INTRODUZIONE Nel gennaio del 2008 mi sono trasferito a Parigi per un periodo di studio di nove mesi
all'interno del progetto Erasmus e ho preso in affitto una stanza in Rue du Faubourg St
Denis, non lontano dalla Gare du Nord. È stata la permanenza casuale, prolungata e
quotidiana in quel quartiere a farmi conoscere per la prima volta le vicende della
popolazione tamil, il conflitto in Sri Lanka e le storie di migrazione che avevano portato
molti di loro a trasferirsi in Francia e, avrei scoperto col tempo, in molti altri paesi
sparsi nel mondo. Il tratto di strada che dalla stazione sale fino alla fermata di
metropolitana de La Chapelle chiude un quadrilatero di vie che nel corso degli ultimi
vent'anni sono diventate la 'Petit Jaffna' commerciale di Parigi, centro economico e
sociale della comunità tamil del paese (e non solo). Quel quartiere è divenuto, per tutto
il periodo del mio soggiorno francese, una fonte costante di domande, di stimoli e di
riflessioni che hanno accompagnato il mio percorso di studio anche successivamente,
facendosi quasi naturalmente punto di riferimento e confronto per tutte le tematiche di
cui mi trovavo ad occuparmi all'università. Tutti gli argomenti affrontati, dai processi di
migrazione internazionale, ai rapporti e alle relazioni interetniche, alle dinamiche di
antropologia urbana, al rapporto tra gli stati e la figura del rifugiato politico, o ancora le
dinamiche dei movimenti sociali nella globalizzazione, solo per fare degli esempi,
hanno trovato una concreta incarnazione attraverso il filtro dei processi culturali e
sociali della popolazione tamil emigrata dallo Sri Lanka che di volta in volta mi trovavo
a interrogare e indagare sulle singole questioni.
Nella letteratura antropologica sull'argomento ho da subito notato la centralità del
concetto di 'diaspora' usato per definire e descrivere la condizione dei tamil espatriati.
Basta pensare al titolo delle due principali monografie che, da diverse prospettive
nazionali, si sono occupate di studiare delle realtà sociali tamil: Tamil Asylum Diaspora:
Sri Lankan Migration, Settlement and Politics in Switzerland (McDowell 1996) e Life
on the outside. The Tamil Diaspora and Long distance Nationalism (Fuglerud 1999).
Prima ancora di decidere in maniera circoscritta l'oggetto della mia ricerca mi sono
quindi dedicato ad una ricognizione dei principali testi teorici che hanno affrontato la
diaspora come oggetto d'analisi o come strumento metodologico. Nella letteratura la
diaspora è vista spesso “in opposizione alle identità nazionali moderne diffuse e
prodotte dagli Stati-Nazione” (Mellino 2005 : 166) o comunque come una sorta di
4
grimaldello con cui scardinarne i confini e infrangere il dogma del rapporto
essenzializzato tra identità, territorio e cultura. Sulla spinta di qun certo entusiasmo
postcoloniale molti studiosi hanno elogiato la diaspora per questa sua presunta natura
oppositiva e come simbolo di un'avvenuta crisi del sistema politico globale basato sugli
stati-nazione, tanto da spingere Appadurai ad affermare con sicurezza di trovarsi in un
mondo postnazionale “in cui la diaspora è nell’ordine delle cose ed è sempre più
difficile individuare stili di vita pienamente sedentari” (Appadurai 2001 : 222).
