, l‟evento sportivo ha consentito
l‟avvio di un dialogo tra Stati fino a quel momento addirittura privi
di relazioni diplomatiche ufficiali, ovvero, l‟occasione per
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riavvicinare popoli artificiosamente divisi.
2. La valorizzazione dello sport nell’ordinamento europeo
Come è noto, lo sport non viene mai menzionato nel Trattato
istitutivo della CE, che non contiene alcuna disposizione
specificamente e precipuamente concernente l‟attività sportiva.
Questo fattore però non significa che l‟attività sportiva sia
stata, fin dall‟origine, del tutto esclusa dall‟ambito di applicazione
delle disposizioni del Trattato, né tantomeno significa che il ruolo e
l‟importanza sociale, culturale ed educativa dello sport non abbiano
trovato riconoscimento (seppur fuori dalle disposizioni del Trattato)
da parte delle istituzioni comunitarie.
5
Come nel caso della c.d. ping-pong diplomacy che, nel 1971, aprì la strada al reciproco pieno
riconoscimento tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese e, durante l‟edizione dei
Giochi Olimpici di Seoul e della partecipazione, sotto un‟antica bandiera, delle due Coree.
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Come più volte la Corte di Giustizia ha avuto modo di
precisare, l‟attività sportiva deve ritenersi senz‟altro soggetta alle
disposizioni del Trattato CE tutte (e soltanto) le volte in cui assume
i caratteri di una “attività economica” ai sensi dell‟art. 2 del Trattato
medesimo.
Un problema di compatibilità con le norme del Trattato non
può porsi per le regole che affrontano e risolvono questioni che
interessano esclusivamente lo sport, cioè prive di “natura
economica”, strettamente ed esclusivamente inerenti alla natura e al
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contesto specificamente propri di singole competizioni sportive.
Tali regole puramente sportive rimangono estranee all‟attività
economica e sono conseguentemente esonerate dai limiti e dai
divieti contemplati dalle citate norme del Trattato.
Laddove le regole che disciplinano un‟attività sportiva che
assuma natura di attività economica a norma dell‟art. 2 del Trattato
siano state dettate da un ente qualificabile come impresa, tali regole
possono considerarsi legittime e compatibili con il Trattato soltanto
se non si pongono in contrasto con gli artt. 81 e 82, TCE. Tale
contrasto lo abbiamo quando si tratti di decisioni di associazioni tra
6
Corte giust., 12 dicembre 1974, c. 36/74 Walrave e Koch, punto 8 e Corte giust., 14 luglio
1976, c. 13/76, Donà, punti 14 e 15, in Racc. p. 1405.
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imprese o accordi tra imprese che abbiano per effetto o per oggetto
di ostacolare, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel
mercato interno.
Occorre ricordare che, ai fini dell‟applicazione degli artt. 81 e
82 del Trattato, la nozione di “impresa” viene intesa dalla Corte di
Giustizia CE in un‟accezione particolarmente ampia, comprensiva
di qualsiasi ente che eserciti un‟ “attività economica”.
Muovendo da questi presupposti, si è affermato che, ai fini
degli artt. 81 e 82, TCE, le Federazioni calcistiche nazionali
debbono essere considerate come “associazioni di imprese”, dal
momento che ad esse aderiscono società calcistiche che, in quanto
professionistiche, svolgono attività economiche, e nel contempo si
configurano anche come “imprese”, in quanto svolgono
direttamente attività economica (ad es. esercizio dei diritti esclusivi
di diffusione a trasmissione delle manifestazioni sportive, diritti di
cui sono contitolari).
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Da questa premessa si è tratto il corollario che anche la FIFA
deve considerarsi (quantomeno) una “associazione di imprese”.
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La Fédération Internationale de Football Association (International Federation of
Association Football, Federazione Internazionale del Calcio), più nota con l‟acronimo FIFA, è
la federazione internazionale che governa lo sport del calcio. La sua sede si trova a Zurigo, in
Svizzera. L'attuale presidente è lo svizzero Joseph Blatter.
