1
INTRODUZIONE
Questa tesi si pone l’obiettivo di esaminare una delle figure più
importanti della letteratura italiana contemporanea, una figura di
letterato che si è staccata dai canoni dell’ intellettuale ripiegato su se
stesso, ed impegnato dal punto di vista meramente culturale, un
intellettuale propugnatore di una cultura nuova, che svecchiasse il
clima culturale italiano e lo rendesse attento e partecipe alla vita
sociale e civile; la figura di Elio Vittorini. A più di cent’ anni dalla sua
scomparsa, questo intellettuale ricopre ancora una posizione di così
grande preminenza, proprio grazie a questo suo impegno, a questa
sua idea rivoluzionaria, ed agli interventi per portare avanti questo
mutamento. Svecchiamento della cultura, che in sostanza voleva
significare allontanamento dai modelli quali D’ Annunzio, Pascoli e
Carducci, come pure da esperienze quali quella futurista e vociana, e
rivolgimento alla realtà in tutte le sue sfaccettature. Vittorini in
2
sostanza, sognava un letterato che fosse anche propugnatore di idee,
impegnato politicamente e socialmente, insomma, un uomo nella sua
totalità, lontano dagli “specialismi” che troppo spesso sono al centro
della nostra società.
Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l'uomo dalle sofferenze
invece che limitarsi a consolarlo ? una cultura che le impedisca, che le
scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù , e a vincere il
bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia
cultura.
1
Idea questa, che aleggia all’interno di ogni sua opera, in primis
“Conversazione in Sicilia”, in cui proprio il protagonista del romanzo è
un tipografo-linotipista animato da astratti furori per il genere umano
perduto, impietrito nella quiete derivante dalla non speranza.
Vittorini fu pienamente uomo del suo tempo, e la tematica sociale
riappare sempre all’interno delle sue opere, in “Uomini e no”, in
“Conversazione”, dove si denota la denuncia netta dell’autore verso il
1
E. Vittorini, Una nuova cultura, in “Il Politecnico”, 1, 29 settembre 1945.
3
nazi-fascismo e soprattutto verso la retorica fascista causa di milioni
di morti inutili. Egli fu promotore di due importantissime riviste, il
“Menabò”, insieme ad Italo Calvino ed il “Politecnico”, dalle pagine
delle quali cercò, oltre che attraverso le sue opere, di risvegliare
un’Italia, specie quella dilaniata del dopoguerra, da anni di dittatura,
dal suo torpore e dalla sua inerzia. Il primo capitolo di questa tesi, si
sofferma sulla vita di questo grande letterato, che non si ferma però
a quelli che sono i meri dati biografici, bensì è una storia ragionata
che mira a mettere in evidenza gli aspetti letterari, ciò che nelle sue
opere possa rinviare alla propria esperienza, ai suoi rapporti intessuti
con uomini di cultura e la sua attività in generale, tutto ciò che ci
possa consentire di entrare in contatto con l’uomo Vittorini, prima
ancora che con il grande scrittore. Ecco il motivo per il quale si è
cercato di mettere in rilievo l’influenza che il contesto politico, sociale
e culturale ha sempre avuto nella sua vita e nella sua opera. Il fine
precipuo delle sue opere è proprio quello di risvegliare le coscienze,
4
di risolvere i problemi della società italiana, non di rimandarli a terzi o
fermarsi semplicemente ad un compito consolatorio. Il secondo
capitolo, si propone invece di esaminare da vicino l’intera produzione
di Vittorini, in modo generale, passando attraverso le prime opere
narrative raccolte in “Piccola Borghesia”, per poi rivolgersi ai vari
romanzi fra i quali ”Uomini e no”, “Il garofano rosso”, “Le donne di
Messina”, “Erica e i suoi fratelli”, “Le città del mondo”, e così via.
L’intera produzione vittoriniana appare storicamente datata e porta
con sé i segni culturali e politici del tempo in cui è maturata:
L’avvento al potere del fascismo ne “Il Garofano rosso”;
La crisi economica del ’29 in “Erica e i suoi fratelli”;
La guerra di Spagna in “Conversazione in Sicilia”;
La resistenza in “Uomini e no”;
Il dopoguerra nel “Sempione strizza l’occhio al Frejus” e “Le donne di
Messina”. Una lettura scandita sul semplice piano storico-cronologico
5
può apparire arbitraria se non riduttiva nei confronti della ricchezza e
complessità (talvolta ambiguità) dell’opera di Vittorini. Tenendo
conto, oltre che del suo esplicito voler esprimere “un sentimento
complessivo, un’idea complessiva, un’idea riassuntiva di speranze o
insofferenze di uomini in genere”
2
della sua aspirazione al libro, alla ricerca di una verità da dire, che
vada al di là della contingenza storica. Nella prefazione al “Garofano
rosso”, Vittorini scriveva:
“Io non ho mai aspirato ai libri, ma aspiro al libro; scrivo perché credo in una
verità da dire. E se torno a scrivere non è perché mi accorga di altre verità che
si possono aggiungere, e dire in più, dire inoltre, ma perché qualcosa che
continua a mutare nella verità mi sembra esigere che non si smetta mai di
ricominciare a dirla”
3
.