Friedman ha mostrato tuttavia come approcci di questo tipo siano meno basati sulle
realtà sociali empiriche studiate che su dei desideri ideologici degli autori, membri
intellettuali di una specifica classe sociale , culturalmente egemone, che sente la
necessità di “lottare per generalizzare la loro particolare prospettiva sul mondo” (2008 :
184), quella cosmopolita. Questa prospettiva, nel condannare i confini geografici e i
localismi, compie per Friedman “un significativo travisamento della realtà, che
confonde la chiusura geografica con quella sociale” (Ivi :189) e non mostra come nei
fatti “l'attuale arena sociale di questi cosmopoliti sia limitata a un numero relativamente
ristretto di associazioni, club e scuole” (Ivi : 190) che li porta a produrre il locale come
'altro' e il sedentario come nemico. Riconoscendo implicitamente quest'aspetto, alcuni
approcci più cauti hanno cercato di indagare la natura storica e politica di ciò che si
considera come diaspora e il suo rapporto con i processi di formazione degli stati-
nazione. Essi hanno mostrato come spesso ci si trovasse di fronte a categorizzazioni
sociali tanto essenzializzanti quanto le più classiche concezioni di etnia, popolo o
nazione (Anderson 1998) e allo stesso tempo hanno denunciato l'abuso che nel corso di
pochi anni era stato fatto del termine, fino a svuotarlo di significato (Vertovec 1999;
Brubaker 2005). Se, come ho accennato, la letteratura sulle migrazioni dei tamil dello
Sri Lanka vedeva una centralità del concetto di diaspora, il caso tamil era invece quasi
sempre assente fra gli esempi della letteratura teorica sulla diaspora, dove invece
abbondavano i riferimenti agli ebrei, agli armeni, agli afro-americani, ai neri
d'Inghilterra, ai cinesi, perfino agli italiani o agli irlandesi negli Stati-Uniti.
Contemporaneamente al lavoro di ricerca bibliografica ho deciso di spostare la mia
attenzione da Parigi all'Italia e, più specificatamente, a Palermo dove risiede la comunità
più numerosa. Non esisteva infatti quasi niente di pubblicato sulla realtà tamil in Italia
1
,
1 Se non un testo di pedagogia di Giuseppe Burgio (2007), un articolo sulle associazioni srilankesi
presenti sul territorio di Henayaka-Lochbihler & Lambusta (2004) e l'inchiesta giornalistica di Bellu
(2004) sul naufragio di Portopalo
5
e mi sembrava un'opportunità per illuminare da una diversa prospettiva locale e
nazionale gli approcci incontrati sui libri.
Data la complessità e poliedricità del termine diaspora, prima ancora di voler capire se
si potesse parlare per i tamil di una tale dimensione, ero curioso di indagare se e come
loro facessero riferimento ad essa, nominandola o meno, praticandola o meno. Ero
curioso inoltre di vedere in che modo lo specifico contesto di insediamento, i regimi di
leggi sull'immigrazione e sull'integrazione, l'interazione con la società e la cultura locale
e infine la produzione di discorsi sui media nazionali e locali riguardo agli stranieri
intervenissero nella costituzione di questa dimensione di diaspora nel caso l'avessi
incontrata. In particolare, infine, mi interessava interrogare il campo politico che si
dimostrava essere fondamentale per lo specifico ruolo che le Tigri Tamil, l'esercito
secessionista che in Sri Lanka era impegnato nel conflitto contro il governo del paese,
esercitavano anche all'estero. Diversi articoli (Wayland 2004, Orjuela 2008; Smith
2008) si sono dedicati nello specifico ad analizzare il ruolo dei Comitati di
Coordinamento Tamil nel permettere all'LTTE (Tigri di Liberazione dell'Eelam Tamil)
di proseguire la loro lotta di indipendenza e da tutte le monografie incontrate emergeva
la centralità di queste istituzioni nel determinare le realtà sociali delle comunità tamil.
Nello specifico mi interessava capire in che modo le connessioni transnazionali di questi
organismi politici contribuissero a tessere dei legami non solo tra una specifica
comunità all'estero e il Tamil Eelam, ma anche tra le diverse comunità e come quindi si
costituissero come una base per quella dimensione di diaspora che sembrava emergere
dalla letteratura.
Mentre cercavo di focalizzare al meglio l'argomento di studio, tuttavia, molte cose sono
cambiate in Sri Lanka portando il conflitto a volgere al termine nel maggio 2009, con
una rovinosa sconfitta delle Tigri e una carneficina di civili nei territori tamil. Questo
importante cambiamento politico nell'isola non poteva che avere delle conseguenze
radicali anche all'estero, sia sulla popolazione che sulle strutture politiche dei Comitati,
che avrebbero poi condizionato in maniera decisiva la mia ricerca di tesi. Nemmeno un
mese dopo la fine della guerra infatti due distinti processi politici sono stati avviati fuori
dallo Sri Lanka attraverso le reti sociali ed economiche dei Comitati: il progetto di
costituzione di un Governo Transnazionale del Tamil Eelam e quello di una rete di
istituzioni nazionali, i Makkalavai , pensati per rappresentare i tamil nei paesi in cui
risiedono.
