Debris flows e territorio montano
1.1
1. INTRODUZIONE.
1.1 DEBRIS FLOWS E TERRITORIO MONTANO.
Nell’ultimo decennio l’aumentata frequenza di occorrenza di eventi parossistici nel territorio
montano e la conseguente interferenza con le strutture antropiche del territorio stesso hanno
generato un maggior interesse sia nell’ambito della ricerca sia nell’ambito di pianificazione
territoriale ai fenomeni di intenso trasporto di materiale solido, generalmente identificati con i
termini debris flows o colate di detrito. Con tale denominazione vengono compresi processi
anche diversi, con proprietà a volte peculiari o spiccatamente differenti, ma accomunati sia da
un’evidenza fenomenologica simile (almeno a scala di bacino), sia da interferenze con il sistema
antropico del territorio quantitativamente comparabili e comunque spesso drammatiche o
disastrose.
Il presente studio, inserendosi nel contesto delle conoscenze attuali a livello internazionale,
fornisce, attraverso un’indagine sulla meccanica di questi processi, strumenti utili ad una
approfondita comprensione della fenomenologia, proponendo una metodologia modellistica
utilizzabile nelle applicazioni.
1.2 EVIDENZA DEL FENOMENO ED INTERAZIONI CON IL SISTEMA ANTROPICO.
1.2.1 SCHEMA SEMPLIFICATO DEL PROCESSO DI GENESI DELLE COLATE DI DETRITO.
L’osservazione delle condizioni dell’occorrenza di eventi parossistici in ambito montano
porta a constatare che la movimentazione, propagazione e arresto (completo e parziale) delle
colate di detrito avviene sostanzialmente in concomitanza ad eventi pluviometrici caratterizzati
da elevata intensità, che in taluni casi possono essere preceduti da più o meno lunghi periodi di
precipitazione.
Nello schema proposto in figura 1.a si evidenzia come, a causa della sollecitazione meteorica,
i preesistenti volumi di materiale solido presenti nel bacino, mediante un complesso
meccanismo, difficile da ricostruire, vengano parzialmente mobilitati. La movimentazione del
materiale può essere graduale o repentina, e il materiale coinvolto può subire temporanei arresti,
depositi e successive movimentazioni, fino a dare origine ad un deflusso misto liquido-solido.
Esso, propagandosi generalmente nell’alveo a forte pendenza del torrente, può subire variazioni
di velocità, incrementi o depositi dei volumi trasportati, diluizioni, fino a raggiungere le aree del
conoide, dove avviene l’arresto e il deposito di parte o della totalità della corrente solido-liquida,
o comunque la segregazione della componente solida grossolana dalla matrice fluida.
Debris flows e territorio montano
1.2
causa sollecitante
(piogge – q
liquida
)
bacino conoide
volume mobilitazione propagazione deposito
solido di volumi q
debris flow
disponibile solidi
Figura1.a. Rappresentazione schematica del processo di innesco, trasporto e deposito del materiale solido trasportato
da una colata di detrito.
Al complesso scenario di trasformazione degli afflussi meteorici liquidi in deflussi solido
liquidi, corrisponde un ampio spettro di fenomenologie, che spazia dal trasporto solido ordinario
(su forti pendenze, almeno in ambito montano) alle colate di detrito. Almeno dal punto di vista
fenomenologico, i due processi si differenziano per le differenti velocità di propagazione del
miscuglio nell’alveo, le differenti concentrazioni di materiale solido e i differenti volumi totali
solidi coinvolti nel processo, che, in ogni caso, risultano maggiori per le colate e minori per il
trasporto solido.
Ciò non esclude, tuttavia, che i due fenomeni possano avere caratteristiche meccaniche
comuni e che si possano pensare, mutatis mutandis, come il prodotto di un complesso sistema di
trasformazione afflussi – deflussi similare.
All’interno del complesso sistema di trasformazione di figura 1.a, peraltro valido in generale,
ma particolarizzato nel caso di correnti solido-liquide canalizzate, sono compresi, seppur in
maniera implicita, tutti gli elementi necessari al manifestarsi delle fenomenologie anzidette.
Infatti sia per il trasporto solido ordinario sia per le colate di detrito è necessaria la compresenza
di un volume solido che possa essere movimentato da un portata liquida defluente, oltre alla
necessità del raggiungimento di condizioni critiche di inizio moto. Tuttavia, mentre il trasporto
solido ordinario si manifesta per la totalità dei bacini montani (in quanto il raggiungimento delle
condizioni critiche di inizio moto è molto probabile, se non per tutte, almeno per le piccole
granulometrie), lo studio dell’occorrenza delle colate di detrito porta a constatare che non tutti i
bacini possono esserne coinvolti.