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Non si è poi esitato anche a definire il CIO come “impresa” e,
in seno al movimento olimpico, come associazione di associazioni
internazionali e nazionali di imprese.
La qualità di impresa non è esclusa dalla circostanza che i
servizi forniti dall‟ente siano correlati ad attività sportive:
l‟indiscutibile importanza sociale dello sport non può, infatti,
indurre a trascurarne la dimensione economica.
Più lento e difficoltoso è stato invece il processo attraverso il
quale hanno acquistato rilevanza a livello comunitario i vari profili
non strettamente economici dell‟attività sportiva. Tali profili hanno
acquisito una importanza gradualmente crescente con la nascita
dell‟UE e la perdita, da parte della Comunità europea della
connotazione meramente economica.
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Sin dalla sentenza Bosman, la Corte di Giustizia ha invero
costantemente riconosciuto che l‟attività sportiva presenta una
notevole importanza sociale nella Comunità.
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Il Comitato Olimpico Internazionale, noto anche come CIO (dalle iniziali del nome originale
francese Comité International Olympique), è un'organizzazione non governativa creata da
Pierre de Coubertin nel 1894, per far rinascere i Giochi olimpici della Grecia antica attraverso
un evento sportivo quadriennale dove gli atleti di tutti i paesi potessero competere fra loro. Dal
2001 è presieduto dal belga Jacques Rogge.
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A livello politico, questa importanza ha cominciato ad essere
sottolineata anche dagli altri organi comunitari a partire dalla metà
degli anni ‟90.
3. Gli antecedenti del Libro bianco sullo sport
Il 2 ottobre 1997, in occasione della sottoscrizione del Trattato
di Amsterdam, con una dichiarazione, la conferenza
intergovernativa aveva “sottolineato la rilevanza sociale dello sport,
in particolare il ruolo che esso assume nel forgiare l‟identità e nel
ravvicinare le persone”.
9
Cfr. Corte giust., 15 dicembre 1995, c. 415/93, FI, 1996, IV, 1, con osservazioni di Bastianon,
Bosman, il calcio e il diritto comunitario, e Vidiri, Il caso Bosman e la circolazione dei
calciatori professionisti nell’ambito della Comunità europea. V. altresì Clarich, La sentenza
Bosman, verso il tramonto degli ordinamenti giuridici sportivi?, in Riv. It. Dir. Pubbl.
comunitario, 1996, 613 ss. In precedenza, v. sentenza 14 luglio 1976, causa 13/76, in Raccolta,
1976, 1333.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee, chiamata a pronunciarsi relativamente alla
compatibilità con la normativa comunitaria di alcune clausole previste nella disciplina sportiva,
ha affermato che l‟art. 48 del Trattato osta all‟applicazione di norme sportive secondo le quali
un calciatore cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola alla
società, può essere ingaggiato da una società calcistica di un altro Stato membro, solo se questa
ha versato alla società di provenienza un‟indennità di trasferimento o di promozione; sotto altro
profilo, con il citato art. 48 confliggerebbe, secondo la Corte, anche la disciplina che limita il
numero di calciatori professionisti cittadini degli Stati membri che possono essere schierati
dalle società sportive nelle competizioni organizzate dalle associazioni o federazioni nazionali
o internazionali.
Numerosi sono i motivi scaturenti dall‟esame di siffatta decisione: in primo luogo, essa
rafforza la netta distinzione tra sport professionistico e dilettantistico, almeno sotto il profilo
della disciplina applicabile, che solo nel primo caso è anche quella di ispirazione comunitaria.
Trova poi significativa conferma il principio secondo cui la disciplina posta da un ordinamento
confligge con un altro ordinamento, (nel caso di specie quello comunitario), allorché essa
determini la lesione di una situazione giuridica dal secondo tutelata e riconosciuta.
