5
INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce dalla volontà di voler collegare ciò che da sempre è di
mio interesse: la comunicazione, l‟innovazione e le persone, seguendo un
approccio coerente e coeso.
Questo obiettivo conduce, in un primo momento, ad approfondire tre dimensioni
strettamente connesse alla competitività odierna delle organizzazioni: la cultura, la
creazione di valore e la comunicazione, le quali mostrano delle evoluzioni a
livello paradigmatico:
passaggio da un‟organizzazione che possiede una cultura ad una in cui
l‟organizzazione è cultura, ordita dunque dagli stessi attori organizzativi;
passaggio da una logica meccanicistica della creazione di valore (fatta di nessi
lineari causa-effetto e di legami deterministici) ad una logica circolare ed
integrata, che riconosca il valore generato dalle risorse interne ed esterne, ma
soprattutto che riconosca la molteplicità dei suoi stakeholder attraverso la
creazione di valore sostenibile;
passaggio da schemi comunicativi meccanicistici dove il modello è “comanda e
controlla” a schemi contingenti, proattivi ed interattivi, che implicano modalità
di comunicazione orizzontali e bottom-up.
A fronte di questi tre passaggi evolutivi, ricordiamo l‟obiettivo che ha mosso i fili
rossi della tesi: collegare ciò che, a prima vista, può sembrare separato e scisso;
così, abbiamo visto che il ruolo di fattore aggregante viene ricoperto dalla
comunicazione stessa, la quale alimenta e consente la condivisione della cultura
sia all‟interno che all‟esterno dell‟organizzazione e rappresenta un fattore
costituente del valore. Essa infatti diffonde valore (rendendolo esplicito a tutti gli
stakeholder) e crea valore (attraverso l‟apprezzamento del patrimonio intangibile,
relazionale, di conoscenza, di cultura e d‟immagine) nei confronti di tutti gli
stakeholder (l‟organizzazione assume dunque anche un ruolo sociale).
In questo contesto altamente complesso, si avverte la necessità di una coerenza di
fondo e del coordinamento dei messaggi, necessari per ottenere un‟immagine e, a
tendere, una reputazione, che posseggano e comunichino un substrato valoriale
univoco.
6
Durante il lavoro di ricerca sono emersi, quasi “prepotentemente”, due concetti
fondamentali: la comunicazione organizzativa ed il corporate brand, che
assumono il ruolo di “ponte” tra il sistema impresa e le entità economiche, sociali
ed ambientali che popolano il contesto di riferimento.
La comunicazione organizzativa infatti, coinvolge tutti i soggetti strategicamente
rilevanti ed è in grado di creare dei link quali quelli tra cultura e motivazione o,
per esempio, tra apprendimento e competenze; allo stesso modo, il corporate
brand, che è l‟espressione verbale, visiva, comportamentale, valoriale ed
esperenziale della strategia di un‟organizzazione, riesce a dialogare, grazie alla
sua capacità di sintesi sistemica, con molteplici stakeholder (interni ed esterni)
comunicando nell‟immediato un‟insieme di fattori dimensionali che
caratterizzano l‟essenza dell‟organizzazione stessa.
7
1. Evoluzione verso nuovi paradigmi
Nel quadro che andremo ad analizzare in questo primo capitolo, emerge
l‟importanza assunta dal concetto di paradigma,
1
il quale, nel contesto attuale
delle organizzazioni, può rappresentare un attaccamento ai vecchi modelli mentali
e dunque una limitazione alla capacità di pensare e comportarsi in maniera
flessibile e competitiva, presentandosi così come un blocco alla capacità di
innovazione dell‟impresa. Pertanto, le organizzazioni dovranno essere in grado di
rispondere alla complessità ambientale attraverso un dinamismo capace di
comprendere ed adattare
2
le variabili aziendali all‟evoluzione dell‟ambiente
economico e sociale.
Di fronte alla sfida appena enunciata, si dovrà dunque trovare una soluzione
alternativa che sia in grado di adattare i paradigmi alle nuove esigenze evolutive,
che, in questo capitolo, trova la sua risposta nell‟importanza della cultura nelle
organizzazioni, nella creazione del valore basato sulle risorse interne, esterne e
sulla creazione di valore sostenibile e nell‟esigenza di nuove modalità
comunicative.
