1
INTRODUZIONE
Quale potrebbe essere la prima riflessione di un imprenditore che decide di avviare
un’attività?
“Come sarà l’impresa tra 50 anni? o tra 100?” … Sicuramente la visione delle
imprese di successo è una visione al lungo termine, ma sarebbe inverosimile
pensare ad un tempo così lungo.
In ambito aziendale, quando si parla di “lungo termine” ci si riferisce solitamente
ad un periodo che va dai 5 ai 10 anni, e se si tratta di un settore relativamente statico
è possibile spingersi anche fino a 20 anni.
Lo studio della Boston Consulting indica che le aziende facenti parte dell’indice
azionario statunitense S&P 500 (indice che segue l’andamento delle azioni delle
500 migliori aziende per capitalizzazione) nel 1964 mostravano una vita media di
33 anni; nel 2018 il periodo è sceso a 24 anni, mentre si prevede che nel 2027 la
durata media sarà di soli 12 anni. (Boston Consulting: la vita media delle aziende
S&P500 scenderà ancora. Colpa dell’Innovazione, 2020) Da ciò si deduce che per
un imprenditore è impossibile avere una visione al lungo termine per un periodo
superiore ai 5 o forse 10 anni.
Di fronte a una riduzione sempre più marcata della vita media delle aziende, gli
studiosi hanno cercato di indagare il fenomeno oggetto di questo lavoro: la
longevità aziendale.
Scopo di questo elaborato è quello di capire come la Walt Disney Company è
riuscita a vivere così al lungo, individuando fra gli approcci e le teoria della
Corporate Longevity quelli che sono stati riconosciuti convincenti e applicarli alle
varie tappe del percorso di vita di questa grande azienda.
Il lavoro è strutturato come segue.
Il primo capitolo passa in rassegna gli studi più rilevanti della longevità aziendale
e traccia i principali fattori indagati dalla ricerca degli ultimi 20 anni che possono
contribuire a far sì che un’azienda duri nel tempo.
Il secondo capitolo verte sulla storia della Disney. Viene ripercorsa la storia della
Compagnia mettendo a fuoco i momenti critici dei suoi 98 anni di vita.
Infine, nel terzo capitolo si individuano, con riferimento ai momenti più critici
dell’azienda, gli impulsi che hanno portato più volte al cambiamento, anche
2
radicale, e che hanno permesso all’azienda di continuare, non solo a sopravvivere,
ma soprattutto a crescere.
1. RASSEGNA DEGLI STUDI SULLA CORPORATE LONGEVITY
1.1. Introduzione
L’obiettivo di questo primo capitolo è revisionare la letteratura sulla longevità
aziendale e capire quali e quanti sono i fattori per cui alcune aziende vivono più a
lungo di altre. Verrà condotta una riesamina dei vari studi sul tema e si cercherà di
individuare gli elementi maggiormente studiati e quali di questi possono essere più
determinanti di altri.
1.2. Cosa si intende per longevità aziendale?
Diversi studiosi nel corso degli ultimi decenni hanno cercato di comprendere la
grandezza delle aziende longeve e scoprire quali fattori siano determinanti per
mantenere la “longevità”. Ma cosa si intende per grandezza? E cosa per longevità?
La grandezza è un concetto estremamente soggettivo in quanto è soggettiva la scelta
della misura che si utilizzata per determinare la grandezza. È sicuramente più
conveniente per la grandezza aziendale considerare le prestazioni misurate rispetto
ai concorrenti, come l’andamento del titolo, la quota di mercato, redditività e
soddisfazione dei clienti. Dunque, in altre parole, la grandezza di un’azienda sta
nella sua capacità di trasformarsi parallelamente all’evoluzione dell’ambiente
continuando a svolgere un ruolo importante per gli azionisti e difendendo la propria
indipendenza.
Per quanto concerne la longevità, anch’esso è un termine relativo, inteso
generalmente come la durata della vita di un’azienda per un periodo superiore alla
media. In oltre, bisognerebbe anche capire cosa significhi sopravvivere per questo
lungo tempo, ossia se a durare sia il nome, il marchio o la proprietà.
