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Naturalmente, la valutazione dell’impatto della programmazione strutturata rispetto
all’accrescimento delle capacità di astrazione, di generalizzazione e di apprendimento degli alunni è
tutta da documentare.
In particolare, i costi umani e finanziari dell’addestramento preventivo sul linguaggio di
programmazione e la mancanza di standardizzazione tra i vari linguaggi rappresentano in campo
educativo dei limiti oggettivi: da una parte si devono investire tempo e risorse finanziarie per
insegnare i rudimenti di un linguaggio agli studenti, con il rischio non marginale di escludere da
questo processo i ragazzi più deboli, e dall’altra c’è il rischio che, cambiando l’insegnante, si debba
ricominciare tutto da capo su un nuovo linguaggio.
Inoltre, da un punto di vista scolastico, si pone anche il problema della socializzazione e della
comunicazione rispetto alle quali l’impatto della programmazione è piuttosto debole: il carattere
sostanzialmente routinario dell’attività, oltre a frenare la creatività, limita oggettivamente la
necessità di collaborazione tra studenti. Infatti, siccome l’attività di programmazione varia
essenzialmente in funzione della tipologia di problemi, la costituzione di gruppi di lavoro è
giustificata, sotto il profilo tecnico, fondamentalmente dalla complessità delle relazioni tra i dati,
laddove tale complessità è assente, come è spesso il caso nelle applicazioni scolastiche, questa
attività è prevalentemente solitaria.
Infine, la sostanziale estraneità dell’attività di programmazione dalle specificità delle singole aree
disciplinari riduce lo spazio della comunicazione degli studenti. Tale spazio, invece, è
estremamente importante a livello scolastico: se infatti è vero, come diceva Boileau che “ce qui se
conçoit clairement, s’exprime aisément”, allora è importante far esprimere gli studenti per valutare
il loro grado di maturazione cognitiva.
Gli ostacoli principali all’introduzione sistematica dell’informatica nei curricula possono essere
raggruppati in tre poli di attrazione:
i) L’adeguamento alla società, che da una parte ha reso necessaria questa introduzione, ma
dall’altra ne ha determinato i costi finanziari.
ii) La gestione delle classi e dei singoli, ed in particolare il rischio che queste tecnologie
possano frenare lo sviluppo della socializzazione e delle capacità di comunicazione degli
studenti.
iii) Le sfide curricolari presentatesi a docenti educati, sia sul piano personale che professionale,
all’insegnamento di curricola tradizionali.
3
Negli ultimi anni, lo sviluppo di multimedia sempre più integrati alle tecnologie informatiche più
avanzate, e la diffusione di internet e del world wide web sono stati tra i principali fattori di
erosione di questi ostacoli:
i) In primo luogo, sulla rete si possono trovare software e risorse informatiche (per esempio
manuali di programmazione) gratuiti per una larga gamma di applicazioni. Inoltre la rete stessa
si fonda su una serie di standard, ed in particolare per quanto riguarda la programmazione
l’HTML, l’XML, Java e Javascript, che sono tra loro integrati, garantendo così nelle
applicazioni educative la continuità del percorso formativo.
ii) La struttura reticolare del web e dei multimedia consente, sia in fase autore che lettore, la
ripartizione del lavoro in gruppi.
iii) Gli ipertesti rappresentano, come suggerisco nel quarto capitolo di questa tesi, uno strumento di
aggiornamento dei docenti, anche rispetto all’uso dell’informatica nei curricola. Inoltre la
possibilità d’integrare tra loro prodotti multimediali, servizi della rete internet e tecniche
informatiche più all’avanguardia, come ad esempio quelle dell’Intelligenza Artificiale, consente
di sviluppare un quadro di addestramento ed aggiornamento professionale più flessibile ed
efficace sia per formare gli aspiranti insegnanti che per recuperare quelli in servizio, così come
dimostra il programma di formazione dell’intero corpo insegnante messo in piedi, grazie all’uso
di queste tecnologie, dal Governo inglese e di cui parlo nel primo capitolo.
In questo quadro, mi sono occupato di sperimentare con una classe di terza liceo classico di Roma
la costruzione di un ipertesto come strumento di chiusura di un itinerario d’apprendimento e di
consolidamento delle conoscenze degli studenti sullo studio delle funzioni.
Da questo lavoro ho tratto ispirazione per realizzare un ipertesto da sperimentare con gli insegnanti
ed i futuri docenti su varie modalità didattiche con le quali affrontare l’argomento relativo allo
studio delle funzioni.
In particolare, nel primo capitolo dopo un’introduzione storica sulla nascita dell’ipertestualità,
cercherò di mettere in luce alcune ragioni che giustificano l’introduzione di questo strumento nei
curricula, ed in particolare, riferendomi alle esperienze condotte negli ultimi anni, sottilinerò che la
sua struttura reticolare induce in fase di creazione ma anche di consultazione meccanismi simili a
quelli che soggiaciono all’apprendimento o persino al processo di astrazione.
Nel secondo capitolo illustrerò alcuni tra gli aspetti didattici più significativi dello studio delle
funzioni, ed in particolare quelli di natura storica ed epistemologica, il modo in cui questi sono
affrontati in classe e le difficoltà degli studenti a recepirli. Nella parte finale descriverò due esempi
4
di possibile integrazione dell’ipertestualità in analisi facendo emergere da questi alcune
caratteristiche generali che consentono di valutare positivamente l’uso di questi strumenti per
consolidare le conoscenze tematiche degli studenti.