Questi nuovi paradigmi convergeranno nella comunicazione organizzativa, la
quale, insieme al brand,
3
rappresenta un punto d‟incontro tra vecchi e nuovi
modelli organizzativi.
1.1 Verso nuove modalità culturali nella gestione dell’impresa
Dopo la fine del fordismo e l‟abbandono dell‟idea di produttività associata
all‟uomo-macchina, si riscontra nel mondo economico un crescente interesse nei
confronti della cultura aziendale come mezzo per rendere la realtà produttiva più
competitiva.
1
Il concetto di paradigma indica un esempio, un modello, un modo specifico di pensare, percepire,
comunicare, ed in questo senso viene infatti spesso chiamato world view o mindset (dal lat. tardo
paradigma, greco parádeigma, da paradeiknynai „mostrare (deiknynai) accanto (pará)).
2
Si parla dunque di dinamismo e non di mero adattamento ai cambiamenti esterni, che appare
un‟ipotesi largamente superata dalla concezione interattiva del rapporto impresa ambiente.
3
In particolare, come vedremo nel secondo capitolo, ci riferiamo al corporate brand
8
Si assiste dunque ad un‟evoluzione dell‟accezione di cultura che passa dal
paradigma razionalista, radicato nel rigido meccanicismo dei metodi indicati dal
caposcuola (Taylor), fondato sulla ricerca della massima efficienza, all‟approccio
simbolista, che definisce la cultura organizzativa come una struttura di codici di
senso (espressi in un sistema simbolico) ordita dagli stessi attori organizzativi, sia
in occasione di eventi collettivi unici e straordinari, sia nel corso delle quotidiane
attività ed interazioni, attraverso operazioni di definizione sociale della realtà.
Si pone dunque l‟accento su una cultura egualitaria ed orientata alle persone, alla
comunicazione ed alla piena condivisione dei valori aziendali a tutti i livelli,
considerando la cultura ed i suoi elementi costitutivi come un processo generatore
di significato che nasce e si alimenta tramite la continua interazione di individui.
4
La cultura consente dunque di dare un‟identità alle persone, di favorire l‟impegno
collettivo nei confronti di una missione percepita come propria, di promuovere la
stabilità dell‟ambiente sociale, nella misura in cui viene percepito come positivo e
motivante, di formare il comportamento, aiutando le persone a costruire
significati, a capire le scelte aziendali e le modalità adottate dall‟azienda per
conseguire i propri obiettivi di lungo termine.
5
Il patrimonio culturale, inteso come l‟insieme degli understandings (spesso taciti)
dei membri appartenenti ad un‟organizzazione, rappresenta così una delle leve
principali per l‟identità d‟impresa. Come spiega infatti Edgar H. Schein,
un‟azienda è un microcosmo ed al suo interno bisogna interagire con tutti, infatti
per lui “Una cultura d’azienda è un insieme di assunti di base – inventati,
scoperti, sviluppati da un gruppo determinato quando impara ad affrontare i
propri problemi di adattamento con il mondo esterno e di integrazione al suo
interno – che si è rilevato così funzionale da essere considerato valido e quindi
4
In particolare, “Le metafore stanno riscontrando un’ampia utilizzazione anche nel linguaggio
comunicativo delle organizzazioni proprio in relazione alla maggiore consapevolezza della
complessità che, non potendo essere percepita e comunicata solo con strumenti analitici, richiede
mezzi idonei per non ridurre la varietà e la variabilità incorporata nell’inestricabile rete di
interazioni che definiscono i fenomeni osservati. Si manifesta così il bisogno di nuovi codici
caratterizzati dall’uso di simboli figurativi, di immagini analogiche, ed in grado di richiamare
nella mente dell’osservatore e dell’utente situazioni note, ma allo stesso tempo capaci di far
apprendere, visualizzandole, le nuove conoscenze” in Lizza P., La cultura aziendale, Giuffrè Ed.,
Milano, 2002, pag. 63
5
Gagliardi P., Monaci M., La cultura, in Costa, Nacamulli (a cura di), Manuale di organizzazione
aziendale, vol.II, Utet, Torino, 1997
9
deve essere indicato a quanti entrano nell’organizzazione come il modo corretto
di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi
6
”
Si segna finalmente il passaggio da una concezione dell‟organizzazione che
possiede una cultura ad una in cui l‟organizzazione è cultura “Le organizzazioni
non sono cose, non esistono al di fuori delle persone che le costituiscono ed al di
fuori del senso e dei valori che gli attori sociali attribuiscono loro
7
”. La cultura
organizzativa risulta dunque “il prodotto di una intensa interazione sociale che si
svolge all’interno dell’impresa e della quale può essere dato conto attraverso una
pluralità di tipologie.”
