Benchè ogni pianta, sia maschile che femminile, contenga in ogni sua
parte sostanze psicoattive (cannabinoidi), le più alte concentrazioni di
queste le troviamo nelle sommità fiorite delle piante femminili.
In alcuni paesi, l’essudato resinoso essiccato delle sommità fiorite è
detto hashish; mentre negli Stati Uniti il termine marijuana designa
qualsiasi parte della pianta o qualunque suo estratto che induca
modificazioni psichiche nell’uomo.
La canapa indiana sintetizza più di 60 cannabinoidi, comprendenti il
cannabinolo (CBN), il cannabidiolo (CBD) e parecchi isomeri del
tetraidrocannabinolo.
L’isomero cui si attribuiscono la maggior parte dei caratteristici effetti
psichici della marijuana e l’ l-∆
9
-tetraidrocannabinolo (∆
9
-THC), un
derivato idrogenato del cannabinolo [2].
Le azioni della cannabis non hanno granchè in comune con quelle
della coca e dell’oppio: questa diversità si manifesta già dalla struttura
chimica del ∆
9
-tetraidrocannabinolo.
Infatti, i principi attivi contenuti nella coca (cocaina) e nell’oppio
(morfina) sono, secondo la terminologia chimica, degli alcaloidi e
come gli alcali inorganici hanno sulla loro molecola una debolissima
carica elettrica che conferisce loro una certa affinità per l’acqua.
Pertanto, cocaina e morfina si sciolgono facilmente nei liquidi
biologici e di qui possono ripartirsi ai vari tessuti.
Invece, la natura lipofila del ∆
9
-tetraidrocannabinolo ha generato
l’opinione, tra farmacologi e neurobiologi, che esso potesse agire
sciogliendosi nella matrice lipidica della membrana, modificandone
così, in maniera non selettiva, le proprietà biochimiche. Ma questa
teoria del ∆
9
-THC come “sapone neuronale” contrasta con gli effetti
così caratteristici e clamorosamente diversi da quelli di qualsiasi altra
sostanza con meccanismo d’azione aspecifico [3].
Sulla base di questa osservazione, si è giunti all’identificazione di un
sistema recettoriale cannabinoide in cui si riconoscono due tipi di
recettori, i CB
1
distribuiti prevalentemente nel SNC, e nelle
terminazioni periferiche ed i CB
2
presenti su mastcellule e altri tessuti
[4].
Alcune aree del SNC sono risultate particolarmente ricche di recettori
CB
1
, come l’ippocampo, attraverso il quale passano i cogitata et visa
per andare a formare memorie stabili o a perdersi per sempre; in
quest’area, l’elevata presenza di recettori CB
1
potrebbe spiegare la
“smemoratezza” tipica del fumatore di hashish. Un’elevata densità di
questi recettori si trova anche nell’ipotalamo, struttura alla base del
cervello che regola molti di quei processi vitali autonomi sui quali la
nostra coscienza non ha alcun controllo (fame, sete, temperatura
corporea), quindi la loro attivazione può determinare effetti importanti
come aumento di appetito ed ipotermia (frequentemente riscontrati nei
consumatori di cannabis). I CB
1
sono presenti anche nella pars
reticulata della substantia nigra, nel globus pallidus e nel cervelletto,
dove sono strettamente correlati alla locomozione e all’assunzione di
cibo regolate dal sistema dopaminergico. A livello periferico, questi
recettori sono stati individuati nelle terminazioni nervose sensoriali
[5].
È ovvio che l’esistenza di questo sistema recettoriale implichi la
presenza di un ligando endogeno; nel 1992, da un estratto di cervello
di maiale è stato identificato e purificato il primo cannabinoide
endogeno, l’anandamide [6] (AEA), che ha la stessa natura lipofila del
∆
9
-THC ma con una struttura chimica decisamente più semplice: un
acido grasso poliinsaturo (acido arachidonico) legato con legame
amidico all’etanolamina (precursore di fosfolipidi come la cefalina).
