8
Si pone così il problema dell’interpretazione che riguarda non solo il piano
dell’osservazione ma anche quello della rappresentazione attraverso il
linguaggio, o meglio della ri-presentazione, fonte di malintesi soprattutto tra
culture diverse.
Nella seconda parte viene sviluppato questo concetto, impiegando il metodo
costruttivista nell’ambito delle relazioni internazionali.
Dopo aver messo in luce la posizione mediana che occupa il Costruttivismo tra
il Razionalismo, con il suo impianto metodologico neo-utilitarista, ed il
Reflectivism, con il suo approccio puramente interpretativo, abbiamo illustrato i
campi di applicazione di questo nuovo approccio.
Infine nell’ultima parte abbiamo cercato di considerare come si osservano gli
eventi internazionali secondo la prospettiva costruttivista: abbiamo cioè messo
in primo piano più che la distribuzione del potere e i rapporti che ne derivano, le
percezioni e le interpretazioni dei protagonisti che si muovono nello scenario
internazionale. Naturalmente senza alcuna pretesa
di fornire una spiegazione esaustiva.
In particolare abbiamo proposto l’analisi delle modalità attraverso cui i leaders
ed i Mass Media hanno modellato la percezione e le aspettative della
popolazione americana e araba, in merito alla guerra in Iraq del 2003, e
abbiamo tratto le nostre conclusioni riguardo ai vantaggi/svantaggi che presenta
l’ adozione di un approccio costruttivista nella spiegazione della realtà.
9
LE RADICI DEL COSTRUTTIVISMO
I. DALLA PSICOLOGIA SPERIMENTALE ALLE RIVOLUZIONI COGNITIVE
La psicologia sperimentale tradizionale era basata su due assunti
1
.
In primo luogo si rifaceva ad una teoria filosofica della scienza ormai datata:
venivano considerati “buoni” per la ricerca quei soggetti che mostravano
regolarità nelle “risposte” che fornivano in relazione ad una serie del tutto
ristretta di condizioni antecedenti definibili.
In secondo luogo essa rimandava ad una tesi metafisica sugli esseri umani che
risaliva a Cartesio per cui esisteva una dicotomia tra mente e corpo.
Il corpo, con i suoi meccanismi chimici, meccanici ed elettrici, era composto di
sostanza fisica; la mente con i suoi pensieri, sentimenti, immagini, di sostanze
mentali.
La vita mentale era “interiore”; il comportamento era ”esterno”, ne conseguiva
che la mente non veniva considerata una fonte di dati accessibili per una
scienza dell’azione umana
2
.
Il primo modello empirico che rifletteva questa logica venne proposto da John
Watson
3
. In esso, poi ribattezzato modello S-R, gli stimoli e le riposte si
1
Harré, R. e Gillet, G. (1994) The discorsive mind, London, Sage, tr.it La mente discorsiva,
Milano, Raffaello Cortina, 1996.
2
Harré, R. e Gillet, G. (1994) The discorsive mind, London, Sage, tr.it La mente discorsiva,
Milano, Raffaello Cortina, 1996.
10
immaginavano collegati da rapporti causali diretti. In base al principio di
reciprocità, ogni stimolo provocava una risposta ed ogni risposta aveva il suo
stimolo specifico.
Fu ben presto evidente che tra le classi di fenomeni che interessavano lo
psicologo era assai raro trovare relazioni che seguissero il modello S-R così
rigidamente inteso da Watson. Se si escludono alcuni riflessi fisiologici semplici,
descrivibili nei termini dell'arco riflesso, nessun altro fenomeno sembra lasciarsi
descrivere da un modello causale ad una via. La semplificazione proposta da
Watson, molto utile nelle ricerche di laboratorio in cui è possibile tenere ferme
tutte le variabili in modo da lasciarne agire una sola, risultò incapace di
previsioni nei confronti dei
comportamenti quotidiani che appaiono dipendere non da una sola causa ma
da un insieme di cause.
Risultò quindi di vitale importanza comprendere non solo le condizioni esterne
ma piuttosto come tali condizioni venissero interpretate e comprese dal
soggetto.
Con la prima “rivoluzione cognitiva” Bruner
4
(1973), Miller e Johnson-Laird
5
(1976) svilupparono il principio del “rule following”, del seguire le regole: così
come i meccanismi naturali seguono le leggi della natura, la mente umana
fornisce delle regole che in qualche modo vengono rispettate.
3
John B. Watson, ‘Psychology as the Behaviorist Views It’, Psychological Review 20 (1913):
163.