Nel terzo capitolo, riporterò nella sua integrità l’esperienza, condotta con la classe di terza liceo, di
costruzione di un ipertesto sullo studio delle funzioni. Nella prima parte esporrò le caratteristiche
generali del progetto e le sue varie fasi: i preliminari (durante i quali è stata distribuita agli studenti
una dispensa storica, riportata all’inizio del primo capitolo, è stata fatta la ripartizione del lavoro in
gruppi e sono state richiamate alla memoria degli studenti le caratteristiche generali del software col
quale si è poi realizzato l’ipertesto), il lavoro dei gruppi e l’assemblaggio dell’ipertesto. Nella
seconda parte riporterò nella loro integrità le tre interviste cliniche a cui ho sottoposto un gruppo
rappresentativo della classe all’inizio, a metà e a fine progetto allo scopo di valutare l’eventuale
evoluzione dei singoli e della classe nel suo insieme a seguito della realizzazione dell’ipertesto.
L’analisi dei casi più interessanti a riguardo costituirà il corpo della quarta parte. L’ultima parte
conterrà invece una descrizione dettagliata dell’ipertesto, della sua struttura, del suo taglio
editoriale, del modo in cui i ragazzi hanno in esso affrontato i vari argomenti matematici.
Il quarto capitolo presenterà invece la descrizione dell’ipertesto, destinato a docenti e futuri docenti,
che ho realizzato a seguito delle riflessioni maturate durante il precedente progetto.
5
1.1 Premessa.
Introdurre nella scuola l’uso di nuove tecnologie costituisce sempre un’operazione tanto delicata
quanto inevitabile. Delicata perché rischia di minare un equilibrio spesso fragile dell’ecosistema
scolastico, inevitabile perché la scuola non può rimanere completamente separata dal mondo
esterno. La soluzione di buon senso spesso adoperata per far coesistere questa esigenza
contraddittoria dell’universo scolastico di essere contemporaneamente uguale ma diverso rispetto
alle altre realtà è quella della sperimentazione. D’altra parte, appare chiaro che più passa il tempo
più questa soluzione appare instabile: le innovazioni tecnologiche si configurano sempre più per il
loro elevato grado di complessità e, soprattutto per il ritmo vertiginoso col quale mutano e si
succedono le une alle altre. Ciò che era nuovo ieri comincerà ad essere sperimentato domani quando
sarà già considerato una vestigia del passato o addirittura un fossile sepolto nella memoria.
E’ la natura stessa del tempo ad essere diversa per gli uni e per gli altri: la tecnologia, lo sviluppo
del commercio richiedono di correre e produrre sempre più velocemente, la scuola deve insegnare a
riflettere e quindi se necessario a fermarsi. Gli uni devono cavalcare il tempo, l’altra deve
addomesticarlo.
E’ proprio per questo motivo e per il gran numero di strumenti tecnologici innovativi presenti sul
mercato che, a mio avviso, una sperimentazione, per così dire selvaggia, senza criterio,
all’inseguimento dell’ultima moda rappresenta un pericolo. Intanto perché disperde energie e
tempo preziosi in attività che un’analisi approfondita avrebbe potuto sconsigliare in quanto
infruttuose. Poi perché il caos generale risultante anche dal confronto tra gli integralisti
dell’innovazione e quelli della conservazione rischia di gettare in modo aleatorio ed arbitrario su
attività di sperimentazione di per sé molto diverse lo stesso tipo di discredito.
Nella speranza di portare un contributo alla prevenzione di questi fenomeni, ho condotto
un’indagine, una riflessione ed una prima sperimentazione, in merito ad una delle innovazioni
oggettivamente più rivoluzionarie nel campo della comunicazione degli ultimi anni: gli ipertesti.
Lo sviluppo di questo capitolo sarà precisamente centrato sull’analisi della natura di questo
strumento e sulla sua utilità in campo educativo.
A questo scopo, dopo una breve e sommaria riflessione sui rapporti tra l’evoluzione del sapere e gli
strumenti di comunicazione, illustrerò una prima serie di esperienze condotte in varie parti del
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mondo ed in vari ambiti disciplinari per fissare un primo insieme di elementi di riferimento
significativi.
Una seconda serie di esperienze servirà invece per confrontare la natura del processo di astrazione e
del processo di apprendimento con quella del processo di costruzione degli ipertesti anche per
valutare limiti e rischi di un uso scriteriato dello strumento ipertestuale. Infine, proporrò alcuni
possibili rimedi da adottare preventivamente per cercare di evitare l’insorgere di questi problemi.
Nel corso dell’elaborazione delle riflessioni ho avuto l’occasione di partecipare attivamente, ad un
esperienza didattica di costruzione di ipertesti per lo studio delle funzioni in una classe di terza liceo
classico. Il resoconto dettagliato del progetto e della sua realizzazione costituisce il corpo del terzo
capitolo.