Da ciò è nata l’esigenza di definire dei criteri, per quanto empirici, in base ai quali è possibile
indicare se un bacino dato può essere soggetto alla formazione di colate di detrito. Alcuni di
questi criteri verranno illustrati brevemente nel seguito.
La presa di coscienza delle conseguenze disastrose e drammatiche causate dalle interazioni tra
i suddetti fenomeni di colata di detrito e il sistema antropico, ha portato alla progettazione e
messa a punto di strumenti di misura atti a ridurre l’interazione tra i due sistemi, e
conseguentemente i danni e le perdite umane ed economiche connesse.
Debris flows e territorio montano
1.3
1.2.2 INTERAZIONI TRA SISTEMA NATURALE E ANTROPICO.
Nell’ultimo decennio l’incremento nei territori montani del pericolo legato all’occorrenza di
eventi di colate di detrito può essere considerato come il risultato di un’interazione tra i processi
naturali di erosione del territorio e di movimentazioni di sedimenti e l’incrementata presenza
antropica in tali territori. La mitigazione degli effetti distruttivi delle colate di detrito si realizza
sia attraverso interventi sul sistema fisico cui consegue l’alterazione della dinamica legate agli
eventi di colata, sia attraverso una modificazione delle modalità con cui la presenza umana si
insidia sul territorio (DAVIES, 1997).
Il concetto di pericolo naturale nasce dalla presa di coscienza di questa interazione, ed è frutto
di un processo di valutazione dal punto di vista antropico.
Ciò è tanto più evidente quanto più si considera il sistema naturale come un sistema
autonomo, costituito da un insieme di sistemi e sottosistemi variamente connessi e
interdipendenti, ciascuno di essi comprendente ulteriori componenti con un proprio individuale
comportamento e governato da leggi proprie. Quando uno di questi sistemi o sottosistemi è
potenzialmente utile, allora è visto dal sistema antropico come risorsa, mentre se è
potenzialmente dannoso è concepito come pericolo. In assenza di sistema antropico (DAVIES,
1997):
«there are neither resources nor hazards, only natural systems, and a flood in a
river for example is not a problem; it is simply a part of the natural behaviour of
the system».
Non sempre l’interazione negativa tra i due sistemi è assolutamente imprevedibile: molto
spesso infatti un pericolo naturale si manifesta in quanto la presenza antropica sul territorio si è
realizzata senza tenere nella dovuta considerazione la possibilità di una sua interazione negativa
con il sistema naturale nel quale si insediava. In particolare l’urbanizzazione delle zone dei
conoidi alpini, effettuata senza tenere in considerazione sia il grado di dissesto del bacino sia
fenomeni parossistici pregressi, ha determinato situazioni in cui il pericolo effettivo, se non del
tutto eliminato, avrebbe potuto essere almeno mitigato.
Seppur l’urgente necessità di ridurre i danni generati dall’occorrenza di eventi parossistici sul
territorio potrebbe essere soddisfatta attraverso una radicale modifica degli assetti antropici sul
territorio, incontrando essa ostacoli sia di natura politica sia di natura sociale, occorre
frequentemente optare o per soluzioni strutturali di controllo o di arresto delle correnti solido-
liquide o per soluzioni di previsione in tempo reale delle stesse, unitamente a sistemi di allerta e
di evacuazione.
Risulta pertanto di fondamentale importanza il miglioramento della previsione delle
caratteristiche legate all’occorrenza, propagazione arresto e deposito delle colate di detrito,
mediante lo sviluppo di modelli che, se supportati da affidabili osservazioni e valutazioni di
campo, costituiscono il punto di partenza per una migliore comprensione della fisica del
fenomeno (Schema §1).
Debris flows e territorio montano
1.4
Schema §1. Lo schema mostra come, all’evidenza dei fenomeni e dei pericoli connessi alla disastrosa interazione
con il sistema antropico, consegue la messa a punto degli strumenti necessari alla mitigazione di tale interazione,
sulla base di una approfondita conoscenza delle peculiarità del processo.
1.3 QUADRO SINTETICO CRITICO SULLO STATO DI CONOSCENZE RELATIVE ALLA
FENOMENOLOGIA.
1.3.1 IDENTIFICAZIONE DEI SISTEMI NATURALI POTENZIALMENTE SOGGETTI A COLATE DI
DETRITO.
Si possono trovare in letteratura molti approcci alla individuazione dei bacini potenzialmente
a rischio di colata di detrito, alcuni di tipo qualitativo ed empirico, fondamentalmente basati
sull’osservazione, ed altri di tipo più quantitativo. In generale essi possono essere suddivisi in tre
famiglie: le analisi storiche retrospettive, le analisi della realtà territoriale ed infine le analisi di
carattere razionale–statistico.