4
Bruner, G. (1973), Going Beyond the information given, New York, Norton.
5
Miller, G. e Johnson-Laird, P.N. (1976), Language and perception, Cambridge, The MIT Press.
11
Contrariamente a quanto sostenuto da Watson, i comportamenti non sono
direttamente innescati dagli stimoli, ma dipendono da "fattori" di tipo centrale,
veri responsabili delle risposte. Si cominciò a considerare che i diversi
comportamenti potessero essere controllati da un unico fattore e che la
comparsa dell'uno e dell'altro comportamento dipendesse dalla disposizione di
questo fattore.
Questo modo di pensare condusse tra il 1930 e al 1960, alcuni ricercatori, cui è
stato dato il nome di Neo-Comportamentisti, alla conclusione che gli stimoli e le
risposte fossero mediate da una terza classe di eventi di carattere fisio-
psicologico, non direttamente osservabile ma ricavabile dall'analisi delle
relazioni funzionali tra gli stimoli e le risposte. Ecco allora lo svilupparsi del
modello S-O-R, in cui la “O” stava ad indicare i processi che, pur non
direttamente osservabili, si supponeva funzionassero da intermediari tra gli
stimoli e le risposte.
Rimaneva da capire quale fosse il modo di comportarsi di “O” tale da
determinare risposte differenti.
Le ricerche della Gestalt Psychologie (Psicologia della Forma) contribuirono in
maniera determinante alla soluzione di questo problema.
I Gestaltisti, un gruppo di psicologi di Berlino, si chiesero in che modo l'uomo
percepisse la realtà e se queste percezioni corrispondessero alla realtà o ne
fossero indipendenti. Questo gruppo giunse alla conclusione che le percezioni
che l'uomo ha sono diverse dalla realtà esterna
6
.
6
Brown, Roger, (1965), Social psychology, New York, The Free Press, tr.it Psicologia sociale,
Torino, Einaudi, 1980.
12
Questa affermazione si comprende se si pensa a come, qualità particolari come
il colore, non dipendano dall'oggetto in sé, ma dalla relazione che esso ha con il
contesto e con chi guarda.
Ad esempio un cartoncino grigio apparirà più scuro se posto sopra un foglio
bianco, più chiaro se posto sopra un foglio nero. Queste qualità, che non
appartengono allo stimolo, sono chiamate "formali".
“Le nostre percezioni, anziché dipendere dagli stimoli e limitarsi a registrarli,
mostrano un'originale tendenza alla strutturazione figurativa delle situazioni”.
Così il mondo che noi conosciamo, il mondo dei fenomeni, non rispetta le
regole del mondo esterno, poiché la nostra mente aggiunge o crea situazioni
percettive originali. Il lavoro dei Gestaltisti si concentrò sulla ricerca delle leggi
psichiche che regolano e organizzano le percezioni. Il modello da loro utilizzato
fu detto "fenomenologico" perché si proponeva di prendere in considerazione
l'esperienza psichica così come essa appare (fenomeno), indipendentemente
da quello che è possibile sapere sulla realtà esterna e sul modo in cui si
comportano gli organi sensitivi.
La proposta dei Gestaltisti fu fieramente avversata dai Comportamentisti, che
però verso la fine degli anni Quaranta proposero di interpretare il
funzionamento della mente in analogia a quello del cervello, di utilizzare cioè un
modello neurale. Il desiderio di comprendere il funzionamento della mente, vista
ora come trasformatrice di una attività in un'altra, aprì la via ad una diversa
13
modalità di ricerca che fu detta Cognitivismo, termine coniato da Ulric Neisser
7
nel 1967. Risposte e tempi di reazione continuano ad essere rilevati e misurati,
ma l'oggetto non è più una formula o una legge che descrive la relazione che
essi hanno con gli stimoli: l'oggetto diventa direttamente la mente. All'interno di
un assunto generale, che rimane quello di un sistema S-R, i modelli cognitivisti
tentano di immaginare come funzioni una mente che media stimoli e li traduce
in risposte.
Il passo successivo fu reinterpretare la prima “rivoluzione cognitiva” nella
versione fornita dall’intelligenza artificiale. Il cervello è un “hardware” e come
tale “esegue i programmi”. La "O" del modello neocomportamentista, poteva
essere sostituita da un elaboratore elettronico, e lo studio del funzionamento di
questo modello poteva sostituire lo studio del funzionamento della mente.
Nacque, su questi presupposti la teoria dell'Uomo Elaboratore di Informazioni, o
Human Information Processing (HIP); teoria che considerando la mente un
elaboratore di segni, ricercava un apparato elaboratore di segni in grado di
eseguire i compiti e le funzioni che la mente effettua.