Tuttavia, all’inizio di quella esperienza mi è stato chiesto, per illustrare agli studenti in modo
elaborato ma informale la storia e la natura dell’ipertesto, di produrre una dispensa che è stata
distribuita a tutta la classe, prima dell’inizio del lavoro vero e proprio.
Riporto la dispensa nella sua integrità, sia come documentazione del progetto che per inserire come
premessa di questo lavoro la ricostruzione delle principali fasi storiche che hanno condotto alla
nascita ed allo sviluppo dei moderni ipertesti e l’analisi delle caratteristiche principali di questi
oggetti.
La dispensa constava di due parti: la prima per gli studenti e l’insegnante, la seconda contenente
una nota aggiuntiva sui possibili usi scolastici della telematica che mirava ad offrire all’insegnante
ulteriori notizie.
1.1.1 La dispensa storica
Un po’ di storia (tanto per cominciare):
La parola ipertesto fece la sua comparsa nella metà degli anni sessanta, ma già
nell’immediato dopoguerra il Direttore dell’Ufficio per la ricerca e lo sviluppo
scientifico degli Stati Uniti, Vannevar Bush, immaginò il padre dei moderni
ipertesti: il Memex (Memory extender).
Si trattava di un marchingegno meccanico fondato su microfilm proiettati su
schermo e regolato da una tastiera con un insieme di leve, nel quale “un individuo
registra i propri libri, il proprio archivio, e le proprie comunicazioni personali, e
che è meccanizzato in modo da poter esser consultato con eccezionale velocità e
versatilità”
1
e che consentisse agli studiosi di consultare con estrema facilità e
flessibilità i lavori dei loro colleghi, sfruttando il principio naturale
dell’associazione di idee.
Naturalmente la macchina rimase un progetto nella mente del suo ideatore a causa
della grande difficoltà a realizzarla con i materiali di allora.
7
Ciononostante, l’articolo As we may think, pubblicato nel 1945 in Atlantic Monthly,
nel quale Bush descriveva il funzionamento della macchina è diventato un
caposaldo nella storia della multimedialità. In particolare, l’ingegnere americano
descriveva così il funzionamento del Memex:
“Quando un utente vuole costruire un cammino, gli dà un nome, inserisce questo
nome nel sua lista di codici, e lo digita sulla tastiera. Di fronte a lui si troveranno i
due oggetti che devono essere uniti, proiettati su schermi adiacenti. In fondo ad
ognuno c’è una serie di spazi di codice bianchi, un cursore per oggetto è collocato
su di questi. L’utente preme un unico tasto, e gli oggetti vengono uniti
permanentemente. Da quel momento in poi, ogni volta che uno di questi oggetti è
visibile, l’altro può essere istantaneamente richiamato semplicemente premendo
un bottone sotto la corrispondente linea di codice. Inoltre quando molti oggetti
sono stati uniti a costituire un percorso possono essere passati in rivista,
velocemente o lentamente, agendo su una leva. E’ esattamente come se gli oggetti
fisici fossero stati raccolti assieme da fonti separate e distanti e legati assieme per
formare un nuovo libro.”
Aldilà delle differenze tecniche l’immagine descritta, con oltre quarant’anni
d’anticipo, è proprio quella dei moderni ipertesti.
Solo vent’anni dopo però, nel 1965, Theodor Nelson coniò la parola ipertesto,
definendola come “forma di scrittura non sequenziale”, e aprendo la strada alla
ricerca che di lì a poco doveva portare alla realizzazione dei primi prototipi basati
questa volta sull’elettronica.
Nelson era allora un giovane laureato in sociologia ad Harvard, già nella sua tesi,
nel 1960, aveva preconizzato un sistema di gestione dei testi che consentisse agli
autori di rivedere, confrontare, e correggere rapidamente il loro lavoro.
Nel 1968 si lanciò, con Andries van Dam nella realizzazione dell’HES (Hypertext
Editing System), primo tentativo di software per la realizzazione di ipertesti che fu
successivamente migliorato ed ampliato sotto il nome di FRESS (File Retrieval and
Editing System) e venne usato per oltre una decina di anni, abbandonando però il
progetto l’anno stesso.
Fu allora che persegui il sogno di realizzare “una rete universale di pubblicazione
istantanea di ipertesti”: Xanadu.
Nel 1974 ne annunciò come imminente la realizzazione, ma invano, il progetto
rimase incompiuto, anche se nel 1988 la società Autodesk (che ha realizzato il
famoso software AutoCAD) decise di investire nel progetto, riuscendo quantomeno
a produrne un prototipo.
Anche in questo caso l’intuizione geniale rimase sostanzialmente tale, ma fu
determinante per le ricerche che portarono oltre vent’anni dopo alla costituzione, e
poi allo sviluppo esplosivo, del world wide web.
Nel 1968, Douglas Engelbart, già ideatore nel 1963 l’oN Line System (o NLS, il
primo prototipo di ipertesto della storia), inventa il mouse.
L’oggetto poteva sembrare apparentemente insignificante, eppure, come sappiamo,
ha cambiato la storia dell’informatica, della comunicazione ed in fondo della
società stessa: proprio nel corso della realizzazione del NLS Engelbart si era reso
conto che era necessario dotarsi di una periferica che consentisse di dialogare con
la macchina in un ambiente visivo, la sua invenzione ha quindi aperto la strada non
solo ai sistemi operativi a finestre, ma a buona parte della multimedialità attuale
fondata proprio su interfacce di tipo grafico.
