II
(Convenzione di Parigi del 1883, Convenzione dell’Aja del 1925 ed
infine Trattato di Roma del 1957).
Si procederà con l’analisi del Regolamento sul controllo delle
concentrazioni 4064/89 evidenziando come si rinunci a fornire una
nozione generale di concentrazione preferendo elencare le fattispecie
giuridiche mediante le quali un’operazione di questo genere si
realizza: a) la fusione tra due o più imprese precedentemente
indipendenti; b) l’acquisizione, con qualsiasi mezzo, del controllo su
un’impresa o parte di essa realizzata ad opera di una o più persone che
già detengono il controllo di almeno un’impresa ovvero di una o più
imprese; c) la costituzione di un’impresa comune.
Si analizzeranno le modifiche apportate al Regolamento 4064/89
dal Regolamento 1310/97 in particolar modo: un nuovo criterio per il
calcolo della dimensione comunitaria delle concentrazioni e
modifiche di ordine procedurale che investono il potere di decisione
della Commissione e le competenze delle autorità nazionali nelle
procedure di rinvio.
Dopo aver delineato i caratteri principali della definizione di
concentrazione si vedrà come è stata recepita la disciplina comunitaria
a livello nazionale.
III
Per le imprese, ricadere nella disciplina delle concentrazioni
anziché restare nel limbo dei divieti delle intese e degli abusi presenta
una serie di vantaggi di rilievo: l’operazione è sottoposta a criteri di
valutazione più flessibili di quelli applicati negli altri settori
dell’antitrust; la procedura sbocca necessariamente in un
provvedimento formale che supera i dubbi che permangono nelle
situazioni di pendenza della notifica o nelle procedure chiuse con
lettere amministrative; ed i tempi di conclusione della procedura sono
piuttosto brevi.
Diviene quindi cruciale stabilire quando ricorra una
concentrazione. In una prospettiva economica un’operazione può
essere descritta con questo termine ogni qual volta a) esistano, in un
primo tempo, almeno due imprese dotate di autonomia decisionale; e
b) successivamente tale pluralità di centri decisionali autonomi venga
meno, per essere stabilmente unificata in un centro unitario; e c)
l’effetto di cui alla precedente lett. b) consegua ad una modificazione
della struttura proprietaria o gestionale di almeno una delle imprese di
cui alla lett. a).
Le cose si fanno più complicate quando si passi ad individuare la
fattispecie da un punto di vista giuridico. La disciplina è infatti
imperniata su di un procedimento di autorizzazione preventiva, che
IV
ricollega gli obblighi posti a carico delle imprese e dei soggetti
interessati ai comportamenti tenuti da costoro piuttosto che agli effetti
che ad essa conseguano.
E’ per questa ragione che il legislatore si è preoccupato di
individuare non tanto che cosa sia una concentrazione, ma quando
essa abbia luogo (art. 3 del Reg. 4064/89 e 5 della l. n. 287/90).
Il controllo delle concentrazioni fra imprese è stato introdotto,
nell’ordinamento italiano, con la legge 10 ottobre 1990, n. 287,
“Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. Tutte le
operazioni di concentrazione per le quali il fatturato nazionale delle
imprese interessate ricade all’interno delle soglie previste dall’articolo
16, comma 1, della legge, devono essere preventivamente notificate
all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che valuta, ai
sensi dell’art. 6 della legge, “…se comportino la costituzione o il
rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in
modo tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la
concorrenza”. Qualora le concentrazioni abbiano dimensione
comunitaria, come definita dall’art. 1 del regolamento del Consiglio
Ce n. 4064/89 (entrato in vigore il 21 settembre 1990), l’operazione
deve essere notificata alla Commissione delle Comunità europee, che
valuta in base ai criteri espressi nello stesso regolamento.
V
Il fondamento della normativa per il controllo delle
concentrazioni fra imprese risiede nella presunzione di un effetto
anticoncorrenziale derivante dalla concentrazione stessa e determinato
dalla circostanza oggettiva per cui un concorrente effettivo o
potenziale (concentrazione orizzontale o conglomerale) o un cliente o
fornitore effettivo o potenziale (concentrazione verticale) vengono
eliminati da un determinato mercato, in quanto soggetti indipendenti.
La politica di concorrenza è essenziale alla realizzazione del
mercato interno, la cui ragione d’essere è permettere alle imprese di
competere a parità di condizioni sui mercati di tutti gli Stati membri.