L’analisi retrospettiva è uno degli strumenti utili all’individuazione delle caratteristiche di
eventi di colata di detrito verificatisi in passato, ed è un metodo perseguibile nel caso in cui siano
disponibili archivi storici e documentazioni sufficientemente ampie. Il criterio, di per sé, non può
fornire indicazioni sulla frequenza di occorrenza del fenomeno (in quanto gli eventi di colata
AMBITO DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
AMBITO DELLA RICERCA
EVIDENZA FENOMENOLOGICA.
BACINO IDROGRAFICO
PROPAGAZIONE
ARRESTO
SOLLECITAZIONE PLUVIOMETRICA
GENESI
RIDUZIONE DELL’INTERAZIONE
mediante la messa in opera di misura di
difesa
Difesa attiva
Difesa passiva
ANALISI DEI CARATTERI
DISTINTIVI E COMUNI DEI
DIVERSI PROCESSI.
ESISTENZA DI INTERAZIONI TRA
SISTEMA ANTROPICO E SISTEMA
NATURALE.
MODELLISTICA
Debris flows e territorio montano
1.5
registrati in un bacino non sono generalmente numerosi) e sulla sua possibile futura magnitudo.
Infatti presupporre che possibili eventi possano avere in futuro la stessa intensità della massima
già raggiunta nel passato, equivale ad un grossolano errore di valutazione.
Per i casi in cui si ha un’assenza di eventi registrati nel passato non è possibile a priori
concludere un’assenza di eventi trascorsi di colata, principalmente perché è possibile che tali
eventi non siano stati registrati in quanto non hanno interferito con le strutture antropiche o non
hanno generato danno. E’ il caso di bacini che in passato non presentavano antropizzazione delle
aree di conoide e per i quali eventuali eventi di colata potevano rappresentare al massimo
l’invasione di aree non sfruttate. Inoltre l’assenza di colate avvenute nel passato non ne
garantisce l’assenza anche nel futuro, in special modo per i bacini che sono stati soggetti nel
tempo a profonde alterazioni superficiali, pedologiche, di copertura vegetale, di produzione di
sedimenti, sia per cause naturali, sia antropiche (la deforestazione, lo sviluppo di attività di cava
etc.). Considerando poi le colate di detrito come originate da un processo di trasformazione di
afflussi liquidi meteorici in deflussi idrici superficiali destabilizzanti gli ammassi granulari
d’alveo, il non raggiungimento nel passato delle condizioni critiche di innesco non permette di
affermare (idrologicamente parlando) che tale limite non possa essere raggiunto nel futuro.
In modo complementare o sostitutivo all’analisi storica, è frequentemente utilizzata l’analisi
territoriale (geologica, geotecnica, topografica) del bacino, sia nella direzione di una ricerca delle
tracce del passaggio o deposito di colate passate, sia nella direzione della quantificazione della
potenzialità attuale del bacino a produrre debris flows (CHENG ET A., 1997).
Nel primo caso, la testimonianza di eventi di debris flow passati è data dall’evidenza dei
depositi di materiale solido sul conoide. L’assenza di tali depositi non può far concludere che il
bacino in studio non sia stato soggetto a colate di detrito (e ciò è evidente nel caso di
rimaneggiamenti delle aree del conoide) o non lo possa essere nel futuro. L’identificazione delle
tracce lasciate da eventi di colata passati è relativamente semplice, e può essere effettuata da
competenti geomorfologi. Qui di seguito ne sono indicate alcune:
- depositi di materiale solido non stratificati con massi angolari depositati in una matrice più
fine;
- canali con pareti ripide scavati nei depositi;
- depositi lobati con materiale grossolano al fronte e ai lati del lobo e materiale più fine nella
coda;
- grossi massi posti al di sopra di depositi fini;
- argini costituiti da materiale grossolano angolare allineati lungo il corso del torrente;
- blocchi posti al di sopra dell’attuale livello del torrente;
- vecchi scorticamenti superficiali nei fusti o rami degli alberi.
Va sottolineato inoltre che la stessa morfologia del conoide può essere alterata nel tempo,
specialmente nel caso di torrenti nei quali si verifica un normale trasporto di materiale solido. I
conoidi in questo caso saranno di tipo misto, assumendo una configurazione intermedia tra
quella descritta e l’alluvionale.
Nel secondo caso la valutazione della possibilità attuale di un bacino di produrre colate di
detrito si realizza attraverso la quantificazione dei volumi di materiale solido movimentabili, del
grado di stabilità dei versanti, dello stato di degrado della roccia superficiale, della presenza di
masse instabili etc. (CHENG J.D. ET A., 1997; SHIH ET A. 1997). Questa metodologia risulta di
grande utilità per la comprensione dello stato effettivo del bacino (che si potrebbe definire “ a
tempo zero”), se condotta da personale specializzato o da chi ha una profonda conoscenza del
Debris flows e territorio montano
1.6
territorio. Essa risulta però onerosa se deve essere condotta su bacini a grande estensione e per
ampie aree geografiche.
