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INTRODUZIONE
Il rinnovato interesse multidisciplinare nei confronti del corpo rispetto alla visione
platonica e cartesiana che ha accompagnato e giustificato, per secoli, il suo
„nascondimento‟, e gli sviluppi neurobiologici che hanno messo in luce, grazie anche al
progresso tecnologico e scientifico, i meccanismi dell‟apprendimento, hanno condotto
questo lavoro a riflettere su “Quale ruolo abbia il corpo nei processi di conoscenza”.
Non a caso, è stata scelta l‟immagine dell‟Uomo Vitruviano, posto nella prima pagina,
non quale icona delle ideali perfette proporzioni del corpo umano, quanto, piuttosto,
quella di „corpo al centro del mondo‟, nella sua posizione stabile e statica all‟interno del
quadrato che gli darebbe sicurezza, e nella sua dinamicità nel „toccare‟ il cerchio che fa
pensare al movimento continuo.
La „Rinascita‟ dell‟uomo nel suo corpo ritrovato ha condotto questo lavoro a ripensare
al rapporto del corpo stesso con gli altri e con il mondo, rapporto in cui si definisce la
sua stessa identità, il suo esserci. Quel riconoscersi nel volto dell‟altro, che è poi, il suo.
Ed è proprio la „presenza‟ ad esprimere l‟originaria correlazione tra il corpo e il mondo,
quell‟ „intelletto incorporato‟ che abita il tempo e lo spazio dei corpi.
E‟ l‟ „Io corporizzato‟.
Il corpo passa, così, da „componente‟ a principio necessario del nostro stesso essere al
mondo. Un corpo multiforme, biologico, sociale, immaginario, emotivo, cerebrale e
comunicativo. Un „corpo vissuto‟.
Ma è un corpo che apprende e, grazie agli studi delle neuroscienze, alla scoperta dei
„neuroni a specchio‟ anche nell‟uomo, viene definito il suo rapporto con le conoscenze
che acquisisce.
L‟Homo Tecnologicus si rapporta, poi anche con i Media, con le nuove tecnologie e,
nell‟immagine più estrema, Stelarc, trasforma completamente il proprio corpo in un
Cybercorpo.
L‟uomo è relazione e comunicazione ed empatia: si vedrà come sia possibile un
rapporto empatico anche in assenza di fisicità, ossia nel virtuale.
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Struttura
Diviso in Tre parti e Nove capitoli, il lavoro si presenta così strutturato:
Nella prima parte, viene preso in esame il Corpo, la Corporeità, il loro rapporto con la
mente e l‟apprendimento attraverso le differenti concezioni e teorie fino a quella delle
Neuroscienze.
La seconda parte, invece, riguarda il rapporto del corpo con i Media e con le Nuove
tecnologie e la relazione empatica con essi.
Nella terza e ultima parte, infine, si teorizzano, in campo didattico, approcci che mirino
a valorizzare a stimolare la conoscenza attraverso il corpo.
Nel Primo capitolo, la riflessione verte su ciò che si intende per Corporeità che, quale
sede di espressività e comunicazione con l‟altro, di esteriorità (emozioni-sentimenti),
ma anche di processi cerebrali (funzioni cognitive), si palesa come un „unico essere‟
esplicitando come, corpo e persona non possano essere prese separatamente in quanto,
connettendosi, si fondono in un‟unica visione olistica. Corporeità, quindi, come corpo
che si „è‟, corpo vissuto, sentito e pensato. Si fa riferimento a Lakoff in particolare, in
quanto appare chiaro che l‟embodiment, come pratica per cui „incarniamo‟ qualcosa
quando ne facciamo esperienza , ben si sposa con il concetto di „corpo vissuto‟, quel
corpo che, nella sua unità, ci introduce al mondo, anzi il mondo stesso e i suoi oggetti
„nascono‟ quando il corpo li vede, li sente, li tocca e a sua volta, esso stesso, sentendosi
visto, sentito e toccato, „è‟, nel contempo esplorante ed esplorato.
Nel Secondo capitolo vengono scorse le diverse concezioni che si sono evolute riguardo
l‟idea del corpo nel corso dei secoli e ci si sofferma su quelle che guardano al corpo
nella sua „multiformità‟ e „dialetticità e al concetto di „mediatezza‟ che esso porta con
sé, che si concretizza attraverso la comunicazione, considerata nella sua relazione con
l‟altro, mettendo in evidenza il suo passaggio da corpo-oggetto, a corpo che „agisce‟
esplorando il mondo, costruendo conoscenza.