8
Nella seconda metà degli anni ottanta, con la commercializzazione dei personal
computer vengono prodotti i primi software per realizzare ipertesti.
Nel 1984 Randall Trig, che l’anno prima aveva conseguito il PhD nell’Università
del Maryland con la prima tesi della storia sugli ipertesti, partecipa con Frank
Halasz e Thomas Moran alla realizzazione di NoteCards uno dei primi software
che consentiva di creare e consultare ipertesti (realizzato col potente linguaggio di
programmazione LISP).
A seguito delle ricerche di Nelson e van Dam, nel 1985 fu creato l’IRIS (Institute
for Research in Information and Scholarship), che, sotto la direzione di Norman
Meyrowitz, dette vita a Intermedia una shell assai elaborata per la realizzazione di
prodotti multimediali.
Intermedia consisteva di un insieme di applicativi sotto una piattaforma a finestra e
comprendeva un editore di testi (InterText), un editore grafico (InterDraw), un
visualizzatore di immagini (InterPix), un visualizzatore 3D (interSpect), un editore
cronologico (InterVal), un editore di animazioni (InterPlay) ed un editore video
(InterVideo).
Il programma poteva gestire collegamenti bidirezionali a segnalibro doppio sia per
i testi che per la grafica. Le informazioni relative ai collegamenti venivano
immagazzinate esternamente alla fonte, il che permetteva la costituzione di una rete
per ogni utente e quindi l’uso multiutente.
Intermedia ispirò i primi software commerciali per lo sviluppo di ipertesti.
In particolare, la Apple diffuse nel 1987 un software chiamato Hypercard con cui
potevano essere realizzati dei testi non sequenziali organizzati in pile di carte
(ciascuna delle quali poteva contenere immagini o diagrammi) che potevano essere
consultate indipendentemente dall’ordine in cui si trovavano nella pila, grazie a
delle hotwords (cioè in pratica dei link). Un linguaggio di programmazione
semplice (HyperTalk) consentiva di fornire ad ogni carta alcune proprietà, come ad
esempio quelle relative al modo in cui scomparivano per fare apparire la carta
richiamata. Le prime versioni di Hypercard erano in bianco e nero, mentre
successivamente fu introdotto il colore.
2
Hypercard rivoluzionò il mercato perché la Apple ebbe l’intuizione di fornirla
gratuitamente a tutti i possessori di suoi computer. Il suo successo fu tale che molti
software nati in seguito si basarono sullo stesso sistema, il più noto fra questi è
proprio Toolbook.
Come molte delle prime applicazioni commerciali lo svantaggio del sistema era
che funzionava solo sulle piattaforme per cui era stata concepita.
Nel frattempo ARPANET, la rete creata nel 1969 dal dipartimento della difesa
degli Stati Uniti per dotarsi di uno strumento di comunicazione inattaccabile e
efficiente anche a seguito di un eventuale bombardamento atomico sovietico, non
solo si era scissa in due tronconi (uno dei quali a fini civili, inizialmente di ricerca
scientifica) ma si era anche riprodotta a dismisura.
Nel 1982 vede finalmente la luce il protocollo TCP/IP, cioè lo standard di
comunicazione tra i computer in rete, e ARPANET lascia il campo ad Internet.
Ma è solo nel 1990 che, sotto l’impulso del fisico Tim Berners Lee, ricercatore del
CERN, fanno la loro comparsa i primi programmi di gestione lato server e lato
client (i famosi browser) del world wide web. Nei primissimi anni novanta Berners
Lee realizza, sul modello dell’SGML (lo Standard Generalised Markup Language,
del 1986), il primo linguaggio di sviluppo degli ipertesti per il web ovvero l’HTML
(HyperText Markup Language), che nel 1993 viene fissato come standard dall’ISO
(International Standards Organisation).
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L’epoca pionieristica è quindi finita, comincia l’era del web!
Definizioni e proprietà:
Fin qui la storia, ma che cos’è concretamente un ipertesto? E che differenza c’è tra
un ipertesto e un’applicazione multimediale?
Sul dizionario Sabatini Coletti
3
si definisce come ipertesto “un insieme strutturato
di informazioni, costituito da testi, note, illustrazioni, tabelle collegate tra di loro da
rimandi e collegamenti logici, al quale possono accedere in modo selettivo gli
utenti di computer, p.e. richiamando tutti i dati relativi alla biografia di un
personaggio”.
Per contro alla voce multimedialità si trova la seguente definizione: “utilizzazione
contemporanea di più mezzi di comunicazione (spec. scritture , filmati, audio) per
scopi didattici, artistici o pubblicitari”.
Tutto semplice quindi (almeno in apparenza): un ipertesto è un prodotto,
eventualmente (anzi sempre più spesso) multimediale, organizzato in modo non
sequenziale. Ma quale sono le sue caratteristiche principali?
Abbiamo detto più volte (e ripetuto un istante fa), che un ipertesto è il risultato di
una qualche forma di comunicazione (per ora consideriamola, per semplicità,
prevalentemente testuale) organizzato in forma non sequenziale.