Obiettivo della politica di concorrenza è promuovere l’efficienza
economica creando un clima propizio all’innovazione e al progresso
tecnico; tutelare gli interessi dei consumatori facendo in modo che
essi possano procurarsi beni e servizi a condizioni ottimali; evitare
che eventuali pratiche anticoncorrenziali messe in atto da imprenditori
o autorità nazionali ostacolino il gioco sano della concorrenza.
Particolare attenzione sarà riservata all’opera di Notari “Il
controllo nella disciplina antitrust” nella quale l’autore partendo dalla
funzione della concentrazione indica il controllo come suo requisito
fondamentale. Per l’autore si potrebbe infatti intravedere la presenza
del controllo anche nelle altre ipotesi previste dall’art. 5 della legge n.
VI
287/1990: nella fusione, poiché l’impresa che risulta dall’operazione
assume il “controllo” sulle unità produttive di tutte le imprese,
precedentemente distinte, partecipanti all’operazione; nella
costituzione di un’impresa comune, poiché il dato caratterizzante di
tale fattispecie sembra essere l’assunzione, in modo congiunto, del
controllo su un’impresa. In tal modo la nozione di concentrazione
potrebbe essere vista come una figura giuridica unitaria, caratterizzata
proprio dal concetto di controllo, che assumerebbe dunque una
posizione centrale nell’intero sistema della disciplina delle
concentrazioni e della concorrenza in generale.
Si esaminerà la nozione di controllo nel codice civile, nella legge
antitrust e nella legislazione speciale con particolare attenzione al
concetto d’influenza dominante e determinante quale tratto
qualificante il controllo. Infine, si analizzeranno le diverse fattispecie
di controllo interno, esterno ed esterno extracontrattuale,
ripercorrendo le radici storiche degli istituti e valutando la loro
rilevanza all’interno dell’ordinamento attuale.
1
Capitolo I
La Regolamentazione delle concentrazioni tra imprese nel
diritto comunitario
1. Le ragioni di una disciplina delle concentrazioni: evoluzione storica.- 2. Le
concentrazioni d’imprese nel diritto comunitario.- 3. Il regolamento del Consiglio
CEE n.4064/89.- 3.1. Le modifiche al regolamento del Consiglio CEE n.4064/89.
1. – Le ragioni di una disciplina delle concentrazioni:
evoluzione storica
La vicenda culturale legata alla disciplina delle concentrazioni
offre la possibilità di osservare il progressivo mutamento
dell’atteggiamento dello Stato, inteso come fonte di produzione della
regola, rispetto al sistema economico.
1
Si è passati da una situazione
d’indifferenza del sistema giuridico rispetto al sistema economico ad
una situazione di regolamentazione del mercato. Questa progressiva
giuridicizzazione del sistema economico ha comportato un incremento
dell’intervento statale nell’economia che per quanto riguarda la
regolamentazione delle concentrazioni, dopo un percorso storico
1
Cardarelli M.C., Concentrazioni, Giuffrè; Milano, 1996
2
lungo e faticoso, sia a livello comunitario sia a livello nazionale, ha
trovato soddisfazione nel nostro sistema con l’emanazione della legge
n.287 del 1990.
L’esigenza di una regolamentazione delle concentrazioni
d’imprese si percepiva già agli inizi di questo secolo: in seguito alla
crisi economica di fine’800 le imprese ricercavano nuovi spazi per
operare ed affermarsi.
2
L’economia italiana, caratterizzata da scarsi
scambi con l’estero, subisce un’inversione di tendenza e nel periodo
che va dal 1861 al 1895 vive un’espansione economica che determina,
grazie a tariffe doganali particolarmente favorevoli, l’approdo nel
mercato interno dell’impresa estera
3
.
.
In questa situazione
d’espansione economica è varato un nuovo sistema bancario che con
procedure particolarmente agili è in grado di procurare, a basso costo,
i capitali necessari alle imprese.
E’ in questo frangente storico che nasce l’idea di forme
organizzative fondate su rapporti d’unione per affrontare meglio le
mutate esigenze economiche del mercato. Si crea così una
riorganizzazione del sistema industriale caratterizzato da una forte
2
Si veda per un’indagine sul periodo storico e sugli sviluppi del diritto
commerciale Galgano F., Diritto Commerciale, Bologna, 1997, pp. 100 ss.
3
Un quadro interessante di questo periodo storico si ritrova in Ercolani P.,
Documentazione statica di base, in Lo sviluppo economico in Italia, a cura di G.
Fuà, Milano 1969, vol. III
3
concentrazione del potere economico che determina, inevitabilmente,
un accrescimento del distacco fra piccola e grande impresa. Questo
distacco provoca esigenze diverse per le imprese: le piccole chiedono
forme di sostegno, le grandi si rafforzano e si rivolgono ai mercati
sopranazionali.