Il Terzo capitolo evidenzia le diverse concezioni riguardanti il rapporto corpo-mente,
partendo dalla ricerca sul significato stesso di mente e dal dualismo cartesiano alla
ricerca di un possibile punto di incontro.
L‟apprendimento, quale attitudine peculiare della natura umana e le teorie ad esso
afferenti, viene introdotto nel Quarto capitolo, mentre nel Quinto, dopo aver delineato i
caratteri delle neuroscienze e il perché stanno assumendo grande rilevanza negli ultimi
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anni si delinea qual è il loro rapporto con l‟apprendimento, specie in seguito alla
scoperta dei „neuroni a specchio‟ anche nell‟uomo.
Nella Seconda parte, invece si intende riflettere, nella società caratterizzata da media e
tecnologie che permettono di sentirsi sempre più vicini, quale rapporto il corpo instauri
con questi mezzi (Primo e Secondo capitolo), e si cerca di scoprire, nel Terzo capitolo
se, e in che modo si possa instaurare un rapporto empatico allorquando la fisicità , nel
senso di presenza fisica, è assente.
La Terza parte, infine, costituita da un solo capitolo, vuole evidenziare l‟importanza del
corpo nella didattica e prospettare ipotesi laboratoriali che valorizzino il ruolo di
„medium‟ del corpo stesso nell‟apprendimento e nella co-costruzione di conoscenze.
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PARTE PRIMA
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I CAPITOLO
CORPOREITÀ
“Dire “mio corpo”
equivale a dire “me stesso”
e con ciò io mi pongo
al di qua o al di là
di qualsiasi
rapporto strumentale.
(Gabriel Marcel)
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La corporeità è sede di emozioni-sentimenti quali, espressività – comunicazione con
l‟altro e l‟esteriorità per riconoscere sé grazie alla presenza dell‟altro;
sede di funzioni cognitive ovvero, processi cerebrali di organi preposti, cosicché la
mente emerge dal corpo per stadi di consapevolezza.
Pensare di appartenere al mondo significa essere soggetto corporeo, emotivo, storico,
in connessione con gli Altri, e con l‟ambiente. Il corpo e la persona sono un “unico
Essere” per cui, connettendosi, si fondono in un‟unica visione olistica.
Così come il Corpo e la Mente inter - sono, non possono e non devono essere prese in
considerazione in modo separato e distinto fra loro, ma fanno parte di quel tutto che è la
persona nella sua complessità.
E‟ attraverso il vissuto corporeo che si può costruire quella rete di relazioni e di
appartenenza della quale facciamo parte da sempre come ‛esseri umani‟.
La corporeità dunque è corpo che sente (sensazioni, percezioni con funzione attiva,
valutativa); che dialoga con l‟orecchio e con la voce; che possiede sonorità e con-vibra
con il ritmo esterno; che esprime, nella gestualità e nel movimento, sentimenti, desideri,
bisogni; che conosce, perché la prima forma di conoscenza si attua nell‟interazione tra
madre e feto in una immersione globale di sonorità ritmica e tattile. Ed è questo ascolto
globale, unitamente alla sensazione tattile avvolgente, che permette la conoscenza
primaria dell‟alterità.
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Gabriel Marcel (Parigi, 7 dicembre 1889 – Parigi, 8 ottobre 1973) è stato un filosofo e scrittore francese.
Criticando la separazione di origine cartesiana tra soggetto ed oggetto, che ha portato l'uomo a pensare in
maniera ingiusta di poter dominare il mondo, Marcel afferma che è necessario ricuperare l'unità fra
soggetto ed oggetto, partendo dall'Io e dal corpo, che non è altro da me, in quanto "io sono il mio corpo".
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La relazione con gli altri e con gli oggetti, ottenuta attraverso l‟azione, consente
all‟individuo di porsi e di determinare i propri limiti, di affermare i propri bisogni e di
realizzare i propri progetti (Giugni, 1986).
