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2.2 Arabo e italiano a contatto
Come fanno due lingue così diverse, sia dal punto di vista linguistico che culturale, ad
interagire ed entrare in contatto? Studiando il lavoro svolto dall’unità di ricerca di Pavia,
coordinata da Massimo Vedovelli, si potrebbe ottenere una giusta risposta. Infatti oggetto
di questa indagine è stato proprio il rapporto fra l’apprendimento dell’italiano da parte di
immigrati arabofoni in Italia e i processi di tipo metalinguistico relativi alla percezione
del contatto fra arabo e italiano, che in questo contesto assume forme nuove. Il contatto
della lingua italiana per l’immigrato arabofono avviene nel tessuto della interazione
comunicativa quotidiana, al di fuori del contesto formativo.
Infatti lo scopo dell’analisi del campione, nell’indagine in questione, era quello di
appurare quale fosse la percezione che gli arabofoni hanno del contatto con altre lingue e
più specificatamente con la lingua italiana e se i risultati di questa analisi fossero in
qualche modo riferibili o influenzati dai parametri scelti, quali l’età, il sesso, e il grado di
istruzione. Per quanto riguarda il primo parametro, l’età, non si è rivelato un elemento
decisivo per la corretta percezione della realtà linguistica del contatto. Questo però non
significa dire che con il tempo il soggetto non possa farsi un’idea corretta a proposito di
qualche fenomeno linguistico su cui prima aveva qualche visione stereotipata. In questo
senso, infatti, persone di maggiore età che hanno avuto un contatto più lungo con un’altra
lingua, possono fare delle osservazioni che vadano oltre la semplice constatazione
superficiale. Riguardo al secondo parametro, quello del genere/sesso, si può notare che
sembra non differenziarsi in modo fondamentale, poiché uomini e donne hanno una
simile percezione della realtà sociolinguistica italiana. L’unica cosa che si potrebbe notare
è che molto spesso le donne hanno un confronto con la lingua in misura minore degli
uomini proprio a causa della propria vita quotidiana, dedita a lavori domestici o di scarso
prestigio sociale, che non permette loro di poter interagire al meglio con la lingua. Un
criterio sociolinguistico di prima importanza riguarda proprio l’ultimo e terzo criterio,
quello del grado istruzione. Nonostante quest’ultimo rappresenti uno strumento
fondamentale per acquisire con maggiore competenza ogni varietà di lingua, allo stesso
tempo non si rivela decisivo per una corretta ed adeguata percezione del contatto
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linguistico, poiché questa percezione è frutto di una disposizione mentale che non deve
essere acquisita necessariamente attraverso l’istruzione.
2.3 Differenze linguistiche tra arabo e italiano
Per poter comprendere gli “errori” sintattici, morfologici e del lessico che molti arabofoni
possono commettere durante l’apprendimento dell’italiano come L2, bisogna partire dalla
lingua materna dei soggetti. Ci occuperemo quindi di mettere a confronto le due lingue,
basandoci però sulle varietà standard di entrambe. Diversamente dall’italiano che è una
lingua romanza, l’arabo invece rappresenta una delle lingue semitiche. Caratteristica
peculiare di queste ultime è la morfologia introflessiva, ovvero una flessione interna dei
sostantivi e dei verbi; dal punto di vista della costruzione delle frasi l’italiano segue
l’ordine SVO: soggetto – verbo – oggetto, mentre l’arabo segue quello VSO: verbo –
soggetto - oggetto. E in arabo questa costruzione è molto importante perché, diversamente
da come accade in italiano, il verbo svolge una funzione centrale nella frase, poiché
quando un arabo coniuga un verbo, lo farà diversamente in base al genere, maschile o
femminile, e per quanto riguarda il numero si aggiunge al singolare e il plurale un’altra
categoria definita “duale” riferita a due persone. Per capire meglio questa nozione si
potrebbe fare un esempio con il verbo “studiare” (non in prima persona poiché è l’unico
caso in cui la coniugazione è uguale per tutti) al presente indicativo, in italiano si
coniugherebbe: tu studi e non avverrà nessuna variazione in base al genere o al numero;
in arabo invece il verbo sarà: anta tadrusu per il genere maschile, anti tadrusiina per il
genere femminile. Il duale inoltre lo si noterà soprattutto nei sostantivi arabi che in
italiano possono essere solo singolari o plurali. Il sistema verbale arabo però presenta
anche altre differenze da quello italiano. Per prima cosa presenta solo due tempi: il
perfetto e l’imperfetto (passato e presente) e soltanto quest’ultimo ha sei modi verbali:
l’indicativo, il congiuntivo, l’apocopato o condizionale, che non esiste in italiano,
l’imperativo e solo nell’arabo classico vengono utilizzati l’energico I e II.