Alcuni psicologi e neurofisiologi, appropriatisi dei concetti della tecnica
cibernetica, cominciarono a spiegare determinati comportamenti degli organismi
viventi in termini di servomeccanismi e omeostasi (mantenendo sempre il
distacco assoluto fra lo scienzato-osservatore e l'oggetto osservato, l'oggetto da
spiegare) per mostrare che essi sono in grado di sostituirsi all’uomo nella fase
di controllo. Alla base di quest’analisi sta il concetto di “retroazione” (feedback),
7
Neisser, U. (1967), Cognitive psychology, New York, Appleton-Century-Crofts, tr.it. Psicologia
cognitivista, Firenze, Martello-Giunti, 1976.
14
che permette al sistema di auto-regolarsi
8
. Il convettore termico è forse
l'esempio più noto: si fa registrare all’apparecchio una specifica temperatura
limite e, se tutto funziona correttamente (incluso l'impianto di raffreddamento), il
termostato fa sì che, nell'ambiente controllato, la temperatura non superi il
valore indicato. La macchina, in altre parole, è in grado di analizzare le proprie
prestazioni in uscita e di confrontarle con quelle
in entrata, ed è capace di appianare autonomamente eventuali differenze
(questa autoregolazione viene detta omeostasi). Il fattore-effetto nel secondo
sistema conferisce una parvenza teleologica all’attività del fattore-causa del
primo. Non è però il termostato a scegliere l'aspetto da controllare né il valore
da mantenere. Questa scelta viene fatta da un agente esterno!
Dallo studio della scatola nera, intesa come processore di input e output, nel
contesto della “prima cibernetica”, si passò alla “cibernetica del secondo
ordine”, in cui l’osservatore entra nel sistema fissando i propri obiettivi.
La conoscenza non è una rappresentazione del mondo esterno, fatta di
informazioni asportate dal mondo reale, ma deve essere una costruzione
interna che si serve del materiale interno che ha a disposizione.
Partendo da ricerche neurofisiologiche nel campo della percezione visiva negli
anfibi, Humberto Maturana
9
dimostrò che ciò che un osservatore categorizza
per esempio come “l'insetto che viene mangiato da una rana con un salto”, non
è per la rana che una combinazione d’impulsi elettrochimici della cui origine la
rana non può sapere nulla.
8
M.L.Dalla Chiara, G. Toraldo di Francia : Introduzione alla filosofia della scienza, ed. Laterza.
9
Maturana H., Uribe G., Frenck S. (1968) A biological theory of relativistic colour coding in the
primate retina, Archivos de Biologia y Medicina Experimentales, suppl.1, Santiago, Cile.
15
La psicologia acquisiva carattere scientifico: le sue teorie consistevano in
ipotesi sui meccanismi di elaborazione dell’informazione da cui si potevano
trarre predizioni che descrivevano il comportamento.
Tuttavia, in questa prospettiva, i sistemi erano concepiti come operativamente
chiusi ed autonomi.
Inoltre l'analogia uomo-macchina era artificiosa, in quanto trascurava l'elemento
che maggiormente distingue i due termini l'uno dall'altro: la creatività. Si
criticava soprattutto l'abitudine dei Cognitivisti di chiudersi nei loro laboratori,
divenendo sordi ad ogni influenza sociale, fedeli ad una metodologia incapace
di prendere in considerazione le variabili ambientali entro le quali l'uomo e la
sua mente vivono. Gli stimoli che i Cognitivisti usavano nei propri esperimenti
erano volutamente isolati da ogni contesto e assunti come aventi in sé
significato conchiuso. Ciò garantiva una maggiore oggettività nella ricerca, i cui
risultati non potevano in alcun modo essere imputati al caso. Ma si dimenticava
che l'uomo vive sempre immerso nel proprio ambiente e da esso è
condizionato.
Questa concezione venne quindi superata con la “seconda rivoluzione
cognitiva”: non è sufficiente osservare un individuo come un meccanismo
complesso, provvisto di ingranaggi, che risponde in determinati modi, ma
occorre calarsi all’interno delle forme di vita e delle norme, convenzioni e regole
in cui l’attività dell’individuo ha preso forma.
16
L’individuo è un sistema coerente in grado di filtrare la realtà, strutturato
attraverso costrutti
10
, sistemi di credenze, che lo pongono in un contesto di
scopi, intenzioni, piani e strategie.
