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Introduzione
Nella società di oggi acquista sempre più importanza la comunicazione. La
globalizzazione ci porta a relazionarci non più solo con la nostra piccola realtà, ma con
il mondo. All’ ordine del giorno ci sono conflitti, con conseguenze anche gravi, tra
persone che dimostrano un forte disagio e bisogno comunicativo. È evidente la
difficoltà nel comunicare e nel convivere con culture e società diverse, ma sembra che il
medesimo problema si riscontri anche tra connazionali, vicini di casa, compagni di
banco. La scuola è una palestra di socializzazione. Essa è, e deve essere, uno strumento
della società per educare alla convivenza pacifica e rispettosa. La comunicazione appare
centrale nella formazione di ogni persona. Si ritiene importante focalizzare l’attenzione
sul corpo, come mezzo per esprimere la propria interiorità e per raggiungere l’altro,
perché ciò rende la comunicazione più autentica. Personalmente ho vissuto la
potenzialità espressiva del corpo attraverso la danza, che si è rivelata uno strumento per
la conoscenza personale e l’esteriorizzazione di emozioni. Essa è stata anche un
importante mezzo di socializzazione. Ecco perché ritengo sia una valida proposta
formativa. Il valore del linguaggio corporeo è stato da me vissuto in prima persona
quando, trovandomi all’estero tramite il progetto Erasmus, ho potuto constatare quanto
questo mezzo comunicativo fosse fondamentale per la comprensione tra persone di
lingua e cultura diversa e per la socializzazione in genere. Il corpo fa superare le
barriere comunicative che la parola in alcune situazioni pone. Si ritiene importante
educare fin dall’infanzia alla consapevolezza e all’uso efficace del proprio corpo, come
mezzo di espressione e comunicazione, nella convinzione che questa sia la strada per
permettere all’individuo di essere libero e di raggiungere il proprio equilibrio
psicofisico. Questa tesi sosterrà le idee sopra esposte evidenziando la necessità di partire
da sé per raggiungere gli altri.
Il primo capitolo tratterà lo sviluppo comunicativo nel bambino, evidenziando come fin
dalla nascita, il corpo sia il primo strumento che ci mette in relazione con il mondo e
con gli altri. Il secondo capitolo tratterà lo sviluppo motorio, in quanto si ritiene si
debba partire dalla conoscenza delle tappe evolutive del bambino, per elaborare un
percorso che lo vede protagonista. Il terzo capitolo tratterà l’ educazione attraverso il
movimento, offrendo la psicomotricità e la danza come proposte formative che mirano
allo sviluppo globale della persona, dove intelletto, corpo, emozioni ed affettività
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vengono considerate componenti egualmente importanti dell’ individuo. Il quarto
capitolo è dedicato al percorso di tirocinio svolto in ambito motorio, nella scuola
dell’infanzia di Terenzano, situata nella prima periferia di Udine. Questa scuola è stata
esplicitamente scelta in quanto, ponendo particolare attenzione all’attività motoria, si è
presentata come un contesto ricco e stimolante in cui svolgere un percorso in questo
ambito. In appendice vengono considerati i documenti ministeriali per quanto riguarda
il corpo e il movimento nella scuola dell’ infanzia.
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CAPITOLO 1
La comunicazione
1. Introduzione
In questo capitolo verranno enunciati gli elementi principali che caratterizzano la
comunicazione. Dopo una prima parte dedicata agli studi sull’argomento, verrà posta
attenzione all’ ontogenesi della comunicazione considerata la base di qualsiasi studio
riguardante il bambino. Infine sarà trattato separatamente il linguaggio corporeo,
ritenuto importante, ma spesso sottovalutato nella formazione in età evolutiva.
2. Cos’ è la comunicazione
La comunicazione umana è stata oggetto di ricerca fin dai tempi più antichi, ma
soprattutto nella seconda metà del Novecento è aumentato l’interesse degli studiosi nei
suoi riguardi. Nonostante ciò, non esiste ancora oggi una teoria scientifica
soddisfacente, sotto il profilo epistemologico, in grado di illustrare e di capire che cosa
sia la comunicazione. Possiamo considerarla oggetto di studio interdisciplinare, se
pensiamo che ogni disciplina, per il solo fatto di estendere le informazioni, utilizza la
comunicazione. Le “scienze umane” quali l’antropologia, la psicologia, la sociologia, la
massmediologia, la semiotica, la pedagogia, hanno affrontato il tema della
comunicazione da specifici punti di vista, ma non solo, anche la neuropsicologia e la
neurobiologia ed infine anche la filosofia. Gli interessi scientifici sono partiti, in
passato, dallo studio del linguaggio verbale, e si è giunti oggi allo studio della
comunicazione. Quest’ultima comprende il linguaggio, ma non si esaurisce con esso.
