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INTRODUZIONE
Il dibattito circa la natura del ruolo sociale attribuibile alle imprese e le conseguenti aspettative di
natura sociale riposte dalla società nei confronti delle stesse è stato oggetto di una profonda ed
estesa trattazione accademica e professionale. Sotto il profilo temporale, la nascita di quella che
molteplici autori definiscono come “epoca moderna” della responsabilità sociale d’impresa (Carroll,
1999) viene convenzionalmente ricondotta agli anni Cinquanta del secolo scorso quando, in seguito
alla pubblicazione del libro “Social Responsibilities of the Businessman” da parte dell’economista
statunitense Howard R. Bowen, viene formalmente riconosciuta la capacità delle imprese di
modificare il contesto sociale di riferimento e, conseguentemente, viene attribuita in capo alle stesse
una primordiale forma di responsabilità sociale. Nel corso dei decenni, il crescente interessamento
nei confronti di detta tematica si manifestò in una notevole proliferazione di studi teorici ed empirici
finalizzati, da un lato, ad ampliare la portata concettuale riferibile al concetto di corporate social
responsibility (Carroll, 1999) (Waddock, 2004), dall’altro, ad individuare le possibili implicazioni
strategiche ed organizzative sull’attività delle imprese (Porter & Kramer, 2006) (Kanter, 2011) (Porter
& Kramer, 2011). Tuttavia, l’assenza di un approccio multidisciplinare capace di conciliare la
dimensione istituzionale, organizzativa e individuale del fenomeno ha generato un’eccessiva
frammentazione in materia e, di conseguenza, risulta essere particolarmente difficoltoso definire in
maniera univoca ed esaustiva il concetto di responsabilità sociale d’impresa (Aguinis & Glavas, 2012).
A prescindere dalle difficoltà intervenute nella concettualizzazione della responsabilità sociale
d’impresa, è opportuno constatare come, ad oggi, l’adozione di politiche socialmente responsabili
derivi prevalentemente dalla necessità da parte delle imprese di rispondere alle crescenti pressioni
esercitate dai portatori di interessi interni ed esterni, in un’ottica di miglioramento della propria
reputazione e della legittimazione (licence to operate) all’interno del contesto sociale di riferimento.
Di conseguenza, gli investimenti in attività socialmente responsabili vengono concepiti come una
sorta di costo, una costrizione dalla quale l’impresa non prevede di generare un risultato tangibile in
termini finanziari (Porter & Kramer, 2006) (Rangan, Chase, & Karim, 2012). Secondo questa
prospettiva, dunque, il rapporto tra performance economica dell’impresa e benessere sociale viene
concepito come un “gioco a somma zero” (Porter & Kramer, 2006) nel quale l’impresa tende a
focalizzarsi maggiormente sulla tensione esistente tra business e società piuttosto che sulla natura
interdipendente della relazione. Di conseguenza, questo approccio porta ad una separazione tra
strategia e operations in materia di responsabilità sociale che si manifesta, internamente,
nell’isolamento di dette iniziative rispetto alle differenti unità operative ed, esternamente, in benefici
sociali piuttosto contenuti rispondenti alle aspettative di un singolo stakeholder (Porter & Kramer,
2006).
6
La mancata adozione di un approccio strategico ed organico al tema della corporate social
responsibility (CSR) è in larga parte dovuta alla profonda ambiguità ed incertezza circa la natura del
legame esistente tra performance sociali e performance finanziarie dell’impresa (Ullman, 1985)
(Waddock & Graves, 1997) (Carroll, 1999). Le principali ricerche condotte in quest’ambito
evidenziano la presenza di risultanti tra loro profondamente discordanti, se non conflittuali, sia dal
punto di vista teorico, sia dal punto di vista empirico. Le principali divergenze tra le differenti scuole
di pensiero vertono principalmente su due ordini di problematiche (O'Bannon & Preston, 1997)
(Waddock & Graves, 1997): la direzione (o segno) della correlazione ed il nesso di causalità esistente
tra corporate social responsibility e performance finanziarie dell’impresa. A queste criticità si
aggiunge l’oggettiva difficoltà nella definizione di opportuni indicatori e parametri funzionali alla
misurazione delle performance sociali d’impresa (Aguinis & Glavas, 2012).
Risulta evidente, dunque, come il processo di formulazione della strategia e la conseguente
allocazione delle risorse risentano significativamente dell’ambiguità e dell’incertezza caratterizzanti
la relazione esistente tra performance sociali e performance finanziarie dell’impresa.
