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Premessa
Quello della Corporate Governance è un tema che in questi ultimi anni ha
rivestito una sempre maggiore importanza.
Gli studi sulla Corporate Governance hanno attraversato diversi stadi evolutivi
nel corso degli anni, concentrandosi dapprima maggiormente sull’aspetto
giuridico e iniziando in seguito a spostare l’attenzione sul rapporto che ci può
essere tra il sistema di governance e la performance della società.
In letteratura, sono stati molti gli studi che hanno preso in considerazione il
rapporto tra la Corporate Governance e la performance aziendale; questi studi
hanno spesso avuto ad oggetto il mercato statunitense.
Questi sono stati i motivi che hanno dato avvio a questo lavoro: verificare se
anche sul mercato italiano è possibile individuare una relazione tra Corporate
Governance e performance aziendale.
Ci siamo domandati se il sistema Italia stia tendendo verso mercati finanziari e
meccanismi di Governance che funzionano; infatti un mercato dei capitali e un
sistema di governance efficienti rappresentano alcuni degli ingredienti
fondamentali per la competitività di un paese.
Ci siamo proposti di verificare ed evidenziare alcune differenze e similitudini tra
il mercato italiano e quello statunitense, e di verificare l’impatto delle recenti
regolamentazioni italiane in materia di Corporate Governance sulla performance
aziendale.
Il tema della Corporate Governance si colloca in un “terreno di confine” fra
diritto ed economia; si può andare infatti da una interpretazione strettamente
giuridica, che lo riconduce al governo di una società di capitali, ad una in senso
esteso, che finisce per comprendere la struttura del sistema economico nel suo
complesso.
Infatti la definizione di Corporate Governance afferma che essa coinvolge un
insieme di relazioni fra i dirigenti di una società, il suo Consiglio di
Amministrazione, i suoi azionisti e le altre parti interessate.
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Queste relazioni sono quindi influenzate sia dal tessuto normativo presente, sia
dall’azione e dal metodo di governo della specifica società.
Riguardo al tema fondamentale di questo lavoro, ovvero il rapporto
Governance/Performance, nel corso degli anni sono stati sviluppati degli
indicatori sintetici che consentissero di mettere piø facilmente in relazione la
struttura di governance di una società e la sua performance.
In questo lavoro abbiamo proposto l’utilizzo di due dei piø famosi indicatori di
governance
(quello sviluppato da Gompers, Ishi e Metrick e quello di Bebchuk, Cohen e
Ferrell derivato dal primo) sulla situazione del mercato borsistico italiano, nello
specifico del segmento STAR, che è il segmento piø sviluppato e aggiornato in
materia di Corporate Governance.
L’analisi è stata condotta dapprima utilizzando l’indicatore G, in seguito, per
testare la robustezza dei nostri risultati con l’indicatore E.
L’indicatore G, comprende sia parametri che possiamo definire “positivi” che
riguardano ad esempio gli obblighi informativi societari, sia parametri che
possiamo definire “negativi”, come l’esistenza di clausole a tutela degli
amministratori, mentre l’indicatore E (Entrenchment index) considera soltanto
parametri “negativi”, cioè a favore degli amministratori.
Abbiamo poi studiato la relazione tra il valore di questi indicatori e il valore
aziendale calcolato con la Q di Tobin.
La relazione che abbiamo ottenuto è che al diminuire del valore di G corrisponde
un aumento del valore aziendale. Per verificare che questa relazione sia dovuta
ad un valore basso dei parametri negativi, la abbiamo sottoposta a test con
l’utilizzo dell’indicatore E.
I risultati ci hanno confermato un’analogia con i lavori di Gompers, Ishi e
Metrick e di Bebchuk, Cohen e Ferrell, e possiamo quindi affermare che, seppur
lentamente, anche il nostro Paese si sta avviando verso un mercato e dei
meccanismi di governance piø efficienti.
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Capitolo 1
1.1 La Corporate Governance: aspetti definitori
Per Corporate Governance si intende l’articolato sistema di relazioni e interessi
tra soci di controllo di un’impresa, soci di minoranza (investitori) e la struttura
direzionale dell’azienda a sua volta riconducibile alla direzione strategica
esterna, quando è prevista, e al management interno.
La Corporate Governance si occupa delle modalità in cui i fornitori di
finanziamenti per le imprese si assicurano di ottenere un ritorno sul loro
investimento.
La definizione dell’OCSE afferma che la Corporate Governance coinvolge un
insieme di relazioni fra i dirigenti di una società, il suo Consiglio di
Amministrazione, i suoi azionisti e le altre parti interessate.
La parola “Governance” indica sia l’azione, sia il metodo di governo, ed è
proprio in questo secondo significato che viene utilizzata con riferimento alle
imprese.