6
Quello che volevo indagare a livello sociale mi si è così presentato improvvisamente
davanti sotto forma di processi politici istituzionalizzati che assumevano la dimensione
di diaspora e i legami transnazionali come elementi fondativi e caratterizzanti.
È di questi progetti politici che mi occuperò nella tesi e, più in particolare, di come
entrambi - nonostante le diverse visioni politiche sulle modalità d'azione e sulla struttura
istituzionale necessaria - promuovano un discorso sull'identità tamil che cerca di
definire la popolazione emigrata come diaspora e di rappresentarla. O meglio, la tesi si
occuperà di indagare in che modo, nello specifico contesto italiano e soprattutto nelle
sue differenze interne, questi processi politici - e il discorso identitario a cui fanno
riferimento e che stanno contribuendo ad istituzionalizzare - interagiscano con la
struttura politico-culturale che le Tigri erano riuscite a costruire durante il ventennio
precedente e in che modo essi abbiano presa in maniera differenziale sulla popolazione
tamil che si presenta eterogenea da diversi punti di vista, non per ultimo quello
generazionale. L'Italia si offre in questo senso come un campo di ricerca privilegiato
poiché la popolazione tamil sul suo territorio si distribuisce in diversi centri che hanno
avuto una differente storia di immigrazione e le cui popolazioni presentano delle
interessanti differenze sia sociali che politiche che avranno riscontro in differenti visioni
sui processi istituzionali avviati.
Il Makkalavai e il TGTE sono due progetti politici che non si limitano a contendersi
reciprocamente l'eredità dell'LTTE e di Prabhakaran, ma che cercano di ridefinire
politicamente la popolazione che intendono rappresentare, nel momento stesso in cui
attuano una riconfigurazione dello spazio e della politica. Questo processo di
ridefinizione avviene attraverso la produzione di un discorso che trova espressione in
diversi media e nei documenti ufficiali che le due nascenti istituzioni hanno emesso.
Pratt (2003), parafrasando Anderson, ha sostenuto che quello che cercano di fare i
movimenti nazionalisti non è soltanto una lotta politica per il controllo di specifiche
comunità immaginate, ma è soprattutto un tentativo di determinare l'immaginazione di
comunità reali o potenziali. Per questo motivo è interessante confrontare il modo in cui
TGTE e Makkalavai cerchino di rappresentare la popolazione tamil come diaspora –
prima ancora che il modo in cui cerchino di imporsi come rappresentanti di questa
popolazione - con il modo in cui questa popolazione si immagina ed identifica
politicamente e culturalmente. Fuglerud, nel volume sopra citato (1999), partendo dal
contesto norvegese, mostra come all'interno della realtà sociali tamil si strutturino due
7
campi sociali paralleli in conflitto fra loro, definiti e circoscritti da due differenti
paradigmi discorsivi. Fuglerud definisce queste narrazioni come 'tradizionale' e
'rivoluzionaria' e spiega in che modo diversi attori sociali riescano a collocarsi in
maniera differente al loro interno per rivendicare l'autorità di parlare in nome della
comunità tamil, anche attraverso le capacità e le possibilità di imporre la propria
definizione di cosa significhi essere tamil. Sono due narrazioni che nascono in Sri
Lanka, che lì primariamente competono per affermarsi, e che tuttavia si ripresentano
anche in tutti i contesti di migrazione. Inserendomi in una linea di continuità con
l'approccio teorico di questo autore mi sono concentrato sull'analisi di una terza
narrazione, un terzo paradigma discorsivo, che ritengo si sia affermato nel corso
dell'ultimo decennio come conseguenza di diversi fattori: l'evolversi del conflitto armato
in Sri Lanka; il passaggio, dal punto di vista internazionale, da un contesto di guerra
fredda ad uno di lotta al terrorismo che ha ulteriormente delegittimato la posizione delle
lotte armate indipendentiste per la società civile globale; l'emergere di una nuova
generazione sulla scena politica, quella di chi è nato e cresciuto fuori dallo Sri Lanka da
famiglie tamil; o ancora l'affermarsi all'interno delle scienze sociali di un nuovo lessico
per definire le appartenenze culturali e politiche.