4
La divergenza tra piccole e grandi imprese raggiunge il suo
culmine durante il periodo fascista in cui il tentativo di riportare
ordine nel mercato si risolve in un intervento massiccio dello Stato
nell’economia
5
. In tale situazione la piccola impresa, preoccupata di
mantenersi attiva sul mercato nazionale, richiede, da un lato un forte
intervento dello Stato nei meccanismi della produzione
6
, dall’altro una
normativa che, pur consentendo le unioni, ne controllasse
minuziosamente la formazione onde evitare che si venissero a creare
monopoli di fatto.
A tal fine gli interventi normativi dello Stato furono di due tipi:
1) la creazione di concentrazioni obbligatorie (d.l. 16 giugno 1932, n.
834, “Disposizioni riguardanti la costituzione ed il funzionamento di
consorzi obbligatori fra esercenti uno stesso ramo di attività
4
Barcellona P., Diritto privato e società moderna, Jovene, Napoli, 1996.
5
Sul punto cfr. Grifone P., Il capitale finanziario in Italia, Roma 1945
6
Biondi R., Disegno storico del diritto privato italiano (dal codice civile del 1865
al codice civile del 1942), Bologna 1980, p. 91
4
economica” ); 2) il controllo di ogni tipo d’aggregazione attraverso
una disciplina puntuale dei procedimenti di formazione.
Parallelamente le imprese più grandi, per rafforzare la loro
posizione di fronte alla forte concorrenza internazionale, richiedono
agevolazioni dirette soprattutto a ridurre il peso fiscale.
Quindi, accanto ad una produzione normativa che sembra essere
ispirata ad esigenze di limitazione del fenomeno delle concentrazioni,
compaiono provvedimenti, quali il R. D. 13 novembre 1931 n. 1434
7
,
che estende le agevolazioni “ d’ordine fiscale e d’ordine giuridico” già
previste per fusioni di società commerciali alle “concentrazioni
d’aziende sociali effettuate mediante apporto d’attività di altre
società”. Questo tipo di legislazione, insieme all’assoluta mancanza di
controlli sui monopoli e sulle pratiche collusive, favorisce alla fine
degli anni ’40 il “miracolo economico”.
In questo fiorire di iniziative economiche all’interno di un
mercato che cerca l’espansione inizia ad affiorare l’idea di una
regolamentazione della concorrenza e delle concentrazioni con lo
scopo di giungere alla creazione di una struttura giuridica su cui poter
fondare un moderno mercato europeo.
7
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1931, n. 274; il testo del
provvedimento è pubblicato altresì in “ Riv. Dir. Comm.” 1931, I, p.751
5
L’esigenza di una disciplina in materia di concentrazioni nasce da
una situazione economica nazionale ma la sua prima attuazione
avviene attraverso regolamentazioni internazionali; ciò si giustifica
considerando: 1) le esigenze delle imprese di espansione verso il
mercato estero
8.
2) una nuova fase del diritto commerciale
9
che si
prefigge l’uniformità delle regolamentazioni dei singoli Stati europei
per quanto riguarda i fenomeni economici.
Sono di esempio gli interventi normativi internazionali che poi
trovano attuazione all’interno del mercato italiano: la Convenzione di
Parigi del 1883 e la Convenzione dell’Aja del 1925 rappresentano le
prime norme internazionali di rilievo aventi ad oggetto alcuni aspetti
dell’esercizio dell’attività economica, per giungere, infine, nel 1957,
al Trattato di Roma che, con gli artt. 85 ed 86, appresta la base della
regolamentazione europea delle concentrazioni tra imprese.
Il diritto comunitario ha svolto una funzione di guida per il
legislatore nazionale che con la legge “antitrust” del 1990 ha
introdotto una disciplina generale delle concentrazioni, di chiara
ispirazione comunitaria, che va ad innestarsi sul sistema del codice
8
Sul punto diffusamente Dobb M., Problemi di storia del capitalismo, Roma
1971, p. 354
9
Tra gli autori che hanno utilizzato quest’espressione Ascarelli T., Corso di
diritto commerciale, Milano , 1962, p.117 e Fortunato S., Il diritto societario in
prospettiva europea; principi generali e ricadute comunitarie, in “ Riv. Soc.”
1994, p. 424
6
volto a disciplinare il fenomeno attraverso lo strumento del controllo
realizzato dall’art. 2359 cc.
Questa “coesistenza” caratterizza l’attuale regolamentazione delle
concentrazioni tra imprese.