Ma allora, più che il contenuto, o più che gli strumenti, i media , che vengono
coinvolti nella realizzazione, ciò che caratterizza un ipertesto è proprio la sua
organizzazione a rete.
Del resto l’excursus storico ha evidenziato che gli stessi Bush e, all’inizio, persino
Nelson lo avevano immaginato su supporti completamente diversi, come
microfilm, film o libri.
Uno dei due elementi fondamentali di ogni rete è rappresentato dai collegamenti:
alcuni studiosi
1
hanno catalogato questi ultimi secondo le loro funzioni principali,
individuando le seguenti categorie:
i collegamenti di nota: sono l’equivalente delle note a piè di pagina contenute in
qualunque testo di tipo tradizionale.
i collegamenti di rimpiazzo: servono a sostituire il concetto con una sua
rappresentazione, spesso usando altri media (animazioni, grafica, foto, suoni,
video)
i collegamenti di riferimento: consentono di passare da un nodo ad un altro, sono
in qualche modo i collegamenti principe di questo tipo di prodotto.
i collegamenti di comando: consentono di attivare funzioni speciali,
opportunamente studiate dall’autore per rendere più agevole la navigazione (mappa
dell’ipertesto, pagina precedente o successiva, pulsante di uscita…).
Come abbiamo detto un ipertesto si caratterizza per la sua struttura a rete, possiamo
pertanto distinguere due tipi fondamentali di ipertesti, in funzione di come sono
collegati i nodi contenenti le diverse informazioni:
10
l’ipertesto ad albero in cui le informazioni sono organizzate in modo gerarchico,
spesso secondo una precisa struttura logica.
l’ipertesto a grafo in cui ogni singola informazione nodale può essere collegata a
qualunque altra mediante collegamenti multipli.
Naturalmente esistono delle strutture intermedie (per esempio gli ipertesti a livelli
in cui i collegamenti sono liberi, e quindi a grafo, all’interno di ogni livello, e
gerarchici, e quindi ad albero, tra un livello e l’altro) e dei casi particolari
(l’ipertesto sequenziale, che è un ipertesto ad albero con un solo nodo per livello),
che non ci interessa discutere in questa sede.
Appendice: internet e web, due casi da trattare a parte
Che vuol dire due casi: internet, la rete, il web non sono tutti la stessa cosa?
Per chiarire questa piccola ambiguità prima di entrare (molto rapidamente) nel
dettaglio tecnico possiamo usare la seguente analogia: la posta, gli uffici postali e
gli sportelli postali sono concetti anch’essi in qualche modo “uno e trino”. Infatti il
primo identifica la rete degli uffici postali e la struttura politico amministrativa che
li supporta, il secondo il luogo fisico dove questa rete si incarna mentre l’ultimo
concetto rappresenta i il luogo di erogazione dei servizi di quella struttura
(generalmente ogni sportello ha una funzione specifica, il più popolare e popolato,
a giudicare dalle file, è sicuramente quello dei conti correnti, ma non è certo
l’unico, né, se si vuole, il più importante).
Così internet è allo stesso tempo la rete di reti di computer ed il protocollo
(TCP/IP) che consente loro di scambiarsi le informazioni, la rete è il termine con
cui si identifica, in qualche modo si incarna, internet e l’insieme dei servizi che su
internet possono essere usati, il web è soltanto il servizio più famoso (assieme alla
posta elettronica, proprio come le cassette della posta sono con lo sportello dei
CCP i “luoghi” più frequentati degli uffici postali).
Vediamo ora meglio i dettagli tecnici
4
: internet è una rete costituita a sua volta da
centinaia di migliaia di reti di computer di vari tipi con vari sistemi operativi. In
informatica si distinguono grossomodo tre tipi di reti a seconda della distanza
massima esistente tra i vari elementi della rete: la rete locale (fino a un kilometro),
la rete metropolitana (fino a dieci kilometri), la rete geografica (fino a 1000
kilometri).
La possibilità di collegare in rete computer di tipo diverso gestiti con sistemi
operativi i più disparati (DOS, Windows, OS, Linux, Unix stesso…) è data
dall’esistenza di protocolli e sottoprotocolli che stabiliscono in maniera
standardizzata le modalità con cui le informazioni sono suddivise, spedite e
ricomposte. Per ognuno dei servizi di internet esiste un sottoprotocollo specifico
che regola gli standard relativi. Il protocollo generale che regola l’insieme dei
servizi è il famoso TCP/IP (Transport Control Protocol/Internet Protocol). I
principali servizi sono:
Il world wide web, regolato dal protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol) è,
come ben sappiamo il servizio che consente di pubblicare e consultare le
informazioni in forma ipertestuale
Il file tranfer protocol (o FTP), il cui protocollo porta lo stesso nome, che da la
possibilità di accedere a qualunque file di un computer collegato in rete (se non
11
secretato) e di copiarlo (nel qual caso si dice scaricarlo). Funziona un po’ come
l’HTTP con la differenza che i collegamenti sono in genere più veloci ed affidabili
e che le informazioni che si copiano non si possono vedere on line. E’ questo
standard che regola anche la fase di pubblicazione delle pagine web (ovvero di
copiatura della cartella contenente i file che costituiscono un dato sito sul server –
cioè il “computer centrale” – del proprio fornitore, dal quale sarà accessibile a tutti
i computer che vi si collegheranno).