Embodiment
Parlare di corporeità, intesa come l‟insieme delle capacità senso-motorie
dell‟organismo che gli consentono di interagire con successo all‟interno del proprio
ambiente, vuol dire fare riferimento ad un insieme di saperi che hanno bisogno di
dialogare costantemente tra loro attraverso apporti metodologici, scientifici e
disciplinari differenti e diversificati rapportandosi al corpo che si ha, ma soprattutto al
corpo che si è, al corpo vissuto, al corpo emotivo, al corpo valore, al corpo sentito e
pensato. Il corpo, infatti, rappresenta allo stesso tempo un „luogo‟ speciale e generale,
proprio e comune, biologico e culturale.
Lakoff, parlando di „mente incorporata‟, sostiene che l' embodiment, inteso sia come
pratica, per cui noi ‛incarniamo‟ qualcosa quando ne abbiamo esperienza, sia come
riflessione sulle sensazioni e le emozioni, (Martha Eddy) rappresenta non solo il rigetto
del “dualismo cartesiano”, che definisce il corpo come mera somma di parti senza
interiorità, quindi corpo-oggetto, e l‟anima come un essere completamente presente a se
stesso senza distanza, ovvero coscienza-oggetto (Gomez Paloma, 2009), ma anche del
ritenere che la ragione umana possa essere compresa senza riferirsi ai „dettagli
implementativi‟ di fondo mentre quasi tutta la cognizione umana, fino al ragionamento
più astratto, dipende e fa uso di strutture concrete e di „basso livello‟, quali il sistema
senso-motorio e le emozioni.
Il nostro corpo, preso nella sua unità, è ciò che ci introduce al mondo o che ostacola
la nostra presenza al mondo. In questo senso ha una valenza soggettiva che non
consente di intenderlo né come „strumento‟, né come un „oggetto‟.
U. Galimberti (2002) afferma che “il corpo è incompatibile con lo statuto
dell‟oggetto perché è costantemente percepito, mentre dall‟oggetto posso anche
distogliere l‟attenzione; perché è sempre con me e mai, come l‟oggetto, di fronte a me.
L‟oggetto nasce quando, con gli organi del mio corpo, lo vedo, lo tocco, lo ispeziono,
per cui il corpo non è oggetto, ma ciò grazie a cui vi sono gli oggetti. Quando tocco un
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oggetto lo sento attraverso l‟esplorazione del mio corpo, quando tocco il mio corpo mi
sento esplorante ed esplorato”.
Il corpo porta con sé una valenza conoscitiva: anche nei gesti quotidiani, come
guidare l‟auto, uno scooter, la bici, non è sufficiente rappresentarsi mentalmente i
movimenti da compiere, ma occorre un sapere motorio che ha origine dalla correlazione
tra il corpo e il mezzo che guido piuttosto che l‟oggetto che afferro.
Tutti gli oggetti che appartengono al nostro mondo prima di essere qualcosa per la
nostra mente sono qualcosa per il nostro corpo. Il corpo, quindi, considerato nella sua
unità è ciò che garantisce l‟esistenza nel mondo e non può essere riconducibile né alla
sola coscienza, né al solo organismo: “…proprio perché l‟Io non si distingue dal corpo,
e dalla persona che il corpo dischiude, non posso dire che lo sguardo vede qualcosa
per me o che il braccio si protende per afferrare qualcosa per me. Sono io infatti,
questo sguardo che ispeziona, così come sono io questo braccio che afferra, in quanto
io sono davanti al mondo, non davanti al mio corpo” (Galimberti, 2002).
Il corpo non si rapporta alle cose distanziandole, in quanto è proprio la nozione di
presenza ad esprimere quell‟originaria correlazione tra il corpo e il mondo. E‟
quell‟intelletto ‛incorporato‟ che abita il tempo e lo spazio dei corpi che interviene nel
mondo non come „io penso‟, bensì come „io spingo‟, „io trascino‟ „io sollevo‟ le cose
del mondo.
Le stesse emozioni espresse dal corpo non sono il riflesso di uno stato interno,
quanto l‟immediata espressione della situazione che il corpo vive nel mondo.
Il dualismo tra mente e corpo si supera se il corpo non viene inteso come una
macchina che risponde automaticamente a degli stimoli ma come un ente che dà senso,
significato al mondo attraverso gesti concreti che riguardano le attività quotidiane.
