1. Introduzione Pagina 7
Importanza del tema
Il dibattito sulla corporate governance, vale a dire l’insieme di meccani-
smi e istituzioni che cooperano alla definizione della direzione e della perfor-
mance di impresa, è indubbiamente di grande attualità in Italia.
L’esigenza di fornire nuove prescrizioni al sistema economico si è rivelata
particolarmente stringente in seguito alla crescente integrazione europea e più in
generale alla globalizzazione
1
degli scenari di creazione della ricchezza.
All’interno di questo contesto di concorrenza allargata, un sistema di relazioni di
governo d’impresa inefficiente e obsoleto potrebbe rappresentare indubbiamen-
te un grave handicap per le imprese italiane. Uno strumento in meno nella cas-
setta degli attrezzi per fare fronte ad una concorrenza internazionale sempre più
agguerrita.
A causa di queste e altre motivazioni, il Ministero del Tesoro ha istituito
con decreto datato 24 luglio 1998 una commissione presieduta dal prof. Antoni-
no Mirone
2
(la “Commissione Mirone”) con lo scopo dichiarato di elaborare una
proposta di riforma e adeguamento di alcuni meccanismi di corporate gover-
nance. Successivamente è stata approvata in sede parlamentare.
Tuttavia al di là dell’innegabile volontà riformatrice del legislatore non ci
si trova innanzi ad un problema che si possa affrontare solo attraverso un ap-
proccio di tipo “law matters”. Sfortunatamente la maggioranza dei modelli e del-
la letteratura inerenti il governo societario fanno esplicito riferimento alla realtà
anglosassone e al territorio statunitense, nel quale le scalate azionarie rivestono
un ruolo centrale nell’assicurare quel dinamismo e quell’efficienza così preziosi e
vitali ad un sistema di corporate governance efficace e funzionale.
1
Nel suo senso letterale, la globalizzazione è un cambiamento sociale, un’accresciuta interconnessione tra
le società e tra i suoi elementi attraverso un fenomeno di fusione e convergenza culturale; l’esplosiva evo-
luzione dei trasporti e delle tecnologie di comunicazione è risultata decisiva nel facilitare lo scambio cultu-
rale ed economico.
2
Maggiori informazioni sulla Commissione Mirone possono essere recuperati presso il sito internet
www.giustizia.it/guidagiustizia/scheda_mirone.htm.
1. Introduzione Pagina 8
Non si può trascurare il fatto che negli Stati Uniti e in misura minore nel
Regno Unito post-Thatcher
3
il modello tipico di società per azioni sia rappresen-
tato da quella public company ad azionariato diffuso così poco riscontrabile nel
contesto continentale europeo.
È inoppugnabile che ci si trovi, in questo caso, a dover non sottovalutare
anche il caveat “politics matters”. Le aziende, a prescindere dal campo in cui o-
perano, sono istituti caratterizzati da disomogenee gradazioni di durabilità ed
economicità ma essenzialmente sono composte da esseri umani. Uomini e donne
appartenenti ad uno stato: cittadini dotati di diritti e doveri. Quest’ultimo aspet-
to non è accessorio o marginale. Le aziende, infatti, per attivare la loro funzione
produttiva necessitano della pace sociale che solo un’organizzazione sovraordi-
nata come uno stato di diritto può garantire. Mediante il riconoscimento di mag-
giori tutele per i lavoratori, con l’intervento diretto in caso di fusioni che possano
mettere a repentaglio i posti di lavoro sul territorio nazionale, rendendo imprati-
cabile ed impervia una politica di down-sizing
4
aziendale.
Tutto questo inevitabilmente genera un valore monetario. Un costo che
stando alla teoria dei costi di agenzia
5
viene a gravitare sul proprietario
dell’azienda, il quale si vede obbligato ad esercitare un maggior controllo sul
management e a istituire una politica meno trasparente nei confronti dei terzi
siano essi altri shareholders
6
o siano appartenenti alla più ampia categoria degli
stakeholders
7
.
La dissociazione tra proprietà e controllo, e tra controllo e management,
sta alla base di molti dilemmi affrontati nelle tematiche di corporate governan-
ce. Questi fattori stimolano infatti:
3
Roe Mark J., La public company e i suoi nemici, Il Sole-24 ore editore, Milano 2004. Pagg 121-128
4
Con down-sizing si intende la politica di ridimensionamento che un azienda porta avanti al fine di rag-
giungere sia l’obiettivo di diminuire il costo del lavoro sia di snellire la propria struttura del personale.