L’utilizzo dell’espressione “Corporate Governance” è, viceversa, relativamente
recente e si fonda sull’analogia tra il governo degli enti locali e nazionali e il
governo delle imprese. Si ritiene che il termine “Corporate Governance” sia stato
utilizzato per la prima volta da Richard Eells per indicare “la struttura e il
funzionamento della politica aziendale”. Tale termine inizia ad essere utilizzato
diffusamente solamente nel corso degli anni ottanta quando alcuni avvenimenti
attirano l’attenzione degli accademici di varie discipline, degli esponenti
dell’industria e della finanza e dei rappresentanti del mondo politico sugli
argomenti che esso sottende.
Nonostante il gran numero di contributi che sono stati prodotti sull’argomento
nel corso degli ultimi decenni, si deve rilevare come ad oggi non si sia ancora
giunti ad una definizione condivisa cu che cosa si debba intendere con
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l’espressione “corporate governance”. I numerosi autori che hanno affrontato
questo tema hanno infatti adottato definizioni che differiscono tra loro sia per
l’ampiezza e la varietà degli stakeholder che sono considerati nel processo di
governo economico, sia per l’ampiezza e la varietà degli organi societari che
sono ritenuti responsabili della funzione di governo dell’impresa.
Nella nostra accezione, corporate governance ha a che vedere con la gestione di
una società di capitali in presenza di separazione tra proprietà e controllo. Un
tratto tipico dello sviluppo delle attività produttive dopo la rivoluzione industriale
è dato dal progressivo venir meno dell’identificazione in una stessa persona della
proprietà dei mezzi di produzione e del loro controllo (gestione). La separazione
tra proprietà e controllo ha assunto forme diverse sia nel tempo sia nello spazio.
Non è appropriato vedere nella public company, molto diffusa negli Stati Uniti
( ma non nel resto del mondo), il naturale punto di arrivo di questo processo. Nei
diversi sistemi economici, la struttura proprietaria assume forme diverse e gli
azionisti possono svolgere ruoli ed avere caratteristiche diverse: perciò non
possiamo fare riferimento indistintamente a investitori “privati” in possesso di
piccole quote dell’azienda. La vita di una moderna società di capitali finisce per
essere popolata da una moltitudine di attori: azionisti( nelle diverse tipizzazioni),
possessori di titoli di credito, amministratori, stakeholders (clienti, lavoratori).
I diversi attori della vita di una società di capitali sono portatori di interessi
diversi e di conseguenza è naturale che sorgano conflitti fra di loro. La Corporate
Governance ha per oggetto l’organizzazione dell’attività economica in presenza
di separazione tra proprietà e controllo, il suo obiettivo è la composizione dei
conflitti tra i diversi attori che partecipano alla vita di una società di capitali.
A questo fine, essa delinea meccanismi di governo che regolano i rapporti tra i
numerosi partecipanti alla vita della società. Il fine ultimo è quello di trovare un
equilibrio tra i diversi interessi in gioco che conduca l’impresa lungo un sentiero
di efficienza tutelando i diversi diritti/interessi.
La disciplina della Corporate Governance si colloca in un terreno per così dire
“di confine” tra diritto ed economia.
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Sappiamo infatti che le scienze giuridiche e quelle economiche sono ritenute
essere scienze cugine in virtø della comunanza dell’oggetto di indagine, ovvero
la dimensione sociale dell’azione degli individui.
1.1.1 La concezione ristretta di Governance
Volendo generalizzare possiamo individuare due concezioni fondamentali di
corporate governance: la concezione ristretta e la concezione allargata.
La concezione ristretta è fortemente condizionata dalle caratteristiche che il
dibattito sul governo delle imprese ha assunto nei sistemi capitalistici
anglosassoni, all’interno dei quali l’attenzione è concentrata sulle modalità di
funzionamento del consiglio di amministrazione delle grandi corporations che
sono caratterizzate da un assetto proprietario riconducibile al modello della
public company.
Secondo questa concezione gli azionisti sono la categoria di stakeholder che ha il
diritto di controllo sull’impresa poichØ essi, in qualità di possessori dei diritti
residuali sul flusso di reddito prodotto,hanno un forte interesse che sia
massimizzata l’efficienza e la ricchezza prodotta nel lungo periodo. Gli azionisti
esercitano il diritto di controllo esprimendo il loro voto su alcune decisioni
importanti e nominando i membri del consiglio di amministrazione come garanti
del loro interesse.
La relazione fra azionisti e membri del consiglio di amministrazione è
configurabile come un rapporto di agenzia in cui gli azionisti delegano ai
consiglieri la realizzazione di un insieme di attività.
