7
In una società in cui stress e ansia dominano l’universo interiore dell’individuo, il
mercato può contribuire ad aiutare alla “sopravvivenza psicologica” ed emotiva
dell’uomo e sempre più gli individui tenderanno ad acquistare prodotti e servizi da
organizzazioni che sono compatibili con il loro impianto valoriale e con quello
delle “tribù” a cui appartengono
2
.
In sostanza la forza e le potenzialità di un prodotto/servizio non sarebbe nel suo
contenuto di “vendibilità”, ma nella sua capacità di creare un network di affinità,
di feeling, di percezioni comuni fra i suoi acquirenti/fruitori di cui la “vendibilità”
sarebbe solo una conseguenza della capacità di soddisfare questo bisogno latente.
Ciò impone all’impresa di “ripensarsi”, superando la visione più “materiale” del
proprio essere, per incoraggiarne una più emozionale, mentale e “spirituale”
3
.
Ci troviamo probabilmente di fronte ad un passaggio epocale di grande portata
che trova un precedente, forse, solo in quel complesso di profonde trasformazioni
che hanno caratterizzato la “rivoluzione industriale” del secolo scorso.
La seconda metà del XX secolo ha visto la nascita e la crescita esplosiva di
un’ampia gamma di nuovi strumenti di consumo, come parte e riflesso del
passaggio da una società dominata dalla produzione a una società dominata dal
consumo, così che il centro commerciale ha rimpiazzato la fabbrica come struttura
caratteristica dell’epoca:
piaccia o meno, il nostro futuro va nella direzione dei consumi e degli strumenti
che ci consentono o costringono a consumare.
Lavoro, tempo libero, studio, attività sociali e culturali, relazioni familiari e affetti
sono diffusi in luoghi diversi che raggiungiamo con una quantità crescente di
spostamenti, piccoli e grandi, destinati a modificare in maniera probabilmente
2
Michele Fioroni, Lo Shopping dell’Esperienza, Morlacchi Editore 2005
3
Ibidem
8
irreversibile i nostri comportamenti, la percezione dei luoghi, la cultura e
l’organizzazione funzionale stessa della nostra società.
La geografia degli interessi di una società ormai decisamente nomade appare
sempre dilatata e dispersa in un territorio in continua espansione.
La città contemporanea è costituita da un tessuto magmatico dove parti ed
elementi disordinati e dispersi trovano un senso e possono interagire, solo grazie
all’incessante spostamento delle persone, delle informazioni e delle merci.
La varietà dei format distributivi deve rispondere alla multicanalità del
consumatore.
La distribuzione si è frammentata, quindi, in una incredibile varietà di punti
vendita – di cui cercherò di dar conto nel mio lavoro – ed è irriconducibile, perciò
ad un’unica denominazione.
Il commercio, insomma, si declina oggi in molti modi.
E dire commercio significa dire di tutto di più.
Compagnie di proporzioni enormi hanno assunto il controllo di molti dei nuovi
strumenti di consumo: se un secolo fa, più o meno, i consumatori avevano
maggiori probabilità di trovarsi di fronte piccole aziende a conduzione famigliare
quando andavano a far spese, oggi quasi tutti i nuovi strumenti di consumo non
sono che piccole parti di enormi imprese aziendali. Ciò ha notevolmente
modificato il modo in cui sono gestiti, fornendo risorse preziose atte a creare
attrazioni spettacolari senza precedenti.
Con i nuovi comportamenti sociali e con le modifiche percettive legate allo
sviluppo della mobilità territoriale, assumono vitalità spazi in cui si addensano
flussi significativi di individui.
9
Enormi centri commerciali, giganteschi parchi di divertimenti, cinema multisala,
impianti sportivi che all’occorrenza si trasformano in palcoscenici di
megaconcerti, spettacoli non stop e altri “eventi” popolano le nostre città e le
nostre vite. Come in un gioco di scatole cinesi, un luogo di consumo può
contenerne molti altri: il cinema e il ristorante all’interno dello shopping centre, la
discoteca nella nave da crociera, la palestra nella stazione ferroviaria, ecc.
Nella società post-industriale lo scopo basilare è soprattutto individuare e censire i
problemi, inventare percorsi con fantasia e immaginazione, passare da una logica
lineare ad una circolare che tiene insieme anche ciò che divide, che interconnette
le differenze.