Inoltre, mentre in italiano per enunciare un verbo usiamo l’infinito, in arabo serve la terza
persona singolare maschile del perfetto (sarebbe il passato prossimo o remoto
dell’italiano). Un’altra caratteristica è che il verbo ‘essere’ arabo non ha funzione di
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copula: anche per questo si potrebbe sentire un arabofono dire io siriano invece di io sono
siriano.
Per quanto riguarda invece la flessione del sostantivo, in italiano, è limitata alla
formazione del plurale; nelle lingue come l’arabo, invece, la flessione dipende dal ruolo
che il sostantivo svolge, ovvero quello di soggetto, oggetto o complemento indiretto. La
flessione quindi segue un ruolo logico che rappresenta la declinazione del sostantivo e
ogni possibile forma è un caso. I casi della lingua araba però sono solo tre, rispetto ai sei
della lingua latina, ovvero:
• caso nominativo, del soggetto, che viene indicato con il suono “u”;
• caso accusativo, del complemento oggetto, indicato con il suono “a”;
• caso obliquo, di tutti gli altri complementi, indicato con il suono “i”.
I suoni a cui mi riferisco non sono altro che le vocali del sistema linguistico arabo, che
vedremo più in particolare nei paragrafi successivi; inoltre le differenze tra i diversi casi
si noteranno solo grazie alla parte finale della frase, ovvero la desinenza.
2.3.1 Differenze nel sistema consonantico
Interessanti sono anche le differenze nel sistema consonantico che potremo notare tra le
due lingue; infatti la lingua araba ha la particolarità di essere molto ricca di consonanti,
ben 28 e diciassette di queste hanno dei suoni totalmente diversi dall’italiano. Se si
mettono a confronto i sistemi consonantici dell’arabo e dell’italiano, si può notare come
i modi di articolarle sono uguali ma i luoghi di articolazione sono differenti. Per esempio
si può notare l’assenza della lettera P nell’occlusiva labiale dell’arabo, infatti questa
assenza comporta una difficoltà per l’apprendente arabofono di pronunciare le parole con
questa lettera, e l’apprendente la confonderà con la lettera B; un’altra cosa che si può
osservare è la presenza di tre luoghi di articolazioni che non sono presenti nell’italiano
standard, ovvero le uvulari, le faringali e le glottali, che rappresentano una grande parte
della pronuncia delle parole arabe. Un’altra differenza si può notare nella lettera w, che
in italiano è una labiovelare approssimante mentre in arabo è una velare approssimante;
un’altra caratteristica è la presenza delle consonanti dentali/alveolari “enfatiche”, definite
dalla linguistica anche come “faringalizzate” poiché la radice della lingua comprime la
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faringe durante la pronuncia della consonante. Dal punto di vista della scrittura, invece,
non esistono come in italiano le maiuscole o le minuscole ed esiste solo il corsivo; in
grammatica araba si parla anche però di posizione isolata, iniziale, mediana e finale,
posizione che farà variare il modo in cui verrà scritta la consonante quando si legherà ad
un’altra, però ci sono anche delle lettere che non si legano ed interrompono la continuità
grafica, un esempio può essere la dāl che è un’occlusiva dentale sonora. Un’altra
differenza la si noterà sia nel parlato che nella scrittura italiana degli arabofoni dal punto
di vista delle lettere doppie, in quanto nella lingua araba la presenza di una doppia viene
indicata solo da un segno sopra la lettera.
3.2 Differenze nel sistema vocalico
Si potrà notare come anche nel sistema vocalico vi sono delle differenze tra le due lingue.
Infatti, in arabo standard il sistema vocalico è costituito solo da tre fonemi, ovvero “a, i,
u”, che possono essere brevi (a/i/u) o lunghe (ā, ī, ū). Per indicare le vocali brevi in una
parola vengono utilizzati tre segni ausiliari, che non fanno parte dell’alfabeto, che si
andranno a posizionare sopra o sotto la consonante che dovrà essere vocalizzata. Questi
segni sono definiti “diacritici” in quanto modificano la pronuncia o vanno a distinguere
delle parole simili, e tali segni sono:
- la fathah, che è una lineetta obliqua sopra la lettera ed indica la vocale /a/;
- la kasrah, è una lineetta obliqua ma viene posta sotto la lettera;
- la dammah, è un apostrofo ad occhiello posto sopra la lettera;
- un altro segno è il sukun, che consiste in un cerchietto posto sopra lettera e va ad indicare
la consonante che non è seguita da una vocale.
Per quanto riguarda le vocali lunghe, si formano invece combinando i segni diacritici
delle vocali brevi con i tre grafemi semiconsonantici, quali: alif ( ا), wāw (و) yā (ي). Un
altro segno diacritico è l’hamza (ء), che nonostante venga posta sopra o sotto l’alif per
reggere la vocale breve, è una vera propria lettera che va a segnalare la presenza di
un’occlusiva glottale sorda (vedi figura 2.2); un altro segno diacritico è il cosiddetto