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I requisiti necessari perché una immunotossina sia non solo
efficace, ma anche utilizzabile come potenziale farmaco nell’uomo
sono tre:
1- la capacità dell’anticorpo di discriminare tra cellule normali e
tumorali, e cioè la capacità di riconoscere molecole di superficie che
siano il più possibile “tipiche” delle cellule tumorali (antigeni
tumorali)
2- l’efficienza della tossina nell’indurre la morte della cellula
bersaglio
3- la capacità del costrutto intero, l’immunotossina, di essere
tollerato dal sistema immunitario dell’uomo.
Numerose tossine isolate da piante o batteri sono state utilizzate
per la costruzione di immunotossine. Tra queste la ricina, la
esotossina A e la tossina difterica ( 1) sono state fuse ad una porzione
anticorpale per produrre immunotossine, con le quali si sono ottenuti
risultati molto promettenti sia in vitro, su cellule tumorali, che in
vivo, su animali da laboratorio.
Nonostante ciò queste immunotossine non hanno una possibile
applicazione clinica (22) in quanto, essendo costituite da proteine
batteriche o isolate da piante, sono risultate fortemente
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immunogeniche per l’uomo. Inoltre non sempre la loro specificità di
bersaglio è soddisfacente a causa della tossicità delle tossine su
cellule di altri tessuti.
Con la tecnologia del DNA ricombinante si è tentato di ottenere
immunotossine più potenti, meno immunogeniche e di dimensioni
più ridotte.
Per esempio la esotossina A da Pseudomonas è stata
geneticamente alterata nella porzione N-terminale, responsabile del
legame alla superficie cellulare, per rendere la tossina più efficiente
(2); la sequenza C-terminale della stessa tossina (REDLK) è stata
sostituita con la sequenza KDEL, una sequenza consenso per la
ritenzione nel reticolo endoplasmatico che, facilitando l’ingresso
della proteina in questo compartimento cellulare, ne aumenta
l’azione tossica.
Inoltre la sostituzione dell’intero anticorpo con un frammento di
esso che contiene le regioni responsabili del riconoscimento
dell’antigene (le regioni variabili), ha grandemente semplificato la
strategia di costruzione delle immunotossine, portando inoltre ad una
significativa riduzione delle loro dimensioni, ad una maggiore
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permeazione dei tessuti, con un grosso guadagno per le future
applicazioni cliniche.
In Figura 1 è riportata schematicamente la struttura del
frammento anticorpale contenente la regione variabile della catena
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Figura 1. La struttura di un frammento sFv contenente le
regioni V
H
e V
L
di un sito legante dell’anticorpo.
9
pesante (V
H
) legata mediante un oligopeptide di collegamento alla
regione variabile della catena leggera (V
L
). In tale modo i due domini
che nell’anticorpo costituiscono uno dei due siti di legame per
l’antigene vengono a trovarsi collegati in un unico frammento
peptidico, anzichè appartenere a due catene proteiche distinte, la
catena pesante e quella leggera. A tale frammento a singola catena è
stato dato il nome di sFv (o scFv).
Una classe di tossine che è stata usata con successo per la
costruzione di immunotossine è quella delle ribotossine, o proteine
che inattivano i ribosomi. Queste proteine sono ribonucleasi, come la
α-sarcina, la mitogillina, e la restrictocina prodotte da ceppi
differenti del fungo Aspergillus (3). Sono potenti inibitori del sistema
di traduzione delle proteine perché producono il taglio di un singolo
legame fosfodiestereo dell’RNA ribosomale 28S.
Le ribotossine sebbene siano capaci di inattivare i ribosomi di
tutti gli organismi compreso l’uomo, non riconoscono recettori sulla
superficie cellulare, e per manifestare la loro potente citotossicità
devono essere introdotte artificialmente nelle cellule, come è stato
fatto per l’α-sarcina, introdotta per microiniezione nelle uova di
Xenopus laevis.
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Immunotossine costruite a partire da ribotossine hanno dato
risultati interessanti su diverse linee cellulari tumorali. Tra queste
immunotossine sembra particolarmente interessante quella costruita
da Rathore e Batra (3), utilizzando come porzione tossica la
restrictocina, una ribotossina isolata dal fungo Aspergillus restrictus,
e come porzione anticorpale la porzione sFv dell’anticorpo diretto
contro il recettore umano della trasferrina, un recettore identificato
come antigene tumorale perché espresso ad alti livelli sulla superficie
di cellule tumorali. L’attività della immunotossina è stata saggiata su
numerose linee cellulari umane sia tumorali che normali. Si è trovato
che l’inibizione della sintesi proteica indotta da tale costrutto si
verifica solo per le cellule tumorali, ma non per quelle normali.
