RIFLESSIONI INTRODUTTIVE
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RIFLESSIONI INTRODUTTIVE
Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue
Istituzioni e delle sue Leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai
prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti.
Carlo Alberto Dalla Chiesa
Chi scrive, inizia il presente discorso introduttivo con parole non proprie per
sottolineare come non esatta sia l'idea diffusa nell'immaginario collettivo, in cui si
crede che ogni organizzazione mafiosa sia soltanto penalmente perseguibile e
criminologicamente spiegabile. Sicuramente questi sono gli aspetti più
immediatamente evidenti, ed è ragionevole ritenerli tali in particolar modo per un
motivo, vale a dire l'essere oggetto di continua rappresentazione mediatica e letteraria
seppur in modo minoritario. Infatti, riguardo ai rispettivi bacini d'utenza, chi opera in
tali campi è ben consapevole delle maggiori attrattive che per fare degli esempi
possono suscitare un grave fatto di sangue appreso da un telegiornale o la scena di un
film a tema ambientata in un carcere. Esiste però un secondo aspetto, tanto prolisso
alla platea quanto percepito in ambito vittimologico. Si allude a un catalogo di principi
oggetto di programmazione da parte della Costituzione Repubblicana del 1948 e di
attuazione da parte degli ordinamenti Penale, Amministrativo e Civile. Il rapporto di
genere a specie tra il Diritto Costituzionale e le altre branchie del Diritto a questo
punto emerge in tutta la sua evidenza, proprio perché la violazione dei principi in
parola, se perpetrata da parte di un singolo costituirebbe una lesione confinata a una
sfera a seconda dei casi penalistica, amministrativistica o civilistica, ma che invece
infranti nell’ambito di un disegno associativo e cospirativo, assumerebbe un rilievo
necessariamente costituzionalistico, perché su di essi si fonda la struttura di un
moderno Stato Democratico debitore della loro tutela, al quale in tutto e per tutto ogni
associazione mafiosa che si rispetti intende sostituirsi o quantomeno muoversi in
simbiosi, arrogandosi un potere arbitrario e paragovernativo in conflitto con quello
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esercitato dalle istituzioni legittimamente costituite, al punto da pervenire alla
creazione e al funzionamento di un vero e proprio ordinamento giuridico parallelo e
appunto come affermava il Generale Dalla Chiesa, anche al punto da essere
riconosciuto come l'unico vigente. Ma è doveroso porsi un interrogativo. Da dove
finisce la connivenza/indifferenza politico/amministrativa e inizia quella sociale? La
risposta può essere data partendo da due aspetti tra di loro propedeutici. Il primo
aspetto deriva da quella ancora sussistente immaturità popolare grazie alla quale le
mafie trovano energie per rinnovarsi e accrescersi fino a essere in grado non solo di
governare il territorio ma di farlo anche in maniera ufficiale scendendo a patti con la
classe dirigente. Il secondo aspetto riguarda i tre elementi di cui secondo la dottrina
tradizionale si compone uno stato: il popolo, il territorio e la sovranità. Nel caso dello
stato italiano, i costituenti tramite l'articolo 1 della nostra carta costituzionale, hanno
voluto che la sovranità sul territorio appartenesse al popolo, che la esercitasse nei modi
e nei limiti stabiliti dalla Costituzione, partecipando direttamente o indirettamente alle
decisioni di governo attraverso i propri rappresentanti politici eletti democraticamente
mediante voto. E allora è ancora possibile parlare di sovranità popolare quando siffatti
candidati una volta eletti si rilevano parte integrante del sistema in parola, o peggio
ancora laddove si conosce il loro essere già in odore di mafia? Per quanto le classi
popolari siano in maggioranza oneste, quella tanto auspicata cultura della legalità a
tutt'oggi sembra ancora lasciare posto a quella della riverenza, della rassegnazione e
della comodità. Eppure, una civile insurrezione popolare sortirebbe effetti devastanti.
Siffatta Tirannide che più del 41 bis teme il riscatto popolare, non solo si vedrebbe
privata di notevoli quantità di linfa vitale, ma le Istituzioni Ufficiali si vedrebbero
rivolta dal basso una continua sollecitazione a determinarne la definitiva e totale
caduta. Davvero un'entità priva di ogni legittimazione formale e in stragrande
minoranza rispetto a un popolo ben unito dispone di mezzi organizzativi per compiere
attentati nei confronti di tutti i suoi denunciatori? In assenza di tale inversione di
tendenza, ne deriva che lo Stato Italiano diventa un vero e proprio fantoccio, con la
conseguente inefficienza dell'azione della cosa pubblica sia a livello centrale che
periferico, e di qui anche la soccombenza di quei diritti civili e politici molto spesso
oggetto di disgustosa intercessione da parte delle mafie, che per assuefazione o
comodità vengono riconosciute come enti di nulla osta, contrariamente all'intenzione
dei padri costituenti che tramite la nostra carta costituzionale semplicemente
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intendevano riconoscerli come innati a ogni singolo consociato. Del resto, lo affermava
anche Paolo Borsellino, che durante una fiaccolata in memoria del collega Giovanni
Falcone, nel pronunciare la metaforica frase “Il fresco profumo di libertà, che si
oppone al puzzo del compromesso morale” , voleva dire che di ciascun diritto
soggettivo riconosciuto a livello costituzionale da uno stato assistenziale, ogni
cittadino deve essere libero di respirarne il profumo, così ad esempio ciascun cittadino
ha diritto di chiedere una licenza di commercio piuttosto che un posto letto in ospedale.