All’interno di questa concezione, il principale problema di corporate governance
si verifica quando la struttura azionaria è così frazionata da dare luogo al
fenomeno della separazione della proprietà, intesa come il possesso delle quote
di capitale di rischio, dal controllo dell’impresa, inteso come il diritto ad
assumere le principali decisioni di governo economico. L’eccessivo
frazionamento della struttura azionaria determina infatti due conseguenze di
rilievo: riduce l’incentivo degli azionisti a svolgere un’adeguata attività di
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controllo sull’operato dei dirigenti, e attribuisce ai manager il controllo del
consiglio di amministrazione e dell’impresa.
1.1.2 L’ agency theory
Gli studi sulla Corporate Governance prendono un grosso spunto dalla cosiddetta
“Agency Theory”
1
.
In generale una relazione di agenzia è quella in cui un soggetto (l’agente) agisce
per, a favore di o come rappresentante di un secondo soggetto (il principale).
L’elemento base della teoria dell’agenzia è la presenza di due persone, una delle
quali (il principale) dipende in una certa misura dal comportamento della seconda
(l’agente). Il principale delega un’attività all’agente e stabilisce le regole che
sovrintendono la relazione, comprese le modalità di distribuzione delle
ricompense tra le parti. L’agente realizza l’attività che gli viene delegata dal
principale e sceglie un corso di azione tra i vari possibili.
Il problema di agenzia è un elemento essenziale della cosiddetta visione
contrattuale dell’impresa. L’essenza del problema di agenzia è la separazione tra
proprietà e controllo.
Un imprenditore o un manager, raccoglie fondi dall’investitore sia per destinarli
ad un uso produttivo sia per investimento. I finanziatori chiedono un ritorno
economico per il loro investimento , l’imprenditore allo stesso tempo ha bisogno
dei fondi dei finanziatori , dal momento che non possiede abbastanza capitale da
investire nell’attività produttiva. Così i finanziatori affidano i loro capitali
all’imprenditore ma vogliono essere assicurati di avere un ritorno.
Il problema di agenzia in questo contesto si riferisce alla difficoltà che i
finanziatori hanno nell’assicurarsi che i loro soldi non vadano sprecati e perduti.
1
Jensen Michael C., Smith Clifford W., Stockholder, manager, and creditor interests: applications of
agency theory. SSRN
11
¨ come se finanziatori e manager firmassero un contratto che specifichi cosa
debbano fare questi ultimi con i fondi ricevuti, e come i guadagni debbano essere
divisi tra loro ed i risparmiatori.
1.1.3 La concezione allargata di Governance
La concezione allargata della corporate governance, invece, intende porre
rimedio ai limiti che caratterizzano la concezione ristretta, la quale circoscrive il
problema delle modalità di governo delle imprese alla composizione e al
funzionamento dei consigli di amministrazione e considera gli interessi degli
stakeholders diversi dagli azionisti come un vincolo esterno che assume rilevanza
solo se si verificano determinate circostanze.
La concezione allargata supera i limiti di quella ristretta estendendo la propria
attenzione a tutti gli stakeholder dell’impresa e considerando i vari elementi,
interni ed esterni all’azienda, che ne condizionano il processo di governo.
Secondo questa impostazione, solo in alcuni casi particolari e per alcuni problemi
specifici gli studiosi possono assimilare il tema del governo delle imprese
all’analisi della composizione e del funzionamento del consiglio di
amministrazione, concepito come organo volto a tutelare l’interesse degli
azionisti.
I numerosi studi che hanno analizzato i vari tipi di capitalismo sono emblematici
di una concezione allargata della corporate governance. Tali studi non si sono
infatti limitati ad analizzare la struttura azionaria e le caratteristiche del consiglio
di amministrazione delle grandi imprese quotate, ma hanno adottato una visione
sistemica e allargata che li ha portati a considerare il condizionamento che
numerose variabili esercitano sul processo di governo economico.
Gli studi fondati su una concezione allargata di corporate governance hanno
evidenziato che:
• Il tema della separazione tra proprietà e controllo è specifico delle grandi
public companies anglosassoni. La struttura azionaria delle grandi imprese
che operano nei principali paesi industrializzati è infatti molto piø
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concentrata e vede spesso al suo interno la presenza di un azionista o di
una coalizione di azionisti di controllo;
• Le imprese non possono limitarsi a perseguire la soddisfazione
dell’interesse degli azionisti e la massimizzazione del valore azionario, ma
devono soddisfare le attese di numerosi stakeholder. In primo luogo, esse
devono soddisfare gli interessi di coloro che vi apportano un contributo
utile allo svolgimento efficiente dell’attività economica; in un’ottica piø
allargata devono considerare anche le attese di coloro che sono influenzati
o possono influenzarne l’attività economica;
• La normativa che si è sviluppata a livello nazionale contribuisce a definire
i rapporti di forza tra i diversi stakeholder dell’impresa. Così per esempio,
in alcuni paesi i prestatori di lavoro possono nominare loro rappresentanti
negli organi di governo economico delle grandi imprese, in latri le banche
e le istituzioni finanziarie assumono un ruolo rilevante ai fini
dell’esercizio dei diritto di controllo o delle crisi di risoluzione delle crisi
aziendali, etc..