Un’altra ribotossina, la clavina, presente nel fungo Aspergillus
clavatus è stata legata chimicamente all’anticorpo monoclonale
MgR6 (4) che riconosce il dominio extracellulare del recettore
ErbB2. Tale recettore è un antigene tumorale espresso ad alti livelli
in numerosi adenocarcinomi umani, come quello della mammella,
dell’ovaio, dello stomaco e del polmone. Si è dimostrato che la sua
presenza è sempre associata con una fase più aggressiva della
crescita tumorale. Pertanto la sua espressione in cellule tumorali e la
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sua accessibilità extracellulare fanno del recettore ErbB2 un
bersaglio molto promettente per la terapia dei tumori.
Risultati positivi sono stati ottenuti con questa immunotossina
saggiata su una linea cellulare da adenocarcinoma mammario, la
linea SKBR3, cellule ErbB2 positive. Infatti l’immunotossina è
risultata letale per le cellule anche a una concentrazione molto bassa
(10
-9
M)
Sulla base di questi risultati positivi, D’Alatri et al. (5) hanno
costruito, mediante le tecniche del DNA ricombinante, un’altra
versione della immunotossina descritta precedentemente in cui la
porzione anticorpale è costituita dalla porzione sFv dell’anticorpo
MgR6 anti-recettore ErbB2, piuttosto che dall’intero anticorpo.
Questa nuova versione dell’immunotossina, avendo rispetto al
coniugato chimico il vantaggio di una più piccola taglia, è
potenzialmente di maggiore interesse farmacologico per la probabile
maggiore facilità di penetrazione in una massa tumorale, prechè
potrebbe avere una più rapida distribuzione in vivo e una vita media
più lunga.
Si è dimostrato che questa immunotossina è capace di
riconoscere specificamente il recettore ErbB2 presente sulle cellule
12
SKBR3 (5), ma non viene internalizzata nelle cellule. Tali risultati
possono essere spiegati ipotizzando che la presenza sul frammento
sFv di un solo sito di legame per l’antigene, piuttosto che due siti
come sull’anticorpo intero, non favorisce l’associazione in dimeri
delle molecole di recettore ErbB2, associazione richiesta per
l’internalizzazione (6).
Altri ricercatori Wels et al (7) sono invece riusciti ad ottenere
risultati soddisfacenti utilizzando una immunotossina costituita dalla
esotossina A legata a un frammento sFv di un altro anticorpo
monoclonale (FRP5) diretto contro lo stesso recettore ErbB2.
Esperimenti in vitro di legame tra l’antigene e l’anticorpo hanno
infatti dimostrato che tale costrutto ha azione citotossica per le
cellule in coltura in quanto ne inibisce la sintesi proteica; esperimenti
in vivo condotti su un tumore (carcinoma umano) indotto in topi, in
cui il sistema immunitario è stato inibito, hanno dimostrato una
significativa inibizione della crescita del tumore.
Deonarain e Epenetos (8) hanno invece utilizzato come porzione
tossica di una immunotossina la ribonucleasi seminale bovina (BS-
RNasi), isolata e caratterizzata nel nostro laboratorio (9). Tale
proteina è di per sé tossica per le cellule tumorali, come si è potuto
13
dimostrare sia in vitro sia in vivo (23). Gli autori hanno preparato una
serie di costrutti contenenti la BS-RNasi legata al frammento sFv di
un anticorpo diretto contro la fosfatasi alcalina, un altro antigene
tumorale. Questi costrutti differiscono tra loro poiché presentano
regioni di diversa lunghezza tra l’sFv e sono dotati o non della
sequenza KDEL.
Questi risultati indicano che le immunotossine, in cui la porzione
tossica è costituita da una ribonucleasi, che verranno d’ora in poi
indicate come immunoRNasi, rappresentano un’arma efficace contro
le cellule maligne.
Come si è detto precedentemente, un problema cruciale per
l’utilizzo delle immunotossine come farmaci anti-cancro nell’uomo è
la loro immunogenicità. Poiché infatti la porzione anticorpale deriva
in genere da anticorpi monoclonali prodotti da ibridomi di topo, e la
porzione tossica della maggiore parte delle immunotossine deriva da
organismi diversi batteri, funghi o piante, il costrutto chimerico
evoca con ogni probabilità una risposta immunitaria nell’uomo.