Infatti non esiste un linguaggio allo stato puro, ma considerato in una rete di relazioni,
in un contesto.
“Il soggetto umano è un essere comunicante, così come è un essere pensante, emotivo e
sociale. La comunicazione non va pertanto considerata semplicemente come un mezzo e
uno strumento, bensì come una dimensione psicologica costitutiva del soggetto. Egli
non sceglie se essere comunicante o meno, ma può scegliere se e in che modo
comunicare” (Anolli e Ciceri 1995b, 25 cfr. Anolli, 2002, p. 3).
Anolli definisce la comunicazione come la base dell’iterazione sociale e delle relazioni
interpersonali. Essa è partecipazione poiché prevede la condivisione dei significati e dei
sistemi di segnalazione, nonché l’accordo con le regole sottese ad ogni scambio
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comunicativo. La comunicazione richiede processi di negoziazione e patteggiamento
tra i soggetti coinvolti, di conseguenza essa ha una matrice culturale e una natura
convenzionale. Anolli continua definendo la comunicazione come un’attività
eminentemente cognitiva. Essa è in stretta connessione con il pensiero e i processi
mentali superiori, in quanto manifesta le sue idee a qualcuno diverso da sé. Per
comunicare è necessario infatti che i soggetti siano in grado di rendere esplicito il
proprio pensiero e la propria intenzione, essendo consapevoli del fatto di far parte di
uno scambio comunicativo. La comunicazione inoltre è strettamente connessa con
l’azione. Ogni atto comunicativo ha degli effetti negli scambi tra i partecipanti che si
influenzano reciprocamente.
Goffman si è interessato di capire in che modo la dimensione sociale influenzi
l’organizzazione della conversazione e gli scambi comunicativi che in essa hanno
luogo. Secondo la sua opinione esistono delle regole ed esse sono determinate dal
frame, cioè dalla cornice o contesto entro cui si realizza lo scambio comunicativo. Il
frame consente ai partecipanti di capire cosa stia succedendo e quale sia il
comportamento adeguato da adottare. Lo scambio comunicativo, secondo Goffman, è
regolato da strategie di comunicazione adottate dai partecipanti negli scambi reciproci.
Questo autore ha dato una svolta allo studio sociale della comunicazione, individuando
categorie esplicative alternative a quelle dell’impostazione sociale tradizionale, vedendo
nella vita quotidiana un aspetto teatrale.
La psicologia si è occupata di considerare in che modo la comunicazione entra
nell’esistenza del singolo soggetto, dei gruppi e delle istituzioni sociali. Essa non è
soltanto trasmissione di informazioni o connettivo di legami interpersonali, ma anche
una dimensione intrinseca che fonda e che esprime l’identità personale. A tal proposito
la psicologia ha dedicato particolare attenzione allo studio dei processi ontogenetici di
acquisizione e di sviluppo delle competenze comunicative nel neonato e nel bambino. I
responsabili del processo educativo devono quindi tenere in considerazione la
comunicazione, non come processo che si evolve autonomamente , ma come un ambito
che richiede delle abilità che vanno insegnate ed apprese. L’acquisizione di abilità
comunicative permette all’individuo di vivere meglio nella società e vanno a formare
anche la sua identità, considerando i comportamenti che egli tiene durante l’atto
comunicativo.
“Bateson (1972) ha evidenziato che gli individui non solo “si mettono in
comunicazione” (approccio centrato sulla trasmissione delle informazioni), né
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semplicemente che “prendono parte alla comunicazione” ( approccio interazionista), ma
“sono in comunicazione” e attraverso la comunicazione giocano se stessi e la propria
identità. Dal punto di vista psicologico “essere in comunicazione” significa che nella e
mediante la comunicazione le persone costruiscono, alimentano, mantengono,
modificano la rete delle relazioni in cui sono costantemente immerse e che esse stesse
hanno contribuito a tessere.” (cfr. Anolli, 2002, p. 22). Nella prospettiva psicologica, la
comunicazione è il tessuto che crea, mantiene, modifica, rinnova i legami fra i soggetti.