5
Jensen Michael C. e Meckling William H., Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and
Ownership Structure, Journal of Financial Economics, October, 1976, V. 3, No. 4, pp. 305-360.
6
Legittimo proprietario di una o più azioni emesse da una società per azioni.
7
Con questo termine si vuole indicare il più ampio e disomogeneo ventaglio di soggetti che vengono in
contatto e/o che sostengono relazioni di varia natura e durata con l’azienda.
1. Introduzione Pagina 9
un possibile disallineamento tra obiettivi della proprietà ed effet-
tiva conduzione dell’impresa e conseguentemente un aumento
sensibile dei costi di agenzia;
conflitti tra azionisti di diversa dimensione;
insorgere di fenomeni di inefficienza e slackness
8
manageriale.
All’interno della corporate governance queste diverse forme di distorsio-
ne sono ricomposte attraverso:
1. il disegno di schemi contrattuali, relazioni organizzative e meccanismi
di incentivazione;
2. gli effetti che determinati mercati possono avere indirettamente
sull’efficienza della conduzione d’impresa.
Il market for corporate control
9
rappresenta appunto un esempio para-
digmatico di questo secondo gruppo di fattori, dal momento che gli effetti di una
scalata ostile possono condizionare sia le scelte degli azionisti correnti sia del
management in carica.
8
Inoperosità, inattività.
9
Transazione/i di capitale di rischio (equity) di dimensioni così ragguardevole/i da implicare un cambio di
proprietà aziendale.
1. Introduzione Pagina 10
Orizzonte temporale
L’orizzonte temporale prescelto e preso in esame è stato individuato nel
periodo che comprende gli anni dal 1998 al 2003. Un lasso di tempo sufficien-
temente lungo, poco più di un lustro, e relativamente omogeneo per quel che ri-
guarda la disciplina normativa di riferimento. La riforma del diritto societario
entra infatti in vigore in Italia solo a partire dal 1° di gennaio del 2004.
Tale riforma è peraltro aperta ad ulteriori modifiche durante il periodo di
warm-up
10
del primo anno di introduzione. Questa caratteristica venne ritenuta,
molto saggiamente, essenziale ai fini di adattare in modo ottimale il lavoro delle
commissioni alla realtà del contesto italiano, e non ultimo per rendere lo stru-
mento normativo il più utile e duttile per quelli che saranno gli utilizzatori finali
ovvero le aziende.
Dati utilizzati
I dati utilizzati provengono da varie fonti istituzionali e non. Principal-
mente le seconde sono limitate alle pubblicazioni e alle analisi redatte da Bil-
bank
11
. Per le prime invece sono stati consultati i dati che sono disponibili presso
i siti internet delle maggiori istituzioni italiane: Borsa Italiana Spa
12
, Consob
13
,
Abi
14
, Banca d’Italia e i siti istituzionali delle singole banche in esame.
10
Termine automobilistico che indica quel periodo di prove libere prima della gara che ha la necessaria
funziona di riscaldamento di propulsore e pneumatici.
11
Frutto della collaborazione tra ABI, Assbank, Assopopolbanche ed Acri, "Bilbank Analisi" Bilbank è un
prodotto costituito da una base dati dei bilanci annuali e infrannuali delle banche italiane e dei gruppi ban-
cari.
12
Borsa Italiana S.p.A., capogruppo e responsabile dell'organizzazione e della gestione del mercato borsi-
stico italiano. La Società, nata nel 1997 dalla privatizzazione dei mercati di borsa ed operativa dal 2 gen-
naio 1998 [www.borsaitalia.it].
13
Commissione nazionale per le società e la borsa [www.consob.it].
14
L'Associazione Bancaria Italiana (ABI) - associazione volontaria senza finalità di lucro - promuove nel-
la società civile e presso il sistema bancario e finanziario coscienza dei valori sociali e comportamenti i-
spirati ai principi della imprenditorialità e alla realizzazione di un mercato libero e concorrenziale
[www.abi.it].
1. Introduzione Pagina 11
Campione analizzato
Dall’esteso settore bancario si è deciso di prendere in esame e analizzare
le banche che sono quotate presso la Borsa Italiana Spa.