8
Vediamo dunque (fig. 1.1) il modello di Deshpandè te al.
(1993), che permette di posizionare un‟impresa a seconda dei suoi tratti
dominanti:
9
MERCATO
Si enfatizza la competitività ed il raggiungimento degli obiettivi, le transazioni
sono governate dal meccanismo di mercato e la misura dell‟efficacia politica è
data dalla produttività raggiunta attraverso di esso;
CLAN
Dà importanza alla coesione, alla partecipazione, al lavoro di gruppo: questi infatti
diventano più importanti degli obiettivi finanziari ed il focus della strategia è
rappresentato dallo sviluppo del capitale umano;
ADHOCRAZIA
L‟enfasi viene posta sui valori della intraprendenza, della creatività,
dell‟adattabilità, della flessibilità e della tolleranza delle opinioni divergenti,
dunque l‟efficacia operativa è misurata in termini di scoperta di nuovi mercati e
nuove direzioni per la crescita;
CULTURA DI GERARCHIA
Si sottolinea l‟importanza dell‟ordine e delle regole, le transazioni sono sottoposte
ad un controllo molto stretto da parte dell‟organizzazione, dunque l‟efficacia è
data dal raggiungimento degli obiettivi pianificati.
6
Schein Edgar H., Cultura d’azienda e leadership, Guerini e Associati, Milano, 1990, pag. 54
7
Piccardo C., L’approccio culturale e la gestione del personale, in G. Costa (a cura di), Manuale
di gestione del personale, UTET, 1992, pag. 43
8
Ciappei C., Il sapere e l’apprendimento, in Paniccia P. (a cura di) Creazione e valorizzazione
della conoscenza in impresa, Aracne, Roma, 2006, pag. 31
9
Ciappei C., op. cit., 2006, pagg. 31-33
10
Fonte: Ciappei C., Il sapere e l’apprendimento, in Creazione e valorizzazione della
conoscenza in impresa, a cura di Paniccia P, Aracne, Roma, 2006, pag. 31
La cultura e l‟identità, in questo mondo dai confini nebulosi ed in continuo
cambiamento, rappresentano dunque una leva strategica, dunque “poiché
dobbiamo cambiare il nostro modo di manifestarci con un ritmo sempre più
rapido, dobbiamo ritornare ai princìpi, alle capacità, alla missione, alla finalità,
ai valori, per percepire un minimo di stabilità.”
10
.
Ciò implica in primis infondere nell‟organizzazione un preciso commitment, vale
a dire un impegno durevole e vincolante, questo si raggiunge grazie ai seguenti
step:
11
1. conformità: la risorsa umana è disposta ad accettare ciò che impone
l‟organizzazione principalmente per ottenere ciò di cui ha bisogno (come la
retribuzione);
10
Normann R., Ridisegnare l’impresa, Etas, 2002, pag. 302
11
O‟Reilly C., Corporation, Culture and Commitment: Motivation and Social Control in
Organization, in Managing Human Resource, California Management Review, 2001, pag.17, 18
Fig. 1.1 – I tipi culturali
11
2. identificazione: la risorsa umana accetta i valori dell‟organizzazione per
mantenere una relazione soddisfacente, che la faccia sentire orgogliosa
dell‟appartenenza;
3. interiorizzazione: i valori personali della risorsa umana sono intrinsecamente
collegati ai valori dell‟organizzazione di cui è parte.
Il committment e la strategic persistence (persistenza lungo un percorso
strategico) sulla quale esso si fonda, tengono conto della storia e dei meccanismi
che favoriscono l‟emergere di una condotta strategica che si auto conferma nel
tempo (è nella storia aziendale che si ritrova la sequenza di impegni del sistema
d‟impresa). La persistenza non va intesa, necessariamente, come rigidità strategica
(si distingue la persistenza fisiologica da quella patologica)
12
, ma in effetti accade
di rado che le scelte iniziali inchiodino le organizzazioni una volta per tutte ad una
determinata linea di condotta; è da mettere infatti in conto la possibilità di
revisioni delle scelte iniziali, anche di quelle ad alta intensità di commitment.