La naturale correlazione che c’è tra lo sviluppo dell’economia di
mercato e i processi di concentrazione ha portato il legislatore
comunitario prima, e quello nazionale poi, ad accettare il fenomeno
concentrativo come sviluppo economico e ad avvertire la necessità di
una disciplina della concorrenza ispirata alla protezione del mercato
dalla possibilità di abusi o degenerazioni.
10
A voler rappresentare una sintesi dell’itinerario storico e politico-
economico, che conduce alle legislazioni in materia di concentrazione,
si può affermare che da una situazione giuridica caratterizzata
dall’indifferenza si è passati ad una realtà normativa che interviene
direttamente sul mercato per assicurare la possibilità della
competizione tra le forze economiche.
In sede di analisi storica è rilevante capire che ruolo ha assunto
l’interpretazione dell’art. 41 della Cost. all’interno del fenomeno
concentrativo. Nell’art. 1 comma 1 della legge n. 287 del 1990 il
10
cfr. Barcellona P., Diritto privato e società moderna, op. cit. passim, e Galgano
F., Le istituzioni dell’economia capitalistica, 2 ed., Bologna, 1980.
7
legislatore afferma esplicitamente l’intenzione di attuare l’art. 41 della
Cost. attraverso un controllo preventivo delle operazioni di
concentrazioni in funzione di garanzia della libertà di concorrenza.
La scelta operata dal legislatore è stata quella di non prevedere né
un potere di annullamento di atti, né la possibilità di condannare le
imprese al risarcimento del danno che provocano, quindi non
costituire situazioni giuridiche qualificabili come diritti soggettivi o
interessi legittimi, ma proteggere, in via preventiva, il mercato dalle
distorsioni rese possibili dalla tendenza concentrativa delle imprese
11
.
11
Cfr. Spada P., I gruppi di società, in “Riv. Dir. Civ.”, 1992, II, pp. 221 e ss.
8
2. - Le concentrazioni di imprese nel diritto comunitario
L’indagine storica non può trascurare la dimensione
sopranazionale della disciplina delle concentrazioni e gli interventi
comunitari realizzati nel corso degli anni Cinquanta; in particolare, il
merito del Trattato CECA
1
, seppur nei limiti di un’applicazione
necessariamente legata a confini ben definiti
2
, è quello di aver creato
un sistema organico di disciplina delle concentrazioni d’imprese.
La concentrazione è considerata un fenomeno capace di ridurre
quantitativamente le imprese operanti sul mercato, con la conseguente
perdita di autonomia economica di quelle che scompaiono e, come
tale, idoneo ad influenzare il regime di concorrenza in atto. Gli organi
comunitari debbono intervenire al fine di garantire il mantenimento
della competitività ai livelli precedenti l’operazione di concentrazione.
Il principio ispiratore del Trattato CECA è quello della libertà di
concentrazione limitato, però, dalla necessità di mantenere in vigore
un sistema di concorrenza nel settore. Questo limite non è espresso
dagli organi comunitari attraverso divieti bensì in termini di controllo,
1
Stipulato il 18 aprile 1951 e ratificato con legge 25 giugno 1952 n. 766
2
Gli artt. 79 e 80 del Trattato CECA indicano in modo preciso il territorio nel cui
ambito operano queste disposizioni, vale a dire quello corrispondente agli Stati
firmatari.
9
cioè attraverso autorizzazioni. Nel Trattato, infatti, le concentrazioni
che determinano la creazione di monopoli di fatto non sono vietate ma
sottoposte al controllo della Commissione, la quale deve autorizzarle,
preventivamente o successivamente, dietro pagamento di una sanzione
rispettando il principio di non discriminazione.
3
La nozione di concentrazione contenuta nell’art. 66 del Trattato
CECA è incentrata sulla nozione di controllo ed il suo fine è evitare
che un unico soggetto abbia il potere di gestione di una pluralità
d’imprese.
La Commissione interviene attraverso il controllo per esaminare
gli effetti che l’operazione di concentrazione ha prodotto e valutare le
eventuali modifiche sul regime di concorrenza.
4
L’impostazione accolta nell’art. 66 ci dimostra l’assenza di un
criterio di tipicità circa le operazioni descritte, infatti il legislatore
comunitario, dopo aver individuato nella “concentrazione del potere di
gestione” l’elemento tipico e naturale del fenomeno, elabora una serie
di esempi in cui quella concentrazione si realizza.
3
Cfr. Capotorti F., La concentrazione delle imprese alla luce del diritto delle
comunità europee, Padova 1989
4
Di diverso avviso Moavero Milanesi E., Antitrust e concentrazioni fra imprese
nel diritto comunitario, op. cit.