Ho ritenuto quindi opportuno cominciare la tesi riportando e affinando la ricognizione
teorica che l'aveva preceduta. Il primo capitolo si occuperà cioè di mostrare quali
problemi si presentino nel momento in cui si cerchi di approcciarsi all'oggetto sociale
diaspora attraverso gli strumenti teorici che sono nati per occuparsene. Mostrerò infatti
come il termine 'diaspora', improvvisamente uscito dal monopolio che il caso ebraico
deteneva su di esso 2
, si sia contemporaneamente affermato come concetto politico e
come concetto scientifico, generando delle problematiche per chi volesse occuparsene.
Seguendo in primo luogo la razionalizzazione di Vertovec (1999) in tre modi in cui si
può intendere la diaspora (forma culturale, tipo di coscienza, modo di produzione
culturale) mostrerò gli approcci di diversi autori sull'argomento. Cercherò quindi di
sottolineare cosa di queste diverse concezioni della diaspora sia stato assunto dai politici
tamil che hanno lavorato per il TGTE e per i Makkalavai o in cosa essi si riconoscano.
Accanto al concetto di diaspora mi sono concentrato su quello di transnazionale, tanto
poco diffuso nel linguaggio comune, quando ormai di moda in quello delle scienze
sociali. Il termine, che ha avuto una particolare fortuna nelle analisi di Nina Glick
2 Sarebbe interessante occuparsi di come qualcosa di analogo sia avvenuto con il termine genocidio 8
Schiller (2008), di Ralph Grillo (2000; 2006) e di Bruno Riccio (2000; 2007) , compare
nella definizione stessa del governo che si vuole dare al Tamil Ealam e viene usato
frequentemente per definire lo stile di vita e la realtà sociale dei tamil (dell'Eelam)
dovunque essi vivano. La definizione più classica di transnazionalismo insiste sulla
doppia presenza del migrante, sia nel contesto di emigrazione che in quello di
immigrazione, che gli permette di aggirare e superare i limiti imposti dai singoli contesti
giuridici, politici e sociali attraverso la costituzione di reti che si costituiscono in un
campo sociale autonomo che attraversa i confini degli Stati. Se si considera in questo
senso il campo sociale transnazionale, si può dire che vi sia stata ben presto una vera e
propria istituzionalizzazione di esso, per lo meno da un punto di vista politico,
attraverso i Comitati di Coordinamento Tamil che convogliavano in patria le risorse
della migrazione e allo stesso tempo si occupavano di creare e gestire le reti migratorie
stesse. Esso non è quindi un fenomeno nuovo 3
. In questa concezione di
transnazionalismo, anche dove si considerino più luoghi di migrazione, la patria resta il
centro, il punto di riferimento principale, il luogo in cui è necessario 'passare'. Tuttavia il
modo in cui oggi politici e intellettuali tamil concepiscono ed utilizzano il termine è
inscindibile dall'idea di diaspora di cui costituisce la vera e propria ossatura.