Quando le trasformazioni sono tali da comportare cambiamenti dei valori,
possono aversi due situazioni differenti
13
:
Cambiamento incrementale della cultura: questo emerge quando i nuovi valori,
di cui si necessita, non risultano antagonisti rispetto a quelli tradizionali. Si
tratterà di allargare il ventaglio delle possibili azioni e di reinterpretare la storia
passata, al fine di evitare contraddizioni tra il vecchio ed il nuovo.
Rivoluzione culturale: si ha quando i nuovi valori da diffondere risultano
antagonisti rispetto a quelli del passato; in linea di principio, essa si riferisce ai
cambiamenti dei valori guida, ridefiniti dall‟Organo di governo attraverso un
12
La persistenza fisiologica è necessaria affinché l‟organizzazione possa maturare ed avere piena
consapevolezza della propria identità ed affinché tali sforzi possano essere percepiti e apprezzati
dall‟esterno (ai fini di una chiara personalità aziendale i valori necessitano di essere interiorizzati,
realmente vissuti e condivisi nel corso di archi di tempo certamente non brevi; da questo punto di
vista, la persistenza strategica rappresenta una condizione temporale necessaria per soddisfare
simile presupposto. La persistenza assume, invece, connotati patologici quando comporta una
rigidità di condotta strategica d‟impresa a tutti i costi, non consentendo le necessarie
trasformazioni imposte dai cambiamenti ambientali. Ghemawat P., Commitement, la dinamica
della strategia, Il Sole 24Ore Libri, Milano, 1993, pag 125
13
Siano A., Competenze e comunicazione del sistema d’impresa. Il vantaggio competitivo tra
ambiguità e trasparenza, Giuffrè Ed., Milano, 2001, pag 205
12
profondo rinnovo della cultura diffusa, costruita e accumulata nel corso della
storia dell‟impresa.
14
Dunque la garanzia di una coerenza di fondo non implica che la cultura debba
rimanere sempre uguale a sé stessa ignorando le spinte evoluzionistiche interne
ed esterne, ma in generale si dovrà cercare di evitare l‟inerzia generata
dall‟irrigidimento del modello comportamentale. Si osserva infatti che mentre il
tempo tende a consolidare il valore di una struttura, questa mano a mano, riduce
sempre di più la propria forza evolutiva, ritrovandosi sopraffatta da una potente
forza di inerzia; a questo punto, per poter attuare un cambiamento valoriale la
comunicazione giocherà un ruolo determinante agendo da facilitatore del processo
di sviluppo, favorendo il consolidamento culturale e preparando altresì
l‟organizzazione per un ricambio valoriale.
Pertanto, costituendo una risorsa economica fondamentale anche a livello sociale,
di seguito vedremo come la cultura sia un obiettivo strategico da valorizzare e
potenziare innanzi tutto motivando gli stessi attori organizzativi e tramite, at last
but not at least, la condivisione e la trasmissione della conoscenza, presentandosi
quest‟ultima come la piattaforma necessaria per la sopravvivenza
dell‟organizzazione nel lungo termine e per lo sfruttamento di tutte le potenzialità
creative ed innovative. La comunicazione infatti (e la sua componente
concettualmente più pregnante del linguaggio, quale luogo in cui si organizzano le
esperienze simboliche umane e la comprensione delle stesse) contribuisce a
creare la cultura di un‟organizzazione ed assume un ruolo fondamentale nella
condivisione della cultura e dei valori sia all‟interno dell‟organizzazione che verso
gli interlocutori esterni, tramite la diffusione di questi e la socializzazione dei
membri (interni ed esterni).
La cultura e la comunicazione sono dunque due concetti strettamente
interdipendenti. Si può infatti affermare che “Le comunicazioni forniscono
14
L‟esigenza di rinnovo si ha quando i valori non si mostrano più adeguati rispetto ai mutamenti
ambientali e dei mercati di riferimento, ai cambiamenti delle esigenze sociali e competitive (casi
Renault e Galbani). Cfr. Invernizzi E., La comunicazione organizzativa: teorie, modelli e metodi,
Giuffrè Ed., Milano, 2000, pagg. 204 e 543. Inoltre, nell‟ultimo capitolo, dedicato ad un‟analisi del
Gruppo Enel, vedremo come questo, a fronte della liberalizzazione del mercato dell‟energia
elettrica, abbia dovuto spostarsi da una cultura di gerarchia a quella di mercato (modello di
Desphandè et al.Ibidem), enfatizzando la competitività ed il raggiungimento degli obiettivi.