• Ogni modello di corporate governance è composto da un elevato numero
di variabili tra loro interdipendenti, le quali sono il risultato del lento
processo di evoluzione delle istituzioni (economiche, socilai, culturali,
legali, etc..) che regolano il comportamento e i valori delle persone che
operano all’interno di un dato contesto geografico. L’inerzia e la rigidità
che caratterizzano le istituzioni alla base di un determinato modello
rendono lunghi e difficoltosi i processi di cambiamento e vincolano
fortemente la direzione degli stessi.
In sintesi, la concezione ristretta della corporate governance si concentra
sull’analisi della composizione, della struttura e del funzionamento degli
organi e delle strutture formali (in particolare del consiglio di
amministrazione) delle imprese ad azionariato diffuso, al fine di individuare
le caratteristiche di tali organi che favoriscono la creazione di valore per gli
azionisti. Essa, trascurando gli interessi degli altri stakeholder dell’istituto e
delle numerose variabili interne ed esterne all’impresa che ne influenzano il
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processo di governo, adotta una visione limitata che considera solo una
piccola, e poco significativa parte, dei processi di corporate governance.
La seconda concezione è “allargata” nel senso che da un lato considera come
rilevante l’interesse di numerosi stakeholder diversi dagli azionisti e dall’altro
sostiene che i processi di corporate governance comprendono, oltre alle
strutture e ai meccanismi interni all’impresa (come l’assemblea degli
azionisti, il consiglio di amministrazione, etc..):
• Il comportamento di istituti esterni (come l’autorità di controllo sulla
borsa, le società di revisione, etc..);
• Il funzionamento dei mercati in cui essa opera (come il mercato dei
prodotti finiti e dei fattori produttivi, il mercato finanziario, etc..)
• I valori e le consuetudini che caratterizzano la cultura nazionale;
• La normativa relativa ai diritti e ai doveri delle diverse categorie di
soggetti che partecipano all’impresa.
1.2 L’evoluzione storica
Gli studi sulla Corporate Governance sono un fenomeno relativamente recente,
che ha conosciuto un rapido sviluppo negli ultimi decenni del XX secolo, ma
nonostante ciò gli imprenditori e gli amministratori di aziende hanno sempre
dedicato grande attenzione al tema del governo delle imprese.
La progettazione delle strutture e dei meccanismi di governo ha assunto rilevanza
nel momento in cui tali persone hanno iniziato a condurre i loro affari attraverso
entità legali dotate di personalità giuridica, e ha accresciuto enormemente la sua
criticità quando le dimensioni delle imprese sono diventate così grandi da
costringere i proprietari del capitale di rischio a delegare l’attività di gestione a
manager stipendiati.
L’evoluzione degli studi sulla Corporate Governance può essere divisa in diverse
fasi temporali.
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1.2.1 Gli “albori” della Corporate Governance
a) Metà del XIX secolo
La prima fase coincide con la metà del XIX secolo in cui troviamo la nascita
della società a responsabilità limitata; infatti l’introduzione di questa nuova
forma giuridica rappresenta un’innovazione di fondamentale importanza nella
storia dell’economia poichØ consente agli azionisti la garanzia di responsabilità
limitata sui debiti dell’impresa, e quindi permette agli imprenditori di acquisire
con maggiore facilità le risorse finanziarie necessarie ad alimentare la crescita e
lo sviluppo delle imprese.
Questo modello di società ottiene subito grande successo e viene utilizzato sia da
dagli imprenditori che vogliono aprire il capitale della società a soci esterni per
finanziare i progetti di crescita dell’impresa, sia da quelli che, pur volendo
mantenere il controllo assoluto del capitale, desiderano godere del beneficio della
responsabilità limitata dei debiti.
b) Inizio del XX secolo
Una seconda fase coincide con un altro importante avvenimento: la quotazione
delle azioni sul mercato dei capitali.
Siamo agli inizi del XX secolo e alcune società decidono di fare il loro ingresso
sul mercato.
Questa decisione produce due importanti conseguenze: se da una parte, infatti,
amplia notevolmente il numero degli azionisti che partecipano alla società,
dall’altra affievolisce o annulla completamente il loro legame con l’imprenditore
e il team manageriale che gestisce l’impresa.
¨ in questo modo che nasce la moderna società ad azionariato diffuso, la
cosiddetta Public Company, che si caratterizza per la separazione della figura
degli azionisti che conferiscono il capitale di rischio da quella dei manager che si
occupano di gestire l’impresa.