Un processo di contaminazione, quindi, in cui la logica prevalente è quella della
congiunzione disgiunta dell’et…et : testimonianza è data dal “libero servizio”, che
risulta essere oggi il comun denominatore delle grandi e piccole superfici.
Possiamo pensare a ciascuno dei nuovi strumenti di consumo come a un’isola
fortificata che fa parte di un più vasto arcipelago, l’arcipelago del consumo
4
.
Usando questa metafora, il consumatore viene lasciato libero di saltare di isola in
isola: il trucco, per ogni “isola”, sta nell’essere liberamente, anche se
inconsapevolmente, scelta dall’individuo.
Consequenzialmente, lo scenario delle nostre pratiche di consumo è
straordinariamente mutato negli ultimi anni.
Se nel mondo moderno tutto sembrava ben definito, sul crinale del postmoderno
molte cose appaiono indistinte. Ciò è vero in particolare per quanto riguarda il
mondo del consumo, dove l’implosione è ormai inarrestabile.
4
George Ritzer, La religione dei consumi, Il Mulino, Bologna 2000
10
La indifferenziazione va divenendo uno dei tratti della nuova società e la
flessibilità manda in frantumi i vecchi schematismi.
Anche le distinzioni che riguardano il tempo sono sfuocate: la nozione di tempo
biologico, ad esempio, ossia il fatto che ci siano momenti diversi della vita per
fare cose diverse, è stata erosa.
Non molto tempo fa, la maturità era considerata l’apice della vita per quanto
riguardava i consumi, ma ora l’infanzia, l’adolescenza, gli anni della pensione e
persino la vecchiaia sono definiti come stadi nei quali ci si aspetta un’attiva
partecipazione ai consumi
5
.
Allo stesso modo, le differenze fra i momenti della giornata, tra i giorni della
settimana, le settimane dell’anno e così via sono state infrante, col risultato che
ogni minuto di ogni giorno è diventato un momento buono per consumare.
L’obiettivo finale, in un’economia capitalista (e al giorno d’oggi è praticamente
l’unico tipo di economia esistente in tutto il mondo), almeno per quanto riguarda
il tempo, è quello di consentire alla gente di consumare 24 ore al giorno ogni
giorno dell’anno.
Svanite le tregue dal consumo un tempo associate alle ore notturne, al giorno di
riposo, alle vacanze e così via, non c’è davvero un attimo di tregua per l’esausto
consumatore. Nightime is the Right time ha sostenuto L.Weeks, sul “Washington
Post” del 20 luglio 1997.
Come agisce tutto ciò sulle esistenze individuali e sulla vita sociale? Con quali
conseguenze?
5
Ibidem
11
Oltre a discutere perché assistiamo alla creazione di tanti nuovi e importanti
strumenti di consumo, il mio lavoro si è occupato anche dei modi in cui questi
strumenti hanno modificato quanto e come le persone consumano.
Non solo i rapporti sociali sono stati trasformati dalla rivoluzione dei nuovi
strumenti di consumo, ma anche le “abitudini mentali” della gente hanno subito
mutamenti.
Queste abitudini mentali si vanno estendendo a una serie di ambienti che in
passato ci sembravano estranei al mondo del consumo. Si pensi a un numero
sempre crescente di luoghi come ambienti da consumare e come locali nei quali
possiamo consumare: ad esempio le stazioni ferroviarie, le stazioni di servizio, gli
uffici postali (casi esaminati durante il corso del mio lavoro).
Nel complesso, pensiamo un sempre maggior numero di ambienti in termini di
cattedrali del consumo.
La proliferazione dei canali si traduce, infatti, per il consumatore, nella
moltiplicazione delle occasioni d’acquisto.
Più in generale, le nuove cattedrali del consumo contribuiscono significativamente
a far sì che molti di noi pensino al consumo per una parte notevole del nostro
tempo, in modo tale che il consumo pervade la nostra coscienza: quando non
stiamo consumando attivamente, spesso ci stiamo pensando, e immaginiamo ciò
che potremo permetterci quando lo faremo
6
.