Burgelman (2014) afferma che bisogna focalizzarsi in primo luogo sulle intenzioni
dei fondatori, capire cioè qual è il presupposto per cui essi decidono di avviare
un’impresa.
Pensando ai diversi tipi di Società, Burgelman definisce due tipologie. Da un lato
categorizza le aziende etichettate come “costruite per essere acquisite”, ossia
3
imprese di breve durata create con l’intento di entrare sul mercato con un certo
valore ed essere prelevate tempo dopo con un valore superiore a quello inziale,
facendo così ottenere un vantaggio economico al fondatore e agli stakeholder;
dall’altro annovera invece le imprese “costruite per diventare”, ossia imprese create
per un fine più grande che sviluppano anche una capacità di adattamento notevole.
Queste ultime sono concepite e poi edificate con una visione a lungo termine ed in
grado di essere trasformate nel corso della loro vita anche più di una volta; spesso
accade che le imprese “costruite per diventare” acquisiscano le prime per mantenere
un certo vantaggio competitivo ed aggiungere diversità e opportunità alla propria
organizzazione.
In altre parole, la logica che segue Burgelman parte dalla capacità del management
di esercitare una leadership strategica che riesca ad affrontare il cambiamento e a
trasferire questa leadership alle generazioni future di amministratori.
Molteplici fattori, determinanti per la longevità aziendale, sono stati individuati ed
è stata empiricamente dimostrata la loro efficacia.
Gli esperti si sono soffermati in maniera insistente su quello che è probabilmente
considerato il fattore principale, ossia il concetto di “ambidestria”, interpretato
come la capacità di un’organizzazione di sviluppare e migliorare sia le prestazioni
a breve termine sia quelle a lungo termine. A questa nozione se ne collegano altre
rilevanti per la longevità: ritroviamo l’esplorazione e lo sfruttamento, i processi di
strategia indotta e autonoma e il marketing ambidestro.
Altre lenti attraverso cui i ricercatori hanno esplorato la longevità di un’azienda
sono la “teoria dei sistemi” e la “teoria della complessità”. La prima afferma che un
sistema è un insieme di più elementi che sono interdipendenti nel complesso, la
seconda definisce la complessità come la misura della diversità nei fattori interni e
ambientali di un sistema (quali clienti, fornitori, tecnologia e così via), ed entrambe
sono teorie relative al cambiamento organizzativo.
Poi ci sono le “logiche causali e efficaci”, le prime utili quando il futuro è
prevedibile e gli obiettivi sono chiari, mentre le seconde presuppongono che
l’obiettivo aziendale non sia noto e che l’imprenditore utilizzi le risorse disponibili
per soddisfare il mercato.
I ricercatori si sono focalizzati anche “sull’innovazione dirompente”. Ad esempio,
per un’azienda che aspira a mantenere un vantaggio e a crescere, il cambiamento è
scontato, soprattutto quando l’ambiente competitivo diventa instabile e si creano
4
condizioni discontinue; il problema che si sono posti gli studiosi, anche in ambito
di Corporate Longevity, è “come” le imprese intendono e possono innovare.
Un ultimo corpo di indagine riguarda la “gestione delle imprese familiari” che si è
sviluppato per capire se ci sono effettivamente delle differenze con le imprese non
familiari, in quanto parrebbe che le prime sopravvivano più a lungo.
Nel seguito di questo primo capitolo si analizzerà nel dettaglio quanto
sinteticamente descritto fin qui per cercare di dare una visione d’insieme alle
ricerche sulla longevità aziendale.
1.3. Organizzazione ambidestra
L’ambidestria è una qualità che non viene imposta dall’alto e non emerge per caso.
Come affermano grandi esponenti nel campo, Tushman e O’Reilly (1996) e Duncan
(1976) l’ambidestria si manifesta quando un’azienda riesce ad ottenere
allineamento nelle operazioni e dimostra una efficace capacità di adattamento alle
mutevoli condizioni ambientali.