L’elaborato si propone di offrire una concettualizzazione il più possibile esaustiva della
responsabilità sociale d’impresa e di analizzare le modalità attraverso le quali la stessa possa essere
efficacemente incorporata nel processo di definizione e di implementazione della strategia aziendale,
evidenziandone le relative implicazioni sotto il profilo organizzativo e gestionale. Inoltre, esso si
propone di confrontare i principali studi teorici ed empirici elaborati dalla dottrina al fine di indagare
il segno della correlazione (positiva, neutrale, negativa) ed il nesso di causalità sottostanti il rapporto
tra responsabilità sociale e performance finanziarie dell’impresa. I principali obiettivi dell’elaborato
sono, da un lato, dimostrare come l’integrazione della dimensione sociale all’interno della value
proposition dell’impresa consenta alla stessa di rafforzare il proprio posizionamento competitivo nei
confronti dei principali competitors, dall’altro, evidenziare la possibile esistenza di una relazione di
tipo sinergico tra performance sociali e performance finanziarie all’interno della quale le due
componenti risultano essere mutualmente rinforzanti, secondo una sorta di “circolo virtuoso”
(Waddock & Graves, 1997).
La disamina degli argomenti sopra riportati verrà effettuata sulla base delle pubblicazioni teoriche
ed empiriche elaborate dalla letteratura accademica e professionale.
Per quanto concerne la struttura logico-espositiva delle argomentazioni, l’elaborato si compone di
quattro capitoli. Nel primo capitolo, viene fornita una definizione esaustiva del concetto di
responsabilità sociale d’impresa, evidenziando le dinamiche evolutive che hanno interessato detta
tematica, le principali teorie economiche sottostanti ed i modelli interpretativi elaborati in
letteratura. Nel secondo capitolo, si definisce come la corporate social responsibility possa essere
incorporata nel processo di definizione della strategia aziendale e come la stessa possa concorrere al
7
rafforzamento del vantaggio competitivo di un’impresa, evidenziandone le principali implicazioni di
rilievo sotto il profilo gestionale. In questa sede, inoltre, viene presentato in modo esaustivo il
paradigma strategico proposto da Porter e Kramer (2006, 2011) orientato alla Creazione di Valore
Condiviso (“Creating Shared Value”). Nel terzo capitolo, si procede con la disamina dei principali studi
teorici ed empirici elaborati dalla dottrina al fine di indagare il segno della correlazione (positivo,
neutrale, negativo) e il nesso di causalità tra CSR e performance finanziarie. Nonostante la presenza
di risultanti profondamente discordanti e contradditorie, verrà proposta una chiave di
interpretazione “alternativa” secondo cui la relazione causale tra CSR e performance finanziarie
dell’impresa sono “a doppio senso”, ossia si influenzano reciprocamente secondo una sorta di circolo
virtuoso. Nel quarto capitolo, si procede con la disamina di un caso aziendale (il caso Société des
Produits Nestlé S.A.) emblematico dell’approccio strategico alla responsabilità sociale d’impresa al
fine di rafforzare le argomentazioni sostenute nel corso della trattazione teorica di cui sopra. In
questa sede, si fornirà una breve presentazione dell’impresa (storia del Gruppo, corporate
governance, strategy statement, principali business e prodotti, performance economiche, finanziarie
e patrimoniali) per poi analizzare nel dettaglio la strategia di creazione di valore condiviso posta in
essere dall’impresa. L’elaborato si conclude con un breve paragrafo riepilogativo delle principali
evidenze raccolte e delle indicazioni per potenziali sviluppi futuri della materia.
9
CAPITOLO 1 - CSR: DEFINIZIONE E QUADRO TEORICO DI
RIFERIMENTO
1.1 DEFINIZIONE DI RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA
La responsabilità sociale d’impresa è stata storicamente oggetto di una consistente proliferazione
di definizioni e di concettualizzazioni da parte degli studiosi della materia, economisti, organizzazioni
governative e non governative (Carroll, 1999). Ad ogni modo, l’assenza di un approccio
multidisciplinare capace di conciliare la dimensione istituzionale, organizzativa e individuale del
fenomeno ha generato un’eccessiva frammentazione in materia e, di conseguenza, risulta essere
particolarmente difficoltoso definire in maniera univoca ed esaustiva il concetto di responsabilità
sociale d’impresa (Aguinis & Glavas, 2012).