Risultato di questi mutamenti è che il consumo dilaga all’interno della nostra
esistenza…
6
George Ritzer, La religione dei consumi, Il Mulino, Bologna 2000
12
CAPITOLO I: Il fascino del localismo
L’uomo ha sempre cercato,
fin dai primi tempi,
di relazionarsi con gli altri attraverso lo scambio:
delle merci, del denaro, della parola, dei sentimenti.
Così sono nati i villaggi, le città, le nazioni.
Solo riconoscendo questo enorme valore,
e cioè la relazione sociale che il mercato crea,
si comprende la necessità della sua tutela,
della sua regolamentazione e del suo sviluppo.
Con esso quello degli operatori
1. Distribuzione fisica?
La distribuzione pervade ormai ogni spazio che sia luogo di aggregazione o di
passaggio e dimostra anche una capacità maieutica nel far divenire luoghi di
aggregazione o di passaggio spazi tradizionalmente non considerati tali.
Si vendono i prodotti sotto casa e nei grandi mall, nelle università e negli
aeroporti, nella metropolitana e all’interno delle chiese: non c’è praticamente
spazio che non venga investito oggi di questa funzione
7
.
Merce spettacolarizzata, merce caricata di valori simbolici, merce estetizzata. Una
merce che va oltre il concetto di commercio in senso tradizionale.
“Le merci, dal momento in cui sono uscite dall’ambito della produzione
artigianale […] hanno evidenziato di essere soggette a un processo di progressiva
7
Giampaolo Fabris, Il Nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli 2003
13
‘spettacolarizzazione’. Cioè a un processo di trasfigurazione dei caratteri
puramente funzionali che consente loro di assumere dei precisi significati
simbolici e culturali e soprattutto una seducente ‘aura’. Per potersi
spettacolarizzare, le merci […] hanno, soprattutto dovuto utilizzare le possibilità
offerte da particolari luoghi, che hanno funzionato per esse come dei veri e propri
palcoscenici teatrali”
8
.
Nel corso del presente lavoro tratterò lo sviluppo di questo genere di scenari, e di
tanti altri ancora, nell’ultimo mezzo secolo, nel contesto di una mutazione
rivoluzionaria dei luoghi dove si consumano beni e servizi, che ha avuto profonde
conseguenze non solo sulla natura dei consumi, ma anche sulla vita sociale.
Uno dei concetti utilizzati per descrivere gli ambienti di pertinenza della mia tesi è
strumenti di consumo, poiché in quanto strumenti essi permettono il consumo di
un ampio ventaglio di beni e servizi
9
. Analizzerò il medesimo concetto nel
secondo capitolo, sotto ben altre sfaccettature, più sottili e nascoste, quasi
insidiose.
Come però si vedrà, questi luoghi non si limitano semplicemente a dare la
possibilità del consumo, essendo strutturati per indurci o perfino per costringerci a
consumare.
Nuovi strumenti che hanno, infatti, contribuito a indurci a consumare molto di più
di quanto si facesse nel passato, e in forme nuove rispetto a ieri; per esempio, oggi
siamo maggiormente inclini a farlo da soli, ad acquistare tanti diversi tipi di
prodotti e servizi in un unico posto, in orari una volta inconsueti.
8
Vanni Codeluppi, Lo spettacolo della merce – I luoghi del consumo dai passages a Disney World
Bompiani 2000
9
George Ritzer, La religione dei consumi, Il Mulino, Bologna 2000
14
Il mio intento è stato quello di osservare con attenzione l’influsso a volte radicale
che i nuovi strumenti del consumo hanno avuto sul nostro modo di pensare e sui
nostri stili di vita.
Il consumo che sfuma i suoi significati tangibili per divenire linguaggio e
comunicazione; potremmo ricondurlo ad una forma di metalinguaggio, con cui
costantemente comunichiamo, tramite le nostre scelte, a noi stessi e agli altri: un
testo, anzi un ipertesto, che veicola messaggi
10
.
Consumo come epifenomeno del sociale.
Gli strumenti di consumo rientrano in un insieme più ampio di fenomeni collegati
a beni e servizi: produzione, distribuzione, pubblicità, commercializzazione,
vendita, stile, moda.
Nella gran parte dei casi si verifica uno scambio, poiché le persone fanno
effettivamente un acquisto ricevendo beni e servizi. Ed è proprio il valore di
scambio a divenire protagonista di questo processo, scambio che si è
metamorfosato da transazione economica a scambio sociale, scambio di
significati.