A completamento dei criteri su esposti sono stati anche proposti metodi di analisi di tipo
razionale-statistico. Questi approcci possono basarsi o su criteri di meccanica di innesco (come il
metodo proposto da TAKAHASHI, 1991) o sull’osservazione dei caratteri fisici, meccanici,
geometrici statisticamente ricorrenti o comuni ai bacini nei quali sono avvenuti eventi di colata
(come nel caso dell’indice di Melton; MARCHI ET A., 1993). Essi prescindono dalle realtà
specifiche analizzate e forniscono pertanto solo informazioni indicative o di orientamento.
Anche in questo caso la loro applicazione va fatta sempre con cautela e soprattutto in modo
complementare ad altri approcci.
L’insieme dei sopracitati approcci (analisi storica, territoriale etc.) è stato adottato per la
messa a punto di metodologie di carattere semiempirico, la cui applicazione porta generalmente
alla quantificazione di un indice, esprimente la maggiore o minore disponibilità del bacino e
produrre colate di detrito. Un’applicazione critica delle metodologie proposte a casi reali è stata
effettuata da BIANCO & FRANZI (2000b).
Qui di seguito vengono elencate alcune delle metodologie proposte in letteratura,
evidenziando i fattori che da ciascuna di esse vengono tenuti in considerazione, suddivisi in
fattori geometrici-topografici, idraulici, geologici e storici.
Metodologia Fattori considerati
Geometrici-topografici Idraulici Geologici Eventi
passati
Indice di Melton
(MARCHI et al., 1993)
Area del bacino
Pendenza del conoide
Quota max e min del
bacino
Criterio del P.W.R.I.
(SEMINARA & TUBINO,
1993)
Pendenza del bacino
Spessore dei depositi
Area del bacino
Vegetazione
Precipitazioni nevose
Pendenza dei versanti
Condizioni geologiche
Emergenza di falda
Frane
Fratture
Frane di
grande scala
Aulitzky Diametro massimo del
materiale presente sul
conoide
Spessore dei depositi
Inclinazione del conoide
Copertura vegetale
Aspetto del conoide
Condizioni di
deflusso della portata
sul conoide
Precipitazioni
massime
Potenzialità di
ritenzione idrica
superficiale
Volumi movimentabili
Coinvolgimento di
vegetazione
Effetti
generati da
eventi
passati
Rickenmann Pendenza del torrente
Pendenza del versante
Autorità di bacino
del fiume Po
Area del bacino
Area del conoide
Indice di Melton
Diametro medio-massimo
rilevato in conoide
Pendenza dell’asta
Debris flows e territorio montano
1.7
Tra i differenti approcci di tipo statistico-razionale meritano particolare interesse le
metodologie che si basano sull’individuazione delle cause pluviometriche scatenanti l’evento di
colata di detrito. Come già indicato, le precipitazioni meteoriche sono solo una delle cause per
cui il fenomeno di colata di detrito si può sviluppare e pertanto tale analisi richiede di essere
integrata mediante le altre valutazioni proposte. Si noti inoltre che l’estrema variabilità delle
condizioni in cui tali fenomeni si possono verificare (oltre che la variabilità della fenomenologia
stessa) induce a pensare che le soglie pluviometriche di innesco possano essere ricavate solo per
singoli bacini o per limitate aree geografiche omogenee, mentre la loro generalizzazione può
risultare fuorviante.
1.3.2. VALUTAZIONE DELLE CAUSE PLUVIOMETRICHE INNESCANTI IL PROCESSO.
Molti ricercatori hanno indirizzato la loro attenzione verso lo studio del legame che intercorre
tra le precipitazioni e la mobilizzazione del materiale solido costituente una colata di detrito. I
vari modelli (CAINE, 1980; WIECZOREK, 1987; BECHT & RIEGER, 1997; WAN & WANG 1994;
VERSACE ET A., 1998) proposti possono essere distinti in modelli idrologici e modelli completi di
versante.
MODELLI IDROLOGICI.
I modelli idrologici hanno quale obiettivo l’identificazione diretta del legame tra l’entità delle
precipitazione e il manifestarsi degli eventi di debris flows. Essi propongono di individuare la
soglia delle precipitazioni o, più in generale, di grandezze indice derivate dalle precipitazioni, al
di sopra delle quali può innescarsi il fenomeno. Tali approcci non richiedono l’analisi degli
aspetti più strettamente idrologici, idraulici, geotecnici e geologici, connessi al processo di
innesco, ma si limitano a relazioni di tipo empirico, descrittive del legame tra causa
pluviometrica ed effetto osservato.