Il seguente elenco di banche è quello che si è evidenziato in base a para-
metri di omogeneità e continuità nella disponibilità dei dati e che si è scelto di
prendere in considerazione ed analizzare:
1. Banca Intesa (nasce dalla fusione del Banco Ambrosiano Veneto e del-
la Cariplo a cui si andrà ad aggiungere nel 2001 la Banca Commerciale
Italiana)
2. Sanpaolo IMI
3. Unicredito Italiano (nasce a partire dal 2002 dalla fusione di varie
banche tra le quali Unicredito Italiano e Rolo Banca 1473)
4. Monte dei Paschi di Siena
5. Banca Nazionale del Lavoro
6. Capitalia ( Capitalia è il nome del nuovo gruppo bancario nato il 1° lu-
glio 2002 dall'integrazione di due realtà pre-esistenti, il Gruppo Banca-
roma e il Gruppo Bipop-Carire)
7. Banca Antoniana-Popolare Veneta
8. Banca Popolare di Lodi
9. Banco Popolare di Verona e Novara (prima del 2002 erano due
banche distinte: la Banca popolare di Novara e la Banca Popolare di Ve-
rona – Banco S. Geminiano e S. Prospero)
10. Banca Popolare di Milano
11. Banca Popolare dell'Emilia Romagna
12. Banca Lombarda e Piemontese
13. Banca Carige
1. Introduzione Pagina 12
14. Credito Emiliano
15. Banca Cassa di Risparmio di Firenze (Banca C.R. Firenze S.p.A, è
a capo dell'omonimo Gruppo bancario di cui fanno parte altre 5 banche
ed è quotata alla Borsa italiana dalla metà 2000)
16. Credito Bergamasco
17. Banco di Sardegna
18. Banca Popolare di Sondrio
19. Credito Valtellinese
20. Banca Etruria
21. Banca Fideuram
22. Credito Artigiano
23. Banca Popolare di Intra
24. Banco di Desio e della Brianza
25. Banca Popolare di Spoleto
26. Banche Popolari Unite
2. La letteratura di riferimento Pagina 13
2. La letteratura di riferimento
La letteratura e la pubblicistica riguardanti la corporate governance si
contraddistinguono come assolutamente vaste ed eterogenee. Questo in parte è
dovuto al fatto che la corporate governance rappresenta uno di quegli ambiti
emblematici nei quali giungono a sfiorarsi discipline autonome quali il diritto e
l’economia e dove spesso influenze esterne di tipo politico, statuale e non ultimo
sociale rivestono un ruolo di primissimo piano.
La ricompensa dei manager, il loro reclutamento, la promozione e il li-
cenziamento, i costi di agenzia, gli azionisti di controllo e di minoranza e le per-
formance delle aziende sono componenti indispensabili per il funzionamento
della corporate governance. Di seguito viene proposto un resoconto di alcuni
studi ed analisi provenienti sia dal contesto anglosassone sia da quello italiano.
La studio di Jason R. Barro (Analysis Group Inc.) e Robert J. Barro (Har-
vard University) comparsa nel 1990 sul Journal of Labor Economics recante il
titolo “Pay, Performance, and Turnover of Bank CEOs
1
” rappresenta un buon
prototipo della pubblicistica di estrazione anglosassone.
Lo studio ha come scopo preminente quello di esplorare e studiare la for-
za della relazione potenziale tra da un lato lo stipendio e il turnover della carica
di Ceo
2
(Amministratore delegato) e dall’altro lato le performance delle banche e
la loro dimensione. Il set di dati a loro disposizione copre le grandi banche
commerciali statunitensi tra il 1982 e il 1987.
1
Barro Jason R. e Barro Robert J., Pay, Performance, and Turnover of Bank CEOs, Journal of Labor Eco-
nomics, 1990, vol. 8, no. 4.
2
Chief Executive Officier (Amministratore delegato).
2. La letteratura di riferimento Pagina 14
L’ipotesi di partenza consiste nell’attendersi di riscontrare una relazione
solida e consistente in grado di legare tra loro i cambiamenti nello stipendio (o
altre forme di emolumenti
3
) del Ceo e i cambiamenti nella performance della
banca.
