1
Piano della ricerca
Il presente lavoro nasce da una riflessione sull‟importanza che
riveste la tematica ambientale nel mondo contemporaneo e
sulla possibilità di coniugare la logica del profitto, propria del
mondo imprenditoriale, con la necessità di salvaguardare la
natura.
Negli ultimi decenni la sensibilità ambientale è profondamente
cambiata in concomitanza con l‟aumento dell‟inquinamento, dei
problemi legati all‟approvvigionamento delle risorse e ai
cambiamenti climatici.
La tutela dell‟ecosistema è strettamente connessa con il mondo
delle imprese, generatrici di ricchezza ma al contempo causa
principale del depauperamento dell‟ambiente e
dell‟inquinamento.
La nostra trattazione mira ad analizzare in che modo la
Corporate Social Responsibility, cioè una gestione socialmente
responsabile dell‟attività d‟impresa, possa contribuire allo
sviluppo sostenibile apportando contemporaneamente dei
vantaggi all‟impresa stessa.
Il punto di partenza è l‟elaborazione del concetto di sviluppo
sostenibile a livello internazionale dalla prima enunciazione da
parte della Commissione Brundtland del 1987 fino ad oggi.
Parallelamente alla crescente attenzione verso le tematiche
ambientali, il principio economico ha perso il suo primato tra gli
interessi meritevoli di tutela da parte degli ordinamenti giuridici.
La stessa teoria economica si è interessata a queste
trasformazioni e al modo di coniugare crescita economica e
2
rispetto dell‟ambiente e, al riguardo, sono state riportate le
considerazioni di alcuni economisti sulla nascita di un‟etica
degli affari, intesa come logica economica cui viene posto un
vincolo morale che non ne snaturi l‟essenza.
Il secondo capitolo è dedicato, nello specifico, alla Corporate
Social Responsibility, che può essere considerata come
un‟efficace strategia aziendale e, allo stesso tempo, come
autoregolazione del mondo economico. La normativa nazionale
e comunitaria prevede diversi strumenti volontaristici a
disposizione dell‟impresa per attuare una governance
responsabile nei confronti dell‟ambiente. Tali strumenti, che
vanno dai sistemi di gestione ambientale ai marchi ecologici al
mercato delle emissioni, consentono una tutela ambientale che
superi gli standard imposti dalla legge e porti ad una migliore
razionalizzazione dell‟attività d‟impresa. Nell‟ultima parte del
nostro lavoro, infine, viene analizzata la Corporate Social
Responsibility di una grande holding del settore energetico,
l‟Enel s.p.a., ai primi posti nel mondo per il suo impegno a
favore dello sviluppo sostenibile.
3
Capitolo 1
Lo sviluppo sostenibile: la ricerca di un equilibrio tra
crescita economica e salvaguardia dell‟ambiente
1.1 Lo sviluppo sostenibile: definizione ed evoluzione del
concetto dal rapporto Brundtland ad oggi
Per comprendere cosa sia lo sviluppo sostenibile e quali
implicazioni abbia sulla società odierna non si può prescindere
dai trattati internazionali ambientali che sono frutto di
convenzioni largamente partecipate e costituiscono la fonte
primaria degli obblighi degli Stati, fermo restando il principio
generale secondo cui pacta tertiis nec nocent nec prosunt.
A partire dalla seconda metà del „900 la comunità
internazionale ha avvertito l‟esigenza di tutelare le risorse
naturali del nostro pianeta, depauperate in passato da un uso
indiscriminato, attraverso l‟elaborazione di strumenti di diritto
internazionale idonei a bilanciare la necessità di salvaguardare
l‟ambiente con i bisogni della società moderna.
La prima fase di questa tendenza, detta del funzionalismo
ambientale, ebbe inizio con la Conferenza di Stoccolma del
1972 e fu caratterizzata dalla prevalenza del principio della
prevenzione del danno e dall‟elaborazione di trattati settoriali; la
seconda fase, o del globalismo ambientale, venne inaugurata
dalla Conferenza di Rio su Ambiente e Sviluppo del 1992 e
generò numerose convenzioni a vocazione universale, basate
4
sul principio di precauzione e volte ad affrontare tematiche
globali
1
.