II. L’ATTIVITA’ COSTRUTTRICE: LA NASCITA DEL COSTRUTTIVISMO.
Un ulteriore passo avanti venne compiuto quando ci si rese conto che la
conoscenza non ha per oggetto la realtà quale essa è, quanto, piuttosto, la
realtà come appare ad un osservatore che la esamina operando specifiche
distinzioni. Egli può, infatti, selezionare solo alcuni aspetti del mondo reale,
dipendenti dalla sua interazione con essa. Ciò rende illusoria l'oggettività del
conoscere, e introduce una forma di conoscenza in cui l'osservatore viene
integrato nelle descrizioni che opera: in altre parole i concetti e le combinazioni
concettuali che adoperiamo per "maneggiare" il mondo della nostra esperienza,
cioè il mondo in cui viviamo, sono il risultato della nostra attività costruttiva.
Da un punto di vista filosofico, il primo cenno ad una considerazione di questo
genere è presente, secondo Ernst Von Glasersfeld
11
, nel pensiero di Juan
Caramuel, architetto, matematico e filosofo del Seicento. Egli parla
esplicitamente di operazioni della mente e spiega fra l'altro che: "L'intelletto 'fa' i
numeri, non li 'trova'; considera diverse cose come distinte ciascuna in sé, e
come intenzionalmente unite dal pensiero."
10
Kelly lo definisce “un asse di riferimento, un criterio fondamentale di valutazione”, che può
essere “esplicitamente formulato o implicitamente agito, verbalmente espresso o totalmente
inarticolato, intellettivamente ragionato o vegetariamente sentito” (Kelly,1955).
11
Glasersfeld E. von, Il costruttivismo e le sue radici, www.oikos.org.
17
Ma il primo manifesto del Costruttivismo è considerato, senza dubbio, il trattato
del Settecento De antiquissima Italorum sapientia di Giambattista Vico
12
.
Invece della separazione fra la conoscenza strumentale della scienza e quella
“vera” e assoluta della religione, egli oppose le costruzioni razionali alla
sapienza poetica:
l'una costruita più o meno consapevolmente, l'altra frutto dell'intuizione e non
direttamente accessibile alla ragione.
Sulla scia di Vico, Jeremy Bentham
13
impiegò il termine “finzioni” per indicare
l’attività costruttiva e sottolineò il ruolo del linguaggio: “Alla lingua - e solo alla
lingua - le entità fittizie devono la loro esistenza”.
In ambito scientifico, invece, tre sono state le premesse che hanno dato origine
alla prospettiva costruttivista, nell'accezione 'forte' del termine: la “teoria dei
sistemi”, le neuroscienze ed, infine, le “teorie della complessità”
14
.
Per quel che riguarda il primo ambito, un ruolo centrale è stato svolto dal
concetto di 'sistema', ossia un complesso di elementi interagenti tra loro, dotato
di identità permanente.
Gli individui, considerati inizialmente “sistemi aperti” tout court, in
contrapposizione con i sistemi considerati chiusi, come quelli studiati dalla fisica
( von Bertalanffy
15
, 1968), sono in seguito stati definiti da Maturana e Varela
16
12
Vico, Giambattista, Dell’antichissima sapienza degli Italiani. Napoli: Stamperia dei Classici,
1858.
13
Bentham, Jeremy, Theory of Fictions, 1760-1814. London: Routledge & Kegan Paul, 1932.
14
Mannino, Gherardo, Introduzione all'approccio post-razionalista: l'epistemologia.
15
Von Bertalanffy L. (1968) Teoria dei sistemi, Mondadori, Milano, 1971.
18
come caratterizzati da una peculiare coesistenza di apertura e chiusura: sono
“chiusi a livello di organizzazione interna ma aperti a livello di struttura”, dato
che scambiano in continuazione materia ed energia con l'esterno
17
. I due
studiosi ricorrono all'esempio di un uomo sempre vissuto all'interno di un
sommergibile -senza aver mai visto il mondo esterno neanche tramite il
periscopio- e ipotizzano che, casualmente, si trovi in prossimità della
terraferma. Teniamo presente che quest’individuo non ha affatto un concetto di
“riva”: semplicemente vede una qualche lancetta che ruota in un certo verso
(noi diciamo che segnala che il fondo è più basso) e allora aziona una certa
leva (che noi vediamo provocare l'emersione del sommergibile):
agisce “proceduralmente” in un certo modo ma non sa che sta attuando una
manovra di “emersione”!