13
razionalizzazioni e ragioni che danno significato, una spiegazione alle attività, ai
comportamenti ed ai cambiamenti dell’azienda
15
”.
1.1.1 L’importanza delle motivazioni
La dotazione dell‟organizzazione di una forte cultura aziendale dovrà chiaramente
essere animata da un‟altrettanto forte motivazione
In letteratura l‟autore seminale è Maslow (1943) che identificò la motivazione in
uno stato di tensione, dovuto alla consapevolezza di un bisogno (carenza di un
oggetto desiderato), che impone la ricerca dei mezzi per soddisfarlo.
Egli postula nell‟uomo l‟esistenza di bisogni fondamentali organizzati a livelli
successivi (gerarchia dei bisogni)
16
. Una volta soddisfatto un bisogno, questo
verrà sostituito da altri di livello superiore e così via. Le critiche al modello sono
ravvisabili nell‟ordine e nell‟intensità con cui i bisogni si manifestano: essi infatti
non possono essere concepiti come perfettamente uguali in tutti gli individui
appartenenti ad un‟organizzazione.
F.Hertzberg (1959) si ricollega direttamente a Maslow, nel tentativo di
individuare i legami esistenti tra motivazione e lavoro, sottolineando l‟importanza
che l‟individuo attribuisce allo sviluppo delle proprie potenzialità. Compito
dell‟organizzazione sarà dunque individuare e rendere operanti i fattori
motivazionali positivi dell‟individuo al fine di sviluppare la motivazione. Così, a
15
Bodega D., Musile Tanzi P., Comunicare il cambiamento, Egea, Milano, 1996, pag. 14
16
1) fisiologici primari come i bisogni di cibo, sesso, asilo; un buon metodo per bloccare le
motivazioni superiori è quello di far si che l‟uomo sia posto in condizioni di avere un bisogno
primario insoddisfatto. Le implicazioni organizzative sono rinvenibili nel salario e nelle
condizioni del lavoro;
2) di sicurezza come il bisogni di protezione dal pericolo e dalle minacce. Le implicazioni
organizzative si rinvengono nuovamente nelle condizioni di lavoro, nella sicurezza aziendale e
nei benefici aziendali;
3) di appartenenza e di amore, detti anche bisogni sociali di ricerca di relazioni affettive con
altre persone e di avere un posto in un gruppo. Le implicazioni organizzative si riscontrano nel
gruppo di lavoro e nella supervisione;
4) di stima che sfocia nel desiderio di ottenere forza, adeguatezza, fiducia, indipendenza,
reputazione o prestigio, riconoscimento, attenzione ed apprezzamento. Le implicazioni
organizzative sono rinvenibili nelle ricompense sociali, nel diritto la lavoro ed in un alto status
lavorativo;
5) di autorealizzazione e di autocompletamento nel far ciò per cui ci si sente portati. A livello
organizzativo si dovranno offrire lavori stimolanti, opportunità per la creatività ed un alto
achievement.
Maslow A., Motivation and Personality, Harper, new York, 1954, pag. 76
14
partire da indagini sul campo svolte in numerose aziende, identificò i fattori che
possono avere effetti motivazionali sul lavoro, classificandoli in estrinseci al
contenuto del lavoro (fattori igienici) ed intrinseci al contenuto del lavoro (fattori
motivanti).
17
Le condizioni organizzative vengono riscontrate nel:
18
continuo aggiornamento ed allargamento delle conoscenze
19
;
accettazione degli aspetti creativi ed innovativi dei diversi comportamenti
legati al raggiungimento degli obiettivi;
allargamento dell‟area di responsabilità individuale ed aumento della
consapevolezza dei contenuti discrezionali di tale responsabilità;
aumento della capacità di prendere decisioni, di assumere rischi, di
programmare attività coerentemente con quanto richiesto dalla mansione;
creazione di un clima atto a conseguire una reale crescita psicologica al di là
dei legami che ciascuno ha con i gruppi di lavoro e con l‟organizzazione nel suo
complesso.