Qualsiasi esperienza, è inevitabilmente connessa con il corpo (Arciero, 2005). L‟Io è
corporizzato (Giddens, 1997) in quanto il soggetto percepisce se stesso come essere
corporeo totale, il corpo gli permette di distinguere l‟esterno dall‟interno, il dentro dal
fuori. Viviamo nella corporeità e il corpo, quale fonte di narrazioni e discorsi, diventa
la storia incarnata del soggetto che porta le sue tracce.
Lo stesso Husserl nel distinguere Leib come corpo vissuto, il corpo che percepisce, il
corpo non costruito, dal Koper, ossia il corpo oggettivo, da misurare, da studiare,
evidenzia che è il corpo il luogo dove si può dare un senso all‟esperienza vissuta in
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quanto è esso che trascende se stesso verso il mondo intorno al quale gli oggetti si
ordinano in virtù del significato che l‟individuo dà. Si prende coscienza, dunque del
fluire dei numerosi vissuti e ci si apre al significato della relazione intersoggettiva
grazie al medium della corporeità vivente. Cosicché il Lieb appare come un mezzo di
relazione imprescindibile che, attraverso percezioni e appercezioni, permette il
coglimento del corpo, della psiche e dello spirito di altri Io (Gomez Paloma, 2009).
E la filosofia, da Husserl e dagli esistenzialisti in poi parla di embodiment, della
relazione diretta tra processi corporei ed elaborazione delle informazioni.
Il corpo può diventare un mezzo per elaborare nuove informazioni proprio perché
come Dewey ha affermato “attraverso l‟azione si impara”. Il corpo, dunque, come una
‛porta‟ che consente di accedere alle informazioni, che ha capacità di rigenerarsi, che ha
intelligenza e creatività (Thomas Hanna della Yale University), “un laboratorio vivente,
dunque, in cui l‟io si sperimenta concretamente e trova l‟attrezzatura, il materiale, la
direzione della sua azione nel mondo; un anello di congiunzione, dell‟io con gli altri e
con la realtà degli oggetti, dello spazio e del tempo”(Giugni, 1986). E la corporeità,
quindi, non solo è dimensione grazie alla quale si realizzano molte delle funzioni
umane, ma diviene fattore caratterizzante della dinamicità della nostra dimensione
umana
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II CAPITOLO
IL CORPO
Da „componente‟ a „principio necessario‟ del nostro essere al mondo
“ Il mio corpo
è più del mio corpo.
Io non ho un corpo,
Io sono un corpo”.
Emmanuel Mounier
Nella cultura contemporanea si assiste ad una rivalutazione del „corpo‟ quale fisicità
concreta, e sempre più di frequente viene utilizzato come linguaggio e comunicazione,
come fondamento della soggettività, con una sua centralità, in quanto riprende possesso
di sé, definendo la sua identità; con una complessità che certamente nell‟atavica
opposizione al cogito prima non aveva, e che oggi, con la sua multiformità, biologicità,
socialità, immaginarietà, emotività, cerebralità e comunicatività appare come corpo
„multiforme‟, un corpo „plurale‟ che percepisce il mondo ed elabora al tempo stesso
conoscenza; con una dialetticità vissuta all‟interno di un corpo „multiplo‟ e pensata in
relazione al corpo stesso.
Dalla “follia del corpo” di Platone alla “maledizione della carne” della religione
biblica, dal “dualismo” cartesiano all‟ ”anatomia riformata” della medicina moderna,
dalla “forza lavoro” dell‟economia alla “mediatizzazione” attraverso una comunicazione
sempre più esteriorizzata, si ricerca il significato profondo della “sfida del corpo”.
E‟ nel Novecento infatti che si assiste ad mutamento rivoluzionario nella concezione
del corpo grazie a diversi movimenti di pensiero: dalla psicoanalisi che sostiene con
Freud, l‟identità tra l‟io e l‟io corporale, e con Reich l‟identità tra gli atteggiamenti
mentali e gli atteggiamenti corporei, alla psicologia della conoscenza che, grazie a
Piaget e Wallon, evidenzia il ruolo dell‟attività corporea nello sviluppo delle funzioni
conoscitive; alla fenomenologia della percezione che considera il corpo quale punto di
riferimento permanente, il principio biologico della presenza al mondo (M. Merleau
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Ponty); alla filosofia dell‟azione che attribuisce all‟attività pratica l‟origine e la
formazione dei processi della conoscenza; alla neurofisiologia che con P. Chauchard
dimostra le connessioni esistenti tra la corteccia, le strutture sottocorticali, simpatiche ed
ormonali, tra le strutture del pensiero e quelle motorie.