Al fine di rendere più agevole la comprensione della tematica in questione ed evitare possibili
fraintendimenti, è opportuno constatare come numerose organizzazioni internazionali e pubbliche
istituzioni abbiano provveduto a fornire delle definizioni puntuali di corporate social responsibility
(CSR) e condivise da buona parte dell’ambiente accademico e professionale. Di fondamentale
importanza risulta essere il contributo proposto dal World Business Council for Sustainable
Development (WBCSD), il quale definisce la responsabilità sociale d’impresa come l’impegno di
un’organizzazione “a comportarsi in un modo eticamente corretto e a contribuire allo sviluppo
economico attraverso il miglioramento della qualità della vita dei lavoratori, delle loro famiglie, della
comunità locale e della società in senso più ampio” (World Economic Council for Sustainable
Development, 2000). A livello europeo, il dibattito e la sensibilizzazione nei confronti di questa
tematica furono stimolati dalla Commissione Europea la quale, mediante la pubblicazione di un
“Green Paper” (Libro Verde)
1
intitolato “promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale
d’impresa”, definisce la CSR come “[…] l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle
preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti
interessate” (European Commission, 2001). Analizzando congiuntamente entrambe le definizioni
precedentemente riportate, emerge inequivocabilmente il carattere di volontarietà dei
comportamenti riconducibili alla sfera della responsabilità sociale d’impresa. Conseguentemente, le
due definizioni rafforzano quanto precedentemente teorizzato da McGuire (1963) e da Carroll (1979)
secondo cui il concetto di responsabilità sociale d’impresa presuppone un impegno da parte della
stessa che vada al di là degli obblighi di legge e di quanto espressamente previsto dall’ordinamento
1
Con il termine Libri Verdi si asserisce ai documenti pubblicati dalla Commissione Europea attraverso cui si
vuole stimolare la riflessione a livello europeo nei confronti di un particolare tema di natura economico,
politico e sociale. Sono ricompresi nella categoria di “atti atipici” dell’Unione Europea in quanto non fanno
espressamente parte della nomenclatura degli atti giuridici prevista dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione
Europea (TFUE).
10
giuridico di riferimento. Da ciò ne consegue, implicitamente, il superamento della logica neo-classica
o pure profit secondo cui l’unica responsabilità sociale delle imprese è rappresentata dalla
massimizzazione dello shareholders value (in altre parole, del profitto) nel rispetto della legge e delle
regolamentazioni che le istituzioni e le autorità di governo impongono alle stesse (Friedman, 1970).
Secondo questo approccio, l’eventuale perseguimento di un obiettivo di natura sociale deve essere
giustificato in termini di aumento della redditività poiché, in caso contrario, ciò corrisponderebbe ad
una sottrazione di risorse di proprietà degli azionisti da parte del management finalizzate al
perseguimento di un personale interesse sociale, politico o di carriera (McWilliams & Siegel, 2001).
L’attuale tendenza sostenuta da larga parte dell’ambiente accademico e professionale sembra
promuovere ed incentivare le imprese verso l’adozione di un approccio strategico maggiormente
strutturato nei confronti del tema della CSR. La definizione degli scopi strategici ed, in generale, della
strategia non può prescindere da un’attenta valutazione delle molteplici aspettative che i differenti
portatori di interesse (altrimenti noti con il termine “stakeholders”) vantano nei confronti delle
imprese. In altre parole, la sopravvivenza dell’impresa è fortemente condizionata dalla capacità della
stessa di portare a sintesi i differenti e a tratti conflittuali interessi e rendere il più possibile
compatibili le aspettative dei propri stakeholders. Sulla base di questa nuova prospettiva teorica,
dunque, è evidente come l’impresa debba riuscire a conciliare simultaneamente la dimensione
economica, sociale ed ambientale in conformità con la logica della triple bottom line
2
(Molteni,
2004). In altre parole, le imprese dovrebbero agire secondo delle modalità tali da consentire il
conseguimento di performance economiche di lungo periodo evitando di adottare dei
comportamenti di breve termine che siano dannosi dal punto di vista sociale ed ambientale (Porter &
Kramer, 2006). In conformità con questa tendenza, Porter e Kramer (2006) sottolineano la natura
interdipendente del rapporto tra business e società e la necessità, dunque, di integrare il tema della
responsabilità sociale d’impresa nel processo di definizione della strategia in un’ottica sistemica. I
due Autori suggeriscono un nuova connotazione di responsabilità sociale d’impresa, detta “strategic
CSR”, nella quale gli investimenti in CSR possono rappresentare una fonte di opportunità, di
innovazione e di rafforzamento del posizionamento competitivo delle imprese attraverso
l’incorporazione della dimensione sociale nella specifica value proposition
3
dell’azienda (Porter &
2
Il concetto di triple bottom line fu coniato dall’autore inglese John Elkington nel 1994 per esprimere la
necessità da parte delle imprese di perseguire e rendicontare secondo una logica sistemica i risultati economici,
sociali ed ambientali. Questi tre obiettivi vengono efficacemente sintetizzati nelle tre “Ps”: profit, people,
planet. Per approfondimenti, si veda Elkington, J. (1997), “Cannibals with Forks: The Triple Bottom Line of 21st
Century Business”, John Wiley and Sons, Oxford.