La posta elettronica. E’ l’unico servizio gestito da due protocolli diversi: il primo
l’SMTP (Simple Mail Transfer Protocol) per la posta in uscita (cioè quella che si
desidera inviare ad altri), l’altro POP3 (Post Office Protocol – terza versione) per la
posta in entrata (cioè per le email ricevute da altri indirizzi). Cosa sia la posta
elettronica crediamo lo sappia ormai anche la mitologica casalinga di Voghera,
un’applicazione però interessante per la didattica, che non va confusa con i
newsgroup, che vedremo tra poco, sono le cosiddette mailing list. Si tratta di un
servizio offerto da alcuni utenti di internet che inviano periodicamente un
messaggio di posta elettronica a tutti gli indirizzi email di utenti che si sono iscritti
al loro servizio, è un po’ come l’abbonamento ad un periodico, solo che è
praticamente sempre gratuito. Sottoliniamo il fatto che in questo caso il destinatario
non può replicare (se non per chiedere la sospensione del servizio) ed in genere non
può sapere chi sono gli altri destinatari (quindi non può nemmeno interagire con
loro).
I newsgroup, il cui protocollo relativo è l’NNTP (NetNews Trasfer Protocol), sono
delle vere e proprie “bacheche elettroniche” su cui gli utenti (tramite l’invio di una
mail) pubblicano un messaggio leggibile da tutti gli altri utenti o leggono i
messaggi pubblicati da altri. Spesso sono moderate (nel senso che esiste una figura
responsabile della news che può, anche se di solito avviene in casi molto
eccezionali, decidere di secretare un messaggio, cioè di renderlo non visibile agli
utenti).
Le chat, il cui protocollo è l’IRC (l’Internet Relay Chat), è un servizio che
consente a due o più utenti di dialogare in diretta scrivendosi dei messaggi che
compaiono quasi istantaneamente sui loro schermi. In realtà ormai con microfoni,
altoparlanti e webcam (piccole videocamere digitali) è possibile parlarsi
verbalmente e addirittura vedersi anche a migliaia di kilometri di distanza.
1 Nicoletta Sala, 2000 Ipertesti e Didattica in Didattica delle scienze n°206, p. 50-55
2 Ron Knott What does the www offer mathematics students and teachers in Teaching
mathematics and its applications volume 18, n°1, 1999 p.3
3 Domigo Paola La Multimedialità-Esperienze-Critiche in L’insegnamento della
Matematica e delle Scienze integrate Novembre-Dicembre 1997 p. 714-715
4 Sergio Calzolani Internet e scuola in Didattica delle scienze n° 205 gennaio 2000 p. 51
Attività: Senza consultare la ricostruzione del percorso storico prova a segnare
sull’asse dei tempi i principali eventi che dal 1945 ad oggi hanno marcato la storia
degli ipertesti. Confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni e discutine
assieme le differenze.
Possiamo schematicamente sintetizzare le principali applicazioni di internet al
mondo della scuola nelle due seguenti etichette:
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internet per la didattica: è l’uso dei vari servizi offerti dalla rete di reti a fini di
supporto “esterno”, come per esempio la consultazione del web per trovare siti
interessanti e materiali aggiuntivi, la partecipazione a newsgroup o mailing list
preesistenti e non collegati ad uno specifico progetto didattico…
Un caso interessante di questo tipo di utilizzo (anche se l’esperimento in realtà ha
avuto finalità e modalità più complesse) è stato sperimentato nell’Università
inglese di Wolverhampton su due gruppi di studenti (entrambi composti sia da
studenti del primo triennio che del biennio successivo) di un corso di informatica,
per un totale di 150 ragazzi.
Tra i vari compiti pratici che costituivano il cuore del progetto il più importante era
senz’altro rappresentato dalla ricerca sul web di informazioni inerenti la materia di
studio e la conseguente descrizione del sito (nella quale lo studente doveva
giustificare la rilevanza del materiale contenuto nel sito con l’ambito disciplinare
specifico). Una particolare “enfasi è stata posta sull’originalità in modo da
incoraggiare gli studenti a promuovere ricerche personali invece che passarsi le
informazioni”. I risultati hanno mostrato che:
- l’attinenza del materiale trovato nel web dagli studenti con il corso era più stringete
di quanto previsto ed auspicato
- tutti gli studenti avevano compiuto degli sforzi seri di ricerca personale di materiale
originale e quanto più contiguo al corso
Più in generale, questo esperimento ha consentito agli studenti di acquisire del
materiale didattico attinente ai propri studi e più aggiornato di quello che può
fornire un corso universitario, ha favorito il processo di apprendimento degli
studenti stimolando la ricerca personale e ha consentito loro di seguire un
approccio più individuale all’apprendimento di quanto sia possibile in un normale
corso universitario
5
.
internet nella didattica: è viceversa ciò che si ottiene quando internet ed i suoi
servizi divengono se non necessariamente l’ambiente in cui la didattica viene
svolta quantomeno uno strumento organico al progetto didattico. L’uso di email,
newsgroup, mailing list o persino chat riservate agli studenti e docenti che
partecipano di un medesimo progetto didattico sono un buon esempio di questo
tipo di integrazione.