Altri ricercatori hanno cercato di apportare nuova linfa a questo approccio: ad
esempio Adler et al. (1999) sostengono che l’ambidestria sia favorita dalla
formazione dei lavoratori e dalla loro fiducia nei confronti dell’organizzazione; gli
stessi Tushman e O’Reilly, già citati, asseriscono che principi come la
decentralizzazione strutturale, così come una cultura e una visione comune possono
rappresentare espedienti per l’ambidestria; mentre Bartlett e Ghoshal (1989) si sono
concentrati sulla costruzione di una visione condivisa, reclutamento e selezione,
formazione e gestione del percorso di carriera dei dirigenti come modi per stimolare
un'azienda ad essere globalmente integrata e localmente reattiva allo stesso tempo.
Gibson e Birkinshaw (2002) suggeriscono due linee d’azione per manifestare
l’ambidestria. Dal un lato è possibile separare le attività di adattamento e
allineamento dedicandovi unità operative differenti; condizione che permette di
riservare la stessa attenzione ad entrambe, ma duplica gli sforzi e rende complicata
l’integrazione. Dall’altro lato si possono eseguire le attività contemporaneamente
raggiungendo così l’integrazione, ma l’alternativa crea ambiguità nella definizione
del ruolo e provoca in alcuni momenti la dominanza di una delle due attività
sull’altra.
5
Un’azienda deve sapere affrontare il cosiddetto “dinamismo ambientale”,
condizione che si verifica quando un nuovo entrante cambia le regole del gioco, in
qualunque settore operi. In quel momento una buona capacità ambidestra può
consentire all’azienda di affrontare il concorrente difendendo la propria posizione.
Ad esempio, si pensi alla situazione di stabilità in cui la tradizione del settore è
quella di competere offrendo sconti; questo vantaggio però viene annullato nel
momento in cui un concorrente, che sfrutta processi produttivi innovativi più
economici, presenta uno sconto superiore per i suoi prodotti e smuove la stabilità
del mercato, creando degli effetti non lineari e, dunque, un nuovo equilibrio di
mercato difficilmente prevedibile.
Un’importanza rilevante è certamente il settore di appartenenza dell’azienda come
ha giustamente sottolineato l’ex CEO di IBM, Lou Gerstner (2014). Infatti, in alcuni
settori dove la crescita è molto lenta le imprese tendono a vivere più a lungo come
è possibile notare ad esempio nel settore dell’IT (Information Technology), che ha
avuto grandi difficoltà a mantenere un vantaggio competitivo, soprattutto con il
progresso verificatosi negli ultimi decenni.
Gerstner sostiene che le organizzazioni tendono ad essere più sane dove c’è una
supremazia di idee. Inoltre, ribadisce che i valori, quali la sensibilità al mercato, la
consapevolezza dei concorrenti e la dedizione al cliente sono elementi fondamentali
a cui l’intero gruppo aziendale deve tenere fede.
Nel paragrafo successivo si approfondirà quanto evidenziato fino a qui
considerando in particolare due concetti ai quali la ricerca si è ampiamente dedicata:
esplorazione e sfruttamento.
1.3.1. Esplorazione e Sfruttamento
Come riportato più sopra, l’organizzazione ambidestra è quella che riesce ad
ottenere un ottimo “sfruttamento” (allineamento) delle attività esistenti,
dimostrando al contempo un efficace capacità di “esplorazione” (adattamento) a
fronte delle mutevoli circostanze dell’ambiente.
Questi due concetti furono elaborati nel 1991 e nel corso del tempo hanno subito
diverse formulazioni. Vengono apprezzate le definizioni, seppure generali
dell’Enciclopedia Treccani; l’azione del conoscere ciò che è sconosciuto,
servendosi dei mezzi opportuni quale attività di esplorazione, mentre l’attività di
sfruttare è intesa quale atto dell’utilizzare ciò che si ha a disposizione ai fini di un