Ma tale diritto viene inevitabilmente impregnato dal puzzo del compromesso ogni
qualvolta diviene oggetto di favore e di mediazione da parte di chi stato non è. Ci si
trova di fronte a delle vere e proprie entità che un tempo agivano nell'ombra, ma che
oggi sono talmente radicate al punto che in qualche modo possono permettersi di agire
alla luce del sole. Ognuna di loro, a parte poche eccezioni, è autoctona di ogni singola
regione del Sud Italia. I relativi territori, nonché quelli del nord Italia e dell'intero
pianeta nei quali hanno metastatizzato, hanno da sempre costituito l'oggetto del
contendere tra le organizzazioni in argomento e lo Stato democratico centralmente
preordinato e localmente decentrato. Lo scopo della presente dissertazione è proprio
quello di descrivere tale punto di vista costituzionalistico. Chi scrive, facendo dovuta
professione di modestia e umiltà intende attribuire alla presente tesi di laurea la
stregua di un vero e proprio atto di denuncia, e come giovane emigrato prima ancora
che come studente, a nome di tutti i giovani emigrati servirsene per mettere in stato
d'accusa chi c'è stato prima di loro, seppur nel pieno rispetto della decisione di coloro
che si sono rassegnati al loro stato di vittime. Ai nostri padri e nonni forse non rimane
che dire postuma la frase “Ai posteri l'ardua sentenza“. Invece proprio quei posteri
sognano quanto affermava Giovanni Falcone in una famosa intervista”, cioè che “La
mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani, ha un principio, una
sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.” Detta da un comune cittadino,
potrebbe sembrare una frase di circostanza, ma detta da un magistrato conscio della
propria autonomia e indipendenza verso i poteri forti come Giovanni Falcone, fa
sorgere l'interrogativo se questo grande uomo non avesse davvero visto lontano, e che
magari in un futuro venga ripristino l'ordine naturale per come questo è
costituzionalmente prestabilito. Lo scrivente a questo punto, ritiene doveroso far
presente di rendersi perfettamente conto della estrema piccolezza di tale elaborato al
cospetto delle gesta degli illustri uomini delle istituzioni come il Generale Dalla
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Chiesa, il Dottor Falcone e il Dottor Borsellino, la citazione dei quali aveva
semplicemente lo scopo di impreziosire il presente discorso introduttivo. Se non fosse
stato per il loro impegno e per quello di tanti altri uomini dello stato e semplici
cittadini che per ovvie ragioni non è possibile citare, oggi chi scrive forse oggi avrebbe
dissertato una differente seppur non meno importante tematica. Quale migliore
occasione per ricordare chi ha sacrificato la propria vita o elogiare chi la rischia tutti i
giorni per il bene della nostra costituzione, se non attraverso l'atto conclusivo di un
percorso di studi che permette in maniera simbolica a chi lo ha svolto di rafforzare la
propria identità di uomo di legge, acquistata già diversi anni orsono grazie al suo
arruolamento all'interno della Polizia di Stato? In ogni caso con il presente elaborato si
intraprende una disamina sulla mafia siciliana i cui più recenti capi l'hanno ribattezzata
con il nome di COSA NOSTRA. In esso, si è cercato di percorrere le linee di
un'evoluzione storico-giuridica di un'epoca che inizia dagli ultimi anni del sistema
feudale e si protrae fino ai giorni nostri.
COSA NOSTRA, DA ASSOCIAZIONE COSTITUZIONALMENTE VIETATA A ORDINAMENTO PARALLELO.
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I CAPITOLO
GLI ORDINAMENTI GIURIDICI.
1. La simultaneità di diversi ordinamenti giuridici oltre quello statale. La necessità
di dare una definizione all’espressione “ordinamento giuridico” e di individuare
i supposti ordinamenti giuridici.
Il parallelismo tra un ordinamento Statale e un ordinamento che gli fa da ombra
impone di intraprendere una disamina generale circa la coesistenza dei diversi
ordinamenti giuridici in un medesimo arco temporale e spaziale. Tale fenomeno,
seppur molto dibattuto nell'ambito delle scienze filosofiche, a livello costituzionalistico
e in particolar modo ai fini della tematica trattata, merita di essere esaminato allo scopo
di percepirne tre aspetti fondamentali: il primo aspetto concerne il come, nel volgere
della vita, avvenga la proliferazione di diversi agglomerati sociali definiti “ordinamenti
giuridici”; il secondo aspetto si riferisce ai motivi per i quali un “ordinamento
giuridico” viene definito tale; mentre il terzo aspetto fa capo ai meccanismi attraverso i
quali due o più ordinamenti in parola si imbattono e si atteggiano tra di loro. Nel dare
risposta al primo interrogativo, senza bisogno di effettuare eccessivi percorsi a ritroso
nel tempo, chi redige ritiene opportuno descrivere siffatto pluralismo giuridico
individuando come punto di partenza quel fenomeno denominato “positivismo
giuridico”. Le relative scuole di pensiero, dando per acquisita la formazione delle
nazioni per quanti sono i popoli, ritengono che all'interno della nazione medesima, non
esista altro diritto se non quello positivo posto in essere da uno stato sovrano.
Quest'ultimo, su ispirazione della teoria del contratto sociale professata da Jean
Jacques Rousseau, a sua volta si ritiene formato per delega da parte del popolo, che
preferisce affidare la risoluzione di ogni controversia a un'entità terza frutto della sua
derivazione. A quest'ultima, necessariamente la volontà popolare deve conferire il
potere di dispensare diritto iniziale e rinnovarlo laddove le mutate esigenze storico-
politiche lo impongano. Tali prerogative, a loro volta attribuiscono all'ente sovrano in
parola, il diritto-dovere di creare un apparato, appunto un ordinamento, che il popolo
stesso esige sia democratico e indipendente da ogni altro potere sovrano. Man mano
però che lo stesso popolo delegante si evolve avvertendo via via necessità di vita