Transnazionale è lo stile di vita di chi vive in diaspora, transnazionali sono i rapporti
sociali, politici ed economici che ritiene significanti, transnazionale è la sua identità
ibrida, multipla, cosmopolita. In questo campo sociale transnazionale, si arriva a dire in
uno dei documenti (PTGTE 2010b), il Tamil Eelam è solo uno di poli delle relazioni e
non costituisce più un centro necessario. Ritengo importante accogliere questo aspetto
del transnazionalismo alla luce della distinzione di Glick Schiller (et al. 1992) tra modi
transnazionali di essere e modi transnazionali di appartenere. Secondo le studiose
americane infatti ad un agire sociale di tipo transnazionale non necessariamente
corrisponde un'identificazione culturale o politica con il campo in cui questo agire si
colloca. La distinzione è fondamentale nel momento in cui ci troviamo ad analizzare dei
processi istituzionali che fanno di questa identificazione il loro fulcro politico. La
comprensione delle due diverse sfumature del concetto di transnazionale, una più
concentrata su un asse binario luogo di residenza/luogo d'origine (che per molti diventa
un asse casa/casa) e una più concentrata sulla diaspora, è quindi importante per mostrare
3 Inoltre, di potrebbe aggiungere con Grillo, il transnazionalismo in questa sua forma non è qualcosa di
nuovo in generale:“il repubblicanesimo irlandese, il sionismo ebraico, la mafia italiana, sono tre
diversi esempi di come i migranti hanno intrattenuto legami sociali, economici e politici transnazionali
fin dal XIX secolo” (Grillo 2000 : 11)
9
come si stia producendo oggi un nuovo modo transnazionale di appartenere. Esso è
infatti diverso da quello promosso dalle Tigri: è basato su modi transnazionali di essere
che già esistevano è che il nazionalismo dell'LTTE nascondeva, mentre
contemporaneamente ne nega altri (quelli appunto orientati soltanto verso la patria) che
le Tigri invece ben rappresentavano.
Il secondo e il terzo capitolo della tesi si occuperanno di tracciare un percorso storico
che va dal'ascesa del nazionalismo tamil in Sri Lanka fino ad arrivare, dopo aver
parlato delle ragioni e delle modalità di emigrazione, al nazionalismo diasporico attuale.
Cercherò cioè di mostrare l'importanza delle istituzioni democratiche dello Stato post-
coloniale nella determinazione della separazione etnica sull'isola e del conflitto. In
particolare mi concentrerò quindi sulla lotta egemonica che le Tigri hanno combattuto (e
vinto) all'interno della sfera pubblica tamil, parallelamente alla lotta militare. É
necessario spiegare che i processi politici del TGTE e dei Makkalavai nascono da
personalità che erano parte integrante dell'LTTE, sia politicamente che militarmente, che
lavoravano nei CCT, ma che da anni vivevano all'estero. Si tratta di Pathmanathan, che
fino al 2002 e poi nuovamente dal 2008 era a capo della rete dei CCT (in tempo di
conflitto) e di Nediyavan, uomo di fiducia di Castro, che a sua volta era capo della rete
dei CCT tra il 2002 e il 2008 (in tempo di pace), di fatto le persone più in alto
gerarchicamente, dopo la morte di Prabhakaran 4
e della cerchia militare eliminata a
Mullivaikal 5
. I due diversi processi istituzionali nascono quindi da due contrapposte
fazioni, costituitesi anche su reti di clientele ed alleanze personali dei due leader, e che
si contendono oggi, oltre all'eredità della guida nella lotta politica, anche la possibilità di
gestire e controllare le numerose risorse locali, economiche oltre che sociali, che prima
erano centralizzate dalle Tigri e che ora si rischia di disperdere. Entrambe queste figure
sono però ben presto finite in secondo piano, ognuna per ragioni diverse. Pathmanathan
è stato arrestato nell'agosto del 2009, lasciando che il processo elettorale del TGTE
fosse gestito da Rudrakumaran, poi eletto presidente; Nediyavan, ricercato anche lui a
livello internazionale, ha lasciato ben presto le redini del progetto a chi già ne era la
voce, Jayachandran, editore di Tamilnet.com e, in secondo luogo, la struttura stessa dei
Makkalavai, più reticolare e priva di centralizzazione, lascia più spazio ad iniziative
locali e a conflitti interni sulla gestione stessa del processo. Informazioni più dettagliate
4 Villupillai Prabhakara è il fondatore e leader carismatico delll'LTTE che ha guidato il movimento per
tutto il corso del conflitto ed è ancora oggi la figura simbolica della lotta di indipendenza per il Tamil
Eelam 5 Luogo in cui si erano rifugiate le Tigri Tamil e dove sono state sconfitte il 18 maggio del 2009
10
sulle diverse personalità coinvolte, sulle dinamiche interne ai diversi progetti e sui
rapporti tra TGTE e Makkalavai saranno fornite nel terzo capitolo.