Questo concetto infatti non è necessario per una comprensione del
funzionamento in senso stretto del sommergibile e del pilota al suo interno, però
diventa
indispensabile quando un osservatore esterno vuole porre in relazione le
operazioni del marinaio con il comportamento del sommergibile nel suo
ambiente. (Maturana e Varela
18
, 1984)
Un'altra area di importanza fondamentale per lo sviluppo della prospettiva
16
Maturana H.R., Varela F.J. (1980) tr. it. Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia, 1985.
17
In Mannino, Gherardo, Introduzione all'approccio post-razionalista: l'epistemologia.
18
Maturana H., Varela F.(1984) tr. it. L'albero della conoscenza, Garzanti, 1987.
19
costruttivista è costituita dalle neuroscienze. Vari ricercatori hanno documentato
che esperienze interpersonali danno forma alle strutture e alle funzioni del
cervello: in particolare le emozioni sono in grado di influenzare profondamente
la regolazione della crescita dei circuiti cerebrali e il consolidamento dei sistemi
cognitivi. Ciò suggerisce l'esistenza di collegamenti fondamentali quanto
inaspettati tra questi ultimi, i neuroni, la vita individuale e la comunicazione
interpersonale.
Infine un contributo rilevante al Costruttivismo è stato dato dalle “teorie dei
sistemi complessi”, ossia quei sistemi il cui comportamento globale non appare
riducibile al comportamento delle singole componenti. Questa categoria,
applicata agli esseri umani, permette di comprendere in che modo i fenomeni
emergenti ai livelli di ordine superiore, come ad esempio la coscienza, possano
poi influenzare la dinamica di fenomeni che appartengono a livelli di ordine
inferiore . Di conseguenza, le convinzioni di un soggetto non si riferiscono
direttamente alla realtà esterna ma all'esperienza che questi ne fa: “si potrebbe
dire che se la nostra visione del mondo dipende da come siamo fatti noi,
certamente il modo in cui siamo fatti noi dipende da come è fatta la realtà”
(Mannino
19
).
19
Mannino G. Le basi scientifiche della versione 'forte' del costruttivismo, Quaderni di
Psicoterapia Cognitiva.
20
III. L’ANALISI DI SEXTON
Nel 1997 Sexton
20
, nella sua analisi storica sulla natura della conoscenza, ha
distinto tre fasi nella storia umana: la fase pre-moderna, quella moderna e la
post-moderna o costruttivista, e ha messo in evidenza come ciascuna di esse
sia stata caratterizzata da un diverso approccio ontologico che ha determinato
la reazione degli individui di fronte agli eventi e la dinamica della scelte e delle
soluzioni implementate.
Nell’età pre-moderna, dal sesto secolo Avanti Cristo fino al Medio Evo, un ruolo
centrale è svolto dalla fede e dalla religione; in quella moderna, dal
Rinascimento alla fine del diciannovesimo secolo, prevale l’empirismo, il
positivismo logico, l’identità tra verità obiettiva e validità degli assunti scientifici:
la conoscenza scientifica è quindi l’unica fonte per conoscere il mondo. Infine la
terza fase, ossia quella presente, è dominata dalla creazione, piuttosto che
dalla scoperta, delle realtà individuali e sociali. Il principio della validità (validity),
che indica la solidità e l'attendibilità di un'indagine, ossia una vera
corrispondenza tra mondo reale e conclusioni di una ricerca, è sostituito da
quello della viabilità (viability) degli assunti , intesa alla maniera darwiniana di
“selezione negativa”, vale a dire vengono eliminati tutti quegli elementi che non
servono o non funzionano, cosí che tutto ciò che rimane risulta "adatto",
percorribile. Gli studiosi si interessano a quel che l’uomo pensa ma anche a
come lo pensa e sottolineano l’importanza della partecipazione umana nella
20
Sexton, T. L. (1997). Constructivist thinking within the history of ideas: The challenge of a
new paradigm. In T. L. Sexton & B. L. Griffin (Eds.), Constructivist thinking in counseling
practice, research, and training (pp. 3-18). New York: Teachers College Press.
21
costruzione della conoscenza: la prospettiva dell’osservatore e dell’oggetto su
cui la sua attenzione si posa sono inseparabili; la natura del significato è
relativa; i fenomeni sono “context-based”, giudicabili in base al contesto in cui si
sviluppano, ed il processo della conoscenza e della comprensione è “sociale,
induttivo, ermeneutico e qualitativo” (Sexton, 1997). La realtà non può esser
considerata come qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto che ne fa
esperienza, perché è proprio l’osservatore che le dà un senso partecipando
attivamente alla sua costruzione.