Un ulteriore contributo è quello portato da McGregor che contrappone alla visione
tradizionale di direzione denominata teoria X (atteggiamento negativo dell‟uomo
di fronte al lavoro)
20
, una visione basata sui principi di Maslow denominata teoria
Y (atteggiamento dell‟uomo nei confronti del lavoro positivista)
21
. Secondo Mc
17
Hygiene factors: stile di supervisione, rapporti con i colleghi, retribuzione, sicurezza del lavoro,
che se non vengono realizzati provocano insoddisfazione nel lavoratore ;
Motivator factors: responsabilità, autonomia crescita professionale, natura del lavoro che se
assicurati provocano soddisfazione nel lavoro.
La realizzazione dei primi evita l‟insoddisfazione sul lavoro. I secondi provocano soddisfazione,
ma non possono eliminare eventuali mancanze nei primi, anche se per ottenere una motivazione
più durevole sarà necessario agire sui motivator factors. Herzberg F., Come motivare i propri
dipendenti, in Harvard Business Review, n.5, 1987, pag. 6
18
Herzberg F., op. cit., 1987, pag. 23
19
Le nuove modalità di gestione della conoscenza vengono approfondite nel paragrafo successivo.
20
I principali presupposti della teoria X erano:
1. la direzione aziendale è responsabile dell‟organizzazione avendo come unico obiettivo
l‟interesse economico;
2. le persone devono essere orientate, motivate e controllate per migliorare le condizioni
organizzative;
3. naturalmente le persone rimarrebbero passive ;
4. l‟uomo medio è per natura indolente e cerca di lavorare il meno possibile;
5. l‟uomo è privo di ambizioni, non gradisce la responsabilità, preferisce essere guidato;
6. l‟uomo è centrato su sé stesso, indifferente alle esigenze organizzative
7. l‟uomo è resistente ai cambiamenti
Mc Gregor D., The Human Side of Enterprise, Mc Graw, Hill, New York, 1960, pag. 17
21
Di seguito i presupposti della teoria Y:
1. l‟uomo desidera naturalmente effettuare sforzi fisici e mentali;
15
Gregor dunque, il problema sembra essere l‟utilizzazione della disponibilità
naturale delle risorse, attuando accanto ad una direzione per obiettivi l‟antitetica
direzione per controllo.
Dopo aver analizzato i principali contributi letterari, vediamo un contributo più
recente di Denis Delespaul, che individua tre leve fondamentali della motivazione
(lavoro, economica, emotiva). Il peso delle tre leve varia enormemente da
individuo ad individuo e le priorità di ciascuno sono determinate da numerosi
fattori: età, cultura, nazionalità, valori, situazioni contingenti. Nel contempo, è
fondamentale notare come chiunque sia sempre sensibile, sia pure in misura
diversa, a tutti e tre i tipi di motivazione, che in particolare sono:
22
motivazione-lavoro: riguarda l‟interesse per il proprio lavoro;
motivazione-economica: al di là delle esigenze materiali da soddisfare, la
chiave di quest‟ultima è ravvisabile nella percezione dell‟equità retributiva;
motivazione-emotiva: si riferisce alla qualità delle relazioni all‟interno
dell‟ambiente di lavoro.
Mentre le prime due leve motivazionali sono supportate da una consolidata
letteratura e sono state recepite dalla maggior parte delle organizzazioni, la
motivazione emotiva è un concetto relativamente recente e sembra avere, nel
contesto odierno, un ruolo fondamentale che ha portato a sottolineare come il
buon clima all‟interno di un‟azienda dipenda il più delle volte dal buon livello di
intelligenza emotiva di ciascun collaboratore e soprattutto del management.
Daniel Golemann, definisce infatti l‟intelligenza emotiva come “la capacità di
riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di
gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente quanto nelle nostre
relazioni […] ed oltre alla consapevolezza ed all’apprezzamento dei sentimenti
soggettivi, l’intelligenza emozionale comprende la percezione e la considerazione
2. l‟uomo desidera esercitare l‟autodirezione e l‟autocontrollo per raggiungere gli obiettivi
nei quali è impegnato;
3. l‟impegno nel conseguimento degli obiettivi è funzione dei premi;
4. in condizioni medie l‟uomo ricerca la responsabilità;
5. la capacità di esercitare immaginazione è ampiamente ma scarsamente distribuita.
Mc Gregor, op. cit., 1960, pag.19
22
Delespaul D., Costruire la motivazione globale, Franco Angeli, Milano, 2006, pag. 33