Sebbene la formulazione giuridica di “diritto internazionale
dell’ambiente”
2
e di “sviluppo sostenibile” sia frutto dei recenti
sviluppi del diritto, questi concetti possono essere fatti risalire
alla concezione dei popoli antichi di rispetto per le risorse
naturali della Terra, scesa in secondo piano a partire dalla
rivoluzione industriale e dalla conseguente crescita economica
in molti Paesi. La prima definizione di “sviluppo sostenibile”
risale al Rapporto Brundtland
3
del 1987, redatto dalla
Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo
4
. Nel
documento si legge: “Sviluppo sostenibile significa soddisfare i
bisogni della generazione presente senza compromettere la
possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri”.
I problemi ambientali connessi allo sviluppo
5
hanno reso
palese, negli ultimi decenni, la necessità di politiche di ampio
1
Marchisio S., “Il diritto Internazionale dell‟Ambiente” in Cordini-Fois-
Marchisio, “Diritto Ambientale: profili internazionali europei e comparati”,
Giappichelli Editore, 2008.
2
“Il diritto internazionale dell’ambiente può essere definito come quel
complesso di principi e norme giuridiche che stabiliscono regole di
comportamento per gli Stati al fine di realizzar e la tutela dell’ambiente e
l’uso equilibrato delle risorse naturali, in un contesto di sviluppo
economico e sociale”, Marchisio Sergio, op.cit.
3
Denominato Our Common Future.
4
Organismo indipendente creato su iniziativa dell‟Assemblea Generale
dell‟ ONU nel 1983.
5
Nel rapporto venivano denunciati l‟assottigliamento della fascia di ozono
e il conseguente riscaldamento globale, causati in larga misura dall‟uso
5
respiro, capaci di estendere l‟azione temporale degli operatori
economici in modo da tener conto delle esigenze delle future
generazioni (responsabilità intergenerazionale). Emerge in
modo chiaro l‟attenzione posta a livello internazionale sulla
necessità di favorire il progresso attraverso azioni tese ad
assicurare la sostenibilità a livello, non soltanto economico, ma
anche sociale ed ambientale. L‟obiettivo da perseguire è la
realizzazione di uno sviluppo compatibile con l‟utilizzo delle
risorse primarie limitate, senza pregiudizio alla necessaria
crescita economica e tenendo conto del rapporto variabile tra
crescita della popolazione e ambiente. Il legame tra ambiente
ed economia è senza dubbio biunivoco: metodi di produzione
che sfruttano senza limite le risorse naturali distruggono
l‟ambiente ma allo stesso tempo un ambiente irrimediabilmente
compromesso ostacola lo sviluppo.
Il pensiero politico liberale, dominante nelle democrazie
occidentali, si poggia interamente sull‟idea di progressione della
società verso uno stato di benessere, incoraggiato a livello
politico fino a che il rapporto costi/benefici non è divenuto
intollerabile. La rottura del sistema di “welfare” attuato fino ad
oggi ha obbligato ad un ripensamento in termini di costi sociali
della corsa verso la crescita economica, reso evidente dalla
modifica di molti testi costituzionali in questa direzione
6
.
indiscriminato di clorofluoroidrocarburi e combustibili fossili da parte dei
Paesi Industrializzati.
6
Per citare alcuni casi di Costituzioni che hanno inserito nel loro dettato il
diritto ad un ambiente sano e ad uno sviluppo sostenibile si possono
ricordare: la Costituzione della Colombia del 1991 (Art. 80), la
6
La “costituzionalizzazione” dello sviluppo sostenibile
rappresenta l‟evoluzione dello Stato Sociale che deve tutelare,
oltre le categorie deboli, interessi riconducibili ad una vera e
propria “condizione di esistenza”
7
.