Grillo (2000) ha proposto sette tematiche su cui dovrebbero concentrarsi gli studi sul
transnazionalismo o sulle transmigrazioni, che riporto di seguito: 1) traiettorie presenti e
future delle migrazioni transnazionali; 2) rapporti tra le transmigrazioni e gli Stati-
Nazione; 3) analisi delle istituzioni e dei discorsi in conflitto; 4) impatti di contesti
locali specifici sul transnazionalismo; 5) natura eterogenea di pratiche transnazionali ed
identificazioni; 6) disaggregare la comunità transazionale; 7) osservare gli effetti delle
transmigrazioni. Questa tesi cerca in qualche modo di dare conto di alcuni di questi
aspetti, in particolare dal punto 2 al punto 6. Dopo aver presentato il discorso diasporico
e le istituzioni che lo rappresentano, i due ultimi capitoli, a carattere più prettamente
etnografico, si occuperanno quindi di mostrare due diverse questioni che ritengo
interessante affrontare. Il quarto capitolo riguarderà la realtà politica tamil di Palermo, il
processo elettorale, le pratiche politiche e le rappresentazioni che i neoeletti danno della
comunità locale, della diaspora tamil, dei rapporti tra diaspora e Sri Lanka e dei processi
politici stessi di cui fanno parte. Lungi dal trovarsi di fronte a dei rappresentanti
ideologicamente posizionati all'interno di questo nuovo paradigma di discorso di tipo
diasporico, mostrerò come Palermo e i suoi rappresentanti costituiscano una realtà
marginale e problematica rispetto all'immagine della diaspora che chi gestisce dall'alto i
movimenti potici (da Londra, da Oslo o da Toronto) vuole invece rappresentare come
omogenea. La partecipazione politica all'interno del Makkalavai a Palermo sarà letta
come il tentativo di utilizzare strategicamente e strumentalmente questa nuova
istituzione, venuti ormai meno i CCT, per cercare di mantenere viva la narrazione
'rivoluzionaria' e la prospettiva rivolta al Tamil Eelam che essa portava. Particolarmente
interessante sarà il confronto tra le riunioni del Makkalavai tenute a Palermo e quelle
tenute nel nord Italia. Il contesto settentrionale, apparentemente più aperto ad accogliere
il nuovo discorso diasporico, è ora il nuovo centro politico della realtà tamil italiana. La
partecipazione al nuovo processo politico e l'adesione alla sua narrazione identitaria,
oltre che al suo approccio istituzionale, così come la capacità di sfruttare le nuove reti
transnazionali saranno letti sia come la conseguenza di una diversa composizione
sociale della popolazione che come conseguenza di una diversa strutturazione delle
associazioni politiche tamil precedenti (una sede del CCT gerarchicamente inserita nella
rete transnazionale delle Tigri a sud e una serie di associazioni locali più libere a Nord)
11
in grado di reagire in maniera differente alla disfatta dell'LTTE.
Il quinto capitolo si concentrerà infine sulla generazione di tamil cresciuti in Italia e
cercherà di spiegare perché la narrazione diasporica può rivelarsi per loro una forte
risorsa di ridefinizione dell'identità, laddove le etichette di 'tamil' o 'italiano' non sono in
grado di renderne conto. L'analisi della partecipazione dei giovani a questi processi
politici cercherà di mantenere un equilibrio tra il mettere in luce da un lato il loro ruolo
come oggetto di discorso 6
- e come biglietto da visita che TGTE e Makkalavai scelgono
di spendere nella sfera pubblica internazionale – e, dall'altro, la ricerca del significato
che la dimensione di diaspora rappresenta per loro tanto da spingerli ad impegnarsi
attivamente in questi processi politici e farsi attori di cambiamento. “La loro attualità
risiede nella capacità di canalizzare dinamicamente nuove aspirazioni nell'orizzonte
culturale e, allo stesso tempo, di scuotere i vincoli comunitari, spesso mettendoli in
discussione” (Pellecchia 2009 : 159) e di questo fornirò un esempio attraverso un
conflitto, che troverà espressione all'interno del Makkalavai italiano, sull'identità e la
rappresentazione della donna tamil in quanto garante della cultura tamil 'autentica' (par.