Per questo motivo Rybak e altri ricercatori hanno costruito una
serie di immunoRNasi in cui la porzione tossica è costituita da una
ribonucleasi di origine umana e quella anticorpale è costituita dalla
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porzione sFv di un anticorpo murino. Le ribonucleasi umane
utilizzate sono state l’angiogenina (10), l’EDN (eosinophil-derived
neurotoxin) (11) e la HP-RNasi, la ribonucleasi pancreatica umana
(12). Gli stessi autori hanno costruito diverse versioni della
immunotossina contenente l’angiogenina (10) e hanno dimostrato
che la versione in cui il segmento che connette il frammento V
H
a
quello V
L
è costituito da una sequenza di 15 residui (GGGGS)
3,
ed in
cui è presente inoltre un tratto spaziatore, interposto tra il frammento
sFv e la ribonucleasi, è quella più affine al recettore e più potente
come agente citotossico.
Ciò nonostante si è dimostrato che i costrutti con l’EDN e
l’angiogenina legati all’anticorpo contro il recettore per la trasferrina
causano effetti collaterali negli animali trattati che potrebbero
compromettere l’uso di queste immunotossine. È stata anche
costruita una nuova immnunoRNasi in cui il frammento sFv
dell’anticorpo diretto contro il recettore della trasferrina è stato
legato alla ribonucleasi pancreatica umana HP-RNasi (12). Si può
presumere che tale ribonucleasi, di per sé non tossica essendo di
origine umana, se somministrata all’uomo non induca una risposta
immunitaria. Inoltre se coniugata con un anticorpo che riconosce
15
selettivamente le cellule tumorali, essa può diventare una potente
citotossina per le cellule che esprimono il recettore. Infatti si è
dimostrato che tale immunoRNasi sFv è in grado di inibire la sintesi
proteica in diverse linee cellulari umane derivate da melanoma,
carcinoma renale e da quello mammario, anche utilizzando
concentrazioni molto basse di immunoRNasi.
Scopo della tesi.
Sulla base dei risultati positivi ottenuti con le immunoRNasi si è
pensato di costruire una immunoRNasi contenente la ribonucleasi
pancreatica umana (HP-RNasi ) e il frammento sFv dell’anticorpo
monoclonale MgR6 (5) diretto contro il recettore ErbB2. Tale
costrutto infatti può essere di grande interesse farmacologico per la
presenza di una proteina di origine umana che svolge la funzione di
tossina e di un anticorpo molto selettivo per le cellule tumorali
derivanti da adenocarcinomi, in particolare quelli della mammella.
Scopo di questa tesi è quindi la costruzione, espressione e
caratterizzazione di una immunoRNasi, indicata con la sigla sFvM-
L15-HP, sulla base delle entità che lo compongono: la porzione
anticorpale derivante dall’anticorpo MgR6 (M), la ribonucleasi HP-
RNasi (HP), la regione spaziatrice interposta tra la tossina e
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l’anticorpo, lunga 15 residui (L15). Questo lavoro di tesi si propone
inoltre di affrontare il problema di una efficiente internalizzazione
del costrutto in cellule tumorali che esprimono il recettore ErbB2.
Infatti, come si è detto, l’internalizzazione dell’anticorpo è mediata
da un evento di dimerizzazione del recettore, evento che è reso
possibile dalla presenza di due siti di legame per l’antigene sulla
molecola dell’immunoglobulina, i quali, riconoscendo ciascuno una
molecola di recettore, favoriscono l’aggregazione di due molecole in
una struttura dimerica. Poiché il frammento sFv presenta un solo sito
di legame per l’antigene, si è pensato di ingegnerizzare la
immunoRNasi, in modo tale che presenti due siti combinatori per
l’antigene.
Questo è possibile quando l’oligopeptide che connette la regione
variabile della catena pesante con quella della catena leggera è
sufficientemente corto da non permettere l’appaiamento
intramolecolare delle stesse (vedi Figura 1 ), (13) e da indurre invece
l’appaiamento intermolecolare tra due diversi sFv. Il risultato
dell’appaiamento forzato tra porzioni anticorpali di due molecole
diverse porta alla formazione di “diabodies” ovvero di frammenti
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anticorpali bivalenti, cioè dotati di un doppio sito di riconoscimento
per l’antigene (14).
Pertanto lo scopo di questa tesi è duplice:la costruzione della
immunoRNasi sFvM-L15-HP, la sua espressione, l’isolamento e la
caratterizzazione, nonché la costruzione di una sua variante in cui il
segmento congiungente le regioni V
H
e
V
L
è accorciato da 15 residui
amminoacidici, a 5 residui. Tale variante è stata chiamata sFvM-L5-
HP.