Questi modelli idrologici necessitano di una taratura e presuppongono la disponibilità di
informazioni storiche relative ai fenomeni di movimento dei terreni. Importante e necessaria è la
conoscenza delle date in cui gli eventi si sono verificati, possibilmente dell’ora in cui si sono
verificate, e delle piogge antecedenti all’evento calamitoso. Inoltre poiché le piogge a cui è
connessa la generazione delle colate di detrito sono generalmente caratterizzate da elevate
intensità in intervalli temporali dell’ordine dei 10’ , 30’ e 60’, è necessario anche conoscere con
sufficiente precisione l’andamento del pluviogramma alle stesse scale temporali. Considerata
l’estrema variabilità nel tempo e nello spazio delle condizioni di pioggia in concomitanza a
eventi di tipo temporalesco, questa conoscenza è possibile solo nei casi in cui si disponga di
stazioni di rilevamento delle precipitazioni situate nelle immediate vicinanze o all’interno del
bacino in cui si sono generate le colate.
Negli schemi più semplici l’evento di mobilitazione è posto in relazione con le piogge
immediatamente precedenti l’evento o con quelle cumulate su un più lungo periodo antecedente.
I modelli più articolati, invece, tendono ad individuare una trasformata delle altezze di
pioggia, detta funzione di mobilizzazione. I parametri che caratterizzano la trasformata vengono
tarati in modo che essa attinga i valori massimi in occasione degli eventi storici di movimento
dei terreni.
Debris flows e territorio montano
1.8
I vantaggi dei modelli idrologici sono molteplici, e, tra questi, possono qui essere ricordati:
- la possibilità di una implementazione sulla base di una limitata quantità di dati (serie
storiche delle piogge, ubicazione e data degli eventi di mobilizzazione storici);
- la formulazione matematica traibile da teorie note e documentate (teoria dei segnali,
analisi spettrale, analisi statistica delle serie storiche);
- l’utilizzo dell’approccio anche in sede previsionale o di pianificazione degli interventi;
- la possibilità di effettuare un’analisi del fenomeno senza la necessità di dettagliate
conoscenze circa i processi fisici in gioco.
Allo stesso tempo si possono riscontrare i seguenti svantaggi:
- la non automatica trasferibilità dei modelli, che devono essere sempre sottoposti a
verifica, essendo spesso legati a particolari tipologie di mobilizzazione e di suoli;
- il significato fisico dei parametri non sempre conseguibile, essendo questi ottenuti
attraverso processi di ottimizzazione e, conseguentemente, di determinazione indiretta;
- la limitata utilità nella descrizione dei reali processi fisici in gioco;
- l’impossibilità di simulare l’effetto di interventi antropici.
MODELLI COMPLETI DI VERSANTE.
Con modelli completi di versante si indicano quegli approcci realizzati tramite la
modellizzazione dei principali fenomeni fisici coinvolti nel processo, che lega le precipitazioni
meteoriche alla mobilizzazione dei terreni.
Tali modelli si propongono di riprodurre matematicamente e, spesso, con diverso grado di
dettaglio, i fenomeni fisici che avvengono sui pendii (si veda ad esempio BIANCO & FRANZI,
2000b). In particolare vengono modellati il processo di infiltrazione delle piogge, il processo di
ricarica e di esaurimento degli acquiferi, il ruscellamento superficiale. A questi modelli è
necessario associare un secondo modello che, una volta valutato l’effetto delle piogge sui
deflussi superficiali e su quelli sotterranei, associ a quest’ultimo un’analisi della stabilità di
versante.
All’analisi delle cause all’origine della formazione delle colate di detrito e alla conseguente
definizione delle condizioni in cui gli eventi possono generarsi ed eventualmente alla loro
ricorrenza, è logicamente connessa anche l’intensità dell’evento di colata di detrito (intesa come
la combinazione della sua durata, dei volumi liquido-solidi coinvolti, dell’idrogramma solido-
liquido), anche se la connessione tra causa pluviometrica ed effetto non può essere facilmente
dedotta a prescindere dalle singole realtà locali. Al momento non esistono in letteratura modelli
di tipo black box che correlino l’intensità dell’evento pluviometrico all’intensità dell’evento di
colata sul conoide.
Dedotte le condizioni di innesco di colate di detrito in un bacino che ne è potenzialmente
soggetto, lo studio della tipologia del fenomeno e la previsione delle sue caratteristiche
dinamiche sono gli strumenti indispensabili per una corretta progettazione delle opere di difesa.
Debris flows e territorio montano
1.9
1.4 QUADRO SINTETICO SULLE ATTUALI MODALITÀ DI INTERVENTO PER LA
MITIGAZIONE DEL PERICOLO E ASPETTI PROPOSITIVI.