Infine, se deve notare che la prevalenza dell‟ordinamento comunitario prescinde dalla natura
pubblica o privata della fonte lesiva: la Corte ha infatti ribadito che l‟art. 48 del Trattato si
applica anche alla normativa emanata da associazioni sportive di natura non pubblicistica
(punti 82 e 87 della motivazione).
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Nel 1999, nel corso del Consiglio europeo di Helsinki, la
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Commissione presentò al Consiglio una Relazione nell‟ottica
della salvaguardia delle strutture sportive attuali e del
mantenimento della funzione sociale dello sport nel quadro
comunitario. La relazione indicava le vie da percorrere per
conciliare la dimensione economica dello sport con la sua
dimensione popolare, sociale, educativa e culturale.
Passo finale di questo processo è rappresentato dal Trattato di
Nizza del dicembre 2000, in cui venne adottata la Dichiarazione che
sancisce il principio generale in forza del quale la CE, pur non
disponendo di competenze dirette in questo settore, deve tener
conto delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport, al fine
di rispettare e promuovere l‟etica e la solidarietà necessarie a
preservarne il ruolo sociale. Punto cardine del processo è
rappresentato dalla tutela degli interessi morali ed economici degli
sportivi.
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La c.d. Relazione di Helsinki sullo sport.
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4. Il libro bianco sullo sport
Muovendo dalla constatazione che lo sport si trova, al giorno
d‟oggi, ad affrontare nuove sfide e nuovi rischi, strettamente
collegati con lo sviluppo imponente della sua dimensione
economica, la Commissione si propone dichiaratamente di
evidenziare come lo sport abbia un ruolo fondamentale nella società
europea e come possa offrire un contributo essenziale alla
realizzazione degli obiettivi strategici di prosperità e solidarietà
perseguiti dall‟Unione.
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I contenuti del Libro bianco sono stati pubblicamente
presentati e discussi nel corso di una conferenza organizzata dalla
Commissione e svoltasi a Bruxelles nell‟ottobre del 2007, alla quale
hanno preso parte esponenti e rappresentanti del movimento
sportivo e soprattutto della varie Federazioni sportive.
Quello presentato dalla Commissione CE, in realtà è un
pacchetto di documenti, composto da n documento di lavoro
intitolato “Unione europea e sport: background e contesto”, nel
quale sono riportati i materiali e i documenti sulla base dei quali è
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In COM (2007) 391, def. dell‟11 luglio 2007. Sul Libro bianco presentato dalla
Commissione si sono già pronunciati sia il Comitato economico e sociale, con un Parere
adottato ilo 16 gennaio 2008 (G.U.U.E., 17 giugno 2008, n. C 151), sia il Parlamento Europeo,
con una Risoluzione dell‟8 maggio 2008.
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stato redatto il Libro bianco e dal Piano d‟azione “Pierre de
Coubertin”, che contiene l‟elencazione delle varie iniziative e
attività concrete che la Commissione si riserva di assumere a
seguito della presentazione del Libro bianco.
Parte integrante e fondamentale è rappresentata inoltre dal
Libro bianco vero e proprio, che si concentra sul ruolo sociale, sulla
dimensione economica e sull‟organizzazione dello sport in Europa.
5. La dimensione economica e il ruolo sociale dello sport
Secondo un sondaggio condotto da euro barometro nel
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novembre del 2003, circa il 60% dei cittadini dell‟Unione europea
pratica regolarmente almeno uno sport, in modo autonomo ovvero
nell‟ambito di una delle circa 700.000 associazioni sportive
esistenti in Europa, le quali a loro volta fanno capo a associazioni e
federazioni.
Si tratta dunque di una attività che va tutelata e promossa
perché giova alla salute, presenta una significativa componente
educativa e formativa e può contribuire alla realizzazione di
importanti finalità sociali quali l‟integrazione, la parità di
12
Bruxelles, 21 novembre 2003. ec.europa.eu
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