Un esempio di integrazione dei vari servizi di internet in un progetto didattico è
quello di una quinta Analisti contabili di Verbania che nell’anno scolastico 1995-
96 ha seguito una sperimentazione consistente di cinque fasi
6
:
- apprendimento del funzionamento di internet e dei suoi principali servizi
- addestramento alla navigazione del web
- introduzione all’uso della posta elettronica
- apprendimento dell’HTML di base
- costruzione di alcune pagine web dell’istituto e partecipazione ad un progetto
interscolastico per la realizzazione di un sito di presentazione della provincia.
I risultati sono stati estremamente positivi:
- in sole sei ore gli studenti hanno appreso a collegarsi e consultare pagine web (tra
l’altro l’insegnamento del funzionamento di internet è stato impartito con l’ausilio
di un ipertesto invece che con le solite lezioni frontali) acquisendo buona
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conoscenza del meccanismo di funzionamento dei motori di ricerca. Inoltre hanno
imparato materialmente a prelevare vari programmi con l’FTP
- nella fase di addestramento alla navigazione gli studenti hanno trovato e consultato
numerosi siti didatticamente interessanti per una varietà di discipline (matematica,
lettere, inglese, analisi della contabilità e scienze delle finanze…)
- gli studenti hanno sperimentato il valore di socializzazione della posta elettronica:
in particolare un ragazzo portatore di handicap ha fatto amicizia con due ragazze di
un’altra città traendo grandi benefici personali dall’esperienza (accrescimento
dell’interesse nei confronti dell’informatica, diminuzione della paura di non essere
accettato, migliore integrazione sociale e persino apertura del carattere)
- i ragazzi hanno realizzato in sole sei ore le poche pagine del sito della classe.
Inoltre hanno imparato a progettare, realizzare e verificare in collaborazione con
altre classi un sito decisamente più grande e significativo di utilità sociale
Naturalmente, per la sua ampiezza, per le sue caratteristiche di ipertestualità,
multimedialità, interattività e facilità di aggiornamento un caso particolarmente
interessante da valutare è quello dell’uso integrato del world wide web nella
didattica.
Possiamo distinguere l’uso passivo, o in fase lettore (come per esempio la
consultazione di siti particolarmente significativi) da quello attivo, o fase autore, di
realizzazione con la classe di una pagina web inerente le attività didattiche del
corso.
Si potrebbe pensare che entrambi queste attività rientrano nei canoni più generali
dell’uso di ipertesti nella didattica. Il che è in buona parte vero, con alcune non
trascurabili differenze:
- l’effetto “moda”: rendere gli studenti partecipi di uno strumento di cui tutti parlano,
e che peraltro dovranno sapere usare nel mondo del lavoro quando saranno più
grandi, può produrre un effetto moltiplicativo, anche se non privo di rischi, della
loro motivazione
- la dimensione “infinita”: il web è certamente un ipertesto mondiale con un numero
di pagine e collegamenti virtualmente infinito. Questo ha sicuramente lo
svantaggio di aumentare esponenzialmente il famoso rischio di perdercisi dentro
(sia per effetto di overload di informazioni, per la difficoltà a reperire fonti
credibili e materiali validi, per la facilità di raggiungere – o persino essere raggiunti
– siti di “dubbia moralità” e comunque di disperdersi in siti non attinenti alla
didattica…). Però questa stessa caratteristica permette, da un lato, di sviluppare
negli alunni le abilità di ricerca “bibliografica” telematica e di collaborazione e
scambio di informazioni, e dall’altro, garantisce, oseremmo dire per la legge dei
grandi numeri, che sicuramente da qualche parte nel mondo esistono risorse web
utili per la didattica di qualunque argomento in qualunque disciplina.
- la facilità: navigare nel web, consultare siti, usare motori di ricerca e persino creare
delle pagine web relativamente complesse sono in fin dei conti attività molto
semplici da imparare, spesso più che non le equivalenti attività per ipertesti su
supporti digitali (CD rom, videodisc, DVD…) realizzabbili con software
particolari.
- l’universalità: la possibilità di partecipare alla costruzione di un ipertesto che sarà
poi pubblicato e consultabile da milioni di persone in tutto il mondo, a cominciare
da parenti, amici e conoscenti, è sicuramente uno stimolo che se, da una parte, fa
schizzare l’adrenalina ai massimi livelli, provocando grande entusiasmo, dall’altra
non può non responsabilizzare lo studente rispetto alla qualità del prodotto finale, e
quindi della sua quota parte di lavoro nella squadra.
Detto questo, ricordiamo che si possono distinguere almeno quattro tipologie di uso
di integrazione di internet nella didattica
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didattica via email: parte del materiale, dei compiti, persino delle prove d’esame
vengono scambiati tramite email, il corso però rimane prettamente tradizionale
(lezioni frontali e libri di testo)
valorizzazione via web: il docente crea una pagina web come supporto alla
didattica (con materiali didattici e collegamenti a pagine web didatticamente
significative)
gestione on line della didattica: i materiali didattici ipertestuali di supporto ed i
software necessari alla loro visualizzazione sono messi in rete a disposizione
(esclusiva) degli studenti che seguono un certo percorso. Eventualmente sono
forniti strumenti riservati come chat room, gruppi di discussione, mailing list…
didattica in rete: l’essenziale, se non addirittura la totalità del corso si svolge, in
rete, ai servizi citati in precedenza si aggiunge il tutoraggio elettronico via email e
tramite newsgroup. Il vantaggio di questa forma radicale di integrazione è
soprattutto che il corso può essere rapidamente aggiornato garantendo a chiunque
di consultare sempre la versione più recente.