Con Il ritorno del corpo in Psichiatria, Y. Felicier (1978) sostiene che ogni uomo ha
tre corpi: un corpo statico, che può essere scomposto in apparati, tessuti, cellule,
molecole; un corpo dinamico, che è pura esperienza senso-motoria, macchina in marcia,
centro unificatore di sensazioni e movimento; un corpo immaginario, vissuto, in cui la
macchina, il sentimento, e il movimento possono essere investiti dal lavoro dello
psichismo il quale è, nello stesso tempo, il prodotto del corpo e un‟istanza
organizzatrice, qualificante e donatrice di senso.
D‟altro canto Aucouturier e Lapierre operano una distinzione tra corpo anatomico,
come strumento, meccanismo in quanto costituito da ossa, articolazioni, muscoli; corpo
neurologico, come mezzo di azione sul mondo e per sentire il mondo attraverso impulsi
nervosi che comandano e organizzano il meccanismo; corpo psicologico, inteso come
senso-motorio e percettivo-motorio; corpo vissuto, come mezzo di espressione e di
comunicazione non verbale in quanto luogo di piacere-dispiacere, gioia-tristezza-
collera.
Ma un corpo è sempre un corpo di una persona che ha emozioni, sentimenti,
tendenze, movimenti, pensieri, una persona che è al contempo “sussistenza”, quindi
valore in sé e “coesistenza” per la capacità di entrare in relazione con gli altri e
conseguentemente di riconoscere se stessa. (Chiosso, 2003)
“Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è
imparato a leggerlo”(Alexander Lowen). Infatti, il corpo si mostra nella sua
immediatezza vissuta, ancor prima di ogni sapere astratto, come gesto vivente ed
espressivo, come significato dinamico colto nel suo accadere nello spazio del mondo.
Un corpo che sente e conosce sperimentandosi all‟interno di polarità, di contrasti
(equilibrio-disequilibrio dentro–fuori, vicino-lontano, tensione-rilassamento)
rintracciabili nel dondolare, girare, cadere, assaporare il limite dell‟equilibrio, toccare,
costruire e smontare che sono tutte condizioni di quell‟unica ricerca dell‟esperienza di
un “sé corporeo in grado di dare senso al mondo” (Gamelli, 2001)
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Vivere il proprio corpo vuol dire, dunque, poter disporre delle proprie mani , dei
propri occhi in un‟unità di senso che va oltre qualsiasi opposizione tra pura interiorità
spirituale ed altrettanto pura esteriorità. D‟altronde Husserl affermava: “il corpo è il
luogo del mio imperare immediato” (Husserl, E., 1960). In questo modo si vive nel
luogo dell‟incontro di io, corpo e mondo piuttosto che giungere astrattamente alla
conoscenza del proprio corpo in quanto, attraverso l‟intreccio di gesti, ci disponiamo al
mondo e quegli stessi gesti pongono il mondo tra le nostre possibilità di afferrare e
guardare.
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Oggi, questa relazione è mediata dalla tecnologia, per mezzo della quale
possiamo trovarci nell‟altra parte del mondo per cui il “punto di vista” perde la sua
rilevanza in quanto diventa sempre più fondamentale il “point d‟être”, il “punto
d‟essere”, della propriocezione in quanto anche in una realtà virtuale so dove sono
percependo fisicamente la reazione del mondo sul mio corpo (Capucci, 1994). Il
pensare, quindi di „avere‟, „possedere‟ un corpo, lascia sempre più la strada alla
consapevolezza di “essere” un corpo.
Un corpo, quindi, che con il suo „agire‟ esplora il mondo costruendo conoscenze,
abilità e risorse personali, non può essere più ritenuto solo lo strumento del “fare”
perché la sua forma in divenire e il suo linguaggio sono intelligenti e in grado di
comunicare in modo efficace i sentimenti, le emozioni i pensieri. Così come, nel
raccogliere sensazioni che condizionano il nostro comportamento determinando
cambiamenti nel proprio modo di vedere e rappresentare la realtà, esso non può essere
considerato come “l‟operaio del pensiero” (Sibilio M., 2002).
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Leoni, F. Unità e scomposizioni corporee