3
Con il termine value proposition, Porter e Kramer (2006) asseriscono a quell’insieme di bisogni del mercato
target che l’impresa riesce a soddisfare in modo differente rispetto agli altri competitors. Lanning e Michaels
(1988) definiscono value proposition come il complesso di benefici, tangibili e intangibili, che i clienti
otterranno dall’acquisto di uno specifico prodotto o servizio offerto da un determinato venditore. Per una
11
Kramer, 2006). Inoltre, essi sostengono che ricondurre la responsabilità sociale ad una mera voce di
costo sia, al più, riduttivo e conforme solamente ad una logica di massimizzazione del profitto di
breve termine. Il riconoscimento della natura strategica dell’investimento in responsabilità sociale
favorisce l’adozione di un approccio proattivo e organico verso questa tematica che comporta
l’integrazione della CSR nel processo di definizione, implementazione e valutazione della strategia
aziendale.
In conformità con questa impostazione strategica di responsabilità sociale d’impresa, la Corporate
Social Responsibility Initiative dell’Harvard’s Kennedy School of Government afferma che la RSI
“include non solo ciò che le imprese fanno con i propri profitti ma anche come generano gli stessi. [La
CSR] va oltre la filantropia o la conformità alla legge e affronta come le imprese gestiscono i loro
impatti economici, sociali ed ambientali così come le loro relazioni con le principali sfere di influenza:
la forza lavoro, il mercato, la supply chain, la comunità e le pubbliche autorità”.
In estrema sintesi, il concetto di responsabilità sociale d’impresa, pur essendo stato oggetto di
una copiosa e cospicua trattazione accademica e professionale, risulta essere tutt’ora difficilmente
definibile in maniera univoca ed inequivocabile. Le ragioni alla base di questa incertezza sono in larga
parte riconducibili alla tendenza da parte dei ricercatori di focalizzare la loro attenzione su specifici
temi di ricerca e ambiti di disciplina (quali marketing, organizational behavior, gestione delle risorse
umane, psicologia, sociologia…) che hanno portato ad una concettualizzazione frammentata e
parziale del fenomeno. In particolare, uno studio condotto da Aguinis e Glavas (2012) su 588 articoli
e pubblicazioni accademiche e manageriali e 102 libri riconosce che le ragioni alla base di detta
frammentazione siano da ricondursi all’utilizzo di framework teorici
4
e disciplinari differenti, nonché
alla mancata adozione di una prospettiva d’analisi che concili la dimensione istituzionale,
organizzativa ed individuale del fenomeno.
Nei successivi paragrafi verranno illustrate le principali dinamiche evolutive che hanno interessato
il concetto di responsabilità sociale d’impresa, focalizzando l’attenzione, in primo luogo,
sull’evoluzione dal punto di vista definitorio della materia e, successivamente, andando a definire e
ad analizzare i principali framework teorici e i modelli interpretativi elaborati dalla letteratura in
relazione al tema della CSR.
trattazione esaustiva del tema, si rimanda a Lanning & Michaels (1988), "A Business Is a Value Delivery System"
staff paper, McKinsey & Company.
4
Per esempio, lo studio della CSR a livello istituzionale avviene ricorrendo a concetti e ai postulati propri della
teoria istituzionale. Analogamente, i ricercatori che si focalizzano sullo studio delle implicazioni a livello
organizzativo utilizzano la Resource-Based-View (RBV) quale background teorico.
12
1.2 EVOLUZIONE STORICA DEL CONCETTO DI RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA
Il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa è da sempre stato oggetto di una copiosa
trattazione accademica e professionale. Basti pensare che una prima forma di interesse verso detta
tematica da parte dell’ambiente accademico e professionale può essere ricondotta agli anni Trenta e
Quaranta del secolo precedente (Carroll, 1999)
5
.