5.6).
Il contesto italiano offrirà la possibilità di mostrare le potenzialità ed i limiti esistenti
nell'affermazione di un paradigma di discorso di tipo diasporico sulle altre narrazioni
che avevano (ed ancora hanno) la pretesa di definire l'identità tamil e in relazione ai
discorsi occidentali egemoni sulla politica, sulla cultura e sul loro rapporto. Quello che
Riccio ha mostrato riguardo i senegalesi da lui studiati (1999, in Grillo 2000), per cui “il
contesto di approdo gioca un ruolo cruciale nel permettere, limitare ed incanalare
l'organizzazione transnazionale” (Grillo 2000), è valido anche per i tamil e, nei limiti di
un'etnografia che non ha potuto collocarsi in più contesti nazionali, l'Italia si presenta
come un campo particolarmente ricco di spunti di analisi. I giovani in questo senso
saranno considerati quindi sia come attori di cambiamento sociale sia come parte della
lotta politica tra diversi paradigmi di discorso che pretendono di definire che cosa
significhi oggi essere tamil.
6 Questo elemento sarà affrontato anche nei par. 1.6 e 3.5
12
1 DIASPORA E TRANSNAZIONALE Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 concetti come quello di 'diaspora' e di
'transnazionalità' hanno iniziato ad entrare con sempre maggiore frequenza nei dibattiti
delle scienze sociali. I due concetti sono stati impiegati in relazione alle questioni
riguardanti le migrazioni, il nazionalismo e più in generale la società, la cultura e i
processi che le attraversano, guadagnando uno status definito da alcuni come “quasi
iconico” (Vimalarajah – Cheran 2010 : p. 7). La necessità di trovare nuovi strumenti
teorici in grado di spiegare fenomeni che venivano percepiti come assolutamente nuovi,
e ritenuti non descrivibili con gli strumenti disponibili, ha fatto sì che l'utilizzo di questi
termini si diffondesse rapidamente, spesso senza un'appropriata problematizzazione.
Parallelamente, e con una dinamica che sempre sussiste tra produzione di sapere ed
esercizio del potere, questi termini sono stati legittimati politicamente da diversi attori,
sia statali che non statali. Il concetto di 'diaspora' e quello di ' transnazionale' sono cioè
stati presi dalle scienze sociali, dove erano nati o dove erano stati rielaborati come
categorie analitiche per la comprensione del mondo sociale, e trasportati nell'esercizio
della politica e delle politiche per creare, definire, gestire e governare popolazioni,
popoli (o porzioni di essi), etnie o nazioni.
Tuttavia, il fatto che determinate persone intrattengano relazioni costanti che travalicano
i confini dello stato nazione non presuppone necessariamente che queste persone si
identifichino con queste relazioni a tal punto da definire se stessi come parte di una
comunità transnazionale né tanto meno di una diaspora. Nelle parole di Glick Schiller
(2004 ; Levitt – Glick Schiller 2007) a un 'modo transnazionale di essere' non
necessariamente coincide un 'modo transnazionale di appartenere' . Una cosa è
affermare che esistano una serie di pratiche e atti quotidiani che vengono agiti
nonostante e al di là dei confini politici degli Stati, altra cosa è rappresentare queste
pratiche e le relazioni che attorno ad esse si strutturano come base di un'identità che ha
in esse il suo carattere peculiare e fondante. Intendo quindi mostrare, attraverso
un'analisi del caso dei tamil in Italia, come i concetti di diaspora e di transnazionale
associati all'identità e all'appartenenza siano sempre il prodotto di progetti di
autorappresentazione politica e di specifiche narrazioni sul sé e sulla memoria, frutto di
una mobilitazione politica che viene giocata all'interno del campo sociale di riferimento.
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