Quest’ultima modalità è diffusa soprattutto per l’insegnamento a distanza ma può
essere tranquillamente sviluppata anche in contesti più tradizionali, soprattutto a
livello universitario, pensandola come possibilità di offrire agli studenti un corso
parallelo a quello frontale con le caratteristiche tipiche dell’interattività,
multimedialità e ipertestualità, riservando quindi a quello frontale un impostazione
più tradizionalmente sequenziale.
5 Andy Sloane Learning with the web: experience of using the World Wide Web in a
learning environment in Computers and education Vol.28, n° 4 1997 p 207-213
6 Nicoletta Sala Internet e didattica in Didattica delle scienze n° 190 1997 p. 44-49
Nicoletta Sala Internet un esempio di progetto interdisciplinare in Didattica
delle scienze n° 192 1997 p.48-50
7 Ann Barron Designing web-based training in British Journal of Educational
Technology vol. 29 n° 4 october 1998 p. 355-371
1.1.2 ipertesto o Ipertesto?
Nella dispensa ho accennato al modo caratteristico con cui vengono organizzate le informazioni in
un ipertesto, un’altra importante domanda che ci si deve porre è quali siano i modi con i quali
queste informazioni vengono normalmente rappresentate.
Secondo la definizione data nella dispensa la forma prevalente di rappresentazione di un ipertesto è
appunto la parola scritta.
In realtà la situazione è molto più complessa, soprattutto perché continuamente in movimento.
Comunque, chiunque abbia visitato una pagina web (ed il world wide web non è nient’altro che un
immenso ipertesto globale) si sarà reso conto che da alcuni anni a questa parte l’impostazione
grafica, le animazioni visive, hanno preso sempre più spazio sulla parola scritta, almeno a livello di
presentazione (sia perché sono più immediate, sia perché viviamo, ancora, nella società
dell’immagine).
La distinzione classica tra ipertesto e ipermedia (che era in sostanza un multimedia organizzato in
forma ipertestuale, Paola 1997) possiamo considerarla superata.
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Anzi la stessa distinzione tra multimedialità e ipertestualità è seriamente messa in discussione dalla
progressiva rapida integrazione tra i vari sistemi di comunicazione che conosciamo (cinema,
televisione, telefonini, computer, CD-DVD, internet e world wide web…). Alcuni studiosi
(Gonzalez, Cranitch e Jo, 2000) hanno descritto nel modo seguente le caratteristiche principali
di questi vari sistemi:
“Ogni spazio di informazioni si caratterizza da tre dimensioni essenziali: la struttura logica, il
contenuto, la rappresentazione del contenuto. [ovvero il contenuto, l’organizazzione del contenuto
e la rappresentazione del contenuto] Nel caso dello spazio di informazioni dei multimedia, a causa
della complessità del contenuto e delle sue rappresentazioni il ruolo della struttura logica è
preponderante in larga misura per determinare il successo del sistema. E’ quindi ampiamente
accettata l’idea che il problema principale dei multimedia non è tanto la creazione del nuovo
contenuto quanto la progettazione dello spazio d’informazione in modo tale che il contenuto sia
facile da accedere e in grado di ridurre sovraccarichi cognitivi e di facilitare l’osmosi
dell’informazione. Questo comporta la progettazione deterministica delle connessioni, delle
strutture informative, e degli stati di transizione in modo da garantire che l’integrità architettonica
dello spazio delle informazioni non sia compromessa.”
Pertanto l’ipertestualità rappresenta, e rappresenterà sempre di più, quell’aspetto di un prodotto
multimediale legato alla progettazione dello spazio informativo (e quindi all’organizzazione
reticolare, secondo uno schema logico o di altro tipo, del contenuto): per questo motivo ritengo per
il nostro scopo più opportuno e chiarificatore parlare di Ipertesto, quasi come di una categoria della
tecnica creativa, piuttosto che di ipertesti o ipertestualità. In questo senso, mi sembra ormai
necessario superare la fase in cui si sottolineano le differenze, inventando un nome per ogni
particolare tipologia di prodotti.
Distinguerò tre categorie fondamentali: l’interattività, la multimedialità e l’ipertestualità (o
reticolarità). Un tale passaggio è importante anche perché ci consente di fissare dei criteri con i
quali si potranno valutare i prodotti che il rapidissimo mutare dei media (con la nascita continua di
nuovi supporti o l’integrazione progressiva di quelli già esistenti) fa comparire sul mercato che
conosciamo come un mondo in rapida e continua evoluzione.
Parlererò quindi di multimedia (o prodotto o software multimediale) quando vorrò mettere
l’accento sulla pluralità di strumenti che concorrono alla rappresentazione del contenuto e di
ipertesto (o ipertesto multimediale, o meglio Ipertesto) per sottolineare la speciale organizzazione
a rete dell’informazione.