Il romanzo storico di Vittorini si inserisce pertanto nel quadro storico
e letterario del Neorealismo italiano. Il critico Cesare De Michelis
2
E. Vittorini, Prefazione a “Il Garofano rosso”, Milano, Mondadori, 1948.
3
Ibidem.
6
sottolinea la componente morale di tale movimento ed individua alla
base di esso
“Il fondamentale e quasi spasmodico bisogno di portare l’arte a contatto con la
vita, di interpretare il proprio tempo, di servire da insegnamento e da guida per
gli uomini”.
4
L’opera di Vittorini è sempre collocata nella storia e si nutre di essa;
nasce dall’impulso di confrontarsi con la realtà e comprenderla in
toto. Al contempo però, cela una struttura metafisica che trascende
qualla realtà stessa. Come osserva Sergio Pautasso gli eventi storici
narrati sono
“l’impalcatura, gli elementi di raccordo di una poetica che a partire da essi, e
maturando da essi, sconfina in altro”.
5
La prospettiva ultima del romanzo vittoriniano è del tutto letteraria:
si caratterizza come una letteratura che, a partire dall’analisi della
realtà sociale, reinventa poeticamente sulla pagina una nuova realtà.
4
Cesare De Michelis, Alle origini del Neorealismo, aspetti del romanzo italiano degli anni ’30, Padova, Lerici,
1980, p. 40.
5
S. Pautasso, Guida a Vittorini, Milano, Rizzoli, 1977, p. 102.
7
Il terzo capitolo infine, si occupa dell’opera che questo lavoro mira ad
analizzare approfonditamente, forse una delle opere più importanti
di Vittorini, il suo capolavoro per eccellenza, ovvero: “Conversazione
in Sicilia”.
8
Capitolo primo.
Biografia letteraria di Elio Vittorini.
rimo di quattro fratelli, Elio Vittorini nasce il 23 luglio 1908 a
Siracusa da Lucia Sgandurra e Sebastiano Vittorini
6
. Seguendo gli
spostamenti del padre ferroviere, trascorre l'infanzia “in piccole
stazioni ferroviarie con reti metalliche alle finestre e il deserto
intorno”: e insistentemente in tutta la sua opera sarà presente il
fascino del treno e del viaggio come pure torneranno nella sua opera
i piccoli paesi e la campagna siciliana, trasfigurati dalla fantasia e
dalla memoria, soprattutto per fare da sfondo ai romanzi della
maturità. Uno sfondo questo di miseria e solitudine, su cui domina
un’atmosfera fatalistica e stanca e di rassegnazione a condizioni di
6
Per le informazioni circa la biografia essenziale su Vittorini, consultare: Sandro Briosi, Invito alla lattura di
Vittorini, Mursia, Milano, 1971, pp. 15-37.
9
vita rese difficili da un’organizzazione sociale ancora di tipo feudale e
da una natura avversa, malarica ed arida. E Vittorini, bambino e poi
ragazzo, vive in tali ambienti, attento agli aspetti più crudi e reali del
mondo che lo circonda. Dai genitori è costretto ad iscriversi ad un
istituto tecnico, ma sin da subito è vivo in lui il bisogno di fuggire dagli
angusti confini di quel mondo; desiderio che soddisfa, inquieto e
ribelle, dandosi dapprima alle letture che lasceranno in lui un segno
profondo, ed il modo fantastico ed avventuroso, anche negli anni
della maturità, di porsi di fronte alla realtà (letture fra le quali ricorda
più volte il “Robinson Crusoe” e “Le mille e una notte”) e poi,
fuggendo più volte da casa «per vedere il mondo»
7
, utilizzando i
biglietti omaggio cui hanno diritto i familiari di un dipendente delle
ferrovie. Nel 1924 entra in contatto con un gruppo di anarchici
siracusani in lotta contro lo squadrismo fascista e interrompe gli studi
tecnici a cui i genitori l'hanno destinato.
8
A diciotto anni compie la
7
S. Briosi, Invito alla lettura di Vittorini, cit., p. 15.
8
Per la cronologia degli avvenimenti: S. Briosi, Invito alla lettura di Vittorini, cit., pp. 5-13.
Cfr. E. Vittorini, Le opere narrative vol. 1, Vicenza, Mondadori, 1974.
10
sua ultima fuga, dalla quale non ritornerà più; a quest’età si stabilisce
infatti nel Friuli, dove lavora come impiegato presso un’impresa edile
nella quale partecipa ai lavori per la costruzione di un ponte,
momento di cui ci ha lasciato un ricordo diretto affermando che
questa circostanza aveva fatto epoca in lui come nella sua prima
infanzia la lettura del “Robinson”. Infatti dice Vittorini:
Costruire un ponte non è lo stesso di costruire un tavolo o di costruire una
casa. Se si comincia non si può più sospendere i lavori fino a completamento,
almeno per quanto riguarda i piloni. Se viene a piovere bisogna fare più svelti
della pioggia sia a scavare che a pompare. E allora si lavora di giorno e di notte
senza darsi più il cambio senza pensare più che si lavora per guadagnarsi il
pane, e pensando invece a vincere, per spuntarla. Questo fece epoca in me.