1.4.1 MODALITÀ DI INTERVENTO.
Se si definisce il disastro come l’interazione negativa tra il sistema antropico e il sistema
naturale, si può a ben ragione affermare che l’impatto del disastro può essere ridotto modificando
l’interazione tra i due sistemi, o alterando i sistemi stessi o riducendo l’intensità dell’interazione.
Dal punto di vista ingegneristico è una approccio consolidato il cercare di modificare il
sistema naturale, il che equivale, nel caso specifico, a controllare la corrente di detrito mediante
strutture in grado di ridurne il potenziale potere interattivo (briglie, sbarramenti, sovrappassi,
piazze di deposito, canalizzazioni etc.). L’attuazione di interventi di tipo strutturale rientra nelle
misure di protezione di tipo attivo, intendendo con tale termine l’insieme delle misure che
intervengono direttamente sulla colata di detrito, cercando di modificarne il percorso o ridurne
l’impatto controllando il danno che potrebbe essere arrecato (HUNGR ET A. 1987). In generale i
criteri su cui si possono basare tali tipologie di interventi sono i seguenti (FIEBIGER, 1997):
- prevenzione della formazione delle colate, mediante la messa in opera, nelle aree da cui
esse possono avere origine, sia di strutture di stabilizzazione (briglie) sia mediante
interventi di ingegneria naturalistica;
- arresto delle colate in prossimità dell’apice del conoide, mediante la costruzione di opere
finalizzate alla ritenzione del volume solido trasportato;
- riduzione dell’energia totale della colata, mediante strutture che ne generino il parziale
arresto o rallentamento;
- modificazione del percorso della colata, mediante diversione o canalizzazione della
corrente verso aree del conoide di minore interesse e a minore impatto antropico;
- accumulo del materiale solido trasportato in apposite aree di deposito (debris flow
pockets, o piazze di deposito) situate generalmente nella parte superiore del conoide.
Le suelencate tipologie di interventi, pur avendo il vantaggio di non imporre modificazioni
strutturali al sistema antropico, comportano la necessità il mettere in opera strutture che, oltre a
dover essere efficienti nel tempo, devono risultare anche economicamente vantaggiose per
periodi ragionevolmente ampi. Inoltre l’efficacia delle strutture stesse nei riguardi del potere
distruttivo delle colate è subordinata alla comprensione non solo, in generale, della
fenomenologia connessa alle colate di detrito verificatesi sul territorio considerato nel passato,
ma anche dei possibili eventi che si possono verificare nel futuro. Proprio a causa delle difficoltà
insite nella previsione della dinamica dei futuri eventi di colata, in molti casi (ARATTANO, 1999;
DAVIES, 1997) le misure di tipo attivo, di qualunque tipologia (bacini di deposito, briglie,
rivestimenti di sponda etc.) non sono in grado di garantire una completa sicurezza per gli abitanti
dei paesi siti in conoide né per gli utenti delle infrastrutture viarie che li attraversano.
Accanto alle opere atte a modificare le caratteristiche del sistema naturale, assumono una
grande importanza gli interventi di tipo passivo, che possono essere adottati o in modo
alternativo o in modo complementare a quelli di tipo attivo. Con interventi di tipo passivo si
intende l’insieme delle contromisure atte a evitare o impedire, in modo permanente o in
condizioni di immediato pericolo, l’uso delle aree potenzialmente soggette al transito e/o
deposito delle colate di detrito. Tali interventi non modificano il sistema naturale, ovvero non
alterano le caratteristiche dell’evento parossistico che può verificarsi, ma ne riducono
l’interazione col sistema antropico ed il danno ad esso causato.
Debris flows e territorio montano
1.10
Rientrano in questa tipologia di interventi la mappatura delle aree potenzialmente soggette al
transito e/o deposito delle colate di detrito, la realizzazione dei sistemi di allertamento ed
evacuazione. In alcuni casi, particolarmente per le strutture di tipo viario, le misure di tipo
passivo possono risultare nell’immediato le uniche praticabili, a causa dei ristretti tempi di
intervento a seguito di un evento, dell’eccessiva onerosità degli interventi strutturali rispetto al
valore dei beni da proteggere e alla bassa probabilità di danno alle persone. D’altro canto le
misure di tipo passivo non sempre risultano affidabili; in particolare non lo sono i sistemi di
allertamento automatico che, provocando frequenti falsi allarmi, possono facilmente risultare
invisi ai responsabili della loro gestione e manutenzione (HUNGR ET A., 1987).