La rilevanza attribuita all‟ambiente è stata definita effetto e
causa della società odierna: “effetto della percezione
dell’importanza di pluralismo, causa della espressione delle
esigenze di pluralismo”
8
. Ma la condivisibile aspirazione al
raggiungimento di uno status di benessere in cui crescita
economica e tutela dell‟ambiente si trovino nel giusto equilibrio
non è esente da nodi irrisolti lungo la strada. L‟UNIDO
Costituzione dell‟Argentina del 1994 (Art. 41), la Costituzione dell‟Uruguay
come riformata nel 1996 (Art. 47), la Costituzione del Salvador come
riformata nel 2000 (art. 117), la Costituzione dell‟Angola del 1992 (Art. 47),
la Costituzione del Burkina-Faso del 1991 (Art. 29), la Costituzione del
Portogallo come riformata nel 1997 (Art.81), la Costituzione della Svizzera
come riformata nel 2000 (Art.73). La comparazione dei testi rende
evidente che i legislatori nazionali hanno adattato il principio dello sviluppo
sostenibili alle peculiarità degli ordinamenti interni. Ad esempio nella
maggior parte delle Costituzioni dei Paesi dell‟Africa viene sottolineata la
competenza esclusiva dello Stato nelle decisioni sull‟utilizzazione delle
“risorse preziose” del Paese, collegando lo sviluppo sostenibile alla
pianificazione pubblica al fine di contrastare fenomeni diffusi come la
criminalità ambientale, il bracconaggio e lo sfruttamento da parte di
multinazionali estere che degradano l‟ecosistema africano.
7
Giovanni Cordini, “Ambiente e sviluppo: profili giuridici” in Cordini- Fois-
Marchisio, “Diritto Ambientale: profili internazionali europei e comparati”,
Giappichelli Editore, 2008.
8
Spantigati Federico, “La gestione della strategia ambientale”, in Rivista
Giuridica dell’Ambiente, 2002.
7
(Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale),
in occasione della Conferenza Mondiale di Copenaghen del
1991, palesò una delle più problematiche implicazioni dello
sviluppo sostenibile: i dubbi e le difficoltà dei Paesi in via di
sviluppo nel porre limiti alle già scarse ed arretrate attività
economiche. I benefici generati dalla “produzione pulita” non
convinsero i Pvs, restii all‟idea di assumere impegni unilaterali.
La recriminazione avanzata nei confronti dei Paesi
industrializzati riguardava essenzialmente la gradualità con cui
questi ultimi avevano potuto adeguare le proprie economie
secondo criteri di sostenibilità. Nel momento di maggiore
crescita economica le esigenze ambientali non erano state
ancora adeguatamente prese in considerazione, le legislazioni
ambientali erano molto meno esigenti e i principi ambientali
erano pressoché assenti dalle carte costituzionali.
Gli studi compiuti dall‟UNIDO hanno evidenziato gli ostacoli nel
trasformare un sistema produttivo in senso ecologico senza
disporre di ingenti risorse e sofisticate tecnologie. Nonostante il
recepimento negli ordinamenti interni dei principi ambientali la
tendenza, nella maggior parte delle economie del Terzo Mondo,
è stata caratterizzata dallo sfruttamento intensivo delle risorse
naturali, dall‟assenza di freni allo sviluppo e da misure
protezionistiche verso l‟interno.
Per coinvolgere i Paesi del Terzo Mondo e le economie
emergenti verso il sustainable development è necessario che
vengano individuati standard più flessibili e che i Paesi
economicamente più avanzati forniscano assistenza,
tecnologica e materiale, in modo da consentire un‟equa
8
ripartizione dei costi e dei benefici (access and benefits
sharing)
9
. Il contrasto tra affermazione di principi e realtà dei
fatti è motivato da effettive difficoltà pratiche piuttosto che dalla
mancanza di consenso generale sull‟esigenza di sostenibilità,
accettata a livello globale.
Nel 1992 questa esigenza venne ribadita dalla Conferenza di
Rio
10
i cui risultati finali furono la Dichiarazione di Rio, composta
da ventisette principi generali; l‟Agenda 21, cioè il Programma
d‟Azione contenente gli interventi concreti che gli Stati erano
tenuti a realizzare nei vari settori e, infine, la Dichiarazione
Autorevole, un documento di soft law che ribadiva il consenso
globale sull‟uso sostenibile delle foreste. Durante la Conferenza
vennero enunciati principi fondamentali per chiarire il
fondamento teorico dello sviluppo sostenibile e venne dato ,
altresì, un forte impulso all‟evoluzione del diritto internazionale
in materia. Presupposto basilare è il diritto degli esseri umani
ad una vita sana e produttiva in armonia con la natura
11
,
concezione antropocentrica ma al contempo innovativa per il
rilievo attribuito al rispetto dell‟ecosistema. Di sicuro
9
Si tratta del principio della “responsabilità comune ma differenziata”, che,
ad ogni modo, non deve essere intesa come un modo per i Pvs di sottrarsi
agli obblighi ambientali previsti dai trattati internazionali nel caso in cui non
venga fornita assistenza finanziaria e tecnologica.