Gli effetti prodotti dall’interazione dell’AEA con il recettore CB
1
sono
molto simili a quelli del ∆
9
-THC, infatti anch’essa induce stati di
euforia, agitazione, insonnia tipici del fumatore di marijuana.
L’AEA si forma nel cervello nei neuroni depolarizzati, dai quali viene
rilasciata con un meccanismo Ca
++
-dipendente che richiede la rottura,
mediata da una fosfolipasi (PLD), dello stesso precursore fosfolipidico
di membrana da cui hanno origine anche le prostaglandine (la
fosfatidil-etanolamina) [7].
Una volta all’esterno della cellula, l’AEA viene inattivata mediante
due meccanismi fondamentali: una degradazione enzimatica ad opera
dell’aminoidrolasi (che la scinde in acido arachidonico ed
etanolamina), e un processo saturabile di uptake cellulare, mediato da
uno specifico carrier transmembranario, in neuroni ed astrociti.
Dopo l’anandamide, sono state identificate altre aciletanolamidi ad
attività cannabinoide-simile: la palmitoiletanolamide (PEA), che
agisce esclusivamente sui recettori CB
2
producendo effetti simili a
quelli dell’AEA, la stearoiletanolamide (SEA) e l’oleiletanolamide
(OEA).
Il ruolo di queste ultime due etanolamidi è ancora sconosciuto,
tuttavia l’elevata quantità riscontrata nel cervello dei mammiferi fa
supporre che intervengano nella neuromodulazione.
L’uso di canapa indiana come antiasmatico e’ stato riportato da più
fonti antiche (Erodoto, Teofrasto, Dioscoride).
In epoca recente numerosi studi sono stati compiuti su uomini ed
animali per identificare l’efficacia dell’hashish e della marijuana come
farmaci broncodilatatori e soprattutto per individuare quale o quali dei
60 e piu’ componenti presenti nella droga possedesse attività
broncodilatatrice.
L’inalazione del fumo di hashish e marijuana o l’areosol di ∆
9
-THC e
∆
8
-THC, i principali composti con attività biologica sovrapponibile
alla droga stessa, causavano scarsi o nessun effetto negli individui sani
e meno ancora negli asmatici [8] dove si era verificata tosse e
broncocostrizione. Inoltre alle dosi utilizzate si potevano riscontrare
effetti centrali.
Si e’ studiata quindi l’efficacia del nabilone, un ketoderivato con
scheletro cannabinoide che possiede scarso effetto centrale ma che
risulta equiattivo al ∆
9
-THC sul sistema cardiovascolare.
I risultati indicano che il nabilone alle dosi di 2mg/kg os presenta
deboli effetti broncodilatatori su soggetti sani ma non nei soggetti
asmatici, con efficacia intermedia tra terbutalina e l’effetto placebo.
Gong e colleghi [9] hanno compiuto studi su fumatori abituali e
occasionali osservando che nei fumatori abituali di medie o piccole
quantità di hashish il ∆
9
-THC produce un effetto broncocostrittore,
mentre non produce o evoca piccoli effetti broncodilatatori nei
fumatori occasionali.
Fu rilevato anche come il fumo di queste droghe producesse un
significativo deterioramento delle vie aeree, non riscontrato in
individui che fumavano lo stesso quantitativo giornaliero di tabacco.
Negli animali di laboratorio si sono ottenuti dati contrastanti riguardo
gli effetti dei cannabinoidi sul sistema respiratorio.
Recentemente grazie all’utilizzo di anticorpi verso i recettori CB
1
e’
stato possibile identificare i recettori per i cannabinoidi su varie
cellule del sistema respiratorio.
Questi risultati sono stati supportati dalla scoperta di almeno due
diversi RNAm per i recettori CB
1
negli pneumociti di II tipo [10].
La recente scoperta di molecole endogene ad attività
cardiacomimetica, come la presenza di recettori CB
1
nel sistema
regolatorio, supporta fortemente il coinvolgimento del sistema
cannabinoide nella mediazione del tono bronchiale.