Si tratta di nuovi scenari che hanno avuto un ruolo essenziale nell’incrementare
massicciamente e nel modificare straordinariamente la natura dei consumi.
Sovente alcune strutture commerciali, specie i centri commerciali, sono state
definite dei “templi del consumo” e si è sostenuto che sarebbero ben più che
imprese commerciali e finanziarie, avendo molto in comune con i centri religiosi
delle culture tradizionali: come questi, infatti, sono destinati ad esaudire il bisogno
popolare di essere in contatto con gli altri e con la natura, come anche di prendere
parte a cerimonie. In tal ottica, questi luoghi hanno quel carattere di centralità una
10
Giampaolo Fabris, Il Nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli 2003
15
volta tipico dei centri religiosi, e sono appositamente costruiti per avere un
equilibrio, una simmetria e un ordinamento di questo genere, l’etichetta di
cattedrali del consumo
11
dunque, gli si addice perfettamente in quanto indica la
natura semireligiosa, “incantata”, di questi nuovi scenari.
2. L’eterogeneità esige la partnership
Consumatore e consumare sono connotati da estensione ed eterogeneità perché
consumare pervade ormai ogni momento della nostra vita quotidiana: si
consumano libri, tempo libero, cibi, vestiti, viaggi, internet
12
.
Se si parla poi, di templi, cattedrali, riti, è obbligatorio fare riferimento alla
religione. Anche perché è solo una religione che può dettare le caratteristiche del
suo tempio e dei suoi riti, il legame profondo degli elementi, la loro distintività, il
rapporto fra gli attori traducendolo in funzioni e ruoli.
E la religione del settore è il libero servizio, che ha dato la stura fin dalla sua
nascita a tutte le elaborazioni sui comportamenti d’acquisto e di consumo, sempre
in evoluzione, dei clienti e sulle risposte date loro dai produttori e distributori. Il
corollario del libero servizio è apparso, d’altro canto, in sintonia con la maggiore
autonomia e discrezionalità del consumatore.
Chi può dire se il recupero del “tradizionale” all’interno dei templi è
sostanziale/strutturale oppure se si sta profilando un ibridismo tradizional-
moderno.
La società moderna è caratterizzata da un’estrema frammentazione e da una
progressiva saturazione dei bisogni fondamentali. Il consumatore cerca nei beni
significati ed esperienze.
11
George Ritzer, La religione dei consumi, Il Mulino, Bologna 2000
12
Giampaolo Fabris, Il Nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli 2003
16
Come accade con le cattedrali del culto religioso, anche quelle del consumo non
sono solo un luogo di grande fascino, ma sono anche altamente razionalizzate.
Una razionalità nuova si trasla nello spazio punto di vendita, occupato dai
desideri, valori, dalle aspirazioni, dalle sensazioni: il bisogno evolve in desiderio e
condiziona i consumi → il prodotto si carica di nuovi e maggiori contenuti
simbolici → il consumo diviene quindi, catalizzatore di valori, di rapporti sociali.
In questa logica, il punto di vendita diventa sempre di più luogo d’incontro e di
fruizione di esperienze e l’atto di acquisto sempre più espressione della
personalità e della cultura individuale.
Una realtà sempre più complessa, multiforme e sfuggente, quella dei consumi e
dei consumatori. E vengono meno i paradigmi tradizionali.
Come possono adattarsi, produzione e distribuzione, a questo scenario in perpetuo
movimento?
Quelli che un tempo erano ruoli ben distinti tendono a sovrapporsi: l’industria
distribuisce e la distribuzione produce o, almeno, firma i suoi prodotti (successo
delle private lable).
L’atteggiamento di base deve essere, sempre e comunque, la partnership tra
industria e distribuzione che vada oltre, però, il tema della contrattazione e che
raggiunga l’innovazione di prodotti, di servizi e di esperienze e la differenziazione
di canale/insegna. Collaborazione “proattiva” per capire lo shopper comune e le
comuni opportunità di business (usando, è logico, le fidelity card), per migliorare i
“fondamentali di vendita” dei prodotti e della categoria in un linguaggio comune,
per definire un’etica e concetti di retail marketing strategico condivisi e per
allineare le reciproche strategie
13
.
13
Mark up n.105, giugno 2003