10
L‟Assemblea Generale dell‟ONU assegnò alla Conferenza di Rio
(UNCED) il compito di promuovere lo sviluppo del diritto internazionale in
tema di ambiente e sostenibilità con la Risoluzione 44/228 del 22
dicembre 1988.
11
Principio I della Dichiarazione di Rio.
9
l‟importanza rivestita dalla Dichiarazione è data dal fatto di aver
assunto l‟aspetto di una law-developing resolution poiché, oltre
a contribuire alla formazione di norme consuetudinarie, ha
rappresentato il punto di partenza per la redazione dei
successivi accordi internazionali
12
.
Il documento finale della Conferenza ha incoraggiato sia
l‟utilizzo dello strumento classico della cooperazione
internazionale sia il rafforzamento dei poteri locali in materia
ambientale, con l‟intento di incoraggiare un‟applicazione
capillare di quelle che altrimenti sarebbero potute rimanere
semplici dichiarazioni d‟intenti. Passando all‟esame dei
postulati, il IV principio riguarda nello specifico il rapporto tra
sviluppo e ambiente, affermando che : “al fine di pervenire ad
uno sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente costituirà parte
integrante del processo di sviluppo e non potrà essere
considerata separatamente da questo”. La portata di questo
principio è stata di recente confermata dal Tribunale arbitrale
nella sentenza Iron Rhine Railway del 2005
13
in cui si afferma
come fondamento di diritto internazionale che “il diritto
ambientale e il diritto allo sviluppo sono concetti che si
integrano e rafforzano reciprocamente”.
Per quanto riguarda la già rilevata disparità esistente fra gli
Stati nel cammino verso la sostenibilità ambientale, il principio
VII prefigura una responsabilità comune ma differenziata sulla
12
Marchisio Sergio, “Gli atti di Rio nel Diritto internazionale”, in Rivista di
Diritto Internazionale, 1995.
13
Caso Iron Rhine Railway tra Belgio e Paesi Bassi.
10
base del peso che hanno avuto gli Stati nell‟aggravare il
degrado ambientale, delle risorse di cui dispongono e del
contributo negativo dei modelli di produzione e di consumo (che
il principio VIII definisce insostenibili). Il carattere volontario
degli aiuti finanziari ai Pvs non è stato modificato
14
benché
l‟Agenda 21 abbia individuato nuove risorse da destinare a
questi finanziamenti. Il X principio ha fortemente ribadito
l‟esigenza di “calibrare” le aspettative al contesto di riferimento,
tenendo conto sia delle difficoltà tecniche all‟adeguamento degli
impianti produttivi sia delle esigenze della popolazione in
termini di produzione nazionale al fine di evitare oneri
inadeguati ed eccessivi
15
.
Un‟altra innovazione della Conferenza da rilevare è stata,
inoltre, l‟idea dell‟allargamento della partecipazione alla
questione ambientale attraverso l‟informazione ai cittadini
16
e la
14
L‟impegno di destinare lo 0,7 % del PIL agli aiuti allo sviluppo rimane
non vincolante. Nell‟ultimo decennio si è registrata una grave inflessione
nel livello di risorse destinate ai Pvs che nel 2006 è sceso al 0,46%. Per
rilanciare l‟impegno da parte dei Paesi industrializzati nel 2002 si è svolta
a Monterey la Conferenza per il finanziamento allo sviluppo conclusasi
con il consensus generale su un contributo annuo pari allo 0,7% del PIL.
15
Principio XI della Dichiarazione di Rio: ”Gli standard ecologici, gli
obiettivi e le priorità di gestione dell’ambiente dovranno riflettere il contesto
ambientale e di sviluppo nel quale si applicano”.
16
Principio X della Dichiarazione di Rio: ”Il modo migliore di trattare le
questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione a tutti i
cittadini interessati, ai diversi livelli”. Un‟efficace informazione ambientale è
un fattore necessario per il coinvolgimento dei cittadini in materia di tutela
dell‟ambiente. La Convenzione di Aarhus del 1998 ha impegnato gli Stati