I risultati si dimostrano consistenti con l’assunto iniziale e sono in grado
di comprovare una relazione positiva e statisticamente significativa tra le per-
formance delle banche e lo stipendio dei Ceo. Questo dimostra e supporta
l’ipotesi che gli azionisti siano realmente nella condizione di incidere con effica-
cia sulla composizione del Cda, in modo da favorire comportamenti allineati ai
loro interessi.
Un’ulteriore conclusione alle quale giungono è che il legame tra lo stipen-
dio del Ceo e la performance della banca tende a perdere intensità, anche se non
in modo sistematico, quanto più il Ceo prolunga il suo mandato.
Un esempio paradigmatico degli studi che analizzano, invece, il contesto
italiano può essere il lavoro di Giorgio Brunello (Università di Padova), Clara
Graziano (Università di Udine) e Bruno M. Parigi (Università di Padova) intitola-
to “CEO turnover in insider-dominated boards: The italian case
4
” apparso sul
Journal of Banking & Finance n° 23 del 2003.
Questo studio si propone di analizzare la forza della relazione tra il
turnover del Ceo, la performance, la concentrazione proprietaria e l’eventuale
partecipazione proprietaria del Ceo medesimo su di un campione di 60 società
private quotate alla borsa valori tra gli anni 1988 – 1996.
Innanzitutto essi cercano di fornire un quadro di riferimento per il conte-
sto italiano: nel quale la concentrazione proprietaria, il controllo familiare,
l’esiguo numero di investitori istituzionali e il loro scarso attivismo rappresenta-
no cause prime di una corporate governance italiana alla mercé degli insiders.
3
Con emolumenti si intende non solo la retribuzione per la prestazione professionale, ma anche altri stru-
menti di incentivazione del top management quali, ad esempio, le stock options.
4
Brunello G., Graziano C. e Parigi B. M., CEO turnover in insider-dominated boards: The Italian case,
Journal of Banking & Finance 27, Elsevier, 2003.
2. La letteratura di riferimento Pagina 15
Il capitalismo italiano che finiscono col delineare, in buona sostanza, ap-
pare non maturo, spesso caratterizzato dall’eccessiva importanza del controllo
familiare veicolato attraverso gruppi piramidali
5
, dalla relativa assenza di takeo-
ver, da un mercato dei capitali sottosviluppato e dalla mancanza di una relazione
duratura con una sola banca che rivesta, all’uopo, anche la funzione di monito-
ring.
La conclusione a cui giungono è che in un tale ambiente la relazione
pay/performance risulta molto debole, fatta salva la condizione nella quale
l’azionista di controllo sia anche Ceo. Dalla loro analisi emerge, infatti, con parti-
colare vigore come gli insiders che detengono pacchetti azionari rilevanti dimo-
strano un alto livello di attivismo nel monitorare i Ceo scarsamente performanti.
Quello dei i comitati esecutivi dominati da insiders e/o rappresentanti
degli interessi degli azionisti di controllo sembra un trait d’union che si ritrova
anche in un'altra pubblicazione sempre degli stessi autori intitolata “Executive
compensation and firm performance in Italy
6
”.
In questo lavoro essi riscontrano, nuovamente, come la sensibilità della
relazione pay/performance sia superiore solamente quando le società fanno
parte di un gruppo multinazionale o quando la proprietà sia riconducibile a capi-
tale straniero. Questo perché, stando alla loro ipotesi e alla loro analisi, società
dotate delle proprietà sopra descritte sono meno agevolmente inficiate dalle ca-
ratteristiche peculiari del capitalismo italiano.
Quello che stigmatizzano è che l’Italia si dimostra carente soprattutto di
strumenti di natura legale per poter adeguatamente affrontare i problemi che af-
fliggono il suo capitalismo. In particolare, “… to discipline controlling share-
holders a well functioning market for corporate control and adequate legal
protection of minority shareholders are required
7
”.
5
Molte società di medie e grandi dimensioni appartengono ad un gruppo organizzato come una piramide
con una società controllante (holding) in cima che controlla una o due società sottoposte che a loro volta
controllano delle altre.
6
Brunello G., Graziano C. e Parigi B., Executive compensation and firm performance in Italy, Interna-
tional Journal of Industrial Organization, Elsevier, 1999.
7
Ibidem. Cit. Pag 137.