9
E c’è in questa testimonianza, l’aspirazione ad un modo di vita
ingenuo e puro, carico di istintività naturale fondamentale nella sua
ricerca di uomo e scrittore. Intanto in quegli stessi anni in cui lavora
in Friuli incomincia a scrivere. Nel 1926 pubblica un articolo politico
9
S. Briosi, Invito alla lettura di Vittorini, cit., p. 16.
11
sulla rivista “La conquista dello stato”, assumendo posizioni di
fascismo antiborghese. E nel 1927 grazie all'amicizia con Curzio
Malaparte comincia a collaborare con “La Stampa” e pubblica su “La
fiera letteraria” il racconto il “Ritratto di re Gianpiero” con
presentazione di Enrico Falqui. Siamo negli anni in cui domina il
regime fascista, e la cultura italiana, contrariamente a quella
europea, caratterizzata dalla pubblicazione di autori del calibro di
Kafka, Joyce e dei Surrealisti, attraversa un forte periodo di
involuzione. Infatti, la cultura, chiusa dalle maglie della cultura
ufficiale, spende le proprie energie in dibattiti molto provinciali ed
arretrati fra due opposte visioni, quella della rivista “Novecento”, in
cui spicca il nome di Bontempelli, e gli Strapaesani di Curzio
Malaparte. Gli intellettuali riuniti intorno alla prima, infatti, aspirano
ad una narrativa fantastica, capace di equilibrare nel realismo magico
l’esigenza di adesione alla realtà, con quella della sua trasfigurazione,
rivelatrice di aspetti imprevisti. Il gruppo di Malaparte invece, si batte
12
per l’esigenza di una letteratura maggiormente realistica, che si
ricolleghi alle sane tradizoni del regionalismo italiano. Però, i loro
esiti sono in realtà opere convenzionali e folcloristiche. Il clima
culturale di quegli anni, è poi influenzato anche dal ritorno al
classicismo, propugnato dalla “Ronda”, rivista vissuta fra il 1919 ed il
1923; mentre le richieste di una ricerca più concreta che si erano
udite dalle colonne della “Voce”, si andavano oramai sempre più
esaurendo. Per cui l’esordio di Vittorini coincide con un momento di
piena involuzione della nostra letteratura, ed i suoi primi tentativi,
dimostrano infatti una ingenua adesione ai modi del falso realismo
strapaesano, mentre sul piano ideologico, si dimostra legato alla
mentalità dominante del regime fascista. Il 10 settembre 1927, dopo
la fuga architettata per potersi sposare subito, viene celebrato il
matrimonio "riparatore" con Rosa Quasimodo, la sorella del celebre
poeta Salvatore Quasimodo. Nell'agosto del '28 nascerà il loro primo
figlio, chiamato, in omaggio a Curzio Malaparte, Giusto Curzio. In
13
questo periodo intraprende la lettura di alcuni dei maggiori scrittori
europei, fra cui Gide, Joyce e Kafka, e nel frattempo le sue
collaborazioni si estendono a “Il Mattino”, “Il Lavoro fascista” e ad
altri periodici. Nel '29 suscita scandalo un suo articolo contro il
provincialismo della cultura italiana. Egli, infatti, così come molti altri
intellettuali nel corso degli anni ’30-40, aspirava ad uscire dagli
angusti limiti imposti dalla cultura del regime fascista e deluso
proprio dal panorama politico-culturale del nostro paese, intraprese
un viaggio alla ricerca di nuovi maestri, dapprima in Europa, per poi
giungere in America. Vittorini ragionò su questa esperienza in
“Scarico di coscienza”, celebre intervento in cui proclamava la propria
polemica contro i modelli letterari italiani in quanto:
Carducci e Pascoli non potevano averci insegnato nulla, tutte le loro risorse
erano state vinte, assorbite dal dilettantismo di D’Annunzio; e D’Annunzio
stesso era finito miseramente in se stesso, ripetutosi, esauritosi
14
spontaneamente, lasciandosi attorno il disgusto persino della parola. L’estetica
di Croce ci lasciava freddi come una stella notturna…
10
Vittorini, nel frattempo, comincia ad essere considerato “uno
scrittore tendenzialmente antifascista”. Quindi perde le
collaborazioni “ai giornali che pagano” e comincia a collaborare con
una piccola rivista fiorentina, “Solaria”, su cui pubblica la maggior
parte dei racconti, raccolti poi in volume nel 1931 con il titolo
“Piccola borghesia” — il suo primo libro. Così Vittorini diviene un
«solariano» e — come racconta egli stesso in “Della mia vita fino ad
oggi” — “solariano negli ambienti letterari di allora, era parola che
significava antifascista, europeista, universalista,
antitradizionalista…”.
Grazie al direttore della rivista, Giansiro Ferrata, realizza il suo sogno
di vivere a Firenze, dove nel 1930 si trasferisce con la famiglia. Qui
lavora come segretario di redazione di “Solaria” e, per
10
E. Vittorini, Diario in pubblico, Milano, Bompiani, 1957, p. 5.