Tra le diverse tipologie di intervento di tipo passivo rientrano (ARATTANO, 1999):
- i sistemi di tipo preventivo, basati sul monitoraggio del territorio, sulle modificazioni
morfologiche che in esso avvengono e sullo studio di fenomeni pregressi;
- i sistemi di allertamento anticipato, che, monitorando le condizioni predisponenti, si
propongono di indicare il possibile verificarsi di un fenomeno prima che questo avvenga,
mediante il confronto dei valori delle grandezze registrate con i valori critici;
- i sistemi di allertamento in corso di evento, che prevedono il monitoraggio in tempo reale,
segnalando il fenomeno mentre questo sta avvenendo;
- i sistemi di segnalazione dell’evento avvenuto, utili alla riduzione degli ulteriori danni che
potrebbero derivare dall’uso di strutture (principalmente viarie) non più agibili in
condizioni di sicurezza.
Riconosciute queste due distinte possibilità di intervento (attivo e passivo, indicate nello
schema sottostante), è possibile giungere ad una loro combinazione tale per cui il modificato
sistema naturale non impatti in modo eccessivamente violento con il modificato sistema
antropico. Questa strategia è sicuramente più efficace e più accettabile rispetto ad un’azione
unidirezionale che cerchi di alterare uno solo dei due sistemi interessati, anche se possono
esistere casi in cui questo compromesso non può essere raggiunto.
Nei casi in cui il problema può essere risolto solo modificando il sistema antropico, la
situazione è generalmente tale per cui ogni tentativo di controllo del sistema naturale non può
essere tale da fornire il grado di sicurezza cercato.
SISTEMA
NATURALE
SISTEMA
ANTROPICO
RIDUZIONE DELL’INTERAZIONE
mediante la messa in opera di misure di
difesa
Difesa attiva
Difesa passiva
Debris flows e territorio montano
1.11
1.4.2 PROBLEMATICHE NELL’ADOZIONE DI STRUMENTI DI CONTROMISURA.
La pianificazione delle aree di conoide si realizza attraverso l’identificazione delle superfici
che possono essere soggette alla propagazione, arresto e deposito delle colate di detrito e,
successivamente, attraverso una pianificazione d’uso delle stesse. Seppur ciò possa essere
riconosciuto in linea di principio, occorre considerare come la conoscenza dei sistemi naturali
non fornisca ad oggi i livelli di conoscenza richiesti per effettuare a buoni livelli di certezza una
previsione deterministica degli eventi futuri.
Infatti non è ad oggi disponibile una teoria che, per un dato conoide, possa indicare sia la
possibilità che un certo evento avvenga con una certa frequenza, sia che avvenga con una certa
intensità, cioè una teoria che possa quantificare, insieme alle altre grandezze, un rischio di
accadimento. Tuttavia le conoscenze attuali, a prescindere dalla quantificazione del rischio,
permettono di porre in opera strumenti di difesa attiva (di tipo strutturale), la cui efficacia però
dipende in modo sostanziale dalla migliore o peggiore conoscenza della fenomenologia a cui
esse sono finalizzate.
Insieme alle forti incertezze sulla conoscenza delle probabili intensità e frequenza di fenomeni
di colata di detrito (elemento che si ripercuote sull’efficacia delle opere di difesa attiva), si
aggiunge l’arduo compito di mettere in opera misure di difesa passiva finalizzate a modificare un
sistema antropico (inteso non solo come insieme di persone, ma anche di infrastrutture) che ad
oggi risulta essere non sempre sufficientemente sensibilizzato (a tutti i livelli) al rischio di
accadimento di eventi parossistici. Inoltre il rischio è generalmente percepito in modo differente,
cioè come potenzialità di accadimento, a prescindere dalla frequenza temporale e dall’intensità,
ovvero dalla maggiore o minore interferenza con il sistema antropico.
D’altro canto, mentre il comportamento fisico delle colate di detrito è fisicamente
determinato, il comportamento dei sistemi antropici non è immutabile. Perciò risulta importante
porre in atto gli strumenti di informazione finalizzati ad affinare la sensibilità ai problemi in
parola e alla percezione generale del rischio naturale.
Poiché l’efficacia degli strumenti di difesa attiva e passiva dipende sostanzialmente dal grado
di approfondimento della conoscenza e comprensione del sistema naturale, è necessario
anteporre alla problematica della modalità di intervento la necessità di un’analisi della
fenomenologia e di una previsione del comportamento dinamico della corrente (Figura 1.b).
Debris flows e territorio montano
1.12
Figura 1.b Lo schema mostra come alla riduzione dell’interazione tra sistema naturale e antropico sia necessario
anteporre l’evidenza fenomenologica, lo studio sulla tipologia di fenomeno e l’analisi delle caratteristiche dinamiche
tramite una efficace modellistica.