Infatti quando parliamo esprimiamo il nostro modo di essere e capiamo come sono gli
altri ed inoltre definiamo la natura e la qualità della relazione che ci unisce alla persona
che comunica con noi. Anolli presenta una definizione di comunicazione distinguendola
dal comportamento e dall’ interazione. Egli afferma che il comportamento consiste in
una qualsiasi azione motoria di un individuo, percepibile in qualche maniera da un
altro. Può essere volontaria e cosciente, oppure automatica e riflessa. Comportamento e
comunicazione sono due categorie mentali distinte, una include l’altra. La
comunicazione infatti è un comportamento in quanto si esprime attraverso azioni, ma
non è valido il contrario. Esistono forme di comportamento che possono essere
informative, ma non comunicative. L’autore distingue inoltre il significato di
informazione da quello di comunicazione. Quest’ultima richiede intenzione
comunicativa da parte di tutti i soggetti coinvolti e non solo di uno, cosa che invece
avviene nell’informazione. L’ultima distinzione viene fatta tra interazione e
comunicazione. Con il primo termine si intende qualsiasi contatto (sia fisico che
virtuale) avvenga tra due o più individui, anche in modo involontario, in grado di
modificare lo stato preesistente delle cose fra di loro. La comunicazione invece richiede
uno scambio consapevole e riconosciuto come tale da parte dei partecipanti. Anolli
definisce così la comunicazione: “Uno scambio interattivo osservabile fra due o più
partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in
grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e
convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento.”
(cfr. Anolli, 2002, p. 26). Questa definizione sottolinea l’importanza della
consapevolezza di sé, degli altri e dell’atto comunicativo. Viene evidenziato il fatto che
la comunicazione sia gestita da codici, simboli, condivisi che vanno quindi appresi per
poter interagire con gli altri.
Le funzioni di base della comunicazione sono: la funzione preposizionale e la funzione
relazionale. La prima consiste nell’elaborare, organizzare e trasmettere conoscenze fra i
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partecipanti all’interno di una determinata comunità. La seconda considera la rete delle
relazioni in cui un individuo è inserito e vede la comunicazione come ciò che la
costruisce, modifica, rinnova, alimenta. Per Vygotskij (1956) “la comunicazione è la
radice della socialità intrinseca” (cfr. Anolli, 2002, p. 29). Anolli considera infine la
differenza tra relazione interazione. Quest’ultima è una realtà tangibile e consiste in un
evento circoscritto in termini temporali e spaziali, in un comportamento osservabile. La
relazione non è qualcosa di tangibile, costituisce il prodotto cumulativo della storia delle
interazioni. Ciò permette di interpretare e avere delle aspettative nelle interazioni
presenti e future tra persone che hanno già interagito.
Comunicare non vuol dire solo formulare delle frasi. E’ indispensabile programmare il
messaggio da esprimere, organizzare gli elementi informativi in un discorso articolato,
tenere conto dei contesti in cui l’interazione ha luogo. La capacità di programmare l’atto
comunicativo comporta precise assunzioni neuropsicologiche sulle proprietà simboliche
della comunicazione e, più in generale, sulla mente umana intesa come sistema in grado
di manipolare simboli, di elaborare e comprendere script, nonché di sviluppare un
sistema di regole (sintassi) in grado di combinare le unità simboliche (cfr. Anolli, 2002,
p. 75). L’approccio neuropsicologico alle funzioni comunicative si occupa di spiegare
l’acquisizione delle funzioni pragmatiche della comunicazione, la capacità di
organizzare sistemi di segnalazione verbale e non verbale, nonché la loro integrazione.
Sono implicate anche le capacità cognitive richieste al parlante, tra cui le funzioni di
pianificazione e di controllo, i processi di inferenza e le competenze metacognitive e di
automonitoraggio, gli aspetti più complessi dei processi intenzionali e della coscienza.
(Anolli, 2002).
La teoria della comunicazione è stata elaborata inizialmente da psichiatri dell’università
della California di Palo Alto. Marcelli (1984, p. 17) ha enunciato i cinque principi della
comunicazione, che riassumono gli elementi fondamentali espressi anche in precedenza:
1) È impossibile per un individuo messo in un’interazione non comunicare;
2) Ogni comunicazione presenta due aspetti: il suo contenuto e il tipo di relazione
stabilito tra i due protagonisti. Questo definisce il livello di comunicazione
esplicito e quello implicito. Il passaggio dal livello esplicito al livello implicito
richiede la capacità di comunicare sulla comunicazione: si tratta della
metacomunicazione;