Il dibattito circa la definizione e il riconoscimento di una primordiale forma di responsabilità
sociale dei businessmen si affermò con maggiore vigore a partire dagli anni Cinquanta quando, a
seguito della pubblicazione dei primi testi
6
accademici in materia, venne formalmente riconosciuta la
capacità da parte dei dirigenti d’impresa di incidere sul contesto sociale e, di conseguenza, “il dovere
di perseguire quelle politiche, prendere quelle decisioni, o seguire quelle linee di condotta che sono
desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società” (Bowen, 1953). Questo
filone di pensiero, dunque, attribuisce in capo al singolo manager il dovere di prendere determinate
decisioni ed azioni secondo delle motivazioni che almeno parzialmente vadano oltre le finalità
economiche dell’impresa (Davis, 1960), privilegiando la dimensione etica e morale del
comportamento dei singoli individui piuttosto che delle organizzazioni nel loro complesso. La
responsabilità sociale dei dirigenti deve essere commisurata al loro potere sociale: il rifiuto del
riconoscimento delle proprie responsabilità sociali comporta una graduale erosione del proprio
potere sociale (Davis, 1960) e, in ultima istanza, della propria legittimazione e reputazione all’interno
del proprio contesto sociale di riferimento.
Successivamente, l’attenzione degli studiosi e dei professionisti traslò dalla dimensione
individuale del comportamento a quella collettiva propria di ciascuna organizzazione. L’impresa
viene considerata una componente intrinseca della società, un’istituzione la cui sopravvivenza nel
lungo periodo dipende dalla capacità della stessa di rispondere in maniera efficace alle pressioni
esercitate dall’ambiente in cui opera. (Frederick, 1978) (Kanter, 2011). La conseguente necessità di
rispondere in maniera adeguata alle aspettative di natura sociale che la società nel suo complesso
nutriva nei confronti delle imprese generò un’intesa proliferazione di contributi teorici volti a
rafforzare ed ampliare il concetto di responsabilità sociale d’impresa. A tal proposito, di
fondamentale importanza risulta essere il rapporto pubblicato dal Committee for Economic
Development (CED) “Social Responsibilities of Business Corporations” (CED, 1971), all’interno del
5
Si vedano, a titolo esemplificativo, le pubblicazioni proposte da J.M. Clark (1939) “Social Control of Business” e
T.J. Kreps (1940) “Measurement of the Social Performance of Business”.
6
Il primo significativo contributo alla definizione della moderna concezione di responsabilità sociale viene
generalmente riconosciuto all’economista statunitense Howard R. Bowen, autore del libro “Social
Responsibilities of the Businessman”(1953). Per una disamina cronologica dei principali apporti della dottrina
alla definizione di CSR si veda Carroll (1999).
13
AMBIENTE
SOCIETA'
ECONOMIA
•Responsabilità
connessa al
miglioramento
dell'ambiente sociale
•Responsabilità
dell'azieda verso i valori
e le priorità sociali
•Responsabilità legate
alle funzioni
economiche
quale vengono rimarcati i profondi cambiamenti intervenuti nelle relazione che lega imprese e
società. In particolare, viene esplicitamente richiesto alle imprese di “assumersi maggiori
responsabilità rispetto a quelle sinora assunte” e di “rispondere ad una più ampia gamma di valori
umani” (CED, 1971). Al fine di rendere più agevole detto processo di cambiamento, il CED definì un
nuovo quadro concettuale di riferimento capace di conciliare la dimensione economica e quella
sociale di un’impresa (Carroll, 1979). Più precisamente, il Comitato propose l’approccio dei “tre
cerchi concentrici” alla responsabilità sociale d’impresa (vedi Fig. 1). Il cerchio più interno (“inner
circle”) definisce le responsabilità primarie di un’impresa, ossia il perseguimento della funzione
economica in termini di produzione, lavoro e crescita economica. Il cerchio intermedio
(“intermediate circle”) include la responsabilità di esercitare l’attività d’impresa con la
consapevolezza di poter influire in maniera determinante sui valori e sulle priorità sociali. Infine, il
cerchio più esterno (“outer circle”)delinea un più ampio portafoglio di responsabilità emergenti delle
quali ciascuna organizzazione dovrebbe farsi carico allo scopo di essere maggiormente coinvolta nel
processo di cambiamento attivo dell’ambiente sociale in cui opera.
Figura 1: Approccio dei “tre cerchi concentrici” del CED
Fonte: elaborazione personale
La definizione di CSR proposta dal CED assume un’importanza fondamentale poiché riflette un
primo e formale riconoscimento del cambiamento del ruolo sociale attribuito alle imprese. Ad esse
vengono, infatti, riconosciute maggiori responsabilità di natura sociale in termini di rispetto
dell’ambiente, sicurezza in ambito lavorativo, discriminazioni, povertà e degrado urbano (Carroll,
1979). Inoltre, come desumibile dalla rappresentazione grafica precedentemente proposta,