In generale il comportamento di un sistema naturale è non lineare, in quanto il sistema
comprende in sé molte componenti interagenti reciprocamente. E’ probabile poi che ciascuna
componente del sistema sia essa stessa non lineare ed il comportamento dell’intero sistema sia di
tipo caotico, nel senso che, se anche il comportamento di ogni singola componente è
perfettamente noto, la predizione dell’intero comportamento del sistema in un tempo futuro è
possibile solo per condizioni iniziali perfettamente note (STEWART, 1989). Ciò comporta che un
sistema naturale è non-prevedibile se non nell’immediato futuro (DAVIES, 1997).
Le correnti di detrito appartengono a questa tipologia di sistemi, a causa delle molteplici
componenti che interagiscono vicendevolmente: comportamento reologico non lineare e
differenziato nello spazio, variazione non lineare delle pressioni interstiziali nella profondità di
corrente, interazioni grani-fluido interstiziale, non linearità della variazione del volume totale di
colata etc. E ciò non deve sorprendere, dal momento che livelli simili di complessità sono
presenti anche nel caso di fenomeni naturali ordinari, come il deflusso di correnti idriche in
canali artificiali in moto permanente, in cui la difficoltà di schematizzazione dei fenomeni di
turbolenza è possibile solo attraverso l’uso di relazioni empiriche sulla resistenza al moto.
Tuttavia, se da un lato il comportamento di un sistema naturale è intrinsecamente non
prevedibile, esso non è totalmente casuale. Ad una certa scala, si possono individuare alcuni
aspetti comportamentali predominanti sui singoli processi locali, descrivibili empiricamente e in
modo indipendente da essi.
Informazioni sul comportamento delle colate di detrito possono essere ricavate o da
osservazioni di dati di campo o da sperimentazioni in laboratorio. Per quanto riguarda le prime, è
attualmente assai difficoltoso avere informazioni precise riguardo le modalità di innesco, di
propagazione e deposizione di eventi di colate avvenuti, sia per la mancanza di sistemi di
monitoraggio che consentano di registrare l’evento durante il suo sviluppo, sia per la mancanza
di una conoscenza dettagliata e aggiornata del territorio, che consentirebbe, se non altro almeno
EVIDENZA
FENOMENOLOGICA
ANALISI DEI
CARATTERI
FENOMENOLOGI
CI
APPRONTAMENTO DELLE
MISURE DI DIFESA ATTIVA
E/O PASSIVA
ANALISI DELLA POTENZIALITÀ
DI UN BACINO DI PRODURRE
COLATE DI DETRITO
MODELLISTICA
NECESSITÀ DI UNA
RIDUZIONE
DELL’INTERAZIONE
TRA SISTEMA
ANTROPICO E
NATURALE
Debris flows e territorio montano
1.13
dal punto di vista topografico, di comprendere le modificazione indotte da eventi parossistici
mediante la sovrapposizione della situazione ante e post-evento (BIANCO & FRANZI, 2000b). I
dati più frequenti di cui si dispone inerentemente a eventi passati riguardano esclusivamente il
volume di materiale solido depositato sul conoide, le immagini fotografiche del deposito, gli
spessori, ma ben poco (se non in alcuni bacini attrezzati, ARATTANO, 1997) si conosce sulle
modalità di deflusso, di propagazione e quant’altro. D’altra parte le modellistiche di laboratorio,
pur fornendo indicazioni importanti sulla reologia delle colate, sui meccanismi di innesco e sullo
sviluppo delle correnti (comprese le erosioni e depositi) sono adottate solo raramente (nel caso di
necessità di studio e/o di progetto peculiari), a causa delle tempistiche e degli oneri economici
connessi, di gran lunga superiori rispetto a quelli dei modelli matematici.
Rimane comunque imprescindibile la necessità di una più approfondita conoscenza della
meccanica (ovvero della tipologia del fenomeno), delle condizioni di innesco, della
propagazione di queste correnti, al fine di creare la base fondamentale sia per la previsione
qualitativa del comportamento delle colate sia per la costruzione di modelli matematici, i cui
risultati rimangono comunque condizionati dalla scelta dei parametri in gioco.
Solo un’accurata conoscenza di base di questi ultimi può fornire una più realistica
simulazione di futuri possibili eventi di debris flow. La stessa taratura di un modello su un
evento passato, avvenuto in una particolare realtà territoriale, non garantisce che le future colate
di detrito possano essere correttamente riprodotte dal modello. Allo stesso modo la taratura di un
modello matematico su più eventi di colate registratesi in un particolare bacino montano, non
permette a priori una sua estrapolazione a bacini montani aventi caratteristiche geomorfologiche
differenti. Ciò vale, in particolare, quando si analizzano i modelli idrologici di innesco di colate:
eventi pluviometrici simili (aventi cioè intensità e durate comparabili) possono causare o meno
eventi di colata a seconda del bacino idrografico che si considera, al variare disponibilità di
materiale solido della pendenza e quant’altro.