Lo scopo del nostro lavoro e’ stato:
1) Chiarire il ruolo dei cannabinoidi endogeni, anandamide (AEA),
nella regolazione del tono bronchiale
2) Studiare gli effetti degli agonisti CB
1
specifici di sintesi come pure
dei probabili agonisti endogeni CB
2
Per questo abbiamo utilizzato come modello sperimentale la misura
del broncospasmo nella cavia anestetizzata e pancuronizzata,
valutando contemporaneamente gli effetti vascolari di questi
cannabinoidi.
MATERIALI E METODI
ANIMALI
Per gli esperimenti sono stati utilizzate cavie maschie del peso di 350-
400 gr fornite dalla ditta Charles River-Italia.
Cibo ed acqua sono stati somministrati ad libitum. Gli esperimenti
sono stati eseguiti nella stessa fascia oraria diurna (8-18).
BRONCOSPASMO ED EFFETTI PRESSORI
Le cavie sono state anestetizzate con pentobarbitone (40mg/kg i.p.) e
Fentanil (Hypnorm-0.5ml/kg i.m.). La trachea, la carotide e la
giugulare sono incannulate per la valutazione rispettivamente:
dell’ostruzione delle vie aeree (trachea), per la pressione arteriosa
(carotide) e per la somministrazione dei farmaci (giugulare). Gli
animali vengono trattati con 2mg/kg i.v di atropina e per prevenire la
respirazione spontanea, vengono somministrati 2 mg/kg-i.v. di
pancuronio; la ventilazione è assicurata da un apposito ventilatore (60
impulsi/min.) (Ugo Basile, Varese-Italia).
La resistenza delle vie aeree è misurata in accordo con il metodo
standard [11], utilizzando un trasduttore di pressione differenziale
collegato, attraverso la cannula tracheale, ad un trasduttore per
broncospasmo; il valore è espresso come pressione intratoracica (ITP)
in cm di H
2
O. La cannula intratracheale è completamente ostruita
prima e dopo l’esperimento, per determinare la risposta massimale
(100% broncospasmo).
Tutti i farmaci sono disciolti in fisiologica contenente il 10% di
DMSO ed iniettati singolarmente o in combinazione, attraverso la
giugulare. La percentuale di incremento dell’ITP è calcolata sul picco
registrato.
La pressione arteriosa è continuamente monitorata grazie ad un
trasduttore di pressione collegato ad un registratore.
Le sostanze sono state iniettate attraverso la vena giugulare; l’AM404
(10 mg/kg i.v.) e l’SR141716A (0.2 mg/kg i.v.) sono stati
somministrati 1h prima delle etanolamidi.
CONTRAZIONE DEL PARENCHIMA POLMONARE
Cavie maschie di 300-500 g. erano sacrificate per dissanguamento e i
polmoni rimossi.
Il polmone perfuso con Krebs, soluzione contenente (mM): NaCl
121; KCl 5.4; MgSO
4
1.2; CaCl
2
2.5; NaHCO
3
15; NaH
2
PO
4
1.2; glucosio 11.5, tutta ad un pH di 7.4, gorgogliata con CO
2
al 5%
in O
2
e medicata con atropina 2 mg/l e indometacina 5 mg/l.
Il parenchima polmonare viene tagliato nella parte basale con una
lunghezza approssimativa di 2 cm e collegato ad un trasduttore
isotonico ed equilibrato per 60 minuti.
Dosi scalari di istamina sono aggiunte al bagnetto per saggiare la
reattività dell’organo.
SOSTANZE
Anandamide (AEA), palmitoiletanolamide (PEA), sono state
sintetizzate secondo le procedure standard [12]: gli acidi vengono
convertiti nei corrispettivi cloruri mediante reazione con cloruro di
ossalile; ai cloruri degli acidi, disciolti in dicloroetano, viene aggiunto
un eccessso di etanolamina in etanolo assoluto anidro a freddo (4°C).
I prodotti ottenuti si confermano su TLC (9:1 CHCl
3
/CH
3
OH).